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Autore: BillieJeanBJ    06/02/2017    6 recensioni
Il brillante sceriffo Rick Grimes si rivolge alla nota agenzia pubblicitaria -Greene Company- per inaugurare e sponsorizzare la nuova officina meccanica del suo migliore amico, Daryl Dixon.
La società è stata ereditata dalle sorelle Greene, Maggie e Beth, ma è soltanto la prima ad avere in mano le redini dell’impresa di famiglia. La seconda, invece, è la mente creativa.
E sarà proprio la piccola Beth ad occuparsi dei nuovi clienti, Rick e Daryl.
C’è solo un piccolo dettaglio: non ha assolutamente idea di quale sia il volto del signor Dixon e questo le causerà un imbarazzante, catastrofico problema.
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon, Negan, Rick Grimes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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3.00
Possibile sia ancora così presto? Dev’essere stato il caffè che ho bevuto ieri sera.
Riprovo a dormire.

4.07
Adesso che ci penso.. ieri sera non ho bevuto caffè.

5.38
Quest’improvvisa insonnia inizia a innervosirmi sul serio.
E’ già la terza volta che mi sveglio. Ho provato ogni posizione, ma niente.
Anzi, non proprio tutte..

7.15
-Accidenti se fai schifo, Betty Boop.-
Lancio un’occhiataccia a questa gentilissima rossa che dovrebbe essere la mia migliore amica, e continuo a dirigermi verso il tavolo della cucina con passo trascinato e arrancato.
In parte posso capire il suo commento. Sopra il pigiama di Paperino ho messo la classica ‘vestaglia della nonna’, di lana rossa e pesante con gli orli ricamati e qualche accenno di pizzo. Non chiedetemi perché è in mio possesso. E’ una storia lunga, forse un giorno ve la racconterò.
Ho la mano destra premuta sul reno e cerco di arrivare alla sedia senza rischiare di perdere qualche arto strada facendo perché mi sento davvero a pezzi! Credo di aver scelto la posizione sbagliata per dormire.
Volete sapere qual è? La ‘culo a ponte’.
Nei film non sembrava tanto dannosa, giuro! E invece.. maledetti registi! Adesso mi ritrovo con torcicollo e mal di schiena.
-Vuoi una scopa?-
Se Mery non la pianta di prendermi in giro, le taglierò i capelli mentre dorme.
Finalmente arrivo a destinazione e con molta cautela, mi accomodo. Provo a mettermi diritta ma non ce la faccio e con un prolungato disperato lamento, appoggio la guancia sul tavolo.
-Dormito male?-
-Molto male.-
Anzi, per essere precise, non ho dormito per niente!
-E come mai?-
Avverto il tocco delicato della sua mano carezzarmi la spalla prima di sentirla armeggiare con l’attrezzatura da cucina.
-Non lo so.-
Mi rendo conto di non averlo detto in modo del tutto convincente ma, a quanto pare, Mery non si è accorta della cadenza dubbiosa nella voce, in caso contrario mi avrebbe già prosciugata di domande inquisitorie.
-Comunque sia, ti consiglio di non venire in azienda, oggi.-
Porta in tavola la colazione -la teiera, due tazze, un pacco di biscotti e una bottiglietta di latte- e occupa il lato opposto.
Sollevo pigramente gli occhi sul suo viso e rifletto se prendere seriamente in considerazione il suo consiglio.
Senza trucco non dimostra i suoi ventisette anni, ma molti di più. Tuttavia, anche acqua e sapone è una bellissima ragazza.
-Mi spaccio per malata?-
Infila una mano tra le gambe incrociate mentre con l’altra aggiunge due cucchiaini di zucchero nel suo thè iniziando a girare lentamente in un ritmo piacevole e rilassante.
-Non c’è bisogno che fingi, splendore.-
-La smetti di offendere?-
-Ti senti offesa? Va’ a darti un’occhiata e poi magari decidiamo se è il caso di porgerti le mie scuse.-
Sbuffo e mi dedico alla mia colazione. O meglio, ci provo! Ho lo stomaco chiuso e non riesco davvero neanche ad assaggiare un Pan di Stella.
Che palle!
-Prima di andare ti lascio una pomata che fa miracoli sui dolori muscolari. Ma ti consiglio comunque di rimanere a casa. Sul serio, Beth, hai l’aspetto e la vitalità di uno zombie.-
Questa mattina la mia autostima si sente davvero molto elogiata! Che magnifica sensazione..
-Dirò a tua sorella che hai preso una qualche influenza virale.-
Mery si alza ponendo la sua tazza all’interno della lavastoviglie e si china per darmi un bacio sulla guancia prima di andare a prepararsi.

