僕は孤独さ – No Signal
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Primo intermezzo: Gratificazione.
Parte seconda.
Capitolo sette.
Yoohei
Kenta aveva poche ambizioni nella vita. Essere un ghoul in un mondo governato
dagli esseri umani aveva influito molto sulle sue scelte. Non aveva avuto il
privilegio di avere un alterego, una maschera da indossare fra quelle persone,
quindi si era precluso molte delle esperienze fondamentali della crescita.
Non
aveva frequentato la scuola primaria, figurarsi l’università. Aveva imparato
giusto a usare in modo dignitoso l’hiragana e il katakana, ma conosceva sì e no
una cinquantina di kanji al massimo, livello più basso di quello di un bambino
di otto anni.
Quando
era arrivato il momento di trovare un lavoro, non aveva avuto grandi scelte.
L’Aogiri arruolava personale sette giorni su sette e lui era un ragazzo sporco
e stanco, cresciuto per la strada con un fratellino e tutte le migliori ragioni
per credere in quegli ideali rivoluzionari.
Alla
fine si era ritrovato a gestire un nutrito gruppo affiliato, sotto le direttive
di uno dei principali boss dell’organizzazione.
Il loro scopo era quello di difendere e governare la diciannovesima
circoscrizione nel nome del Re col Sekigan.
Il
loro capo era un ghoul sfuggente, che raramente si era mostrato ai loro uomini.
Il suo nome era sconosciuto a tutti loro, che gli si rivolgevano con
l’appellativo che era stato attribuito dal ccg: Labbra Cucite. Così come il suo
nome, anche il possessore sapeva ben tenere la bocca chiusa e parlava solo a
Kenta, trasmettendogli gli ordini e pretendendo da lui di sapere qualsiasi
cambiamento negli equilibri della loro zona.
Nascosto
sotto alla mantella color vinaccia che recava sulla schiena l’emblema
dell’Albero di Aogiri, celando il viso con il cappuccio e la mezza maschera di
cuoio, Labbra Cucite lo fissava in attesa.
«Gli ordini di
Tatara?»
Lo sfrusciare
della veste accompagnò i passi dell’altro e una voce sottile, femminile e
ovattata dalla pelle conciata, arrivò alle sue orecchie con inspiegabile calma,
viste le notizie che portava «La tredicesima sta per cedere, mentre la
ventiquattresima è ancora sotto assedio. Tatara-san ha detto di tenerci pronti
a fornire supporto. Io non ci saròall’attacco che avverrà prossimamente, per
rivendicare il carico che trasporta l’acciaio quinque, ma voi dovrete creare le
condizioni necessarie affinché gli investigatori siano troppo impegnati per
accorrere a fermarci. Sai già com’è il piano, portalo a termine.»
«Conta su di me.»
Una mano coperta
da un guanto di seta nero si appoggiò sulla spalla del giovane, mentre la
figura misteriosa gli si accostava, sussurrando piano «Le colombe sono contente
per la chiusura del caso del buon dottore. Starà a noi far passare loro la
voglia di festeggiare. Tienilo bene a mente, Kenta: questo è solo l’inizio.
Aogiri li distruggerà partendo dalle fondamenta. Siamo già nella loro pancia. Io
non conto su di te, io credo in te.
Tienimi aggiornata.»
Si scambiarono un
ultimo sguardo e poi Labbra Cucite lasciò la stanza, uscendo dalla finestra e
sparendo nell’abbraccio della notte sulla città. Lui si sedette sul davanzale
dal vetro sfondato, spaccandone un pezzo con la mano e finendosi col ferirsi un
dito. Lo accompagnò alle labbra, mentre una brezza di vento invernale
spettinava la sua zazzera di capelli rossa come il sangue.
Era in arrivo una
tempesta, iniziava a sentirne l’odore nell’aria.
Non avrebbe
deluso il suo capo, non in quella fase di cambiamento.
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Haise Sasaki era
fiero nell’affermare che i suoi uomini erano un po’ i suoi figli.
Non si era mai
sopravvalutato nel dire che li stava crescendo bene o che stava facendo un buon
lavoro, perché era convinto che certi tipi di rapporto risentissero del tempo e
che loro erano suoi da troppo poco per poter già dire di aver fatto centro.
C’erano tante variabili che potevano manifestarsi e cambiare la carte in tavola.
Una di quelle
variabili era Masa. La ragazza stava un po’ compiendo il miracolo, portando la
pecora nera – anzi, viola- di nuovo all’ovile.
Da quando erano
iniziati i loro allenamenti, Urie aveva iniziato a cenare con loro un po’ più
spesso, seppur sempre molto silenzioso.
«Io credo di
poter ancora vincere, non cantate vittoria voi due» erano le parole serafiche
di di Yonebayashi, la quale aveva
comunque dovuto concedere che vedere il collega allenarsi con qualcuno che non
fosse il suo enorme ego era strano e faceva effetto. Non che gli allenamenti
fossero prove d’amore. Il termine corretto per definire quello che lui e Masa
facevano era ‘bastornarsi’. E anche piuttosto forte. Di buono c’era che
entrambi stavano imparando un minimo di gioco di squadra e lavoro di coppia.
Per Haise, quella
era una vittoria e una prova del fatto che come leader, allora, non faceva poi
così schifo. La sua intuizione di nominare partner i suoi due figli più
problematici aveva dato i suo i frutti.
Se non era un
buon capo, almeno era una brava mamma.
Una mamma
preoccupata per le tappe che i suoi giovani ragazzi stavano bruciando.
«Dovremmo andare
a ballare, ora che abbiamo chiuso tutti i casi.»
La dichiarazione
di Sasaki venne accolta con un silenzio generale. Saiko non dava segni di aver
sentito nulla, con la faccia concentrata e gli occhi ficcati sul suo DS.
Shirazu ci era rimasto un po’ male, come se si sentisse buttato fuori casa.
