僕は孤独さ – No Signal
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Primo intermezzo: Gratificazione.
Parte prima.
La
seconda rampa delle scale che conducevano al magazzino era stata completamente
distrutta dal mostruoso kagune del ghoul, rendendo impossibile la loro fuga verso il basso e
poi via, attraverso i condotti fognari .
Masa si era acquattata contro la
parete, cercando di avvistare qualche movimento neo buio in cui erano
sprofondati da diverse ore. Non sapeva se fosse stato il ricercato a distruggere
i fusibili del pannello di controllo o se era stato uno dei loro al fine di
facilitare le operazioni, rendendo però solo più difficile la sopravvivenza.
Prese
un respiro profondo, prima di trattenere il fiato per spostarsi il più
silenziosamente possibile, arrivando ad aprire la porticina della piccola
stanza nella quale aveva fatto sedere il suo collega ferito. Kuramoto se ne stava nell’esatto punto in cui lo aveva
lasciato, con la caviglia storta in una posizione innaturale e l’espressione
concentrata a cercare di riparare almeno una delle loro trasmettenti, entrambe
andate in offline per chissà quale
motivo.
«Se
ha installato un disturbatore di segnale, è un genio.» sussurrò il biondo,
appoggiando la nuca alla parete rigida alle sue spalle e osservando la mora che
tornava verso di lui, controllandogli l’arto ferito «Notizie di Take?»
Sconsolata,
scosse il capo «Non ho visto nessuno, credo che ci abbiano lasciati indietro.»
«Ti
perdono questa bestemmia solo perché sei arrivata da una settimana.»
Aiko sbuffò una risata incolore,
prendendo dalla tasca interna del giubbotto antiproiettile delle garze. Si
guardò quindi attorno, trovando un bastone sottile, che spezzò cercando di
attutire il rumore con la mano «Il mio battesimo del fuoco» gli disse, iniziando
ad immobilizzare la gamba. Ito strinse i denti,
soffocando un gemito di dolore «Resisti. Dobbiamo uscire di qui in qualche modo
e tu non puoi appoggiare questo piede. La tua quinque?»
«Oh,
bé» Kuramoto lanciò uno
sguardo verso quel poco che rimaneva della sua valigetta, mostrando alla
collega la maniglia «Questa forse riesco a ficcargliela in un occhio.»
«Mi
piace la tua positività.»
«Quindi
usciamo insieme, domani sera?»
Masa a quel punto sorrise
sinceramente, scuotendo il capo con divertimento «Sei terribile, anche con una
gamba rotta.»
«Prima
passiamo al pronto soccorso, poi potremmo andare in un locale molto buono dove
fanno solo cucina thailandese.» aiutato dalla giovane e facendo forza sulla
gamba sana, Ito riuscì a rialzarsi. Aiko si passò il suo braccio attorno alla vita, prima di
afferrare la sua prima quinqe, Gaku,
tenendola con la mano libera «Farei qualsiasi cosa per un piatto di goong doi in questo
momento.»
«Le
scale per scendere sono impraticabili e i corridoi che portano all’uscita
saranno sicuramente sorvegliati.» iniziarono ad avviarsi molto lentamente verso
la porta e Ito riusciva a stento a reggersi in piedi
appoggiato a lei. Sarebbe stato impossibile per lui correre e questo
significava solo una cosa: Masa avrebbe dovuto
lasciarlo indietro in caso di bisogno. «Dobbiamo spostarci silenziosamente e
sperare che non fiuti l’odore del sangue.»
«In
quel caso, diventeremo noi la portata principale.» quando lei lo guardò tesa,
lui sorrise tranquillo in risposta «Scusa, ho davvero fame.»
«Quale
è il segreto per prenderla così bene?»
«Semplice,
so che quando usciremo da quella porta troveremo Take ad aspettarci.»
Aiko non si stupì quando,
spalancato l’uscio lentamente in uno stridere di cardini che li tradì, non
trovò proprio nessuno. Quanto meno, non c’era nemmeno il ghoul.
Spostarsi
fu un incubo. Non riuscirono ad essere silenziosi e quando si ritrovarono di
fronte l’oggetto delle loro ricerche, chino sul corpo di un membro del gruppo
di avanguardia, non se ne stupirono per niente. A Masa
si gelò il sangue nelle vene, mentre il ghoul si
metteva di diritto, con la bocca piena di interiora e carne, fissandoli con i
suoi occhi mostruosi.
Gli
parve di essere tornata indietro di un mese e mezzo.
«Oggi
non morirai» a parlare, era stato Ito. Masa si voltò a guardarlo con gli occhi sbarrati, mentre
una dopo l’altra, le immagini della battaglia dell’Anteiku
si riproponevano nella sua mente. Sarebbero finiti fatti a pezzi esattamente
come era successo ad Itadashi e ai suoi uomini «Oggi
tu non morirai perché non hai fatto niente per essere ricordata e nessun membro
della squadra Hirako non si guadagna almeno un
riconoscimento. Vai e fallo a pezzi, tigre.»
