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Autore: Chemical Lady    16/02/2017    1 recensioni
[[ Spoiler su tutto Tokyo Ghoul :re - Presenza di personaggi OC nella storia ]]
La figura che troneggiava su di lei sembrava un angelo.
Distinta, si stagliava verso il cielo possente, spezzando il buio notturno con la sua bianca presenza. Il cappotto candido cadeva fino al terreno, immacolato ad eccezione di qualche piccola ma visibile goccia di sangue. Una costellazione vermiglia, spaventosa, che impregnava il tessuto sovrapponendosi ad altre più vecchie, marroni e rapprese, ad alta velocità.
Il volto, invece, pareva quello di un demone. Gli occhi dall'innaturale sclera nera spiavano impassibili e annoiati il solo superstite della squadra Hidaishi.
Riversa sul marciapiede, in una pozza della sua stessa urina, c'era una ragazza dai capelli neri, che spuntavano arruffati da sotto il casco della divisa antisommossa del CCG. Teneva gli occhi ambrati fissi su quelli del ghoul dalla maschera rossa, incapace di distoglierli.
Sto morendo , si diceva in una lenta litania. Sto morendo.
Aiko Masa, vent'anni sprecati a compiere scelte inutili, stava morendo.
[[ Quinx Squad center ]]
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio, Sasaki Haise, Sorpresa, Un po' tutti, Urie Kuki
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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saboteur

僕は孤独さ  No Signal

Primo intermezzo: Gratificazione.

Parte seconda.

 

 

 

Capitolo sette.

Yoohei Kenta aveva poche ambizioni nella vita. Essere un ghoul in un mondo governato dagli esseri umani aveva influito molto sulle sue scelte. Non aveva avuto il privilegio di avere un alterego, una maschera da indossare fra quelle persone, quindi si era precluso molte delle esperienze fondamentali della crescita.

Non aveva frequentato la scuola primaria, figurarsi l’università. Aveva imparato giusto a usare in modo dignitoso l’hiragana e il katakana, ma conosceva sì e no una cinquantina di kanji al massimo, livello più basso di quello di un bambino di otto anni.

Quando era arrivato il momento di trovare un lavoro, non aveva avuto grandi scelte. L’Aogiri arruolava personale sette giorni su sette e lui era un ragazzo sporco e stanco, cresciuto per la strada con un fratellino e tutte le migliori ragioni per credere in quegli ideali rivoluzionari.

Alla fine si era ritrovato a gestire un nutrito gruppo affiliato, sotto le direttive di uno dei principali boss dell’organizzazione.  Il loro scopo era quello di difendere e governare la diciannovesima circoscrizione nel nome del Re col Sekigan.

Il loro capo era un ghoul sfuggente, che raramente si era mostrato ai loro uomini. Il suo nome era sconosciuto a tutti loro, che gli si rivolgevano con l’appellativo che era stato attribuito dal ccg: Labbra Cucite. Così come il suo nome, anche il possessore sapeva ben tenere la bocca chiusa e parlava solo a Kenta, trasmettendogli gli ordini e pretendendo da lui di sapere qualsiasi cambiamento negli equilibri della loro zona.

Nascosto sotto alla mantella color vinaccia che recava sulla schiena l’emblema dell’Albero di Aogiri, celando il viso con il cappuccio e la mezza maschera di cuoio, Labbra Cucite lo fissava in attesa.

«Gli ordini di Tatara?»

Lo sfrusciare della veste accompagnò i passi dell’altro e una voce sottile, femminile e ovattata dalla pelle conciata, arrivò alle sue orecchie con inspiegabile calma, viste le notizie che portava «La tredicesima sta per cedere, mentre la ventiquattresima è ancora sotto assedio. Tatara-san ha detto di tenerci pronti a fornire supporto. Io non ci saròall’attacco che avverrà prossimamente, per rivendicare il carico che trasporta l’acciaio quinque, ma voi dovrete creare le condizioni necessarie affinché gli investigatori siano troppo impegnati per accorrere a fermarci. Sai già com’è il piano, portalo a termine.»

«Conta su di me.»

Una mano coperta da un guanto di seta nero si appoggiò sulla spalla del giovane, mentre la figura misteriosa gli si accostava, sussurrando piano «Le colombe sono contente per la chiusura del caso del buon dottore. Starà a noi far passare loro la voglia di festeggiare. Tienilo bene a mente, Kenta: questo è solo l’inizio. Aogiri li distruggerà partendo dalle fondamenta. Siamo già nella loro pancia. Io non conto su di te, io credo in te. Tienimi aggiornata.»

Si scambiarono un ultimo sguardo e poi Labbra Cucite lasciò la stanza, uscendo dalla finestra e sparendo nell’abbraccio della notte sulla città. Lui si sedette sul davanzale dal vetro sfondato, spaccandone un pezzo con la mano e finendosi col ferirsi un dito. Lo accompagnò alle labbra, mentre una brezza di vento invernale spettinava la sua zazzera di capelli rossa come il sangue.

Era in arrivo una tempesta, iniziava a sentirne l’odore nell’aria.

Non avrebbe deluso il suo capo, non in quella fase di cambiamento. 

 

 

Haise Sasaki era fiero nell’affermare che i suoi uomini erano un po’ i suoi figli.

Non si era mai sopravvalutato nel dire che li stava crescendo bene o che stava facendo un buon lavoro, perché era convinto che certi tipi di rapporto risentissero del tempo e che loro erano suoi da troppo poco per poter già dire di aver fatto centro. C’erano tante variabili che potevano manifestarsi e cambiare la carte in tavola.

Una di quelle variabili era Masa. La ragazza stava un po’ compiendo il miracolo, portando la pecora nera – anzi, viola- di nuovo all’ovile.

Da quando erano iniziati i loro allenamenti, Urie aveva iniziato a cenare con loro un po’ più spesso, seppur sempre molto silenzioso.