Sono le 9.30 e ho capito di quale virus si tratta.
Il batterio più dannoso, nocivo e pericoloso. Il batterio Dixon.
“Alle dieci sarò giù.”

Ovvero tra meno di mezz’ora.
Ritrovarmelo in casa, la sera precedente, è stato un incubo a occhi aperti! Intimidiva esortazioni da ogni poro. Beh, ovvio, è questo il suo metodo! Cosa ce ne facciamo di una bella conversazione quando possiamo ricorrere alle minacce visive?!
Questo appartamento, con lui dentro, non mi era mai sembrato così ristretto e inoffensivo eppure non sono riuscita ad assumere l’atteggiamento che avrei dovuto, e cioè da padrona di casa e sbatterlo fuori a calci ripetendogli che no, non avrei ritirato la denuncia. Non che sarebbe stato matematicamente possibile; il mio peso e la mia forza non possono neanche equivalere ai suoi di un solo leggerissimo grado.
Mi sono domanda più volte come faccia a conoscere il mio indirizzo ma spesso dimentico che è amico di uno sceriffo che, a quanto pare, ha dimenticato l’utilizzo della clausola: segreto professionale.
Comunque sia, adesso me ne sto immobile in salotto a fissare il portone aspettandomi, non so, che questo cada per scoprire un Daryl Dixon armato di balestra e che mi intima di seguirlo se non voglio trovarmi stesa con una freccia in fronte. Giuro che ce le vedo in questa versione! Sarà che l’ho beccato più di una volta a giocare a freccette..
Potrei sul serio fingermi malata (i dolori muscolari, grazie alla pomata miracolosa di Mery, sono spariti e il mio corpo si è rimodellato), ma onestamente non so quanto possa importare a Dixon della mia salute fisica.
Oppure potrei scappare dalla scala antincendio. Prendere l’uscita principale ormai è fuori discussione; sono le 9.50.
Devo ammettere, però, che inizio a sentire l’adrenalina scorrermi nelle vene e ho persino la pelle d’oca!
Da quant’è che non mi sentivo così.. elettrica?
La risposta è semplice. Dalla morte di mia madre.
Come già vi ho detto, ci sono modi e modi per affrontare il dolore. Maggie ha deciso di cucirsi addosso un vestito di stronzaggine che non le sta per niente bene, io invece ho seppellito ogni sentimento deprimente e ho continuato ad affrontare la vita.. vivendola. Ma adesso, con questo potente formicolio allo stomaco, capisco che ho solo simulato una gioia che non è mai stata reale perché sto solo sopravvivendo, il ché è diverso.
E’ la suoneria del cellulare a salvarmi da pensieri che ho sempre tenuto lontani, e senza neanche controllare chi sia, accetto la chiamata.
‘Scendi.’
Fine della non-conversazione.