«Non
so farlo» sussurrò Aiko a mezza bocca, mentre il ghoul denominato l’Incantatore di Serpenti si voltava a
fronteggiarli. Da entrambe le spalle spuntarono i kokakou
rossi magenta striati di viola «Ito, fallo tu.» e gli
porse la quinque.
«Lo
farei, ma sono impossibilitato e se non fai la tua mossa, la farà lui!»
Scostandosi
dalla collega, Kuramoto si addossò alla parete. Aiko strinse nella mano l’impugnatura dell’arma, messa con
le spalle al muro e impossibilitata a fare altro se non avanzare di qualche
tremolante passo nella direzione della morte. Il ghoul
la spiava in silenzio, come se attendesse un attacco, ma la mora non fece
niente. Rimasero a fissarsi per qualche minuto, poi gli occhi di Aiko corsero oltre la spalla dell’ avversario, fino alla
porta. Se fosse arrivata fin lì, avrebbe avuto in salvo la vita.
Doveva
solo lasciarlo con Kuramoto, che difficilmente
sarebbe riuscito a scrollarselo di dosso.
Doveva
solo lasciarne morire un altro.
Si
morse il labbro, alzando l’arma, mentre l’immagine di un uomo imponente
totalmente vestito di bianco con due occhi rossi raccapriccianti le appariva di
fronte, pronto a farla a pezzi ancora e ancora.
«Non
posso.» la quinque le cadde e lei con essa, in
ginocchio, «Non posso.»
«Va
bene così.» una mano le si appoggiò sulla spalla e quando voltò lo sguardo
annebbiato dalle lacrime, Kuramoto le si era messo
accanto. Lo osservò raccogliere l’arma, sempre mantenendo quel serafico sorriso
sulle labbra «Quando te lo dico, punta la porta e corri più veloce che puoi,
ok?»
«Cos-»
«ORA!»
Non
fece in tempo a ragionare, che la sopravvivenza vinse sull’umanità. Si spostò a
destra, mentre Ito si lanciava con la sola gamba
funzionante contro il ghoul, intrecciando la quinque ai suoi kagune. Arrivò
alla porta e si appoggiò con la mano allo stipite, non riuscendo a varcarne la
soglia. Si bloccò, girando il capo e focalizzandosi su cosa stava succedendo.
Stava
scappando. Stava lasciando una persona meravigliosa a morire.
Non
riuscì a smettere di piangere, consapevole, ma qualcosa si mosse veloce dentro
di lei. Quando Kuramoto cadde a terra, lei lanciò una
pietra con forza contro il ghoul.
«Ho
finito di perdere compagni di squadra.» sussurrò rivolta verso di lui, alzando
i pugni a protezione del viso come pronta ad affrontarlo a mani nude,
terrorizzata ma stanca di sentirsi una codarda.
L’Anteiku era passato, quello era il presente.
Forse
sarebbe stato meglio morire che continuare quel genere di vita.
Ciò
che accadde nell’istante successivo fu abbastanza rapido da perdersi. Il mostro
scattò e lei portò entrambe le braccia a protezione del viso, pronta a sentire
entrambi i kagune dilaniarla. Non accadde, però.
Quando trovò il coraggio di scostare l’avambraccio per spiare oltre di esso, a
pochi centimetri dal suo volto c’era la punta di Gaku,
che sbucando dall’occhio dell’essere, gli aveva trafitto il cranio per intero. Ito, in terra, aveva ancora il braccio alzato e il fiato
corto, incredulo a sua volta che quel lancio avesse effettivamente funzionato.
Il corpo privo di vita crollò al suo con un tonfo che sollevò una nube di
polvere e quando anche Masa si sedette sulla
pavimentazione sporca, lanciando lontano il casco, dei passi annunciarono
l’arrivo del resto della squadra.
Take
si affacciò, notando che entrambi erano vivi e più o meno sani. Scavalcò Aiko, che venne subito fatta alzare dalle braccia forti di Orihara, mentre il capo si avviava a passi venti verso il
suo secondo «Sono in ritardo, vero?»
«Questa
volta c’è mancato tanto così.» Take se
lo caricò praticamente in spalla, iniziando ad avviarsi all’uscita, mentre Machibita avvisava il team medico «Ma per fortuna avevo
un’ottima partner» .
Passando,
Ito alzò una mano per farsi dare il cinque, ma tutto
ciò che Masa riuscì a fare fu stringerla, prima di
crollare di nuovo contro la spalla del suo superiore.
Masa aveva accompagnato Kuramoto dal professor Chingyou,
qualche giorno dopo la chiusura del caso dell’Incantatore. Il biondo doveva
destreggiarsi con le stampelle, ma non aveva per niente perso il solito buon
umore che lo caratterizzava.
Nel
grande laboratorio doveva le quinque venivano
preparate e potenziate, c’erano solo loro tre. Ito
salutò bonariamente l’esperto, battendogli una mano sulla spalla e rischiando
di perdere un appoggio, il tutto senza ovviamente perdere entusiasmo.