«Io credo di poter ancora vincere, non cantate vittoria voi due» erano le parole serafiche di  di Yonebayashi, la quale aveva comunque dovuto concedere che vedere il collega allenarsi con qualcuno che non fosse il suo enorme ego era strano e faceva effetto. Non che gli allenamenti fossero prove d’amore. Il termine corretto per definire quello che lui e Masa facevano era ‘bastornarsi’. E anche piuttosto forte. Di buono c’era che entrambi stavano imparando un minimo di gioco di squadra e lavoro di coppia.

Per Haise, quella era una vittoria e una prova del fatto che come leader, allora, non faceva poi così schifo. La sua intuizione di nominare partner i suoi due figli più problematici aveva dato i suo i frutti.

Se non era un buon capo, almeno era una brava mamma.

Una mamma preoccupata per le tappe che i suoi giovani ragazzi stavano bruciando.

«Dovremmo andare a ballare, ora che abbiamo chiuso tutti i casi.»

La dichiarazione di Sasaki venne accolta con un silenzio generale. Saiko non dava segni di aver sentito nulla, con la faccia concentrata e gli occhi ficcati sul suo DS. Shirazu ci era rimasto un po’ male, come se si sentisse buttato fuori casa. Mutsuki aveva forzato un sorriso, sussurrando un ‘buona idea’ sforzatissimo, perché avrebbe detto di sì a qualsiasi cosa proposta dall’uomo, seppur per niente convinto. Urie non l’aveva nemmeno degnato di uno sguardo, continuando a sorseggiare il suo tè nero, con gli occhi che scivolavano fluidi sulle pagine del libro che aveva aperto di fronte a sé.

«Andiamo! Sarà divertente!»

Ancora silenzio.

Poi la porta d’ingresso si aprì e Aiko entrò con un sorriso e il naso arrossato dal freddo «Buonasera, signori» disse raggiungendo il tavolo dove tutti si trovavano radunati, appoggiando una mano sulla spalla di Shirazu.

Haise andò all’attacco immediatamente «Ti va di andare a ballare, venerdì?» domandò speranzoso. Un sorriso sfavillante gli apparve sul volto quando Masa rilanciò con altrettanto entusiasmo.

«Certo! A dire il vero ho già progetti, ma siete tutti invitati, ovviamente!»

«Strano» Urie commentò con le labbra già sulla tazza, lanciando un lungo sguardo alla sua partner «Sei in ritardo per gli allenamenti.» le fece quindi notare, cercando di troncare ogni progetto per il weekend «Dov’è che sei stata tutto il giorno?»

Aiko si levò la giacca, sedendosi di fronte a lui, accanto al caposquadra «Da mia madre» fu la risposta ovvia, mentre gli sfilava la tazza dalle mani per prenderne un sorso, con supremo disappunto dell’altro «E comunque ha ragione Sasaki a proporre un po’ di svago. Sembra di vivere in uno strano incrocio fra un asilo nido e una casa di riposo. Siete bambini pensionati.» gli rese la tazza, che lui allontanò velocemente «Andiamo, Cookie. Ci divertiremo un sacco, puoi scommetterci!»

 

Aiko aveva perso la scommessa dieci minuti dopo aver messo piede in quel posto.

Urie non poteva credere di essersi lasciato convincere, ma quando alla loro porta si erano presentati Kuroiwa e Ito per prendere la piccola compagnia di Quinx, Shirazu aveva smosso qualcosa nel suo ego.

«Andiamo, non puoi lasciarmi solo con quei due e le nostre ragazze. Mutsuki è molto più uomo di me, certo, ma scommetto che sarà ubriaco in dieci minuti. Devi aiutarmi a difendere le ragazze dagli uomini che troveremo al locale.»

Lo aveva toccato sull’orgoglio maschile e lui, come un coglione, ci era cascato. Si era ritrovato in balia di Tooru e Aiko che lo avevano sistemato, sfilandogli la camicia dai pantaloni, levandogli la cravatta e pettinandolo in un modo che a lui non piaceva per niente. Poi Masa aveva tirato fuori una giacca di pelle dall’armadio e lo aveva costretto a metterla, sostenendo che con un completo elegante non l’avrebbe fatto andare con loro.

Avrebbe dovuto cogliere la palla al balzo e rimanere a casa.

Aveva ottenuto ben poco di positivo. Solo i drink. Di negativo invece c’era da parlarne per ore, a detta del giovane investigatore. Tanto per iniziare, il locale non era una discoteca, il che poteva sembrare positivo, se non fosse che quella era la serata dei latino americani e quindi la musica lo stava portando sul baratro del suicidio.

Altro fatto di importanza rilevante, aveva passato gran parte della serata seduto fra Taokeomi Kuroiwa- male, molto male- e Hirako Take, che poteva benissimo essere un termosifone vista la quantità di volte che avevano interagito, a guardare Masa e Shirazu fare gli stupidi con Saiko e Ito al centro della sala da ballo. Loro si erano divertiti parecchio, avevano ballato e riso insieme ad Akira, che era andata via presto, poco dopo Suzuya e con Aizawa, che si era avvicinato a Urie solo per sbattergli in faccia il fatto che stava andando via prima di mezzanotte perché aveva una donna ad aspettarlo a casa per divertirsi un po’.

Inutile dirlo, Urie lo aveva platealmente ignorato.

Haise invece, che non aveva niente da bere, aveva iniziato la serata tentando di ballare con gli altri (e sembrando un autentico incapace con tanto di rara malattia che rendeva difficile camminare, figurarsi ballare) per poi finire a fare da balia a Mutsuki che, come previsto da Shirazu, aveva finito per sbronzarsi.

Il fatto che il caposquadra avesse passato la prima ora a mettergli in mano dei drink, sicuramente aveva influito in qualche modo.

Alla fine della fiera, anche Hirako li aveva abbandonati salutando frettolosamente, lasciandolo seduto da solo dal momento che anche Kuroiwa aveva deciso di buttarsi con gli altri a fare bagordi fino all’alba.

