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Autore: WibblyVale    18/02/2017    2 recensioni
Una neonata nell'ospedale di Konoha viene sottoposta ad un esperimento genetico e strappata alla sua innocenza. Crescendo diventerà un abile ninja solitaria, finchè un giorno non verrà inserita in un nuovo team. Il capitano della squadra è Kakashi Atake, un ninja con un passato triste alle spalle che fatica ad affezionarsi agli altri esseri umani. La giovane ninja sarà in grado di affrontare questa nuova sfida?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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“Quindi, mi state dicendo che devo restare?” chiese Tora furiosa a Shiori e Shisui. “Per di più sotto il comando di…” La gatta ringhiò.
Kakashi le si avvicinò e la prese sulle sue ginocchia, cominciando a farle i grattini dietro le orecchie. “So che non è la situazione migliore” disse lui con voce gentile. “Ma…. Te lo sto chiedendo per favore. E ti prometto che Pak, non farà il dispotico.”
La gatta fece le fusa e si stiracchiò sulle gambe del Copia-ninja. Si alzò in piedi e sorpassò gli altri due shinobi.
“Siete fortunati che c’è lui!” esclamò. “Accetto solo perché voglio proteggere Yaya e Hika!” La gatta uscì dalla stanza muovendosi con eleganza.

 
Le sentinelle avevano avvertito le persone rimaste a Konoha che qualcuno stava arrivando. Il villaggio era sotto attacco. Pak si muoveva avanti e indietro, di fronte alla sua muta e alla gatta di Shiori. Kakashi gli aveva lasciato un compito e lui l’avrebbe portato a termine. Tutti loro l’avrebbero fatto.
“Ricordate il piano. Gli umani sono dall’altra parte del villaggio a difendere le mura. Noi non dobbiamo tirarci indietro!”
I cani ulularono, mentre la gatta tirò fuori i denti. Pak si avvicinò a lei. A pelo non la sopportava, ma in realtà era un’ottima combattente.
“Tu vieni con me!” ordinò.
“Vuoi controllarmi?” chiese lei sfidandolo.
Pak sospirò cercando di mantenere la calma. In fondo, era molto giovane, l’impulsività era normale, poi era pur sempre un gatto, la superbia era insita in lei.
“Sei stata allenata da un Nara e un Uchiha. Non voglio controllarti ho bisogno dei tuoi occhi!” esclamò esasperato.
Tora rimase sorpresa. “Agli ordini, capo!” Per quanto fosse un cane, un tipo così avrebbe potuto seguirlo.
 
Yoshino stava accanto ad Ebisu e a Kurenai, tremando leggermente, dietro di lei si trovavano Hisoka e Takeo. Accanto ai gemelli stava la squadra di Konohamaru, mentre il resto dell’esiguo esercito rimasto a Konoha era sparpagliato per il villaggio.
Yoshino aveva deciso di fare qualunque cosa in suo potere per salvare la sua famiglia, ma non poteva non dirsi terrorizzata. Lei era una donna forte, ma non una vera e propria kunoichi, nonostante ciò non si sarebbe arresa davanti a nulla.