Mutsuki aveva forzato un sorriso, sussurrando un ‘buona idea’ sforzatissimo,
perché avrebbe detto di sì a qualsiasi cosa proposta dall’uomo, seppur per
niente convinto. Urie non l’aveva nemmeno degnato di uno sguardo, continuando a
sorseggiare il suo tè nero, con gli occhi che scivolavano fluidi sulle pagine
del libro che aveva aperto di fronte a sé.
«Andiamo! Sarà
divertente!»
Ancora silenzio.
Poi la porta
d’ingresso si aprì e Aiko entrò con un sorriso e il naso arrossato dal freddo «Buonasera,
signori» disse raggiungendo il tavolo dove tutti si trovavano radunati,
appoggiando una mano sulla spalla di Shirazu.
Haise andò
all’attacco immediatamente «Ti va di andare a ballare, venerdì?» domandò
speranzoso. Un sorriso sfavillante gli apparve sul volto quando Masa rilanciò
con altrettanto entusiasmo.
«Certo! A dire il
vero ho già progetti, ma siete tutti invitati, ovviamente!»
«Strano» Urie
commentò con le labbra già sulla tazza, lanciando un lungo sguardo alla sua
partner «Sei in ritardo per gli allenamenti.» le fece quindi notare, cercando
di troncare ogni progetto per il weekend «Dov’è che sei stata tutto il giorno?»
Aiko si levò la
giacca, sedendosi di fronte a lui, accanto al caposquadra «Da mia madre» fu la
risposta ovvia, mentre gli sfilava la tazza dalle mani per prenderne un sorso,
con supremo disappunto dell’altro «E comunque ha ragione Sasaki a proporre un
po’ di svago. Sembra di vivere in uno strano incrocio fra un asilo nido e una
casa di riposo. Siete bambini pensionati.» gli rese la tazza, che lui allontanò
velocemente «Andiamo, Cookie. Ci divertiremo un sacco, puoi scommetterci!»
Aiko aveva perso
la scommessa dieci minuti dopo aver messo piede in quel posto.
Urie non poteva
credere di essersi lasciato convincere, ma quando alla loro porta si erano
presentati Kuroiwa e Ito per prendere la piccola compagnia di Quinx, Shirazu
aveva smosso qualcosa nel suo ego.
«Andiamo, non
puoi lasciarmi solo con quei due e le nostre ragazze. Mutsuki è molto più uomo
di me, certo, ma scommetto che sarà ubriaco in dieci minuti. Devi aiutarmi a
difendere le ragazze dagli uomini che troveremo al locale.»
Lo
aveva toccato sull’orgoglio maschile e lui, come un coglione, ci era cascato.
Si era ritrovato in balia di Tooru e Aiko che lo avevano sistemato, sfilandogli
la camicia dai pantaloni, levandogli la cravatta e pettinandolo in un modo che
a lui non piaceva per niente. Poi Masa aveva tirato fuori una giacca di pelle
dall’armadio e lo aveva costretto a metterla, sostenendo che con un completo
elegante non l’avrebbe fatto andare con loro.
Avrebbe
dovuto cogliere la palla al balzo e rimanere a casa.
Aveva
ottenuto ben poco di positivo. Solo i drink. Di negativo invece c’era da
parlarne per ore, a detta del giovane investigatore. Tanto per iniziare, il
locale non era una discoteca, il che poteva sembrare positivo, se non fosse che
quella era la serata dei latino americani e quindi la musica lo stava portando
sul baratro del suicidio.
Altro
fatto di importanza rilevante, aveva passato gran parte della serata seduto fra
Taokeomi Kuroiwa- male, molto male- e Hirako Take, che poteva benissimo essere
un termosifone vista la quantità di volte che avevano interagito, a guardare
Masa e Shirazu fare gli stupidi con Saiko e Ito al centro della sala da ballo.
Loro si erano divertiti parecchio, avevano ballato e riso insieme ad Akira, che
era andata via presto, poco dopo Suzuya e con Aizawa, che si era avvicinato a
Urie solo per sbattergli in faccia il fatto che stava andando via prima di
mezzanotte perché aveva una donna ad aspettarlo a casa per divertirsi un po’.
Inutile
dirlo, Urie lo aveva platealmente ignorato.
Haise
invece, che non aveva niente da bere, aveva iniziato la serata tentando di
ballare con gli altri (e sembrando un autentico incapace con tanto di rara
malattia che rendeva difficile camminare, figurarsi ballare) per poi finire a
fare da balia a Mutsuki che, come previsto da Shirazu, aveva finito per
sbronzarsi.
Il
fatto che il caposquadra avesse passato la prima ora a mettergli in mano dei
drink, sicuramente aveva influito in qualche modo.
Alla
fine della fiera, anche Hirako li aveva abbandonati salutando frettolosamente,
lasciandolo seduto da solo dal momento che anche Kuroiwa aveva deciso di
buttarsi con gli altri a fare bagordi fino all’alba.
Kuki
stava giusto ponderando quanto ci avrebbero messo tutti ad accorgersi che se la
stava per dare a gambe, quando a rovinare la meravigliosa solitudine in cui era
sprofondato, si palesò Aiko. La ragazza si mise a sedere troppo in fretta,
rimbalzando appena sui cuscini e ridacchiando. Urie la guardò con un
sopracciglio alzato «Smettila di
bere, sei ridicola.»
«Perché non
riesci mai a farmi un complimento?»
Non sembrava offesa o arrabbiata, anzi, era
divertita. Urie la guardò prendere dalla borsa un fazzolettino, per poi
passarselo dietro al collo. Le guance della ragazza erano arrossate,
dall’alcool e dal caldo insopportabile di quell’enorme stanzone. Quando si
voltò a guardarlo, i suoi occhi erano languidi del solito «Tu non balli?»
«No.»
«Hai mai provato?»
«No.»
Aiko sbuffò,
scuotendo lentamente il capo mentre il sorriso che aveva sulle labbra non
veniva minimamente intaccato «Mi arrendo, sei impossibile.»
«Non vai a
ballare ancora? Se ti stacchi da lui per più di cinque minuti, il primo livello
Ito potrebbe iniziare a soffrire di sindrome da abbandono.»