Kuki stava giusto ponderando quanto ci avrebbero messo tutti ad accorgersi che se la stava per dare a gambe, quando a rovinare la meravigliosa solitudine in cui era sprofondato, si palesò Aiko. La ragazza si mise a sedere troppo in fretta, rimbalzando appena sui cuscini e ridacchiando. Urie la guardò con un sopracciglio alzato «Smettila di bere, sei ridicola.»

«Perché non riesci mai a farmi un complimento?»

 Non sembrava offesa o arrabbiata, anzi, era divertita. Urie la guardò prendere dalla borsa un fazzolettino, per poi passarselo dietro al collo. Le guance della ragazza erano arrossate, dall’alcool e dal caldo insopportabile di quell’enorme stanzone. Quando si voltò a guardarlo, i suoi occhi erano languidi del solito «Tu non balli?»

«No.»

«Hai mai provato?»

«No.»

Aiko sbuffò, scuotendo lentamente il capo mentre il sorriso che aveva sulle labbra non veniva minimamente intaccato «Mi arrendo, sei impossibile.»

«Non vai a ballare ancora? Se ti stacchi da lui per più di cinque minuti, il primo livello Ito potrebbe iniziare a soffrire di sindrome da abbandono.»

La ragazza alzò le sopracciglia, prima di appoggiarsi con il mento alla sua spalla, mentre andava a stringergli il  braccio con le sue «Sei geloso?» domandò con una certa malizia, impedendogli poi di risponderle a tono «Preferisco stare qui, perché so che ti do fastidio.»

Urie non rispose, ma nemmeno la scacciò. Si limitò a puntare il cocktail che Shirazu gli aveva portato al tavolo quasi mezz’ora prima – bel caposquadra, rifornire così i suoi uomini di alcolici è da irresponsabile- prendendone un sorso. Il ghiaccio dentro si era quasi del tutto sciolto, rendendo la bevanda un po’ meno fredda. Mordicchiò la cannuccia, prima di tornare ad appoggiare il bicchiere, sistemando uno dei guanti neri che portava alle  mani. Quel posto faceva un po’ troppo schifo per i suoi gusti.

Istintivamente, appoggiò la mano sinistra sul braccio della mora che solo a quel punto parlò di nuovo «Takeomi te ne ha parlato, vero?»

Lo chiese così a bruciapelo da gelarlo in quella posizione. Non sapendo come rispondere, Urie si limitò a sgranare gli occhi, rivelando ad Aiko, la quale aveva sollevato il capo per spiare la sua reazione, che sì, era andata esattamente così. E non aveva nemmeno bisogno di specificare a cosa si riferisse.

Con uno sbuffo scocciato, tornò ad appoggiarsi contro la spalla del ragazzo «Gli avevo detto di non farlo, mi piace il nostro antagonismo. Se diventi carino con me poi dovrò per forza innamorarmi di te.»

«Come scusa?!» Urie girò così di scatto il busto da rischiare di vederla cadere in avanti. La sorresse con la mano libera, mentre lei ridacchiava scuotendo il capo.

«No, niente.» fu la risposta della partner e a lui andò bene così. Diede la colpa alla musica alta, ai superalcolici e alla situazione paradossale e decise che gli bastava questo. Aiko, dal canto suo, si rimise in piedi, sistemando la gonna gonfia del vestitino, lisciandone le pieghe mentre lo guardava «Non posso convincerti a venire a ballare, vero?»

«Voglio tornare a casa, Masa. Divertiti per altri dieci minuti e poi andiamo.»

Lei gli fece il saluto militare, prima di scendere i gradini che separavano la zona dei divanetti dalla pista in modo molto precario, tremando suo tacchi. Urie la fissò dubbioso, certo che l’avrebbe vista cadere di faccia da un istante all’altro.

«Sei un pirla, avresti dovuto portarla in bagno. Lei non chiede altro.»

«Shirazu?!»

Gishi era inquietantemente apparso alle sue spalle e ora lo guardava con profonda delusione negli occhi serpentini. Scosse addirittura il capo, mentre con gli avambracci appoggiati allo schienale si teneva in qualche modo in piedi «Sei una delusione per l’intera categoria maschile. Io venderei Saiko per una donna così.»

«Ti sembrano cose da dire? Sei il nostro caposquadra. Dovresti sconsigliare qualsiasi tipo di rapporto non professionale fra i tuoi sottoposti, se non lo fai rischi di-»

«Mi stai facendo venire voglia di buttarmi da un ponte Uriko! Hai diciannove anni, goditi la vita!»  glielo sbraitò in faccia e poi, colto da un’improvvisa rivelazione, prese il cellulare dalla tasca. Quando rialzò lo sguardo, Urie pensò che magari poteva aiutarlo a morire prima «Ma è già il dodici! Tanti aug-»

«Non farlo o Sasaki mi cucinerà una torta e io non la voglio. Dimenticalo. »

Shirazu continuò a scuotere il capo, mentre si allontanava borbottando fra sé e sé, fermandosi solo quando si trovò ad orbitare di nuovo attorno a Yonebayashi, la quale si stava divertendo parecchio per essere una nerd incallita.

Kuki sospirò, constatando che erano in un locale rumoroso ad ascoltare musica latino americana di dubbio gusto. Era molto meglio se, in una condizione simile, nessuno si fosse ricordato che quel giorno lui era, a tutti gli effetti, un vent’enne.

Non avrebbe retto anche ai coretti. No, davvero.

 

 

Alla fine, i ‘dieci minuti’ chiesti da Urie si erano trasformati in altre tre ore di agonia. In ultimo, i sopravvissuti totalmente sobri alla serata sembravano solo quattro. Oltre lui, a comprendere cosa stesse succedendo in quel momento nel mondo, sembravano esserci solo Haise, Saiko e, ovviamente, il perfettino Takeomi.