 
Yoshino camminava con gli occhi bendati, mano nella mano con Shikaku. Avevano appena deciso che lei avrebbe combattuto al fianco degli altri per proteggere Hikaru e Amaya. Suo marito era contrario, ma come sempre aveva accettato la sua scelta, fidandosi di lei.
“Posso sapere dove mi stai portando?” chiese la donna.
“È una sorpresa. Se te lo dico, che gusto c’è?” ribatté lui con tono allegro.
“Ti diverti?” domandò la donna leggermente irritata.
Shikaku si bloccò di colpo. “No. Tutt’altro” rispose serio.
“Tesoro…” Yoshino capiva quanto fosse preoccupato.
“Dovresti nasconderti con i bambini, non finire in prima linea!” sbottò.
“Posso togliermi la benda?”
“No, non siamo ancora arrivati.”
“Vorrei ribattere, guardandoti negli occhi.” Sospirò, quando capì che lui non avrebbe ceduto. “E va bene.” Gli prese il volto tra le mani e lo accarezzò dolcemente. “Hikaru mi sente molto bene. C’è bisogno che io sia lì.”
“È pericoloso” sussurrò lui. “Sei una crittografa, Yoshino, non una…”
“Tu mi hai insegnato qualcosa” gli sussurrò lei.
“Non è abbastanza. Shiori ha detto…”
“So cos’ha detto” ribatté lei severa. “Farò il minimo necessario e mi ritirerò.”
“Non è da te.”
Lei sorrise. “No, ma lo farò per te.” Gli baciò il naso.
“Io non sono forte come te.” Le strinse i fianchi.
“Sì, che lo sei.”
“No, non lo sono. Ho bisogno di te per esserlo, quindi ti prego… non… essere impulsiva.”
Lei gli gettò le braccia al collo. “Shikaku Nara, chi credi di aver sposato?” domandò lei con un finto tono offeso.
“La donna più seccante della terra” ridacchiò lui, poi le posò un dolce bacio sulle labbra.
“Non ti prendo a calci perché vorrei vedere la mia sorpresa!” esclamò lei, quando si separarono.
“Vieni con me, manca poco.”

 
Uno scoppio provenne dal sentiero che portava al villaggio, le trappole erano scattate. Ebisu si mise in posizione e guardò la sua squadra.
“Proteggete Yoshino, fino a che non lo individuiamo. Tu fai il tuo lavoro, poi te ne vai, è chiaro?” chiese rivolto alla donna.
“Se mi conoscessi meglio sapresti che non è consigliabile parlarmi in questo modo” sbottò lei.
“Puoi prendermi a calci più tardi” rispose lui sorridendole.
“Bene, allora eseguo gli ordini!” ribatté lei rilassandosi un po’.
 
All’interno della riserva, si nascondevano Hikaru, Amaya e Aya, che teneva Mirai tra le braccia. La dottoressa si era offerta di proteggere i bambini. Non avrebbe permesso a nessuno di far loro del male. Se fosse stato necessario li avrebbe fatti fuggire, sacrificandosi per loro.
Hikaru stava seduto in un angolo, concentrato sulla battaglia, mentre Amaya sedeva accanto a lui, stringendogli la mano, con una compostezza e una forza che un’altra bambina della sua età non avrebbe avuto.
“Se non sono capace?” chiese il bambino.
“Mamma ha detto che lo sei…” le rispose la piccola dagli occhi dorati.
“Ma… è tutto troppo lontano… E se non riesco a trovare la lucina?”
“La mamma ha detto che tu la troverai!” esclamò sicura Amaya.