****

Getto il mozzicone e, mentre infilo il cellulare nella tasca del gilet, raggiungo il retro dell’edificio appoggiando i fianchi contro il muro, proprio sotto la scala antincendio, e aspetto.
Non ci vuole molto prima di sentire il suono di passi leggeri colpire le scale di ferro.
Mi viene da sorridere perché è davvero convinta che così facendo, riuscirà a svignarsela.
Sollevo il mento ed ecco la sua sagoma comparire gradualmente sino a focalizzarsi. Mi da le spalle, quindi non si accorge della mia presenza quando le sue Converse sfiorano il suolo. La osservo sbirciare oltre il muro per poi ritirarsi rapidamente, forse per paura di essere beccata.
Ripete l’operazione per altre due volte.
-Il lupo cattivo aggredisce da dietro, ragazzina.-
Non sobbalza allarmata come mi sarei aspettato, ma s’irrigidisce. Questo, però, non le impedisce di voltarsi e quando i suoi occhi trovano i miei, giuro sull’incolumità delle mie palle di vedere un guizzo eccitato annegarle nel blu delle iridi.
-Te l’ho detto, non verrò con te, Daryl.-
-Hm-hm.-
-No, è così. Non sottovalutarmi. Tu potrai anche superarmi in forza fisica, ma non in quella vocale.-
Cosa diavolo vuol dire?
La ragazzina ha ben interpretato la mia espressione perché sulle labbra sottili vedo comparirle un sorriso già vittorioso e prima di poter dire o fare qualsiasi cosa, le stesse si aprono per liberare.. un cazzo di urlo!
Cristo santo, adesso ho capito il senso della frase!
-AIUTO!-
Mi stacco dal muro intenzionato a tapparle la bocca ma nel frattempo che avanzo di un passo, lei ne indietreggia di due gridando un’altra frase.
-UN MANIACO STA PER ABUS-
Ma basta un solo scatto da parte mia per trasformare quell’infinità di lettere in una sola vocale; quella della paura, dell’adrenalina e -porca puttana- dell’eccitazione. Sapevo di non essermi sbagliato prima.
La ragazzina inizia a correre ed io sono costretto a fare altrettanto. Ovviamente l’inseguimento dura meno di mezzo minuto.
La blocco avvolgendole un braccio attorno all’addome e mi affretto a premere un palmo sulla sua bocca mentre la sollevo da terra. Tuttavia, continua ad emettere versi di protesta affondando le unghiette sulla pelle del mio avambraccio.
Come sempre, ha legato i lunghi capelli in una coda disordinata e quando avvicino il mento al suo orecchio, ne approfitto per inalare quel dolce odore di fragola e innocenza.
-Se non la smetti di scalciare, ti lego. Non mettermi alla prova, ragazzina, sai che ne sono capace.-
Eccome se lo sa perché i suoi piedini smettono di prendere a calci l’aria. L’unico metodo di ribellione che le rimane, è il respiro: furioso e accelerato.
-Basta poco per andare d’accordo, devi solo evitare di commettere tre cazzate: urlare, scappare, contraddirmi. Credi di riuscirci?-
Sono più che sicuro che vorrebbe alzarmi il dito medio ma, da brava bambina, annuisce.
Allento la presa e quando la libero del tutto, si affretta a distanziarmi in un mezzo giro. Nei suoi occhioni è l’incazzatura a prevalere e questo non fa che aumentare la mia.. simpatia?.. verso il microbo biondo.
-E’ così che vorresti convincermi a ritirare la denuncia?-
-Io non devo convincerti, ragazzina.-
-Beth. Mi chiamo Beth.-
Scrollo le spalle e le rivolgo un’espressione indulgente; non è colpa sua. Stavolta il vaffanculo gesticolato arriva secco e liberatorio, e siccome la piccola Greene ci tiene a rimarcare la propria testardaggine, alza anche il mento e marcia verso la moto, come a volermi informare che, sia chiaro, viene con me non perché costretta ma per libero arbitrio.
La seguo godendomi l’oscillare del suo culo; è piccolo ma rotondo. Stamattina ha messo un pantalone stretto nero e un giubbetto rosso. Per la seconda volta, da quando sono qui, mi viene da sorridere.
-Ci tengo a precisare che se vengo con te è solo perc-
-Perché così hai deciso.-
La sento emettere un grazioso ringhietto irritato mentre si ferma accanto alla Triumph e incrocia le braccia al petto. Mi rivolge quella che lei crede possa essere un’occhiata torva e sbuffa.
-Guarda che dico sul serio.-
-Lo so.-
E non posso fare a meno di ghignare di nuovo. Ha seguito il consiglio che le ho dato la sera prima; indossare qualcosa di pesante, dunque, le credo quando dice che questa di venire con me è una sua scelta. Supongo che abbia voluto giocare un po’, solo per dimostrarmi che non ho alcun ascendente su di lei.
-Perché ridi?-
Non le rispondo. Ripesco i guanti di pelle senza dita dalla tasca posteriore dei jeans e l’indosso sotto lo sguardo attendo della biondina. Sgancio il casco e glielo passo. Stranamente, lo prende senza storie.
-E tu?-
-A me non serve.-
Infilo i Ray-Ban e monto la mia piccola. Sollevo il cavalletto e la tengo ferma tra le gambe.
-Certo perché tu sei indistruttibile!-
-In un certo senso. Sali.-