Shirazu non era in grado di camminare diritto e come lui, nemmeno Masa sembrava molto in sé. L’aria fredda fece un po’ di effetto su entrambi, anche se ondeggiarono avanti e indietro fino alla fermata della metro, tenendosi a braccetto e ridendo in modo a dir poco fastidioso. Almeno per Urie. Ito sembrava morto. Camminava per inerzia, sostenuto da Kuroiwa che gli parlava senza ottenere una risposta concreta. Quello messo peggio, però, rimaneva Mutsuki, il quale non riusciva nemmeno a camminare. Completamente in coma, venne trasportato in spalla da Sasaki dal locale, per due minuti a piedi fino alla metro e poi, una volta scesi, per altri cinque minuti.

Avevano fatto bene a non prendere la macchina, in ogni caso.

Appena messo piede allo chateau, l’ennesimo dramma.

«Perché non rimanete a dormire qui? È tardi per mettersi al volante.» la proposta di Sasaki al cadavere di Ito e a Kuroiwa venne accolta molto positivamente da quest’ultimo. Urie in ogni caso non rimase ad indagare.

Seguendo Saiko, la quale li aveva salutati tutti immediatamente dicendo «Un gruppo di gentiluomini mi sta attendendo per una sessione notturna di D&D online», sparì al piano di sopra, pronto per una doccia decontaminante.

L’acqua bollente, scivolando sul suo corpo, portò via non solo il rodimento di culo, ma anche il sudore e lo schifo di quel locale. Se la godette tutta, rimanendo sotto al getto qualche minuto di più, prima di avvolgersi in un asciugamano, asciugandosi sommariamente. Aveva troppo sonno per essere preciso. Si infilò i boxer e un paio di pantaloni al ginocchio con cui di solito si allenava e, frizionandosi i capelli, tornò in camera sua cercando di ignorare il fatto che Shirazu avesse deciso di entrare a pisciare in bagno mentre lui stava ancora finendo di usarlo. Visto che il caposquadra sembrava non averlo nemmeno visto nonostante fosse andato a sbattergli addosso, Urie fece lo stesso e si dileguò a piedi nudi.

La pace, però, aveva abbandonato quei lidi.

Appena aperta la porta, trovò la luce accesa e Masa seduta sul davanzale della finestra socchiusa. La guardò, cercando di non lasciar scivolare lo sguardo sulle gambe lasciate nude  e fallendo miseramente nella cosa.

«Cosa ci fai qui?»

«Ho lasciato la mia stanza a Ito e Kuroiwa, non sapevo dove andare. Tutti gli altri già dormono e Shirazu non credo mi abbia sentito mentre lo chiamavano.»

Urie fece mente locale. Haise aveva parcheggiato Mutsuki nel letto, sostenendo che serviva un monitor per bambini nel caso si fosse sentito male. In fondo aveva quasi vent’anni, il povero Tooru, quindi un’ubriacatura non lo avrebbe ucciso. Sasaki aveva sistemato un secchio del pattume vuoto accanto al letto, una bottiglietta e del colluttorio sul comodino e poi si era a sua volta ritirato a dormire un paio di ore, visto che erano quasi le cinque. Saiko giocava al computer e a giudicare dai tonfi nella stanza accanto, anche il caposquadra era planato fra le lenzuola, collassando sicuramente vestito e senza coprirsi.

«Quindi devi stare in camera mia?»

«Ti infastidisco?»

Il ragazzo ci pensò su.

Urie poteva superare il fatto che Masa fosse in camera sua, con addosso solo una maglietta rossa un po’ sbiadita con su una stampa della casata Lannister – il fatto che avesse riconosciuto lo stemma gli faceva ampiamente capire che lei e Yonebayashi lo stavano trasformando lentamente in un nerd – e un paio di slip scuri. Poteva anche superare il fatto che dopo aver passato la serata seduto accanto a Kuroiwa, lei non  gli permettesse ancora di dormire anche se erano quasi le cinque.

Ma non poteva lasciar correre il fatto che stesse fumando in camera sua.

«Spegni subito quella sigaretta.»

«Non riesco a dormire se non fumo» fu la risposta quasi immediata, sintomo che se l’era preparata. Il ragazzo la guardò con la stessa intensità di sempre, pensando se fosse o meno il caso di buttarla dalla finestra aperta sulla quale se ne stava seduta. Masa tremò appena per il freddo, guardandolo divertita prima di sporgersi per soffiare fuori il fumo «Da quando ero al liceo, la nicotina mi rilassa. Se non fumo faccio gli incubi. Mi è anche capitato di recente, sai? Mentre rileggevo gli appunti del caso Embalmer. Mi sono addormentata e mi sono dovuta alzare a fumare.»

Urie pensò che fosse un grado piuttosto grave di malattia mentale, ma non disse niente. Si limitò a continuare a frizionarsi i capelli bagnati, andando poi a recuperare una maglietta comoda con cui dormire, che infilò.

«Sei scocciato perché parlo?» Masa non si era fermata nemmeno un attimo, riempiendo il silenzio con parole inutili. «Sei fortunato. Non mi pagano per farlo.» Un ultimo tiro e buttò il mozzicone dalla finestra, chiudendo fuori il freddo di inizio febbraio. Si passò le mani sulle braccia, scendendo dal davanzale con un piccolo saltello. Poi accadde qualcosa che l’altro non si sarebbe mai nemmeno sognato.

Masa non andò verso la porta.

Masa andò al letto.

«Che cazzo fai?»

«Dormo con te.»

«Prego?!»

Non è possibile.

«Nel mio letto ci sono Kuramoto e Takeomi! Dove dovrei dormire?!»

«Non qui!»

Entrambi si guardarono scossi dall’indignazione reciproca. «Sono la tua partner!»

«Esiste un divano al piano di sotto!»

A nulla valsero gli sforzi della ragazza di fargli capire che la notte il termostato si abbassava e sarebbe morta di freddo, oltre al distruggersi la schiena sui cuscini duri del mobile. Lui ribatté diverse volte che poteva non dormire in mutande e allora non avrebbe avuto freddo. La guerra andò avanti nonostante fossero tutti a letto e loro stessero praticamente urlando.

«Siamo ancora in un paese libero, Urie.»

«La libertà è ben altra. Ora fuori.»