 
Shiori stringeva suo figlio tra le braccia, mentre Amaya era seduta in braccio a Kakashi. Aveva appena spiegato loro, che dei nemici sarebbero potuti venire a cercarli, mentre loro non c’erano.
“Sarete protetti, tesori miei, ma…” aveva detto Shiori con la voce che tremava.
“Sono ninja molto forti quelli che verranno qui” continuò Kakashi. “Hikaru, tu devi fare una cosa per la mamma…”
Il bambino guardò negli occhi sua madre, che gli accarezzò dolcemente il viso.
“Tra questi nemici, ci sono dei comandanti. Li ho programmati per essere capi. In loro però… c’è una lucina, tipo questa…” Shiori inviò al figlio una serie di sentimenti. “Riesci a sentirla?”
Hikaru li studiò: erano come un piccolo fuocherello, caldo ma flebile. “Sì, sta… sta morendo?”
Shiori si mordicchiò un labbro e guardò Kakashi. Lui le sorrise, loro figlio era piuttosto sveglio.
“Non proprio, tesoro” spiegò la donna. “Questa persona non sa di avere questa fiammella, quasi non sa nemmeno come usarla.”
“Vuoi dire che è cattivo?”
Shikaku, sua moglie e suo figlio, seduti sul divano di fronte al loro, erano meravigliati. Quel bambino stava capendo la situazione meglio di quanto si sarebbero aspettati.
“Sì e no…” cercò di spiegare Shiori. “Lui è così perché io gli ho detto di essere così…”
“Perché?” chiese il bambino scioccato. “Se non sa usare quella fiammella, vuol dire che è triste!!!” urlò, quasi mettendosi a piangere. Perché la sua mamma aveva fatto una cosa del genere?
Shiori lo strinse a sé. “Lo so, senti questa cosa che provo.”
“Colpa” ricordò il bambino. “Come con papà.” Kakashi arrossì.
“Sì, esatto.” Gli arruffò i capelli. “Ho dovuto farlo, ma ho messo questo fuocherello di sicurezza perché si salvassero, perché potessero essere felici.”
Il bambino annuì e guardò suo padre.
“Abbiamo bisogno del tuo aiuto, Hikaru” disse l’uomo. “Là fuori sul campo, uno dei ninja, quello che tu riesci a sentire meglio degli altri, marchierà il capo gruppo per fartelo trovare.”
Il bambino si voltò verso la madre, che non era capace di trattenere la sua preoccupazione. Lei lo accarezzò. “Scusa, sei il mio piccolo, non ti voglio chiedere questo” spiegò lei, capendo che aveva percepito i suoi sentimenti.
“Io voglio proteggere il villaggio come fate voi” disse risoluto.
La madre gli sorrise. “Devi far crescere quel fuocherello. È lì apposta per essere fatto crescere…”
“Come faccio?”
“Tua madre ti spiegherà. Non sarà una cosa duratura, ma servirà abbastanza per proteggerci” spiegò Shikaku. “Hikaru, non sei costretto e soprattutto non affideremo tutto a te. I ninja che combatteranno possono cavarsela.”
Il bambino annuì. “Sì, zio Shikaku. Ma se accendo il fuoco, lui sarà felice, vero?”
“Sì” rispose Kakashi immediatamente.
“Papà, è una bugia?”
Il padre guardò Shiori preoccupato. “No, tesoro, non lo è” rispose lei con sicurezza.
“Ora però ti dobbiamo portare davanti gli shinobi per vedere quale riesci a percepire meglio…” cominciò Shikaku.
“Zia Yoshino, io percepisco sempre zia Yoshino. I suoi sentimenti sono grandi…” cercò di spiegare il bambino.
“Anche i tuoi sentimenti fanno confusione, mamma” commentò Shikamaru, ricevendo uno scappellotto.
“Yoshino non è una…” cominciò il marito.
“Va bene, piccolo mio. Farò quello che serve!” lo interruppe Yoshino.

 
I denti di Tora, ora trasformata in una gigantesca tigre, grondavano sangue. Zoppicava un tantino sulla zampa anteriore destra, che si era ferita, ma di certo non avrebbe lasciato i cani da soli. Pak e la sua muta combattevano in branco, non lasciando ai nemici alcuno spazio per fuggire.
I membri dei vari clan rimasti al villaggio facevano il loro dovere, mentre i genin retavano a coprire le retrovie. Tora sapeva cosa voleva dire amare qualcuno, volerlo proteggere, ma quelle persone combattevano per qualcuno che quasi non conoscevano. Lei personalmente non era sicura che l’avrebbe fatto.
Gli shinobi di Konoha avrebbero potuto benissimo ritirarsi, consegnare Hikaru e tutto sarebbe finito, ma non sembrava loro intenzione. Avrebbero sacrificato la loro vita per un solo bambino.
“Che succede, gatta?” chiese Uhei, il cane con le bende.
“Per cosa combattono?” rispose lei con una domanda.
Il cane ridacchiò. “Per un ideale. È difficile da capire.”
Pak si affiancò a loro. “Il loro istinto è strano, non funziona completamente. A volte, anche quando vogliono scappare, non lo fanno. C’è qualcosa di più importante. Credevo che l’animaletto di Shiori questo lo sapesse.”
La gatta ringhiò. “Io non sono l’animaletto di nessuno. Comunque credevo che fossero loro ad essere speciali, non credevo che tutti gli umani…”
Akino, il cane con gli occhiali da sole, le saltò sulle spalle. “Non tutti, alcuni sono degli infami.”
“Ma qui a Konoha, i ninja credono nella libertà” terminò Pak.
Uno scoppio più forte li fece distrarre. “Cos’è?” domandò Tora.
“Abbiamo trovato il capo” le rispose Pak. “Andiamo!”