La ragazza alzò
le sopracciglia, prima di appoggiarsi con il mento alla sua spalla, mentre
andava a stringergli il braccio con le
sue «Sei geloso?» domandò con una certa malizia, impedendogli poi di
risponderle a tono «Preferisco stare qui, perché so che ti do fastidio.»
Urie
non rispose, ma nemmeno la scacciò. Si limitò a puntare il cocktail che Shirazu
gli aveva portato al tavolo quasi mezz’ora prima – bel caposquadra, rifornire così i suoi uomini di alcolici è da irresponsabile-
prendendone un sorso. Il ghiaccio dentro si era quasi del tutto sciolto, rendendo
la bevanda un po’ meno fredda. Mordicchiò la cannuccia, prima di tornare ad
appoggiare il bicchiere, sistemando uno dei guanti neri che portava alle mani. Quel posto faceva un po’ troppo schifo
per i suoi gusti.
Istintivamente,
appoggiò la mano sinistra sul braccio della mora che solo a quel punto parlò di
nuovo «Takeomi te ne ha parlato, vero?»
Lo chiese così a
bruciapelo da gelarlo in quella posizione. Non sapendo come rispondere, Urie si
limitò a sgranare gli occhi, rivelando ad Aiko, la quale aveva sollevato il
capo per spiare la sua reazione, che sì, era andata esattamente così. E non
aveva nemmeno bisogno di specificare a cosa si riferisse.
Con uno sbuffo
scocciato, tornò ad appoggiarsi contro la spalla del ragazzo «Gli avevo detto
di non farlo, mi piace il nostro antagonismo. Se diventi carino con me poi
dovrò per forza innamorarmi di te.»
«Come scusa?!»
Urie girò così di scatto il busto da rischiare di vederla cadere in avanti. La
sorresse con la mano libera, mentre lei ridacchiava scuotendo il capo.
«No, niente.» fu
la risposta della partner e a lui andò bene così. Diede la colpa alla musica
alta, ai superalcolici e alla situazione paradossale e decise che gli bastava
questo. Aiko, dal canto suo, si rimise in piedi, sistemando la gonna gonfia del
vestitino, lisciandone le pieghe mentre lo guardava «Non posso convincerti a
venire a ballare, vero?»
«Voglio tornare a
casa, Masa. Divertiti per altri dieci minuti e poi andiamo.»
Lei gli fece il
saluto militare, prima di scendere i gradini che separavano la zona dei
divanetti dalla pista in modo molto precario, tremando suo tacchi. Urie la
fissò dubbioso, certo che l’avrebbe vista cadere di faccia da un istante
all’altro.
«Sei un pirla,
avresti dovuto portarla in bagno. Lei non chiede altro.»
«Shirazu?!»
Gishi era
inquietantemente apparso alle sue spalle e ora lo guardava con profonda
delusione negli occhi serpentini. Scosse addirittura il capo, mentre con gli
avambracci appoggiati allo schienale si teneva in qualche modo in piedi «Sei
una delusione per l’intera categoria maschile. Io venderei Saiko per una donna
così.»
«Ti sembrano cose
da dire? Sei il nostro caposquadra. Dovresti sconsigliare qualsiasi tipo di
rapporto non professionale fra i tuoi sottoposti, se non lo fai rischi di-»
«Mi stai facendo
venire voglia di buttarmi da un ponte Uriko! Hai diciannove anni, goditi la
vita!» glielo sbraitò in faccia e poi,
colto da un’improvvisa rivelazione, prese il cellulare dalla tasca. Quando
rialzò lo sguardo, Urie pensò
che magari poteva aiutarlo a morire prima «Ma è già il
dodici! Tanti aug-»
«Non farlo o
Sasaki mi cucinerà una torta e io non la voglio. Dimenticalo. »
Shirazu
continuò a scuotere il capo, mentre si allontanava borbottando fra sé e sé,
fermandosi solo quando si trovò ad orbitare di nuovo attorno a Yonebayashi, la
quale si stava divertendo parecchio per essere una nerd incallita.
Kuki
sospirò, constatando che erano in un locale rumoroso ad ascoltare musica latino
americana di dubbio gusto. Era molto meglio se, in una condizione simile,
nessuno si fosse ricordato che quel giorno lui era, a tutti gli effetti, un vent’enne.
Non
avrebbe retto anche ai coretti. No,
davvero.
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Alla
fine, i ‘dieci minuti’ chiesti da Urie si erano trasformati in altre tre ore di
agonia. In ultimo, i sopravvissuti totalmente sobri alla serata sembravano solo
quattro. Oltre lui, a comprendere cosa stesse succedendo in quel momento nel
mondo, sembravano esserci solo Haise, Saiko e, ovviamente, il perfettino Takeomi.
Shirazu
non era in grado di camminare diritto e come lui, nemmeno Masa sembrava molto
in sé. L’aria fredda fece un po’ di effetto su entrambi, anche se ondeggiarono
avanti e indietro fino alla fermata della metro, tenendosi a braccetto e
ridendo in modo a dir poco fastidioso. Almeno per Urie. Ito sembrava morto.
Camminava per inerzia, sostenuto da Kuroiwa che gli parlava senza ottenere una
risposta concreta. Quello messo peggio, però, rimaneva Mutsuki, il quale non
riusciva nemmeno a camminare. Completamente in coma, venne trasportato in
spalla da Sasaki dal locale, per due minuti a piedi fino alla metro e poi, una
volta scesi, per altri cinque minuti.
Avevano
fatto bene a non prendere la macchina, in ogni caso.
Appena
messo piede allo chateau, l’ennesimo
dramma.
«Perché non
rimanete a dormire qui? È tardi per mettersi al volante.» la proposta di Sasaki
al cadavere di Ito e a Kuroiwa venne accolta molto positivamente da
quest’ultimo. Urie in ogni caso non rimase ad indagare.
Seguendo Saiko,
la quale li aveva salutati tutti immediatamente dicendo «Un gruppo di
gentiluomini mi sta attendendo per una sessione notturna di D&D online»,
sparì al piano di sopra, pronto per una doccia decontaminante.