Masa prese un lungo respiro, prima di guardarlo determinata. Gli si avvicinò veloce, con un balzo di gatto, mandandolo a sbattere coi fianchi contro alla scrivania per la sorpresa. Quella era la prima volta che la ragazza guardava il suo viso vagamente allarmato. Un sorrisetto smaliziato le increspò le labbra, mentre si sporgeva verso di lui, inclinando il viso di lato.

Quasi come se avesse intenzione di baciarlo.

Lui rimase immobile, praticamente di marmo, mentre lei lasciava scivolare il volto  ancor più verso destra, sussurrandogli all’orecchio.

«La libertà è dire alla gente ciò che non vuole ascoltare.»

Un battito di ciglia dopo lei si era ficcata nel letto, sotto al piumino nero, tirandoselo fino al mento.

«Non hai altre coperte?»

«Ti ho detto di metterti un pigiama, stupida!»

«Non mi piace, mi viene caldo dopo.»  Facendo spuntare una mano, la ragazza scostò le coperte, pattando il materasso accanto a sé per invitarlo a stendersi «Vieni dai, Cookie. È per una notte solamente, penso che anche un verginello come te sia possibile dormire con un paio di tette nel letto.»

Le risposte che vennero in mente a Urie furono entrambe molto poco carine. La prima era che di tette non ne vedeva poi così tante e la seconda era che, per Dio, era la sua fottuta camera e lui aveva la stessa proprietà decisionale di un cittadino della Corea del Nord. Poi però constatò che si sentiva sfinito, che erano quasi le cinque e venti del mattino e che tanto anche se l’avesse presa in braccio e sbattuta fuori di peso, lei sarebbe tornata.

La conosceva da poco più di due settimane ma aveva capito che molte battaglie, con Aiko, erano perse in partenza.

«Che non diventi un’abitudine» fu la sola cosa che riuscì a dire, prima di spegnere la luce e ficcarsi a sua volta sotto al piumone.

Che fatica, le donne.

Nel buio, lei ridacchiò piano «Ho vinto» soffiò a se stessa, per pura soddisfazione personale, mettendosi sul fianco.

Kuki si stese sulla schiena, invece, girando il viso per guardarla non appena i suoi occhi si furono abituati all’oscurità. La luce della luna filtrava nitida dalla finestra lasciata per metà libera dai pesanti tendaggi scuri, illuminandole una porzione del viso e la spalla. Anche lei lo stava guardando, con gli occhi grandi da gatta e una certa soddisfazione.

Rimasero in silenzio un attimo e alla fine lui si sentì in dovere di spezzare quella situazione «Hai vinto perché ti ho permesso di farlo.»

«Ti piace avere il controllo su tutto, vero? Interessante.»

Urie non comprese cosa la ragazza stesse intendendo e quindi, per giusta misura, non rispose. Si sistemò meglio col capo sul cuscino, chiudendo gli occhi e inspirando lentamente. Che strana ragazza.

Il frusciare delle coperte gli solleticò le orecchie, tanto fu lento e calibrato. Masa si era sollevata su un braccio, non aveva bisogno di aprire gli occhi per saperlo, perché poteva chiaramente percepire il suo respiro sul volto. Era molto più vicina di quanto lui avrebbe normalmente permesso, ma per qualche ignobile ragione, era sicuramente colpa di Shirazu che gli metteva in testa stronzate, non fece nulla.

Continuò a non fare nulla persino quando la mano della mora si appoggiò al centro del suo petto,scivolando sotto al bordo del piumino. Urie sperò con tutto se stesso che non si stesse accorgendo del battito accelerato del suo cuore, causato da quella vicinanza alla quale non sapeva come rispondere, ma a conti fatti era impossibile che non se ne rendesse conto.

Alla fine, dopo quelli che gli sembrarono minuti interminabili, Aiko si decise e si abbassò del tutto, andando a coprire le sue labbra con le proprie.

Di nuovo, Urie non seppe come reagire. Complici quel paio di drink e l’assoluta consapevolezza che poteva solo spingerla via e correre oppure rispondere a quell’accortezza, socchiuse le labbra, iniziando ad assecondarla senza nemmeno essere sicuro che fosse saggio.  Il suo cervello si spense da solo. La lingua della ragazza scivolava con lentezza studiata contro la sua, mentre la mano di Aiko si spostava dal petto alla sua guancia e poi indietro, percorrendo con i polpastrelli la parte rasata, fino a stringere fra le dita le ciocche più lunghe.

Fu lento e piacevole, fino a che Masa non si mosse. Spostò il peso sulle braccia, scivolando col corpo su quello dell’altro e  spostando la gamba destra oltre i suoi fianchi, portandosi a cavalcioni su di lui. Urie, a quel punto, aprì gli occhi come folgorato, guardandola sedersi sul suo bacino. Nella penombra della stanza la guardò, non riuscendo a scorgere la sua espressione. Fu solo quando la vide portare le mani alla maglietta e alzarla, scoprendo solo in parte la rotondità dei suoi seni, che qualcosa di razionale scattò nel suo cervello.

No, non deve succedere.

La prese per le spalle, ribaltando la loro posizione e spingendola con la schiena sul materasso mentre la sovrastava a sua volta. Lei lo guardò un po’ sorpresa, prima di schioccare la lingua «Che stupida, abbiamo appena finito di dire che ti piace condurre il gioco.»

Una scarica di brividi attraversò la schiena di Urie «Hai bevuto troppo» sussurrò, notando che la gola gli si era seccata improvvisamente. Sulle labbra sentiva ancora il sapore del dentifricio di Masa e del tabacco, mentre l’odore della giovane, che percepiva amplificato grazie ai suoi sensi di mezzo ghoul, gli iniziava a dare alla testa.

«Forse sei tu che non hai bevuto abbastanza» provò lei, allungando il collo per incontrare di nuovo le sue labbra. Quando Urie si scostò non le rimase altro che ributtare il capo sul cuscino, con un sospiro «Va bene, ammettiamo che abbia bevuto troppo. Sarebbe un problema?»

«Sì.»