****

-Sei capace di pronunciare una parola senza che questa risulti arrogante, odiosa e maschilista?-
Fingo un amorevole sorriso sbattendo le ciglia in rapida successione.
Lui inspira pesantemente dal naso, le narici allargate addirittura!, ma ci riprova.
Snervante, eh?!
-Puoi salire.-
-Oh, andiamo! Puoi fare di meglio.-
Sto tirando un po’ troppo la corda e infatti.. Dixon sporge il viso talmente vicino al mio che i nasi si toccano e i respiri si mescolano.
-Sali.-
E trasforma un semplice verbo in una minaccia letale; del resto lui lo è per natura.
-Allora aiutami.-
Il mio intento è imitare il suo tono ma, maledizione, mi esce solo un mormorio quasi comprensibile.
Indietreggia e si china di lato curvando la moto. Purtroppo devo pur sempre aggrapparmi a qualcosa per salire, e questo qualcosa è la sua spalla. Infilo il casco che, ovviamente, mi sta un po’ largo e -sperando di non cadere- mi arrampico al suo braccio.
Quando raddrizza la due ruote e la mette in moto, l’intestino inizia velocemente a contorcersi.
-Hai paura?-
Ecco, appunto..
La sua voce mi arriva attutita ma comprendo perfettamente la nota derisoria.
Stronzo.
-Ma scherzi?!-
Mento aggiungendo un pizzico d'indignazione. 
-Allora metti le mani attorno alla mia vita e reggiti forte.-
Ovviamente il suo dispotismo è sempre dietro l’angolo.
Roteo gli occhi e, dopo aver alzato la cerniera del giubbotto fino al mento, poggio le mani ai lati del sellino posteriore.
-Andiamo Valentino Rossi.-
-Come vuoi.-
Dixon ingrana la marcia e sfreccia fuori dal parcheggio. La velocità mi spinge dolorosamente all'indietro e se non fosse stata per la mia salda presa e la prontezza a bilanciarmi in avanti, avrei fatto una caduta mortale.
Che gran pezzo di idiota!
-L'hai fatto apposta!-
Lo accuso non appena si ferma all’imbocco della strada principale, accogliendo con sollievo la rabbia che, ormai, è riservata a lui soltanto.
-È la potenza della moto. Io ti avevo avvertita.-
Questo è vero, la Triumph può diventare una saetta, ma può benissimo essere controllata.
-Bisogna saperla guidare.-
Lo informo tra i denti urlando più del dovuto a causa del casco.
-Cosa che ho intenzione di fare se solo tu ti aggrappassi a me.-
Ed ecco che anche lui controbatte con la stessa ira.
Sbuffo rumorosamente, giusto per far capire a qualcuno il mio disaccordo, ma lo accontento. Gli circondo i fianchi, infilando per sbaglio le mani sotto il gilet. Dovrei ritirarle così da non invadere il suo spazio personale ma, sinceramente, me ne frego! Lui di privacy ne ha violante sin troppe.
Lascio, quindi, strusciare le dita contro il suo addome duro e le incrocio pregando mentalmente di non vomitare o qualcosa del genere.