L’acqua bollente,
scivolando sul suo corpo, portò via non solo il rodimento di culo, ma anche il
sudore e lo schifo di quel locale. Se la godette tutta, rimanendo sotto al
getto qualche minuto di più, prima di avvolgersi in un asciugamano,
asciugandosi sommariamente. Aveva troppo sonno per essere preciso. Si infilò i
boxer e un paio di pantaloni al ginocchio con cui di solito si allenava e,
frizionandosi i capelli, tornò in camera sua cercando di ignorare il fatto che
Shirazu avesse deciso di entrare a pisciare in bagno mentre lui stava ancora
finendo di usarlo. Visto che il caposquadra sembrava non averlo nemmeno visto
nonostante fosse andato a sbattergli addosso, Urie fece lo stesso e si dileguò
a piedi nudi.
La
pace, però, aveva abbandonato quei lidi.
Appena
aperta la porta, trovò la luce accesa e Masa seduta sul davanzale della
finestra socchiusa. La guardò, cercando di non lasciar scivolare lo sguardo
sulle gambe lasciate nude e fallendo
miseramente nella cosa.
«Cosa ci fai qui?»
«Ho lasciato la
mia stanza a Ito e Kuroiwa, non sapevo dove andare. Tutti gli altri già dormono
e Shirazu non credo mi abbia sentito mentre lo chiamavano.»
Urie fece mente
locale. Haise aveva parcheggiato Mutsuki nel letto, sostenendo che serviva un
monitor per bambini nel caso si fosse sentito male. In fondo aveva quasi
vent’anni, il povero Tooru, quindi un’ubriacatura non lo avrebbe ucciso. Sasaki
aveva sistemato un secchio del pattume vuoto accanto al letto, una bottiglietta
e del colluttorio sul comodino e poi si era a sua volta ritirato a dormire un
paio di ore, visto che erano quasi le cinque. Saiko giocava al computer e a
giudicare dai tonfi nella stanza accanto, anche il caposquadra era planato fra
le lenzuola, collassando sicuramente vestito e senza coprirsi.
«Quindi devi
stare in camera mia?»
«Ti infastidisco?»
Il ragazzo ci
pensò su.
Urie
poteva superare il fatto che Masa fosse in camera sua, con addosso solo una
maglietta rossa un po’ sbiadita con su una stampa della casata Lannister – il
fatto che avesse riconosciuto lo stemma gli faceva ampiamente capire che lei e
Yonebayashi lo stavano trasformando lentamente in un nerd – e un paio di slip
scuri. Poteva anche superare il fatto che dopo aver passato la serata seduto
accanto a Kuroiwa, lei non gli
permettesse ancora di dormire anche se erano quasi le cinque.
Ma
non poteva lasciar correre il fatto che stesse fumando in camera sua.
«Spegni subito quella sigaretta.»
«Non riesco a dormire se non
fumo» fu la risposta quasi immediata, sintomo che se l’era preparata. Il
ragazzo la guardò con la stessa intensità di sempre, pensando se fosse o meno
il caso di buttarla dalla finestra aperta sulla quale se ne stava seduta. Masa
tremò appena per il freddo, guardandolo divertita prima di sporgersi per
soffiare fuori il fumo «Da quando ero al liceo, la nicotina mi rilassa. Se non
fumo faccio gli incubi. Mi è anche capitato di recente, sai? Mentre rileggevo
gli appunti del caso Embalmer. Mi sono addormentata e mi sono dovuta alzare a
fumare.»
Urie pensò che fosse un grado
piuttosto grave di malattia mentale, ma non disse niente. Si limitò a
continuare a frizionarsi i capelli bagnati, andando poi a recuperare una
maglietta comoda con cui dormire, che infilò.
«Sei scocciato perché parlo?»
Masa non si era fermata nemmeno un attimo, riempiendo il silenzio con parole
inutili. «Sei fortunato. Non mi pagano per farlo.» Un ultimo tiro e buttò il
mozzicone dalla finestra, chiudendo fuori il freddo di inizio febbraio. Si
passò le mani sulle braccia, scendendo dal davanzale con un piccolo saltello.
Poi accadde qualcosa che l’altro non si sarebbe mai nemmeno sognato.
Masa non andò verso la porta.
Masa andò al letto.
«Che cazzo fai?»
«Dormo con te.»
«Prego?!»
Non
è possibile.
«Nel mio letto ci sono Kuramoto
e Takeomi! Dove dovrei dormire?!»
«Non qui!»
Entrambi si guardarono scossi
dall’indignazione reciproca. «Sono la tua partner!»
«Esiste un divano al piano di sotto!»
A nulla valsero gli sforzi
della ragazza di fargli capire che la notte il termostato si abbassava e
sarebbe morta di freddo, oltre al distruggersi la schiena sui cuscini duri del
mobile. Lui ribatté diverse volte che poteva non dormire in mutande e allora
non avrebbe avuto freddo. La guerra andò avanti nonostante fossero tutti a
letto e loro stessero praticamente urlando.
«Siamo ancora in un paese
libero, Urie.»
«La libertà è ben altra. Ora
fuori.»
Masa prese un lungo respiro,
prima di guardarlo determinata. Gli si avvicinò veloce, con un balzo di gatto,
mandandolo a sbattere coi fianchi contro alla scrivania per la sorpresa. Quella
era la prima volta che la ragazza guardava il suo viso vagamente allarmato. Un
sorrisetto smaliziato le increspò le labbra, mentre si sporgeva verso di lui,
inclinando il viso di lato.
Quasi come se avesse intenzione
di baciarlo.
Lui rimase immobile,
praticamente di marmo, mentre lei lasciava scivolare il volto ancor più verso destra, sussurrandogli
all’orecchio.
«La libertà è dire alla gente
ciò che non vuole ascoltare.»
Un battito di ciglia dopo lei
si era ficcata nel letto, sotto al piumino nero, tirandoselo fino al mento.