Aiko lo guardò negli occhi e Kuki sapeva che sa quella posizione non poteva davvero vederli. Quando sul volto della ragazza apparve quella che sembrava costernazione, la lasciò andare, tornandosi a stendere.

«Scusami.»

«Non è successo niente.» Lo disse perentorio, come per farle capire che non avrebbero dovuto parlarne mai più. Facciamo finta che non sia successo per davvero e concludiamola qui. Si rimise sotto alle coperte, girandosi sul fianco opposto.

Peccato che tutta la stanchezza si fosse infranta con una fastidiosa mezza erezione e un turbinio di domande per niente simpatiche nella mente. Che fare? Doveva andare sul divano? Doveva rimanere?

Aveva passato l’intera serata a guardarla ballare con Ito, domandandosi perché non poteva semplicemente alzarsi e chiederle di ballare, per poter godere lui delle sue attenzioni e dei suoi sorrisi. Non sapeva nemmeno il perché ci aveva pensato. Masa non gli piaceva in quel senso. Almeno, ne era piuttosto convinto.

Quella era la situazione più assurda nella quale si fosse mai trovato e la sua mancata esperienza nelle relazioni sentimentali lo stavano portando forse a fare la figura dell’idiota. Senza il forse.

Avvertì Masa spostarsi di nuovo, scivolando dietro di lui. Quando si sollevò, lui trattenne il respiro. Non fece nulla però, lo baciò semplicemente sulla guancia, prima di accoccolarsi contro la sua schiena, tenendo una mano sul suo petto.

«Auguri di buon compleanno, partner.»

Oh. Oh.

«G….Grazie.»

Anche volendolo, non avrebbe detto altro. Non ce n’era bisogno, perché il respiro rilassato di Masa contro alla sua nuca gli provocò altri brividi, oltre che a dimostrargli che lei si era pacificamente addormentata.

Lui avrebbe preso sonno, invece?

In quel momento era sicuro che no, non avrebbe chiuso occhio.

 

 

«Spero che tu sia consapevole che è solo colpa tua se ora ti trovi in questa situazione.»

C’era qualcosa di estetico in Masa, con i capelli sconvolti, avvolta in una coperta, con addosso un paio di pantaloni lunghi della sua vecchia tuta dell’accademia. Senza dimenticare che se ne stava appoggiata con i gomiti alla tazza del water, dopo aver rimesso anche qualche organo insieme a tutto l’alcool trangugiato la notte precedente. Lui, da parte sua,  non aveva fatto altro se non portarla in braccio fin lì e sedersi su un piccolo sgabello di fronte alla sciagurata, reggendo in mano una stufetta elettrica per scaldare almeno l’ambiente del bagno, con il getto puntato verso l’agonizzata compagna.

Kuki non si era mai ritrovato nella condizione di dover indossare una giacca imbottita in casa, insieme a un maglione e due paia di calze. Dopotutto, non si era nemmeno mai ritrovavo a condividere la casa con un deficiente come Haise Sasaki.

Facciamo un passo indietro…

Urie si era stupito, svegliandosi, nel realizzare che alla fine in un modo o nell’altro si era addormentato. Anche piuttosto velocemente, visto che ricordava di aver interrotto un pensiero a metà.  La sorpresa era aumentata quando, avvertendo un certo prurito al naso, si era ricordato di non essere solo. La causa erano i capelli di Masa, che si era compattata in pochi centimetri di materasso al fine di rintanarsi contro il suo petto. Dormiva pacificamente, con una mano stretta a stringere la sua maglietta sul petto.

All’inizio non aveva compreso cosa stesse succedendo, poi i ricordi della notte precedente lo avevano investito, insieme alla consapevolezza che in camera sua si gelava. Letteralmente.

Si era scostato il più delicatamente possibile, non per accortezza ma perché non voleva affrontarla e, mettendosi seduto, aveva avvertito il gelo entrargli fin dentro le ossa. Cosa cazzo succede?! Chiunque avesse messo di nuovo mano al termostato sarebbe incorso nella sua ira funesta. Scostare il piumone era stato traumatico, ma almeno era riuscito a raggiungere l’armadio per prendere un maglione. Era stata l’anta a fregarlo, cigolando come quella di una vecchia casa infestata e svegliando la sua ospite.

Masa non era riuscita a dire molto. Urie aveva visto la sua pelle tingersi di una sfumatura verdognola e quando, alzandosi, era ricaduta sul tappeto come una pera cotta, non aveva avuto altre scelta se non portarla in bagno dove lei aveva iniziato a vomitare come in un orribile film splatter di serie b. E di lì non si era più spostata per i successivi quarantadue minuti, pregandolo solo di portarle qualcosa con cui coprirsi.

«Ti prego, prestami un paio di pantaloni. Se possibile, della tuta da scii.»

Dopo averla coperta alla meno peggio e aver recuperato il famigerato cappottone da montagna, aveva iniziato a cercare le cause di quel freddo polare. La colpa era ovviamente di Sasaki e Urie ebbe il tempismo giusto per sentirlo raccontare la sua mirabolante storia a Kuroiwa e uno Shirazu più morto che vivo, mentre invece Saiko sembrava allegra e pimpante e li ignorava totalmente, gustando la cioccolata calda che il loro leader aveva preparato per scaldarli.

«Non sono riuscito a chiudere occhio, ero preoccupato per voi.» aveva iniziato Haise, pulendo il viso di Yonebayashi nel suo grembiulino, mentre Urie si stringeva le braccia al petto, guardandolo con pietà negli occhi. Sei così stupido che mi fai venire voglia di piangere, Sasaki «Verso le sette mi sono alzato a preparare qualcosa per colazione e ho chiamato Arima.» improvvisamente, tutti alzarono la soglia di attenzione «Lui mi ha detto che qui in casa abbiamo sempre la temperatura molto alta e che se qualcuno si fosse svegliato con la nausea, allora si sarebbe sentito peggio….»

«…Così hai spento il termostato?»