Il locale in cui mi ha portato Daryl è peggiore di quello di Nick. Nel senso che questo è un altro luogo in cui il sesso maschile abbonda, anche se -con mio sollievo- non sono l’unica ragazza. Ne ho già intraviste quattro cinque.
-Non parlare e stammi sempre attaccata al culo.-
Sto per mandarlo al diavolo ma lui sembra ormai conoscermi perché mi guarda rifilandomi un’occhiataccia che non ammette, appunto, repliche.
Stringo le labbra e incrocio le braccia affiancandolo senza più degnarlo di uno sguardo. Se ho deciso di stare zitta è solo perché mi trovo in una sede del tutto nuova.
La prima cosa che noto è che i clienti di questo posto sembrano clonati; tutti indossano giacchette di pelle borchiate, pantaloni strappati e anfibi. Mi ricordano un po’ lo stile di Daryl, solo che questi sono molto ma molto più appariscenti.
-Maledizione!-
Lo sento imprecare ma non faccio in tempo a chiedergli quale sia il problema perché qualcuno intralcia il nostro passaggio.
-Cazzo, sei proprio tu!-
Raddirizzo il capo trovandomi dinanzi il sorriso esageratamente contento di un uomo che sembra non avere occhi che per Daryl. Lo guarda come se fosse davvero entusiasta di vederlo, ma il mio sesto senso (anche se ultimamente è più che difettoso) mi porta ad ipotizzare che la sua è solo una presa in giro.
Lo sconosciuto ha i capelli scuri gellati all’indietro, ma la barbetta è sfumata di grigio, non può avere meno di quarant’anni. Indossa una giacca di pelle nera chiusa fin sopra il collo -laddove vi ha avvolto un foulard rosso-, un jeans scuro e -ovviamente- gli anfibi.
Ho come l’impressione di trovarmi in un covo di motociclisti.
-La memoria ancora regge.-
La battuta di Daryl non fa ridere, inoltre è stata detta senza umorismo, ma lo sconosciuto sembra averla apprezzata tantissimo perché scoppia in una fragorosa risata, tanto da farlo chinare all’indietro.
Punta Daryl con un dito e, ritornando in posizione retta, lo fronteggia in una vicinanza confidenziale. Accosta le labbra al suo orecchio e, seppur mormorata, riesco a udire la frase.
-Questa è stata davvero cattiva.-
Si ritira ma nel farlo i suoi occhi cadono su di me e la sua espressione cambia radicalmente; spalanca occhi e bocca in una smorfia sorpresa, e stavolta il suo indice indica me.
-Wow!-
Esclama in un battito di ciglia. Inizio a sentirmi a disagio e mi domando per quale dannato motivo Dixon mi abbia portata proprio qui.
Il tizio guarda Daryl e alterna l’indice da me a lui alludendo una cosa soltanto: noi due stiamo insieme.
Vorrei rispondergli che si sbaglia alla grande ma seguo l’ordine a tacere perché l’uomo mi trasmette un’ansia assurda.
-Tu.. tu e questa caramellina..-
Nega col capo come se stentasse a crederci ma non toglie quel ghigno dalla faccia.
-Cazzo, Daryl! Nemmeno io l’ho scelta così piccola.-
Anche lui con questa storia??
Mi dispiace ma non ce la faccio.
-Ho diciotto anni.-
Sento Daryl sospirare furiosamente e vedo gli occhi scuri dello sconosciuto scattare verso di me.
-Porca vacca, tu parli!-
Eh?
Ma che razza di domanda è??
Certo che parlo! Eppure.. il suo stupore, vero o finto che sia, non è da sottovalutare; non appena abbiamo messo piede nel locale, Daryl mi ha imposto di tacere e questo psicopatico non si aspettava di sentir la mia voce. E’ chiaro che le due cose sono connesse.