«Sei
riuscito a fare quel che ti avevo chiesto?»
Kouitsu annuì, portando entrambe le
mani nelle tasche del camice «Aizawa me li ha fatti
avere entrambi ieri. Volete vedere il risultato?»
Masa annuì, allungando il collo per
spiare sul tavolo, quando questi venne scoperto. Lucenti, due lance gemelle
brillavano di magenta e viola scuro, quasi nero, sotto i loro occhi.
«Sei
stato veloce questa volta.»
«Il
koukau era sorprendentemente collaborativo. Sono
venute bene, non credi Kuramoto?»
Il
biondo appoggiò entrambe le stampelle al tavolo, liberando le mani ma prestando
attenzione a non mettere peso sul gesso. Poi prese entrambe le lance, annuendo.
Alla fine, con attenzione, ne passò una a Aiko.
Lei
non capì il gesto e la prese, facendo un passo indietro per girarsela nella
mano «Leggera» constatò alla fine «Usarne due non sarà semplice però.»
«Infatti
non intendo usarne due. Una è tua.»
Lei
continuò a non capire, fino a che abbassando gli occhi sulla superficie lucida
dall’arma, ci arrivò. «Non posso accettare, tu l’hai ucciso.»
«Se
tu non fossi tornata indietro e non ti fossi divertita a prenderlo a sassate,
non sarei nemmeno qui! Prendi questa maledetta quinque
e stai zitta.»
Mentre
Ito ridacchiava, Masa corrugò
la fronte «Posso davvero? Insomma, non sono soggetta a restrizioni sulle quinque?»
«Chi
se ne frega, a quello ci deve pensare Take. Allora, come pensi di chiamarla?»
Aiko gli sorrise, quasi imbarazzata
«Ancora devo incassare il regalo. Tu che idea avevi?»
Kuramoto se la rigirò fra le mani,
pensieroso e rischiando di colpire Chingyou, che
decise che forse era il caso allontanarsi un po’ «Mi piace Senza.»
«Senza.»
ripeté Aiko, prima di incrociare l’arma del biondo
alla sua «e Inazami.»
Lui
rispose al sorriso «Sento che questo è l’inizio di una bella collaborazione.
Non scappare più!»
L’imbarazzo
tornò, tanto che la poverina avvampò, «Hai rovinato l’atmosfera.» sussurrò
attraverso le dita della mano che aveva portato a coprirsi il viso. Quindi
tornò ad appoggiare la lancia sul tavolo, incrociando le braccia «Per
rimediare, mi offrirai la cena. Thailandese, quindi?»
Kuramoto la imitò, recuperando poi le
stampelle e porgendole simbolicamente il braccio «Te la offrirei tutte le sere,
Aiko-chan.»
«Un
vero cavaliere. Andiamo ad invitare anche gli altri.»
«Un
giorno mi spezzerai il cuore!»
Capitolo sei
«Non
posso credere che tu riesca a comportarti come un vero stronzo anche dopo aver risolto
un caso importante.»
Haise prese un lungo respiro
paziente, prima di allacciarsi la sciarpa di lana attorno al collo. Dopo la
chiusura del caso Embalmer, circa due giorni prima,
sperava di poter festeggiare il raggiungimento di un tale obiettivo tutti
insieme. Certo, era il caso di Masa e Urie, ma aveva
portato un certo lustro all’intera squadra Quinx,
quindi era un po’ una vittoria collettiva. Peccato che quei due non fossero affatto
collaborativi.
«Io
mi comporto da stronzo? Tu hai consegnato un rapporto inconcludente e adesso il
direttore vuole vederci!»
«Ho
fatto come mi ha detto Sasaki! Quante volte devo
ripetertelo? Scusa, ma sei stupido?»
Tirando
il miglior suo sorriso, Haise si voltò a guardarli. Aiko aveva un diavolo per capello, Urie sembrava un punto
di estrarre il kagune e picchiarla, mentre Shirazu guardava male Saiko
perché, da giorni, sosteneva di essere vicina alla vittoria della scommessa. A
dirla tutta, Sasaki iniziava a credere che avesse
ragione lei, che presto Masa avrebbe fatto fare a
Urie un bel volo dalla finestra. Scambiò uno sguardo con Mutsuki,
in piedi accanto a lui, percependo il suo disagio mentre la battaglia
continuava ad infuriare senza che nessuno dei due avesse cura di risparmiarsi
colpi bassi.
Ed
erano solo le otto e un quarto del mattino.
«Ragazzi,
che ne dite di salire in macchina e-»
«Il
rapporto non era inconcludente! Ho scritto esattamente quello che è successo!»
Sospirò.
Sarebbe stata una giornata molto, molto lunga.
Shirazu, capendo che Sasaki non avrebbe riportato la pace, portò le dita alla
bocca, fischiando acuto e riuscendo ad interromperli. «In macchina» decretò il
caposquadra «Su, subito!»