Le guance di Haise si tinsero di rosso porpora, mentre annuiva. Kuki spostò gli occhi per non tirargli un pugno e concentrarsi su altro. Notò che fuori dalla finestra c’era un po’ troppa luce.

Aveva preso a nevicare.

 

L’ultima persona a resuscitare dal mondo dei morti fu Kuramoto Ito.

Non si fece vedere al piano di sotto fino all’una meno dieci e quando si palesò agli altri, era così pallido da far contrasto netto con la giacca nera sgualcita che aveva ancora addosso.

«L’alba dei morti viventi» aveva commentato però divertito, sicuramente in preda alla nausea e all’emicrania, ma positivo come suo solito, ficcandosi sotto la coperta di Saiko, la quale era già a sua volta addossata a Shirazu.

Quanto meno, per il suo arrivo, la casa aveva assunto nuovamente una temperatura vagamente decente. Haise aveva approfittato nell’avere tutti presenti, compresa Akira che era arrivata circa un’ora prima con un’intera farmacia in gastroprotettori e compresse di silimarina, per sparire nell’angolo della cucina, lasciandoli a vegetare sui quattro divani.

Mutsuki, che stava sorprendentemente bene, allungò una mano per rubare un salatino, continuando però a bere i litri di acqua che Sasaki si era raccomandato di assumere a tutti coloro che avevano deciso di sbronzarsi il giorno prima.

«Ora che state passando i venti anche voi, sappiate che non sarà più facile la vita» stava dicendo intanto Masa, tenendo il cellulare in una mano e un bicchiere nell’altra, mentre la coperta le scivolava un po’ di dosso, cadendo sulla spalla di Urie, seduto accanto a lei.

«Per favore, è una leggenda metropolitana quella dei venti.» aveva subito rilanciato il caposquadra dei Quinx, prendendo in mano uno dei codini di Saiko che sembrava sul punto di farsi una pennichella. Il che aveva senso, visto che grazie al gioco di ruolo su piattaforma virtuale, non era ancora andata a letto.

Akira lo guardò con compassione dal divano di fronte a lui, «Non puoi capire quanto in fretta il tuo fegato di dirà addio, Shirazu. Questa è stata solo la prima di una lunga serie di sbronze.»

«Andiamo, la persona più vecchia in questa stanza ha quasi venticinque anni e sono io.» si intromise immediatamente Ito, come se potesse in qualche modo tirare su di morale tutti quanti. Era ridotto peggio di uno straccio strizzato «Non siamo drammatici.»

«Mi dispiace dirtelo, Kuramoto, ma la più grande sono io.» proseguì divertita l’associato alla classe speciale Mado «E non illuderli di qualcosa di non vero. Sono grandi abbastanza per affrontare la realtà.»

«Tu sei bella e giovane come quattro anni fa, Akira.»

«Posso avere un attimo la vostra attenzione?» non appena Haise la chiese, Tooru abbassò il volume del televisore al minimo. Tutti voltarono il capo verso l’uomo che teneva fra le mani quella che sembrava una bellissima torta.

Urie pensò che doveva essere uno scherzo.

«Oggi è il compleanno di qualcuno» iniziò Sasaki, tutto pimpante, manco stesse parlando di un bambino. Appoggiò il piatto sul tavolino di fronte al festeggiato, con tanto di candelina già accesa, indicandogliela «Questa è una mousse vegetale. È una torta salata, visto che non ti piacciono i dolci.»

«Sembra buonissima» convenne Aiko, sporgendosi verso il dessert per guardarlo, mentre Shirazu cacciava fuori il telefono iniziando a scattare foto a destra e manca. Metà degli invitati non avrebbero mai e poi mai voluto rivedere le foto.

Sasaki tornò con un altro vassoio pieno di dolcetti di ogni tipo, anche mochi, mentre Tooru lo aiutava, iniziando a servire the nero per tutti.

«Avresti dovuto svegliarci per aiutarti» gli disse Mutsuki quando ebbe finito di distribuire le tazze.

Il prima classe scrollò le spalle «In realtà mi sono divertito, anche se non avevo assaggiatori. Spero sia tutto buono.»

«Forza Cookie» Masa riportò l’attenzione su Urie, battendogli il gomito nelle costole. Lui la maledì, quella situazione era imbarazzante «Esprimi un desiderio e vedi di non pensare una cazzata.»

Cercando di non pensare al fatto che tutti gli occhi dei presenti erano ora puntati su di lui e che gli scatti di Shirazu iniziavano a fargli venire voglia di costringerlo a ingoiare il telefono, spostò gli occhi serpentini sulla candelina. Cosa voleva davvero?

Per un attimo, in un flash, penso che gli sarebbe piaciuto tornare alla notte precedente. No, non doveva nemmeno provarci a fare quel tipo di pensieri stupidi. Aveva delle priorità. Alzò gli occhi su Sasaki che sorrideva incoraggiante da seduto sul tappeto accanto a Tooru e poi si sporse in avanti, soffiando.

Più di qualsiasi altra cosa voglio tornare ad essere il caposquadra dei Quinx. Non c’è niente che io voglia di più.

Uno scrosciare di applausi invase la stanza e poi tutti ripresero a parlare e commentare divertiti la serata precedente, mentre a lui rimaneva l’ingrato incarico di preparare le porzioni, mentre Haise gli porgeva piattini uno dopo l’altro.

Quando tutti ebbero il loro the, la loro torta e i loro dolcetti, anche il festeggiato iniziò a mangiare. Lanciò uno sguardo alla ragazza alla sua sinistra, che stava scambiandosi dei messaggi più o meno da tutta la mattina con un nome che era balzato sotto lo sguardo del ragazzo più di una volta, negli ultimi giorni.

Uzume.

Era un nome di donna, no?

«Qualcosa di tuo interesse?»

Il ragazzo alzò gli occhi in quelli gialli della partner, che gli stava sorridendo, masticando quello che sembrava un piccolo muffin viola ai frutti di bosco. Anche la torta era di quel colore e il fatto che Haise avesse imitato la sfumatura dei suoi capelli per il design dei dolci faceva largamente intendere che non poteva essere etero per nemmeno un 1% del suo essere. Come se poi ci fossero mai stati dubbi.