Qualcosa non mi torna.
-E dimmi, qual è il tuo nome?-
-Dixon.-
E nel momento in cui Daryl mi presenta con il suo cognome, mi appoggia una mano sulla spalla spalmandomi contro il suo fianco.
Io sono finita in una mandria di pazzi!
-Okay, okay. Ho afferrato il concetto.-
Lo psicopatico assottiglia le labbra emettendo un lieve fischio e ci guarda con quel sorrisetto snervante che vorrei tanto prendere a mazzate. M’ispira violenza, e converrete con me che non è una buona cosa.
-Beh, anch’io vorrei presentarvi una persona.-
Di nuovo, curva la schiena come se la sua spina dorsale fosse di gomma, e con un gesto della mano invita qualcuno a raggiungerlo. Chi sbuca da dietro l’angolo è una donna tutta curve. Lunghi capelli corvini ondulati, occhi verdi dal taglio esotico -simili a quelli di Daryl-  e labbra super carnose macchiate di un rosso sangue. Indossa un abitino di pelle marrone, corto fin sopra le ginocchia, stivali al polpaccio dal tacco a spillo e al collo, invece, una collana che sembra fatta con del filo spinato.
Lo psicopatico le avvolge il braccio attorno ai fianchi rotondi e la bacia come se nella sala ci fossero solo loro due.
-Ragazzi, lei è la mia sporcacciona, Lucille.-
Accidenti che elogiabile presentazione!
La donna ci sorride pazzamente soddisfatta dall’appellativo datole dal suo amante.
-Che ne dite di bere qualcosa insieme?-
Ma anche no!
-Abbiamo fretta.-
Per fortuna anche Daryl sembra pensarla alla stessa maniera perché rifiuta l’invito.
-Ah, solo un goccio.-
-Abbiamo fretta.-
E per evitare di ripeterlo una terza volta, mi spinge verso l’uscita.
Lancio una veloce e ultima occhiata e mi rendo conto che gli occhi di tutti sono puntati su noi, o meglio, su Daryl e lo sconosciuto. Avevo percepito della tensione tra loro, ma adesso il sospetto è diventato certezza. E’ chiaro che tra i due non scorre buon sangue.
-Chi era quello?-
Chiedo una volta fuori.
Daryl resta sordo alla mia curiosità, continua solo a trascinarmi nel parcheggio, dove ha lasciato la moto.
-Ti ho fatto una domanda.-
-Ho sentito.-
Bene. Mi ha appena fatto capire che non ha alcuna intenzione di rispondermi.
-Mettilo.-
Mi passa il casco e anche se vorrei capirci qualcosa, e quindi insistere con l’interrogatorio, non dico nulla. Preferisco non aggravare in Dixon una rabbia già innescata.
-Andrai veloce?-
La domanda mi esce prima che possa bloccarla ma ho davvero paura. Di solito quando si è nervosi, si cerca di sfogare la propria ira nella maniera che più ci far star meglio, e quella di Daryl è -appunto- guidare.
-Cosa?-
Deglutisco perché l’occhiata che mi ha rivolto è seccata e collerica in egual misura.
-Ti ho chiesto se andrai veloce.-
Abbasso lo sguardo percependo comunque addosso i suoi occhi azzurri e gelidi.
Il silenzio mi fa sentire peggio e vorrei solo ritornarmene a casa, sulla mia poltrona vicino al caminetto.
-Hai fame?-
Veramente no. E non era neanche la risposta che mi aspettavo di ricevere, ma annuisco senza neppure capirne il perché.
-Aspetta qui.-
E imponendomi un altro comando, rientra nel locale.