Aiko prese un bel respiro prima di
annuire, raccattando la sua valigetta e uscendo per prima nel freddo di quella
mattina di fine gennaio. Saiko le fu accanto in un
battito di ciglia e le prese la mano, intrecciando le dita alle sue e
parlandole con fare cospiratorio «Io non lascerei correre certe accuse, Macchan.»
«Le
accuse di un biscotto mi scivolano, Saiko.» le
rispose lei, salendo negli ultimi posti insieme all’altra ragazza e lasciando
che invece l’antagonista momentaneo si sistemasse nel posto davanti, accanto al
loro leader. Come un vero bambino offeso.
Kuki aveva compreso che qualcosa
non andava durante la prima rilettura del rapporto preliminare. Masa aveva spiegato come era arrivata al covo del sospetto
dopo averlo pedinato per oltre un’ora, motivazione per la quale non aveva
nemmeno risposto al suo collega. Lo aveva visto lasciare la clinica da una porta
sul retro e lo aveva seguito fino all’appartamento.
Quando
Haise aveva domandato il motivo per cui era lì e come
era possibile che l’avesse visto così facilmente, lei aveva detto semplicemente
che voleva intrufolarsi illegalmente da una porta sul retro per perquisire
discretamente l’ufficio del dottor Shinya. Per pura fortuna questi si trovava
lì. Avevano dovuto tenere conto anche delle testimonianze delle infermiere e
della receptionist, ma dopo un paio di accertamenti esse non erano risultate
essere ciò che dicevano: due di loro erano ghoul, mentre una
delle due assistenti venne indagata e messa sotto processo per aver favorito e
protetto dei ghoul non denunciandoli.
Le
loro parole avevano quindi perso ogni valore.
La
sola colpa che Sasaki aveva quindi imputato a Masa era stata quella di non attendere Urie, entrando in
azione da sola e mettendosi in pericolo. Le aveva detto di omettere la cosa,
sostenendo un mal funzionamento della trasmittente e di consegnare tutto in
fretta alla sede centrale. In effetti, lei aveva eseguito gli ordini del suo
diretto superiore. Urie doveva farsene una ragione.
Per
tutta la durata del viaggio in auto, sembrò esserci riuscito. Poi però scesero
nel parcheggio dei dipendenti e Aiko lo vide tornare
all’attacco.
«Non
metterò a rischio la mia promozione per te, Masa. Se
il direttore mi chiederà qualcosa, dirò che non mi hai aspettato e hai agito
alle mie spalle.»
Aiko, con la valigetta stretta nel
pugno, aveva accelerato il passo, staccandosi dal resto dei Quinx
durante tutto il tragitto fino all’atrio della sede centrale, lungo il vialone
d’ingresso. Urie l’aveva seguita parlandole con un tono che non ammetteva
repliche.
«Questa
sarebbe una minaccia? Che paura!»
aveva risposto lei sarcastica, voltandosi di tre quarti per lanciargli uno
sguardo sprezzante, non smettendo di avanzare e anzi, affrettando il passo già
di per sé lungo «Dì quello che ti pare, Cookie. Anche io ho da raccontare un
aneddoto divertente. Mi hai scaricata sulla superstrada, se ti ricordi, quindi
dimmi: che figura pensi di farci?!»
Colpito
e affondato. Il giovane rallentò, rimanendo indietro e stringendo la mano
attorno alla maniglia della valigetta metallica, prima di riprendere a
camminare rapidamente, deciso a non cedere terreno.
Avrebbe
avuto l’ultima parola.
«Credi
che la tua fortuna durerà per sempre?» le chiese in un soffio dopo essersi
accostato a lei «Pensi davvero che non faranno domande?? Il caso non esiste e
tu sei stata solo baciata dalla sorte.»
Questa
volta, fu Masa a fermarsi. Il modo in cui lo guardò
era palese. Quegli occhi di ambra stavano gridando a squarcia gola un solo
concetto: tu mi fai schifo.
«Credi
che io sia fortunata?» gli domandò a denti stretti, sentendo il resto della
squadra raggiungerli molto lentamente «Ho visto morire tre miei partner,
Cookie. Mi chiamano il gatto nero del ccg, quindi
ricordati molto bene quello che sto per dirti: io non sono favorita dalla
sorte, io sono brava. So fare solo due cose nella vita e una di questa è
l’investigatrice, non permetterò a un pivello come te, che lavora da meno tempo
di me, di mettere in dubbio questo fatto. Oltretutto, porto molta sfiga a chi
agisce fianco a fianco con me. Stai attento che non finisca la tua, di fortuna.»
«Per
caso mi stai minacciando tu, adesso?»
«Chiamiamolo
dato di fatto facilmente dimostrabile. Ma puoi chiedere anche questo a Aizawa, mentre indaghi sul mio conto.»
