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Autore: _Kristel_    11/04/2005    2 recensioni
Mi chiamo Hazel Kington e voglio fare il pirata. Questo è sempre stato il mio più grande sogno fin da quando ero una mocciosetta con i capelli biondi, ma ora che sono cresciuta e ho quasi 16 anni, il desiderio di solcare i mari con un veliero tutto mio è sempre nitido nella mia mente.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PIRATE DREAM

PIRATE DREAM

 

 

CAPITOLO 1

Un’ Occasione irripetibile

 

Mi chiamo Hazel Kington e voglio fare il pirata.

Questo è sempre stato il mio più grande sogno fin da quando ero una mocciosetta con i capelli biondi, ma ora che sono cresciuta e ho quasi 16 anni, il desiderio di solcare i mari con un veliero tutto mio è sempre nitido nella mia mente. Non so bene in che occasione e come questa passione sia esplosa in me, forse quando sentivo raccontare da mio padre le favole sui pirati…è stato sicuramente lui a farmeli adorare, mi ricordo che alla sera, veniva sempre in camera mia appena dopo che mia madre era uscita, non sopportava l’idea che cominciassi a idolatrare i pirati, si sedeva sul mio letto e da sotto la sua giacca tirava fuori ogni volta un libro nuovo e si metteva a leggere. Io lo ascoltavo con gli occhi che brillavano, mi immaginavo le avventure che lui narrava come se fossi io stessa a viverle, quando terminava di leggere, mi posava un bacio sulla fronte e usciva dalla mia stanza con la promessa che il giorno dopo avremmo inscenato la favola.  Appena rimanevo sola, troppo eccitata non riuscivo mai a chiudere occhio se non dopo una buona mezz’oretta. Alla mattina appena sveglia correvo giù a tavola per fare colazione e aspettavo con ansia che mio padre tornasse dalla sua passeggiata mattutina, mia madre cercava di convincermi che quelle dei pirati che erano eroi, erano solo favolette che loro erano solo una branco di mascalzoni che depredavano ogni casa e ogni luogo, ma difficilmente gli credevo, o se lo facevo bastava qualche parola di mio papà per eliminare qualsiasi dubbio che come un tarlo si insinuava nella mia mente.

Ho trascorso così la mia infanzia, continuando a sognare insieme a mio padre, fino a che quando avevo dodici anni, lui non è scomparso, o meglio questo è quello che piace pensare a me, mia madre è convinta che ci abbia abbandonate, andandosene per i mari a cercare chissà quali tesori come era solito dire, ma io non la penso così, è vero spesse volte aveva parlato di voler lasciare tutto per inseguire i suoi sogni, ma solitamente lo faceva quando era ubriaco e noi non davamo peso alle sue parole e ora non sappiamo neppure dove sia né tantomeno se è ancora vivo… no è vivo, deve esserlo.

 

Giù al porto sono ormeggiate varie imbarcazioni, ma quella che fa più effetto è sicuramente la Saint Caroline, è veramente splendida, la guardo dalla finestra della mia stanza, mentre i pensieri che hanno affollato la mia mente fino ad adesso, cominciano ad affievolirsi fino a scomparire del tutto. Ora dovrebbero scaricare la merce, è la mia occasione per convincere Frank a farmici salire un momento solo, giusto per darle un’occhiata sul serio.

Frank Pelling era un vecchio amico di mio padre John, da quel che so si conoscevano fin da quando erano ragazzini, anche lui come mio papà sognava di solcare i mari a bordo di una nave pirata, la “loro” nave pirata, alla ricerca di bottini  ma crescendo e a furia di seguire il padre nel suo lavoro, la passione che Frank provava per la pirateria si assopì, lasciando posto a quella per la marina, suo nemico giurato, ora è un ufficiale e sono sicura che un giretto sulla nave me lo farà fare. Il vero problema a pensarci bene non è tanto lui quanto mia madre, con la scomparsa di suo marito non vede di buon occhio nulla che abbia a che fare con le imbarcazioni e l’oceano, non credo che mi permetterà di andare giù al porto, ma non penso nemmeno sia tanto sciocca da credermi se le racconto che vado dalla signora Smith. Questo è un bel problema. Come faccio?