****

-Già ti manco, eh?-
Quanto vorrei prendere a pugni questa faccia di cazzo che si ritrova, ma Rick mi ha ripetuto più volte che il miglior metodo per fargli rodere il culo, è ignorarlo. Fosse facile, cristo santo!
-Un panino e una lattina di coca-cola.-
Ordino al barista mentre Negan mi affianca poggiando fianco e gomito sul bancone.
Non ho bisogno di girarmi per confermare che mi sta studiando.
-Sono davvero sorpreso, Daryl. Non hai neanche lasciato che il fiore sbocciasse. Quanto è inesperta?-
-Molto più della tua puttana.-
Accompagna la risata dandomi due pacche sulla spalla.
-Mi sei sempre piaciuto, Daryl. Però.. una cosa te la devo dire. Avresti potuto scegliere una donna vera.-
Si avvicina e, come prima, mi parla in modo intimo.. come se fossimo amici di vecchia data.
-Sai cosa intendo, no?-
Sibila un verso viscido tra i denti, gli stessi che vorrei fargli cadere con un cazzotto, e si ritira.
-Ma.. sei troppo schivo con la figa. A differenza di tuo fratello. Lui si ch’era un vero puttaniere.-
Se quel coglione del barista non arriva entro dieci secondi con l’ordinazione, darò a queste persone una reale ragione per continuare a guardarci.
 -E’ un peccato che abbia perso la corsa.-
-Sei stato tu a mandarlo fuori strada, brutto figlio di puttana.-
-Ahia, Daryl, così mi ferisci.-
-Non hai nemmeno idea in che modo vorrei ferirti.-
-Uuuh! Cazzo! Adesso sì che me la sto facendo sotto.-
Finalmente il ragazzo porta il sacchetto e senza aspettare di sapere quant’è il costo, gli lascio sul bancone una banconota.
-Il resto, signore.-
Me ne fotto del resto.
-Ehi, Daryl. Non è stata colpa mia!-
Fanculo.
-E se ce l’hai con me per la moto di Merle, tieni a mente l’unica regola: ciò che appartiene all’avversario, se perdente, diventa mio.-
Già. E spero presto di impadronirmi della tua testa di cazzo.
Quando torno al parcheggio, trovo la ragazzina proprio dove le ho imposto di stare.
Che coglione sono stato a portarla qui.
Credevo di trovarci il coreano -il ragazzo è un genio a manipolare la mente delle persone, e giocando d’astuzia avrebbe convinto la bionda a ritirare la denuncia-, non il collezionista di vite umane.
Chiederle se avesse fame è stata la prima cosa che il cervello mi ha suggerito. Un consiglio del cazzo, perché adesso sono più alterato di prima.
-Tieni.-
Le porgo il sacchetto e, in un remissivo silenzio, lo prende.
-Grazie.-
-Hm.-
-Daryl?-
Abbasso lo sguardo su di lei e la trovo a mordersi il labbro inferiore.
-Ahm.. Come faccio a salire in moto?-
Solleva entrambe le braccia mostrandomi che in una mano regge il casco, nell’altra il sacchetto.
Quasi mi viene da ridere e l’incazzatura si lenisce grazie a qualcosa che non so classificare, né spiegare o riconoscere.
E’ davvero una bambina. Ed io un fottuto depravato.