Un
moto di fastidio scosse le viscere di Urie. Aizawa
doveva avere parlato a Masa delle informazioni che
lui stesso aveva dato spontaneamente, o al limite era stato Shimura
a mettersi in mezzo. Certo, lui non le aveva poste, quelle domande, ma non si
era nemmeno distaccato dal discorso chiedendogli di smetterla, ma anzi. Era
diventato avido dopo ciascuna parola detta dal patologo. Avrebbe voluto
parlargli di nuovo per davvero, perché Urie sapeva solo di Orihara,
mentre Masa aveva parlato al plurale, riguardo al
numero di partner deceduti al suo fianco. Per non darle soddisfazione, però,
non lo avrebbe fatto. Esisteva internet per quel tipo di ricerche o magari
l’archivio.
Rimasero
in stallo qualche secondo a guardarsi con disprezzo misto a rabbia, fino a che
qualcuno non li raggiunse. E non era un Quinx, bensì
un ragazzetto biondo dai capelli bizzarri, simili a un nido di rondini sfatto
«Ehi Aiko! Bel lavoro con il caso Embalmer.»
appoggiando una mano sulla spalla della mora, il giovane lanciò una lunga
occhiata a Urie «Va tutto bene qui?»
E tu che cazzo vuoi? sarebbe stato tutto ciò che
Urie aveva intenzione di chiedergli, ma si trattenne quando constatò che doveva
essere un superiore.
Lei
rilassò i muscoli della schiena, distendendosi e schiarendosi la voce «Ciao, Mizurou» lo
salutò cordiale, «Sì certo, tutto bene.» si sbrigò poi a dire, certa che la loro lite avesse attirato più di una
persona, ma che solo l’ex compagno di accademia doveva aver effettivamente
deciso di intervenire. «Conosci Kuki Urie? Biscotto,
lui è Tamaki, della quadra Suzuya.»
«Lieto.»
La
scocciatura non poté che aumentare per il Quinx, il
quale pensò che ci mancava giusto un paladino della giustizia per iniziare
quella già poco piacevole mattinata. Guardò i due amici salutarsi, quando il
biondo sparì dietro alla porta di accesso, lui socchiuse le labbra pronto a
insistere. Lei però lo bruciò con’occhiata di fuoco «Andiamo? Il direttore ci
aspetta e tu non devi sprecare saliva parlando. Te ne servirà parecchia per
leccargli il culo.»
Nemmeno
il tempo di una parola e si erano ritrovati nuovamente a camminare fianco a
fianco, come se nessuno dei due intendesse cedere terreno. Entrarono insieme,
spingendo le porte e affacciandosi all’atrio in un ultimo, lungo, sguardo di
sfida e rancore. Ebbero di meglio a cui pensare, poi.
Uno
scrosciare di applausi si levò, lasciandoli entrambi sbalorditi.
L’atrio
era invaso di persone, compresi i membri della loro squadra che dovevano averli
superati mentre loro erano intenti a scannarsi. Applaudivano tutti guardandoli,
e dalla cima delle scale, accanto al classe speciale Ui,
Urie notò anche Arima. La notizia del loro successo
si era sparsa molto velocemente negli ultimi giorni, così come il racconto
approssimativo e poco chiaro rilasciato in quel rapporto che doveva essere
passato per molte mani. Urie fissò lo Shinigami
bianco sorpreso, spostando poi lo sguardo su Fura e Shiba e infine su Aizawa che lo
stava fissando storto, sicuramente perché avevano coinvolto un perito esterno e
non lui nella raccolta delle informazioni. Quando poi si voltò verso la
partner, convinto di specchiarsi negli occhi vittoriosi della donna pronta a
dirgli che aveva ragione lei, notò che non lo stava per niente guardando.
Gli
occhi di ambra di Masa erano leggermente macchiati di
lacrime, lucidi di commozione verso quello che non era altro che un grande
riconoscimento al suo merito. Urie non si era mai accorto di quanto si
sforzasse per essere apprezzata, almeno fino a quel momento, quando gli
sorrise, prendendolo a braccetto e avanzando verso la squadra Quinx, che li aspettava con Ito,
pronti a ricevere altri complimenti.
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La
cerimonia che si era appena conclusa era stata più per la stampa che per loro.
Urie
teneva in una mano la scatolina di velluto che conteneva al suo interno una
spilla veramente brutta, con un colombo in rilievo e una singola ala bianca.
Gli era stata donata dal direttore Washuu durante una
cerimonia formale piuttosto sbrigativa, seppur pubblicizzata in pompa magna,
insieme alla gemella, ricevuta da Masa.
Non
avevano fatto discorsi impegnati, si erano limitati a rimanere immobili nella
loro divisa bianca di alta rappresentanza, si erano fatti sistemare quello
screzio della natura sul petto e poi avevano scattato qualche foto.
Eccolo
il loro riconoscimento per aver chiuso un caso lungo quindici anni.
Urie
si era sentito un po’ disilluso. Aveva immaginato molte volte come sarebbe
stato ricevere il riconoscimento dell’Ala Bianca, ma nessuno scenario si era
mai concluso con un flash e una pacca sulla spalla. La sua collega, al
contrario, sembrava più felice che il giorno del suo compleanno, tutta sorrisi
e strette di mano. Si era dovuto allontanare da lei, perché quell’entusiasmo
poco le si addiceva.