«Non hai altre coperte?»
«Ti ho detto di metterti un
pigiama, stupida!»
«Non mi piace, mi viene caldo
dopo.» Facendo spuntare una mano, la
ragazza scostò le coperte, pattando il materasso accanto a sé per invitarlo a
stendersi «Vieni dai, Cookie. È per una notte solamente, penso che anche un
verginello come te sia possibile dormire con un paio di tette nel letto.»
Le risposte che vennero in
mente a Urie furono entrambe molto poco carine. La prima era che di tette non
ne vedeva poi così tante e la seconda era che, per Dio, era la sua fottuta
camera e lui aveva la stessa proprietà decisionale di un cittadino della Corea
del Nord. Poi però constatò che si sentiva sfinito, che erano quasi le cinque e
venti del mattino e che tanto anche se l’avesse presa in braccio e sbattuta
fuori di peso, lei sarebbe tornata.
La conosceva da poco più di due
settimane ma aveva capito che molte battaglie, con Aiko, erano perse in
partenza.
«Che non diventi un’abitudine»
fu la sola cosa che riuscì a dire, prima di spegnere la luce e ficcarsi a sua
volta sotto al piumone.
Che
fatica, le donne.
Nel
buio, lei ridacchiò piano «Ho vinto» soffiò
a se stessa, per pura soddisfazione personale, mettendosi sul fianco.
Kuki si stese
sulla schiena, invece, girando il viso per guardarla non appena i suoi occhi si
furono abituati all’oscurità. La luce della luna filtrava nitida dalla finestra
lasciata per metà libera dai pesanti tendaggi scuri, illuminandole una porzione
del viso e la spalla. Anche lei lo stava guardando, con gli occhi grandi da
gatta e una certa soddisfazione.
Rimasero in
silenzio un attimo e alla fine lui si sentì in dovere di spezzare quella
situazione «Hai vinto perché ti ho permesso di farlo.»
«Ti piace avere
il controllo su tutto, vero? Interessante.»
Urie
non comprese cosa la ragazza stesse intendendo e quindi, per giusta misura, non
rispose. Si sistemò meglio col capo sul cuscino, chiudendo gli occhi e
inspirando lentamente. Che strana ragazza.
Il
frusciare delle coperte gli solleticò le orecchie, tanto fu lento e calibrato.
Masa si era sollevata su un braccio, non aveva bisogno di aprire gli occhi per
saperlo, perché poteva chiaramente percepire il suo respiro sul volto. Era
molto più vicina di quanto lui avrebbe normalmente permesso, ma per qualche
ignobile ragione, era sicuramente colpa di Shirazu che gli metteva in testa
stronzate, non fece nulla.
Continuò
a non fare nulla persino quando la mano della mora si appoggiò al centro del
suo petto,scivolando sotto al bordo del piumino. Urie sperò con tutto se stesso
che non si stesse accorgendo del battito accelerato del suo cuore, causato da
quella vicinanza alla quale non sapeva come rispondere, ma a conti fatti era
impossibile che non se ne rendesse conto.
Alla
fine, dopo quelli che gli sembrarono minuti interminabili, Aiko si decise e si
abbassò del tutto, andando a coprire le sue labbra con le proprie.
Di
nuovo, Urie non seppe come reagire. Complici quel paio di drink e l’assoluta
consapevolezza che poteva solo spingerla via e correre oppure rispondere a
quell’accortezza, socchiuse le labbra, iniziando ad assecondarla senza nemmeno
essere sicuro che fosse saggio. Il suo
cervello si spense da solo. La lingua della ragazza scivolava con lentezza
studiata contro la sua, mentre la mano di Aiko si spostava dal petto alla sua
guancia e poi indietro, percorrendo con i polpastrelli la parte rasata, fino a
stringere fra le dita le ciocche più lunghe.
Fu
lento e piacevole, fino a che Masa non si mosse. Spostò il peso sulle braccia,
scivolando col corpo su quello dell’altro e
spostando la gamba destra oltre i suoi fianchi, portandosi a cavalcioni
su di lui. Urie, a quel punto, aprì gli occhi come folgorato, guardandola
sedersi sul suo bacino. Nella penombra della stanza la guardò, non riuscendo a
scorgere la sua espressione. Fu solo quando la vide portare le mani alla
maglietta e alzarla, scoprendo solo in parte la rotondità dei suoi seni, che
qualcosa di razionale scattò nel suo cervello.
No, non deve
succedere.
La
prese per le spalle, ribaltando la loro posizione e spingendola con la schiena
sul materasso mentre la sovrastava a sua volta. Lei lo guardò un po’ sorpresa,
prima di schioccare la lingua «Che stupida,
abbiamo appena finito di dire che ti piace condurre il gioco.»
Una scarica di
brividi attraversò la schiena di Urie «Hai bevuto troppo» sussurrò, notando che
la gola gli si era seccata improvvisamente. Sulle labbra sentiva ancora il
sapore del dentifricio di Masa e del tabacco, mentre l’odore della giovane, che
percepiva amplificato grazie ai suoi sensi di mezzo ghoul, gli iniziava a dare
alla testa.
«Forse sei tu che
non hai bevuto abbastanza» provò lei, allungando il collo per incontrare di
nuovo le sue labbra. Quando Urie si scostò non le rimase altro che ributtare il
capo sul cuscino, con un sospiro «Va bene, ammettiamo che abbia bevuto troppo.
Sarebbe un problema?»
«Sì.»
Aiko lo guardò
negli occhi e Kuki sapeva che sa quella posizione non poteva davvero vederli.
Quando sul volto della ragazza apparve quella che sembrava costernazione, la
lasciò andare, tornandosi a stendere.
«Scusami.»
«Non è successo
niente.» Lo disse perentorio, come per farle capire che non avrebbero dovuto
parlarne mai più. Facciamo finta che non
sia successo per davvero e concludiamola qui. Si rimise sotto alle coperte,
girandosi sul fianco opposto.