 
“Spiegami perché non basta che lo catturiamo e lo diamo in pasto ad uno Yamanaka?” domandò Shikaku alla sorella. Da che aveva saputo che sua moglie poteva essere in pericolo non si dava pace.
“Shikaku, ce la posso fare!” aveva sbuffato la donna.
“Rispondimi!” aveva detto lui rivolto alla sorella, ignorando la moglie.
“Non possiedono memoria” aveva risposto lei, risedendosi sul divano accanto a Kakashi, e nascondendo il volto fra le mani.
“Che cosa significa?” chiese Shikamaru.
“Significa che non ricordano” ribatté la kunoichi.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo esasperato.
“Spiega, senza fare del sarcasmo!” le ordinò il fratello.
“Orochimaru, dopo il fallimento con Tenzo, ha cercato un modo per creare cloni che non avessero cuore, anima, o come la vuoi chiamare. Quando li ho visti per la prima volta erano gusci vuoti. Li ho riempiti di sentimenti, ma Orochimaru mi ha chiesto che non fossero in grado di ricordare.
Quando decisi di convertire Juu alla mia causa, mi ci sono voluti giorni e giorni per donargli la facoltà di ricordare. Per un’intera settimana, ogni volta che lo incontravo dovevo rispiegargli tutto da capo. È stato difficile.”
“Ma le loro tecniche le ricordano, giusto?” domandò il fratello.
Shiori annuì. “È dovuto ad una sorta di memoria muscolare, non è una vera e propria memoria.”
“D’accordo. Quindi perché usare Hikaru?” insistette il fratello.
“Volontariamente, questi cloni, possono accedere alla memoria collettiva, che se forzata, per esempio da uno Yamanaka si chiude. Il caposquadra è quello con il migliore accesso. Se noi lo rendiamo diciamo ‘buono’ per il tempo necessario a guadagnare informazioni essenziali, possiamo eliminare il problema alla radice.”
“Perché non lo fai tu dal campo di battaglia?” insistette Shikaku.
“Perché lui lo sentirebbe, se sono io. Voglio prenderlo di sorpresa.”
“Credi che Hikaru potrebbe farcela?”
“So come farglielo fare. Non sarà permanente come il mio lavoro con Juu, ma dovrebbe essere sufficiente.”
Shikaku annuì. “Va bene, Shiori.” A quel punto, lui e la sua famiglia uscirono dalla stanza, lasciando Kakashi e Shiori da soli.
“Hai creato quei mostri?” le chiese.
“Ho fatto quello che dovevo per…”
“Lo so, non era un rimprovero.” Lei alzò la testa per guardarlo. “Quello che puoi fare… potresti donare loro una vita vera.”
“Il processo di imprinting è complicato, lungo e sfiancante.”
“Meglio ucciderli quindi?” chiese il Copia-ninja confuso da quella freddezza.
“Non ho detto questo… Solo… Posso farlo solo quando Yoharu non sarà più in controllo, ma chissà quanti sacrifici dovremmo fare prima…”
“Shiori, lo troveremo.”
“Lo devo a Juu, capisci? Lui si è sacrificato per me, e io… io devo trovare il modo per ripagarlo.”
Kakashi le prese una mano fra le sue. “Anche io ho un debito con Juu. Lo ripagheremo insieme.”