Aveva
preso posto su una sedia lasciata libera tra il pubblico, mentre la sala si
svuotava e aveva preso ad osservare quel ninnolo più significativo che di
valore, chiedendosi quanto avrebbe dovuto impegnarsi davvero per essere notato.
Per avere una promozione fuori stagione ed essere spostato nella squadra SIII.
«Secondo
livello Urie, congratulazioni.» ad interromperlo fu Matsurie
Washuu, il classe speciale figlio del direttore e lui
non poté far altro se non alzarsi, salutandolo con un inchino rispettoso. Aveva
compreso da un po’ di tempo l’interesse nemmeno troppo velato di quell’uomo nei
suoi confronti e non si era tirato indietro, considerando ogni singolo mezzo
per ottenere il suo scopo. Il fatto che un uomo tutto d’un pezzo come lui si
fosse preso la briga di andare a congratularsi, era un chiaro segnale di quanto
bene stessero andando i suoi piani su quel fronte «Ho sentito che è stato uno
scontro piuttosto duro e che tu se la sei cavata egregiamente, coprendo la tua
partner. Non credevo però che fossi così modesto da non prenderti direttamente
il merito, mi hai stupito positivamente. Questo è l’atteggiamento giusto di chi
vuole fare carriera.»
….Cosa?
«Credo
di non capire, classe speciale Washuu.»
L’agente
di livello superiore abbozzò un sorrisetto «Non ti è stato riferito?» chiese in
modo superfluo, prima di fare un cenno verso il palco. Su di esso, Masa e Sasaki stavano parlando
con il classe speciale Ui e la sua partner sembrava lievemente in
imbarazzo mentre cercava di frenare Haise dal dire
chissà cosa sui suoi uomini «Masa è andata dal
direttore ieri mattina, sostenendo che nonostante sia stato omesso nel
rapporto, ha agito contro gli ordini del suo superiore non aspettandoti ma che
tu non solo l’hai coperta, ma hai anche salvato la sua vita in azione. Ha
chiesto un doppio avanzamento di carriera per te, durante le promozioni di aprile,
ma il direttore ha convenuto che sei troppo giovane per la prima classe.
Nonostante questo è rimasto molto colpito dal gesto e sta prendendo in
considerazione di promuovere anche Masa.»
Tralasciando
la scarsa privacy che dilagava per l’ufficio centrale – Urie prese appunti in
merito- il ragazzo si domando solo perché. Perché Masa
si era scoperta e aveva esagerato la soluzione? Quando era arrivato Urie aveva
visto con i suoi occhi che per quanto la situazione fosse complessa, la
compagna non era in pericolo. Anzi. L’Embalmer era stato ampiamente sopravvalutato e la sua reale
classe era forse una A+, più che una S. Non sarebbe
stato produttivo abbassarla, per evitare di fare la figura degli incompetenti
che ci hanno messo ben quindici anni e la capacità intellettiva del dottor
Shinya li aveva ingannati al punto tale che infondo si era meritato di vedersi
un po’ gonfiata la pericolosità, ma se fosse arrivato dieci minuti dopo, Kuki avrebbe trovato Masa con in
mano la testa di quel ghoul. Lei aveva risolto il
caso. Lei lo aveva stanato.
Allora
perché aveva voluto far ricadere il merito solo sulle sue spalle? Così come
aveva detto quel giorno sul molo, non voleva averlo lei. Perché?
«La
ringrazio per le belle parole, signore.»
«Te
le sei guadagnate.» La mano di Matsurie si appoggiò
sulla sua spalla, scivolando poi in quella che sembrava una carezza lungo il
braccio lungo il gomito.
Urie
rimase impassibile, anche se non fu facile. Non spostò nemmeno gli occhi da
quelli dell’altro, nascosti dalle lenti degli occhiali da vista. Repellente «Se mi scusa, signore, andrei
a ringraziare la mia partner.»
«Certamente.»
gli rispose Matsurie, scostandosi «Non farle sapere
che sono stato io a dirtelo» sottolineò in quello che voleva sembrare come un
tono scherzoso. Ma che fallì miseramente alla base «Un’ultima cosa, se mi
permetti, Urie.» lo trattenne ancora, a parole, «Non fare troppo l’eroe. Lavora
di testa.»
«Grazie
del prezioso consiglio, arrivederci.»
Grazie, prego, a mai più se
possibile. Un
ultimo inchino e poi Urie gli diede le spalle, allontanandosi. Pensava di
essere libero dal sentirsi assillato dopo aver scaricato così gentile e
accomodante Matsurie Washuu,
ma si sbagliava alla grande. A placcarlo a pochi metri dalla sua meta, fu la
persona che meno di tutti voleva vedere.
«Ei!»
«Ciao,
Kuroiwa.» Ma
ultimamente mi sta tallonando!? «Ora sarei occupato se tu devi-»
«Ci
metterò poco, devo dirti solo un paio di cose. Le stiamo rimandando da un po’ in
fondo.