Peccato che tutta
la stanchezza si fosse infranta con una fastidiosa mezza erezione e un turbinio
di domande per niente simpatiche nella mente. Che fare? Doveva andare sul
divano? Doveva rimanere?
Aveva passato
l’intera serata a guardarla ballare con Ito, domandandosi perché non poteva
semplicemente alzarsi e chiederle di ballare, per poter godere lui delle sue
attenzioni e dei suoi sorrisi. Non sapeva nemmeno il perché ci aveva pensato. Masa
non gli piaceva in quel senso. Almeno, ne era piuttosto convinto.
Quella
era la situazione più assurda nella quale si fosse mai trovato e la sua mancata
esperienza nelle relazioni sentimentali lo stavano portando forse a fare la
figura dell’idiota. Senza il forse.
Avvertì
Masa spostarsi di nuovo, scivolando dietro di lui. Quando si sollevò, lui
trattenne il respiro. Non fece nulla però, lo baciò semplicemente sulla
guancia, prima di accoccolarsi contro la sua schiena, tenendo una mano sul suo
petto.
«Auguri di buon
compleanno, partner.»
Oh. Oh.
«G….Grazie.»
Anche volendolo,
non avrebbe detto altro. Non ce n’era bisogno, perché il respiro rilassato di
Masa contro alla sua nuca gli provocò altri brividi, oltre che a dimostrargli
che lei si era pacificamente addormentata.
Lui avrebbe preso
sonno, invece?
In quel momento
era sicuro che no, non avrebbe chiuso occhio.
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«Spero che tu sia
consapevole che è solo colpa tua se ora ti trovi in questa situazione.»
C’era
qualcosa di estetico in Masa, con i capelli sconvolti, avvolta in una coperta,
con addosso un paio di pantaloni lunghi della sua vecchia tuta dell’accademia.
Senza dimenticare che se ne stava appoggiata con i gomiti alla tazza del water,
dopo aver rimesso anche qualche organo insieme a tutto l’alcool trangugiato la
notte precedente. Lui, da parte sua, non
aveva fatto altro se non portarla in braccio fin lì e sedersi su un piccolo
sgabello di fronte alla sciagurata, reggendo in mano una stufetta elettrica per
scaldare almeno l’ambiente del bagno, con il getto puntato verso l’agonizzata
compagna.
Kuki
non si era mai ritrovato nella condizione di dover indossare una giacca
imbottita in casa, insieme a un maglione e due paia di calze. Dopotutto, non si
era nemmeno mai ritrovavo a condividere la casa con un deficiente come Haise
Sasaki.
Facciamo un passo
indietro…
Urie
si era stupito, svegliandosi, nel realizzare che alla fine in un modo o
nell’altro si era addormentato. Anche piuttosto velocemente, visto che
ricordava di aver interrotto un pensiero a metà. La sorpresa era aumentata quando, avvertendo
un certo prurito al naso, si era ricordato di non essere solo. La causa erano i
capelli di Masa, che si era compattata in pochi centimetri di materasso al fine
di rintanarsi contro il suo petto. Dormiva pacificamente, con una mano stretta
a stringere la sua maglietta sul petto.
All’inizio
non aveva compreso cosa stesse succedendo, poi i ricordi della notte precedente
lo avevano investito, insieme alla consapevolezza che in camera sua si gelava.
Letteralmente.
Si
era scostato il più delicatamente possibile, non per accortezza ma perché non
voleva affrontarla e, mettendosi seduto, aveva avvertito il gelo entrargli fin
dentro le ossa. Cosa cazzo succede?! Chiunque
avesse messo di nuovo mano al termostato sarebbe incorso nella sua ira funesta.
Scostare il piumone era stato traumatico, ma almeno era riuscito a raggiungere
l’armadio per prendere un maglione. Era stata l’anta a fregarlo, cigolando come
quella di una vecchia casa infestata e svegliando la sua ospite.
Masa
non era riuscita a dire molto. Urie aveva visto la sua pelle tingersi di una
sfumatura verdognola e quando, alzandosi, era ricaduta sul tappeto come una
pera cotta, non aveva avuto altre scelta se non portarla in bagno dove lei
aveva iniziato a vomitare come in un orribile film splatter di serie b. E di lì
non si era più spostata per i successivi quarantadue minuti, pregandolo solo di
portarle qualcosa con cui coprirsi.
«Ti prego,
prestami un paio di pantaloni. Se possibile, della tuta da scii.»
Dopo averla
coperta alla meno peggio e aver recuperato il famigerato cappottone da
montagna, aveva iniziato a cercare le cause di quel freddo polare. La colpa era
ovviamente di Sasaki e Urie ebbe il tempismo giusto per sentirlo raccontare la
sua mirabolante storia a Kuroiwa e uno Shirazu più morto che vivo, mentre
invece Saiko sembrava allegra e pimpante e li ignorava totalmente, gustando la
cioccolata calda che il loro leader aveva preparato per scaldarli.
«Non sono
riuscito a chiudere occhio, ero preoccupato per voi.» aveva iniziato Haise,
pulendo il viso di Yonebayashi nel suo grembiulino, mentre Urie si stringeva le
braccia al petto, guardandolo con pietà negli occhi. Sei così stupido che mi fai venire voglia di piangere, Sasaki «Verso
le sette mi sono alzato a preparare qualcosa per colazione e ho chiamato Arima.»
improvvisamente, tutti alzarono la soglia di attenzione «Lui mi ha detto che
qui in casa abbiamo sempre la temperatura molto alta e che se qualcuno si fosse
svegliato con la nausea, allora si sarebbe sentito peggio….»
«…Così hai spento
il termostato?»
Le guance di
Haise si tinsero di rosso porpora, mentre annuiva. Kuki spostò gli occhi per
non tirargli un pugno e concentrarsi su altro. Notò che fuori dalla finestra
c’era un po’ troppa luce.
Aveva preso a
nevicare.
L’ultima
persona a resuscitare dal mondo dei morti fu Kuramoto Ito.