 
L’obiettivo entrò nel campo visivo di Yoshino, la donna tremò leggermente. D’accordo era un po’ spaventata, non era una combattente, ma Hikaru aveva bisogno di lei. Shiori aveva bisogno di lei.
“Sei la cosa migliore che mi sia capitata. Tutte le cose belle che mi sono successe, mi sono successe perché tu sei entrata nella mia vita” le aveva detto il marito dopo averle mostrato la sua sorpresa. Shikaku non era solito a quelle smancerie, e anche se lei sapeva ciò che pensava, era bello esserselo sentite dire. Come al solito, le aveva dato la forza per sopportare.
Ebisu e le sue copie la coprivano, mentre i gemelli eliminavano i ninja davanti a lei. Acqua e fulmine si incrociavano in un turbinio di colori e colpivano i nemici, senza sbagliare un colpo. Ad un tratto, un urlo la distrasse. Uno dei gemelli era stato colpito, l’altro lo prese tra le braccia emettendo un urlo di dolore e rabbia insieme.
Kurenai si sostituì a loro, costringendo i nemici sulla loro strada nelle sue illusioni. Yoshino era preoccupata per i suoi amici, ma doveva andare oltre, doveva riuscire a raggiungere il suo obiettivo. “Resta concentrata! Staranno bene!” la cercò di rassicurare Ebisu determinato.
“Dimmi come fate…” chiese lei con il fiatone.
“Soffriamo in silenzio” spiegò l’uomo. “Almeno finché non abbiamo il tempo di darci alla disperazione.”
“Io non sono brava a stare in silenzio” ribatté lei. Ormai erano vicini al ninja con il volto butterato, il capo del contingente nemico.
“Già, a quanto pare è per questo che sei qui. Pronta?”
La donna, che raramente rimaneva senza parole, si limitò ad annuire. Riempiendosi la mano di più chakra che poteva. Ebisu e le sue copie attaccarono il nemico con la Palla di Fuoco Suprema, poi si scansarono lasciando libero spazio alla donna.
Yoshino si avvicinò al clone, che si stava per rialzare dopo l’attacco, e lo toccò infondendogli il suo chakra. Il nemico la guardò con uno sguardo vuotò e la colpì allo stomaco, facendola cadere a terra e ergendosi furioso sopra di lei.
 
Hikaru sentiva la battaglia imperversare. Era terribile, tanta gente soffriva, voleva chiudere le porte, ma doveva sentire. Doveva sentire per aiutare la mamma e il papà. Amaya gli stringeva la mano, mentre Aya cercava di calmare la piccola Mirai che ora piangeva disperata.
Il piccolo Hatake sentiva anche i cloni creati dalla madre, sentiva come fossero pieni di nient’altro che odio. Persino quando venivano colpiti o sparivano per sempre, non provavano alcun dolore, alcuna sofferenza, solo rabbia. Era difficile ricordarsi che la sua mamma aveva dovuto fare quella cosa perché era stata costretta. Non sapeva molto dei suoi poteri ancora, ma sapeva che per far sentire qualcosa dovevi sentirla anche tu, c’era così tanta rabbia dentro di lei? Dentro la sua mamma che era sempre così buona e gentile, poteva nascondersi così tanto odio?
“Sentirai cose terribili, amore mio,” gli aveva detto stringendolo tra le braccia. “Mi dispiace, che tu debba sopportarlo.” Hikaru aveva cercato di sentire i sentimenti della madre in quel momento, e lei glieli consegnò. Quando lui gli domandò cosa significavano. Lei rispose: “Che avrei voluto non doverlo fare. O meglio che avrei voluto essere più forte, così da evitare di farlo.”
Ad un tratto sentì il chakra della zia Yoshino sempre più forte. Lei toccò uno degli uomini di odio e lui brillò con quel chakra.
“Ce l’ha fatta!” esclamò, avvertendo Aya.
La ragazza consegnò la piccola Mirai tra le braccia di Amaya e si inginocchiò accanto ad Hikaru. Cominciò ad infondere chakra nel bambino cosicché lui potesse usare i suoi poteri.
Il piccolo Hatake, nel frattempo, si concentrò sulle cose felici che aveva vissuto. Quelle con un sapore dolce, quelle con un retrogusto amaro, ma che avevano in sé tanto amore. Pensò al giorno in cui aveva conosciuto il suo papà, a quando era triste e lo zio Shisui gli preparava i biscotti per consolarlo, a quando la sua mamma gli raccontava le favole, a quando lo zio Itachi lo abbracciava dopo un lungo viaggio, a Yaya che lo faceva ridere quando lo rincorreva per il giardino di casa. Poi, pensò a quanto volesse bene alla sua famiglia, e a come loro si volessero bene tra loro: il suo papà che guardava la mamma preoccupato per la sua salute, la sua mamma che voleva proteggere tutti a costo della sua vita, lo zio Itachi che, quando credeva di non essere visto, stringeva la mano dello zio Shisui sotto il tavolo della cucina, Shikamaru che guardava i suoi amici come dei tesori, lo zio Shikaku che in silenzio faceva in modo che tutti stessero bene.
Pensò a tutte quelle cose e, grazie all’aiuto di Aya, inviò quelle forti sensazioni verso il clone, che subito sembrò combattere quell’invasione, ma poi quella fiammella che Shiori aveva lasciato cominciò a bruciare, scaldando quel cuore carico d’odio.
“B… brucia…” disse ansimante, ma soddisfatto il piccolo Hikaru.
 