Due settimane? Accidenti, tutta
la vita. Urie
sospirò discretamente e annuì, giusto per non mandarlo al diavolo. C’era molto
vicino e non voleva fare la figura della ragazzina in crisi isterica proprio il
giorno in cui gli era stata conferita una medaglia. Che Takeomi
non aveva ricevuto.
«Volevo
parlarti di Masa» iniziò il giovane dagli occhi a
palla, come quelli di un gufo «Ora come ora, però, penso che il mio discorso
sarebbe superfluo. Ne avrete già parlato tra di voi, dopo tutto.»
Urie
non aveva capito ovviamente nulla. Come poteva, del resto? Non era stato chiaro
per niente «Non credo di seguirti, Kuroiwa.»
L’altro
si grattò la nuca, imbarazzato « Ok, ricominciamo» gli disse, forse conscio che
il mettersi in mezzo a cose che non lo riguardavano rischiava di farlo passare
per come Urie lo stava già definendo. Un ficcanaso «Io sono entrato nella
squadra Hirako da un solo anno e Masa
c’era già, al mio arrivo. Viveva anche già con Kuramoto,
in effetti, ma comunque è sempre stata un po’… Strana. È una persona che sembra
essere molto aperta e allegra, ma non lo è. Noi siamo un po’ preoccupati per
lei, perché ha vissuto situazioni e tende a isolarsi e sentirsi sola.»
Ah si? «Come tutti noi, ha vissuto
situazioni estreme. Siamo agenti, non gelatai.» Kuki
fece una pausa, assimilando tutte le informazioni arrivate. A iniziare dal
fatto che Aiko viveva con… Ito? Interessante. Urie iniziava a chiedersi seriamente,
soprattutto alla luce di ciò che Aizawa gli aveva
detto, quale fosse il loro reale rapporto. «Io cosa c’entro col fatto che si può
sentire sola?»
Masa era passata dall’essere la
stellina preziosa dalla squadra Hirako a uno dei
tanti casi umani dei Quinx. Non sarebbe stata la
preferita di nessuno, tra loro.
Takeomi poteva anche mettersi il cuore
in pace.
«Insomma,
Urie. Visto quello che le è successo…. Con tuo padre.
Pensavo che ti avrebbe fatto piacere avere un occhio di riguardo per lei.»
«Mio
padre?»
«Masa non te lo ha detto?»
Per
la seconda volta in quella mattinata, Masa non gli
aveva detto proprio un cazzo.
«Detto
cosa!?»
Sul
viso di Taokeomi si dipinse un’espressione sempre più
contrita e di puro disagio. Stava parlando di qualcosa che Masa
aveva volutamente omesso? Ottimo.
«Forse
dovreste parlarne, non credo dovrei mettermi in mezzo io. Scusa se mi sono
permesso .»
Oh fantastico, lancia il sasso
e ritrae la mano.
Non avrebbe dovuto farlo, perché c’erano poche cose che potevano venir discusse
con Urie, ma ancora meno che lui non avrebbe mai lasciato correre.
Soprattutto
se di mezzo c’era il nome di suo padre.
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«Tra
dieci minuti in palestra, Masa. Non farmi aspettare e
vedi di vestirti in modo consono a un allenamento.»
Questo
era stato il modo poco gentile con cui Urie aveva interrotto un’accanitissima
partita a CoD tra Aiko e Saiko, con l’incitamento di Tooru
per l’una e per l’altra. Aveva girato i tacchi, infastidito dall’espressione
stupita dei tre colleghi, chiedendosi il perché di quelle facce. Forse
dimentico del fatto che lui non si allenava mai con nessuno.
O
forse perché erano un paio di giorni che l’agente si comportava in modo strano,
rispetto al solito.
Certo,
era sempre sfuggente come una volpe nel periodo della caccia, ma era la
motivazione ad essere cambiata.
Ed
era tutta colpa di Takeomi.
Alla
fine, per rispondere alla sua assillante curiosità riguardo quella faccenda
introdotta dal collega coetaneo e mai approfondita con Masa,
aveva ceduto e si era fatto strada da solo verso la verità, decidendo
deliberatamente di non parlarne con la ragazza come avrebbe fatto qualsiasi
essere umano decente, ma andando a chiederlo a qualcun altro.
Ad
Aizawa.
Parlarne
con l’interessata sarebbe stato molto più semplice, ma lui non se l’era sentita
di intavolare un discorso senza sapere dove questo sarebbe potuto andare a
parare. E aveva fatto bene, perché di fronte a ciò che un riottoso e ancora
offeso Aizawa aveva avuto da dirgli, si era ritrovato
inaspettatamente senza parole.
Aiko Masa
era diventata un agente del ccg per onorare la
memoria dell’uomo che le aveva salvato la vita, impedendo a un ghoul di divorarla quando aveva solo nove anni. E
quell’uomo si chiamava Mikito Urie.
Suo
padre.