****

Il perché Daryl mi abbia trascinata in quel locale, ancora non l’ho capito.
Gli ho chiesto chi fosse lo psicopatico e perché mi avesse presentata a lui con il suo cognome, ma non ha risposto a nessuna delle due domande. Mi ha solo portata nel suo habitat lasciandomi mangiare un panino che non ho ancora toccato. Della coca-cola, invece, non ho potuto farne a meno. Avevo davvero troppa sete.
Adesso, seduta contro il muro, osservo lui e Nick trasportare le ultime cassette degli attrezzi.
Ormai tutto è pronto per l’inaugurazione di lunedì.
Il garage si è trasformato in una vera e propria officina. Devo dire che, nonostante non ci sia nulla di particolare, è abbastanza esortante.
-Ehi, bambolina, posso portarti qualcosa?-
Un dizionario Dixoniano.
-No, grazie Nick.-
Ricambia il sorriso e prima di andare via si china per scompigliarmi i capelli in una carezza amichevole.
-Sono io che devo ringraziarti.-
Mormora lanciando un’occhiata, oserei dire malinconica, alla spalla di Daryl.
-Perché? Non ho fatto niente! A parte creare guai!-
-Appunto.-
Ritorna su di me rivolgendomi un’espressione che non posso capire. Ma oggi hanno deciso tutti di essere così misteriosi?
-Non lo mollare, eh!-
Con un dito indica Dixon e si alza.
Sbaglio o anche Nick mi ha appena rivolta una minaccia?
E che diavolo vuol dire che non lo devo mollare? Ormai non ha più bisogno del mio aiuto.
Faccio leva su una mano e mi alzo da terra raggiungendo colui che non è mai stato un vero cliente.
-Allora, sei pronto per l’apertura?-
-Già. Peccato che non possa lavorarci.-
Che?? Dopo tutto questo casino?
-E perché?-
Quando si volta i suoi occhi, seminascosti dalla frangetta, mi fissano prosciugandomi ogni fonte verbale.
-Perché una stronzetta mi ha denunciato per molestie sessuali.-
Dovrei offendermi per il modo in cui mi ha chiamato, ma non ne ho motivo. Lo ha detto quasi con.. dolcezza, e arrossire mi è inevitabile perché in effetti sì, sono stata una stronza. Ho agito senza riflettere. Le sue provocazioni erano solo repliche alle mie.
Mordendomi la pellicina interna della guancia, abbasso gli occhi sulla lattina e sospiro.
-Domani ritorno da Rick.-
-Per?-
E no! Adesso vuole sentirmelo dire? Col cavolo!
-Lo sai.-
-Potrei sbagliarmi. Se ieri non ho capito male, vuoi aggiungere un’ordinanza restrittiva.-
Uffa! Che palle!
-Cosa vuoi sentirti dire, Daryl?-
Alzo il mento cercando di non perdere, a causa della sua bocca modellata in un sorriso sghembo, la determinazione ritrovata nell’irritazione.
-Niente che tu non voglia farmi sapere.-
Eh?
-Mi stai mandando il tilt il cervello.-
-Siamo pari.-
Lui guarda me. Io guardo lui.
E il mio intestino si aggroviglia.
Una muta conversazione sta trattando argomenti che non vogliamo nemmeno prendere in considerazione.
-Bene. Allora me ne vado.-
Non so perché, gli passo la lattina ma lui la prende portandosela alle labbra senza alcun problema.
Porca paletta, se mi soffermo a pensare che sta assaggiando la mia saliva non impiegherò molto tempo prima di andare letteralmente a fuoco.
Basta. Devo andare davvero via di qui.
-OkayCiao.-
Gli giro le spalle e mi dirigo verso l’uscita.
-Ragazzina?-
Non mi fermo. Sa qual è il mio nome.
-Sei a piedi.-
E porca la miseriaccia, ha ragione!
Potrei chiamare un taxi ma non ho la borsa. Potrei chiamare Jesus, ma è a lavoro. Idem Mery.
Potrei chiedere un passaggio a Nick, ma il locale è pieno.
Solo lui. Mi rimane solo lui.
Dunque, sono costretta a fermarmi.
-Mi stai offrendo un passaggio?-
Gli chiedo voltandomi col busto.
Lui solleva solo le spalle e credo abbia appena confermato.
Che, sotto sotto, sia un ragazzo timido?
D’altronde, non lo conosco e chi meglio di me dovrebbe sapere che le apparenze ingannano?
-Te ne sarei grata.-
E con un cenno del capo, suppongo mi abbia imitato un: non c’è di che. Ragazzina.




Note d’autrice
Ciao a tutte!!!
Spero che anche questo capitolo (che vorrei dedicare alla mia Claudia!) vi sia piaciuto.

Ovviamente non potevo non inserire Negan (vi anticipo che avrà un ruolo bello tosto anche qui!) e dar vita a Lucille! :D

Se avete consigli o c’è qualcosa che non vi convince, vi prego di farmelo sapere senza alcun problema!

Come sempre, ringrazio chi segue la storia e chi la aggiunge tra le preferite! :)

E grazie anche le mie recensirtici fisse (Serena, Anna, Chupa, Claudia, Dory, Mary, cignodicostiera, Eye, coccinella85) Perdonatemi se non rispondo! x.x

Alla prossima.
Un abbraccio.
   
 
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