«Mi chiedevo chi ti fa stare al telefono così tanto.»

«Un’amica» fu la risposta un po’ evasiva di Aiko, che si allungò a prendere la tazza per tirare un piccolo sorso «Sei ancora geloso? Smettila, mi monto la testa.»

Masa portò l’indice dentro al piattino, raccogliendo un po’ di mousse sulla punta di esso, per poi andarla ad appoggiare sul naso del festeggiato.

«Cento di questo giorni, piccolo biscotto ventenne.»

«Non ti stanchi mai di dire cose che non hanno senso, vero?» Figurarsi…

Lei non colse la provocazione, ridacchiando mentre lo guardava pulirsi nel tovagliolo. Akira stava raccontando di quella volta che, dopo aver bevuto troppo, un suo superiore l’aveva riportata a casa e aveva deciso di passare la nottata a fare flessioni sul suo balcone come un maniaco, omettendo il nome del diretto interessato nonostante le insistenze generali, tutti per altro iniziavano a immaginare Houji come un maniaco, quando Kuroiwa li interruppe, attirando l’attenzione.

«Perdonatemi.» disse con il solito tono educato, eppure estremamente serio «Mutsuki, potresti alzare il volume del televisore? È successo qualcosa.»

Aveva ragione.

Appena il volume venne ripristinato, la voce concitata di un giornalista stava annunciando il motivo di quell’edizione straordinaria del telegiornale.

-….. ancora incerta è invece la stima delle vittime, ma è stato confermato da fonti certe, presenti sulla scena, che si tratta di un attacco del gruppo terroristico Albero di Aogiri.-

In contemporanea al cellulare di Akira, anche quelli di Ito e di Sasaki iniziarono a suonare. Tutti e tre si alzarono, allontanandosi dai divani mentre il resto del gruppo teneva lo sguardo puntato sulla scia di distruzione lasciata dal gruppo radicale di ghoul.

Mutsuki portò una mano sulla bocca, mentre una panoramica aerea mostrava i resti di un palazzo che pareva essere esploso dall’interno.

-Verso le tredici e venti di questo dodici febbraio 2016, un gruppo interno di Aogiri, avrebbe attaccato un deposito giudiziario del ccg, rubando, a detta di un superstite al massacro, tre camion e un paio di auto vetture. Il tutto è avvenuto nei pressi della già caduta base del medesimo gruppo di forze armate, nella diciannovesima circoscrizione. I morti, fra civili e dipendenti attivi nonostante il sabato mattina lo stabile fosse chiuso al pubblico, sono almeno una ventina. Secondo indiscrezioni, al momento dell’attacco, i ghoul presenti sulla scena non erano più di dieci, ma le loro azioni si sono rivelate ugualmente devastanti..

«Maledetti ghoul.» Urie quasi non realizzò di averlo detto a voce alta.

Shirazu prese un bel respiro «Addio ozio e festa.»

«Non dovremo occuparcene noi, vero?» si lamentò Saiko, guardando di sottecchi i presenti. Urie si stava alzando, abbandonando il piattino con ancora un pezzetto di torta al suo interno, diretto al piano di sopra per prepararsi.

«Credo di sì.» gli rispose Masa, prima di sporgersi verso Takeomi «La diciannovesima? Non abbiamo mai lavorato lì, vero? Chi è a capo di quella circoscrizione?»

Kuroiwa smise di guardare Ito, che stava sicuramente parlando al telefono con Take, voltandosi verso la ex collega «Non ci abbiamo mai lavorato perché non era mai successo niente. Quella è una circoscrizione tranquilla, di solito. Io mi ricordo solo che il gruppo di Aogiri che milita e controlla la zona si fa chiamare le Facce di Cuoio e il loro capo è un certo Labbra Cucite. Non so altro. »

«Mai sentito nominare in vita mia.» Shirazu diede voce al pensiero di tutti.

Masa si appoggiò al bracciale del divano, dove il corpo caldo di Urie aveva scaldato i cuscini, sospirando «Aogiri arruola nuovi adepti ogni giorno. Molti di loro sono ghoul pericolosi che cedono alle pressioni dei capi. La squadra Hirako ci lavora da moltissimi anni, ma ogni tanto salta fuori qualche nuovo piantagrane. Questo Labbra Cucite deve essere qualcuno che sta facendo carriera.»

«Come Black Rabbit» aggiunse Takeomi «O Miza delle Lame.»

«Signori» Akira attirò la loro attenzione, tornando per prima « Via i pigiami. Ogni squadra entra in azione da subito.»

«Che meraviglioso post sbronza.» Ito sospirò, guardando Takeomi con un mezzo sorrisetto. Nemmeno questo sembrava abbatterlo «Noi andiamo subito. Gli altri sono già arrivati e Take ha detto che possiamo anche non andare a cambiarci, perché è abituato al nostro odore muschiato. Che vuol dire, secondo te? Ha insinuato che puzziamo?»

«Ma voi puzzate.» sottolineò Masa, ricevendo una piccola pacca sulla spalla del biondo, che poi si sporse sul divano per stamparle un bacio rumoroso sulla fronte «Ci vediamo lì, piccolo tasso dorato. Sai che c’è, ora ti rinomino così sul telefono.»

«Questa me la segno.»

Ci furono solo altri saluti sbrigativi, corse per le scale e confusione.

Quando uscirono dalla porta, i Quinx avevano ufficialmente finito di festeggiare Urie.

Andava portato avanti un lavoro che non sembrava avere mai fine.

 

 

Continua.

 

 

⇀✸Nda✸↽

 

Non posso crederci che ho già finito anche il primo intermezzo.

Il prossimo caso sarà già meno tecnico e un po’ più dal punto di vista degli investigatori.

La criminologia in pillole v.v

 

Grazie a Maia per la betatura e a Virgy per il bellissimo commento <3.

Come sempre, grazie anche a chi legge solamente.

 

Alla prossima.

C.L.

  
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