La
donna che lui non faceva altro che denigrare e che aveva – ricordiamolo- scaricato in mezzo a una super strada aveva deciso di
dare la sua vita alle colombe per onorare quello che forse lei sentiva come un
obbligo, un debito. Ciò doveva averla anche spinta a parlare con il direttore Washuu per quella faccenda della doppia promozione, aveva
senso. Era la sola cosa che poteva avere senso in quel contesto.
Per
la prima volta nella storia, Urie si era sentito in colpa nei confronti di un
suo collega Quinx. In effetti, anche quando aveva
trafitto Mutsuki con il braccio si era sentito uno
schifo, ma quello era tutto un altro livello di torto: aveva avvertito come se
con un solo gesto, fosse riuscito a disonorare suo padre, la sua memoria e ciò
che di buono aveva fatto nella sua vita.
Ed
era bastato questo per fargli rivedere le sue posizioni nei confronti di Aiko.
Quasi
come se, improvvisamente, fosse diventato un obbligo.
Lei
sembrava più collaborativa, anche se semplicemente non serbava rancore dopo un
litigio. Aveva rispettato la richiesta di Urie e quando lui era entrato
nell’ampia palestra con in mano due spade di legno, l’aveva trovata a fare stretching,
praticamente in spaccata frontale, sul pavimento. Masa
alzò lo sguardo su di lui, appoggiandosi con i gomiti alla pavimentazione in
legno, per poi concentrarsi sulle spade.
«Cosa
vuoi farmi?»
«Devi
imparare a padroneggiare il kagune come si deve.» Kuki buttò una delle due armi di fronte a lei, appoggiandosi
poi con le mani all’altra mentre la guardava tirarsi su, tenendo la sua come un
ombrello «Non puoi permetterti di dare troppo spettacolo o, peggio ancora,
diventare un pericolo per te stessa e per gli altri. Ti serve disciplina.»
Masa gli sorrise, smaliziata «E
vuoi darmela tu?»
«Sai
cos’è l’Aikido?»
La
ragazza sbatté le palpebre più volte, presa in contropiede «L’arte… Marziale?»
«Le
basi dell’Aikido sono il riuscire a trovare un’armonia con lo spazio
universale, unificare l’energia del corpo e dello spirito e la concentrazione
che serve per percorrere la via dell’auto perfezionamento.» le spiegò,
sistemando la maglietta aderente senza maniche e prendendo dei guantini senza le dita dalla tasca dei pantaloncini
sportivi «Da oggi, studierai Aikido con me ogni giorno, anche i giorni in cui lavoreremo.
Ti insegnerò le basi del combattimento corpo a corpo e con la spada e tramite
la disciplina intimista imparerai a padroneggiare meglio il kagune.
Ti serve qualcosa di più utile delle quattro cazzate che ci insegnano in
accademia, se vuoi diventare un agente di livello alto. Come Quinx, è un tuo dovere essere in grado di avere il
controllo totale sul tuo corpo e sulla tua mente.»
Kuki non sapeva perché, ma si
aspettava una risata e un arrivederci come risposta. Al contrario, Masa rialzò gli occhi sempre colmi di stupore su di lui
«Perché?»
«Te
l’ho appena spiegato. Perché tu non hai-»
«Sì,
quella parte l’ho capita» si avvicinò di un paio di passi, la mora, quasi
sospettosa per quell’improvviso cambio di atteggiamento nei suoi confronti «Non
capisco perché sei tu a prenderti questa responsabilità nei miei confronti e
non lo fa, invece, Sasaki. Perché ti dai pena?»
Se
Urie fosse stato coraggioso abbastanza, avrebbe continuato a spiazzarla
dicendole che voleva ripagare un po’ il suo debito verso suo padre portando
avanti qualcosa che lui aveva iniziato, oppure che lo faceva perché
inconsciamente voleva avvicinarsi di più a qualcuno che aveva ammirato e
guardato a suo padre come a un eroe come aveva sempre fatto lui.
Ma
non era coraggioso per niente, quindi la buttò sul cinismo come al solito «Sei
la mia partner, quindi è un mio problema se non sei in grado di controllarti,
non credi?»
Un
sorrisetto amaro si dipinse sulle labbra di Aiko
«Già» ne convenne, anche se un po’ forzatamente, prima di dargli le spalle per
avvicinarsi a un paio di sedie su cui lasciò cadere la felpa. Tornò da lui,
indossando solo la canottiera grigia e i pantaloni sportivi neri, tenendo fra
le mani la spada «Sappi comunque che non ti chiamerò mai Cookie-sensei.»
gli fece presente, ritrovando un po’ del suo sarcasmo.
Lui
scosse il capo, sconsolato «Mettiti qui, accanto a me. Oggi iniziamo dalle
posizioni base e dalla respirazione.»
Lei
eseguì, muovendo il capo per distendere i muscoli del collo e successivamente,
delle spalle. Mentre si sistemava, gli occhi del ragazzo scivolarono sul suo
profilo, fino al braccio destro, dove una grande cicatrice sfigurava la carne
chiara, visibile nonostante su di essa vi fosse tatuato un crisantemo magenta dai petali dischiusi.
Continua.