Mi sporgo fuori dalla mia finestra con la speranza di avvicinarmi di più alla nave, anche se mi trovo a miglia di distanza, quando noto il tendone che c’è proprio qualche metro sotto e non ci vuole niente perché l’idea mi attraversi la mente, se faccio attenzione, con una piccolo salto dovrei atterrarci sopra senza problemi e poi riuscire a scendere a terra… non dev’essere poi tanto difficile! Deglutendo rumorosamente comincio a mettere un piede fuori dalla finestra e mi blocco in quella posizione. Con un piede a mezz’aria e il resto del corpo dentro la mia stanza, mi sento un’idiota, tutto ad un tratto la distanza che separa la mia finestra dalla strada mi sembra enorme e sono quasi tentata di rinunciare all’impresa, quando ricordo a me stessa che sono un pirata, o almeno è quello che voglio diventare… se mi spavento per una cosa del genere, posso anche scordarmi di continuare a sognare!! Faccio un respiro profondo e appoggio il piede sullo stretto cornicione. Con le mani mi tengo ancorata al muro mentre faccio scivolare anche l’altra gamba oltre la finestra, se qualcuno mi vede in questo momento penserà che io voglia suicidarmi il che, se non sto attenta, non si allontana molto dalla realtà. Ora sono seduta sul davanzale, e dovrei lasciarmi scivolare sul tendone, ma solo adesso mi viene in mente che la spessa stoffa potrebbe non sopportare il mio peso, oh accidenti ormai sono in ballo, tanto vale ballare mi dico mentre molto lentamente mi lascio cadere sul telone. Nella caduta ho tenuto rigorosamente gli occhi chiusi e ora che li apro noto che sono tutta intera, emetto un sospiro di sollievo e con calma mi sposto di lato, sempre rimanendo attaccata alla parete, fino a giungere alla fine della tenda. Butto l’occhio verso terra, per vedere quanti metri sono più o meno se mi butto e, con mia grande sorpresa noto una cassa proprio sotto di me, sorrido e mi volto per scendere di schiena sopra di essa. Dopo qualche tentativo, con la punta del piede riesco a sentire la superficie solida del legno e lentamente lascio la tenda per ritrovarmi in piedi, e saltare subito dopo a terra.

Non mi sembra vero ma ci sono riuscita! Se penso che lo sto facendo per vedere una nave, mi viene da ridere, avrei potuto rompermi qualche osso!

Con una mano mi porto una ciocca di capelli ramati dietro l’orecchio e mi avvio correndo verso il porto.

Corro a perdifiato giù per la collina e giungo in città nel giro di pochi minuti. Il panettiere mi chiama a gran voce ma non gli rispondo e continuo la mia corsa fino a raggiungere la Saint Caroline, mi guardo intorno per cercare di scorgere tra i marinai che stanno trafficando con i carichi, l’ufficiale Frank e non posso trattenermi dal sorridere quando lo vedo che spara ordini a destra e a manca. Mi avvio verso di lui aspettando che finisca di urlare contro una povera recluta e non appena quest’ultima si allontana con un deciso: “Sissignore!”, superandomi e unendosi al resto della ciurma, Pelling sospira rumorosamente passandosi una mano sulla fronte imperlata di sudore.

- Ah… queste reclute, mai una volta che non mi facciano uscire dai gangheri!- si volta verso la città di Port Royal e finalmente mi vede, la sua bocca si distende in un largo sorriso mentre mi si avvicina.

- Signorina Hazel, quanto tempo!!- mi dice prendendomi la mano e baciandomela. Io fingo una smorfia e prima che possa lasciarmi la mano lo abbraccio forte. Lo sento prima sorpreso del mio gesto poi stringermi a sua volta.

Quando sciogliamo l’abbraccio, lo guardo un po’ contrariata.

- Frank quante volte te lo devo dire di non chiamarmi “Signorina”??-

- Hai ragione Hazel, ma non posso fare altrimenti, sei diventata veramente una signorina e saresti anche un po’ più femminile se non ti vestissi così!- aggiunge indicando con la mano i miei pantaloni consumati, la mia camicia stroppicciata e il mio basco, insomma il mio abbigliamento tipicamente maschile.

- Non ci posso fare niente, è molto più comodo degli abiti che mia madre mi costringe ad indossare quando siamo invitate a qualche festa!- ribatto sistemandomi meglio il cappello sui capelli lisci.

- Su questo non credo ci sia alcun dubbio!! Non riesco nemmeno ad immaginare come dev’essere fastidioso un corsetto!- dice con un’espressione di pura concentrazione. Lo osservo un’attimo e scoppio a ridere.

- E ti consiglio di non doverlo nemmeno mai immaginare! Hai ragione è veramente scomodo, te lo dice una che ci sta passando tutt’ora!- dico sospirando.

Ride un po’ anche lui, dopodichè diventa serio tutt’a un tratto.

- Allora… che ci fai qui?? Tua mamma lo sa che sei giù al porto?- dice con aria severa squadrandomi.

Mi esibisco in uno dei miei miglori sorrisi ed annuisco.

- Certo che lo sa!- poi cambiando discorso – Oh mi fai fare un giro sulla tua nave??- prima che possa rispondere qualcosa, lo guardo intensamente e aggiungo – Per favore!!-

Contrariamente a quello che credevo, con voce severa, mi risponde di no.

- Ma perché??- chiedo io sinceramente confusa.

Lui ci pensa un attimo prima di rispondermi.

- A bordo ci sono….- abbassa la voce così che solo io possa sentirlo- dei pirati, li stiamo portando a New York per essere giustiziati,  mi dispiace ma non posso proprio farti salire!! Non questa volta perlomeno!-

Appena le mie orecchie sentono la parola “pirati” il mio cuore fa un capriola. Ci sono dei pirati a bordo????!! Prima il mio era un desiderio innocente, ma adesso è diventato impellente, devo assolutamente salire su quella nave, o non mi chiamo Hazel!!

Annuisco fingendomi triste e mi congedo.  Lo sento richiamarmi e ammonirmi a non fare niente di stupido, ma lo ignoro e corro a casa, spero che questo mio comportamento non l’abbia insospettito. A dire la verità mi chiedo persino, come abbia fatto ad essere così stupido da dirmi dei pirati che ci sono a bordo, conoscendo la mia totale stima per loro.

 

  
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