Non
si fece vedere al piano di sotto fino all’una meno dieci e quando si palesò
agli altri, era così pallido da far contrasto netto con la giacca nera sgualcita
che aveva ancora addosso.
«L’alba dei morti
viventi» aveva commentato però divertito, sicuramente in preda alla nausea e
all’emicrania, ma positivo come suo solito, ficcandosi sotto la coperta di Saiko,
la quale era già a sua volta addossata a Shirazu.
Quanto meno, per
il suo arrivo, la casa aveva assunto nuovamente una temperatura vagamente
decente. Haise aveva approfittato nell’avere tutti presenti, compresa Akira che
era arrivata circa un’ora prima con un’intera farmacia in gastroprotettori e
compresse di silimarina, per sparire nell’angolo della cucina, lasciandoli a
vegetare sui quattro divani.
Mutsuki, che
stava sorprendentemente bene, allungò una mano per rubare un salatino,
continuando però a bere i litri di acqua che Sasaki si era raccomandato di
assumere a tutti coloro che avevano deciso di sbronzarsi il giorno prima.
«Ora che state
passando i venti anche voi, sappiate che non sarà più facile la vita» stava
dicendo intanto Masa, tenendo il cellulare in una mano e un bicchiere
nell’altra, mentre la coperta le scivolava un po’ di dosso, cadendo sulla
spalla di Urie, seduto accanto a lei.
«Per favore, è
una leggenda metropolitana quella dei venti.» aveva subito rilanciato il
caposquadra dei Quinx, prendendo in mano uno dei codini di Saiko che sembrava
sul punto di farsi una pennichella. Il che aveva senso, visto che grazie al
gioco di ruolo su piattaforma virtuale, non era ancora andata a letto.
Akira lo guardò
con compassione dal divano di fronte a lui, «Non puoi capire quanto in fretta
il tuo fegato di dirà addio, Shirazu. Questa è stata solo la prima di una lunga
serie di sbronze.»
«Andiamo, la
persona più vecchia in questa stanza ha quasi venticinque anni e sono io.» si
intromise immediatamente Ito, come se potesse in qualche modo tirare su di
morale tutti quanti. Era ridotto peggio di uno straccio strizzato «Non siamo
drammatici.»
«Mi dispiace
dirtelo, Kuramoto, ma la più grande sono io.» proseguì divertita l’associato
alla classe speciale Mado «E non illuderli di qualcosa di non vero. Sono grandi
abbastanza per affrontare la realtà.»
«Tu sei bella e
giovane come quattro anni fa, Akira.»
«Posso avere un
attimo la vostra attenzione?» non appena Haise la chiese, Tooru abbassò il
volume del televisore al minimo. Tutti voltarono il capo verso l’uomo che
teneva fra le mani quella che sembrava una bellissima torta.
Urie pensò che
doveva essere uno scherzo.
«Oggi è il
compleanno di qualcuno» iniziò Sasaki, tutto pimpante, manco stesse parlando di
un bambino. Appoggiò il piatto sul tavolino di fronte al festeggiato, con tanto
di candelina già accesa, indicandogliela «Questa è una mousse vegetale. È una
torta salata, visto che non ti piacciono i dolci.»
«Sembra
buonissima» convenne Aiko, sporgendosi verso il dessert per guardarlo, mentre
Shirazu cacciava fuori il telefono iniziando a scattare foto a destra e manca.
Metà degli invitati non avrebbero mai e poi mai voluto rivedere le foto.
Sasaki tornò con
un altro vassoio pieno di dolcetti di ogni tipo, anche mochi, mentre Tooru lo
aiutava, iniziando a servire the nero per tutti.
«Avresti dovuto
svegliarci per aiutarti» gli disse Mutsuki quando ebbe finito di distribuire le
tazze.
Il
prima classe scrollò le spalle «In realtà mi sono
divertito, anche se non avevo assaggiatori. Spero sia tutto buono.»
«Forza Cookie»
Masa riportò l’attenzione su Urie, battendogli il gomito nelle costole. Lui la
maledì, quella situazione era imbarazzante «Esprimi un desiderio e vedi di non
pensare una cazzata.»
Cercando
di non pensare al fatto che tutti gli
occhi dei presenti erano ora puntati su di lui e che gli scatti di Shirazu
iniziavano a fargli venire voglia di costringerlo a ingoiare il telefono,
spostò gli occhi serpentini sulla candelina. Cosa voleva davvero?
Per un attimo, in
un flash, penso che gli sarebbe piaciuto tornare alla notte precedente. No, non
doveva nemmeno provarci a fare quel tipo di pensieri stupidi. Aveva delle
priorità. Alzò gli occhi su Sasaki che sorrideva incoraggiante da seduto sul
tappeto accanto a Tooru e poi si sporse in avanti, soffiando.
Più di qualsiasi
altra cosa voglio tornare ad essere il caposquadra dei Quinx. Non c’è niente
che io voglia di più.
Uno
scrosciare di applausi invase la stanza e poi tutti ripresero a parlare e
commentare divertiti la serata precedente, mentre a lui rimaneva l’ingrato
incarico di preparare le porzioni, mentre Haise gli porgeva piattini uno dopo
l’altro.
Quando
tutti ebbero il loro the, la loro torta e i loro dolcetti, anche il festeggiato
iniziò a mangiare. Lanciò uno sguardo alla ragazza alla sua sinistra, che stava
scambiandosi dei messaggi più o meno da tutta la mattina con un nome che era
balzato sotto lo sguardo del ragazzo più di una volta, negli ultimi giorni.
Uzume.
Era
un nome di donna, no?
«Qualcosa di tuo
interesse?»
Il ragazzo alzò
gli occhi in quelli gialli della partner, che gli stava sorridendo, masticando
quello che sembrava un piccolo muffin viola ai frutti di bosco. Anche la torta
era di quel colore e il fatto che Haise avesse imitato la sfumatura dei suoi
capelli per il design dei dolci faceva largamente intendere che non poteva
essere etero per nemmeno un 1% del suo essere. Come se poi ci fossero mai stati
dubbi.
«Mi chiedevo chi
ti fa stare al telefono così tanto.»
«Un’amica» fu la
risposta un po’ evasiva di Aiko, che si allungò a prendere la tazza per tirare
un piccolo sorso «Sei ancora geloso? Smettila, mi monto la testa.»
Masa
portò l’indice dentro al piattino, raccogliendo un po’ di mousse sulla punta di
esso, per poi andarla ad appoggiare sul naso del festeggiato.
«Cento di questo
giorni, piccolo biscotto ventenne.»
«Non ti stanchi
mai di dire cose che non hanno senso, vero?» Figurarsi…
Lei
non colse la provocazione, ridacchiando mentre lo guardava pulirsi nel
tovagliolo. Akira stava raccontando di quella volta che, dopo aver bevuto
troppo, un suo superiore l’aveva riportata a casa e aveva deciso di passare la
nottata a fare flessioni sul suo balcone come un maniaco, omettendo il nome del
diretto interessato nonostante le insistenze generali, tutti per altro
iniziavano a immaginare Houji come un maniaco, quando Kuroiwa li interruppe,
attirando l’attenzione.
«Perdonatemi.»
disse con il solito tono educato, eppure estremamente serio «Mutsuki, potresti
alzare il volume del televisore? È successo qualcosa.»
Aveva ragione.
Appena il volume
venne ripristinato, la voce concitata di un giornalista stava annunciando il
motivo di quell’edizione straordinaria del telegiornale.
-….. ancora incerta è invece la stima
delle vittime, ma è stato confermato da fonti certe, presenti sulla scena, che
si tratta di un attacco del gruppo terroristico Albero di Aogiri.-
In contemporanea
al cellulare di Akira, anche quelli di Ito e di Sasaki iniziarono a suonare.
Tutti e tre si alzarono, allontanandosi dai divani mentre il resto del gruppo
teneva lo sguardo puntato sulla scia di distruzione lasciata dal gruppo
radicale di ghoul.
Mutsuki portò una
mano sulla bocca, mentre una panoramica aerea mostrava i resti di un palazzo
che pareva essere esploso dall’interno.
-Verso le tredici e venti di questo
dodici febbraio 2016, un gruppo interno di Aogiri, avrebbe attaccato un
deposito giudiziario del ccg, rubando, a detta di un superstite al massacro,
tre camion e un paio di auto vetture. Il tutto è avvenuto nei pressi della già
caduta base del medesimo gruppo di forze armate, nella diciannovesima
circoscrizione. I morti, fra civili e dipendenti attivi nonostante il sabato
mattina lo stabile fosse chiuso al pubblico, sono almeno una ventina. Secondo
indiscrezioni, al momento dell’attacco, i ghoul presenti sulla scena non erano
più di dieci, ma le loro azioni si sono rivelate ugualmente devastanti..
«Maledetti ghoul.»
Urie quasi non realizzò di averlo detto a voce alta.
Shirazu prese un
bel respiro «Addio ozio e festa.»
«Non dovremo
occuparcene noi, vero?» si lamentò Saiko, guardando di sottecchi i presenti.
Urie si stava alzando, abbandonando il piattino con ancora un pezzetto di torta
al suo interno, diretto al piano di sopra per prepararsi.
«Credo di sì.»
gli rispose Masa, prima di sporgersi verso Takeomi «La diciannovesima? Non
abbiamo mai lavorato lì, vero? Chi è a capo di quella circoscrizione?»
Kuroiwa smise di
guardare Ito, che stava sicuramente parlando al telefono con Take, voltandosi
verso la ex collega «Non ci abbiamo mai lavorato perché non era mai successo
niente. Quella è una circoscrizione tranquilla, di solito. Io mi ricordo solo
che il gruppo di Aogiri che milita e controlla la zona si fa chiamare le Facce
di Cuoio e il loro capo è un certo Labbra Cucite. Non so altro. »
«Mai sentito
nominare in vita mia.» Shirazu diede voce al pensiero di tutti.
Masa si appoggiò
al bracciale del divano, dove il corpo caldo di Urie aveva scaldato i cuscini,
sospirando «Aogiri arruola nuovi adepti ogni giorno. Molti di loro sono ghoul
pericolosi che cedono alle pressioni dei capi. La squadra Hirako ci lavora da
moltissimi anni, ma ogni tanto salta fuori qualche nuovo piantagrane. Questo
Labbra Cucite deve essere qualcuno che sta facendo carriera.»
«Come Black
Rabbit» aggiunse Takeomi «O Miza delle Lame.»
«Signori» Akira
attirò la loro attenzione, tornando per prima « Via i pigiami. Ogni squadra
entra in azione da subito.»
«Che meraviglioso
post sbronza.» Ito sospirò, guardando Takeomi con un mezzo sorrisetto. Nemmeno
questo sembrava abbatterlo «Noi andiamo subito. Gli altri sono già arrivati e
Take ha detto che possiamo anche non andare a cambiarci, perché è abituato al
nostro odore muschiato. Che vuol dire, secondo te? Ha insinuato che puzziamo?»
«Ma voi puzzate.»
sottolineò Masa, ricevendo una piccola pacca sulla spalla del biondo, che poi
si sporse sul divano per stamparle un bacio rumoroso sulla fronte «Ci vediamo
lì, piccolo tasso dorato. Sai che c’è, ora ti rinomino così sul telefono.»
«Questa me la
segno.»
Ci
furono solo altri saluti sbrigativi, corse per le scale e confusione.
Quando
uscirono dalla porta, i Quinx avevano ufficialmente finito di festeggiare Urie.
Andava
portato avanti un lavoro che non sembrava avere mai fine.
Continua.
⇀✸Nda✸↽
Non
posso crederci che ho già finito anche il primo intermezzo.
Il
prossimo caso sarà già meno tecnico e un po’ più dal punto di vista degli
investigatori.
La
criminologia in pillole v.v
Grazie
a Maia per la betatura e a Virgy per il bellissimo commento <3.
Come
sempre, grazie anche a chi legge solamente.
Alla
prossima.
C.L.