Il clone era sopra di lei pronto a colpire. Yoshino faticava a rialzarsi in piedi e non aveva idea di come fare. Ebisu era impegnato con altri cloni e non poteva aiutarla. Il mostro stava per colpirla quando, il suo corpo cominciò a tremare e dai suoi occhi cominciarono a scendere delle lacrime.
“Che mi succede?” chiese lui. “Cosa sono?”
“Sei una brava persona. Le sensazioni che senti sono di un bambino che ha bisogno del tuo aiuto” gli spiegò la donna.
“Sembra spaventato. V… voglio aiutarlo!” esclamò tra le lacrime.
La donna strisciò all’indietro e cercò di alzarsi in piedi. “Per questo abbiamo poco tempo, quindi facciamo presto. Ho bisogno di risposte!” ordinò, prendendo coraggio e utilizzando il suo solito tono autoritario.
 
I cloni furono sconfitti e, quelli rimasti in vita, messi in prigione. Tra di essi vi era anche il caposquadra, che ormai era tornato ad essere un guscio pieno d’odio. Yoshino aveva dato le poche informazioni guadagnate ad Ebisu. Le informazioni ricevute le davano molte preoccupazioni per la sua famiglia, ma in quel momento le sue attenzioni erano attirate da un problema più imminente.
Tutta la squadra in quel momento stava inginocchiata accanto a Takeo ed Hisoka. Quest’ultimo era stato ferito gravemente, mentre il fratello lo teneva tra le sue braccia.
“Non puoi abbandonarmi!” gli urlava tra le lacrime. “Non… non mi lasciare…”
Hisoka deglutì. “Non piangere, idiota. Starò bene!”
“Non sei mai stato bravo a mentire.”
“Ma questa non è una bugia!” Aya si fece spazio tra gli shinobi. Consegnò Mirai a Kurenai che la strinse forte a sé, mentre Hikaru e Amaya dietro di lei correvano tra le braccia di Yoshino. Il bambino era sfinito, ma felice di essere riuscito a fare qualcosa.
“Mi occuperò io di lui. Non permetterò che muoia” disse determinata Aya. “Tu attieniti al piano.”
“Io…” Takeo tremò indeciso. Lui era il più veloce tra di loro, era l’unico che poteva raggiungere il quartier generale in tempo.
“Vai, fratello. Aya ha rattoppato ferite peggiori!” cercò di incitarlo Hisoka.
Takeo guardò Hikaru, sperando che fosse abbastanza in forze per contattare sua madre, ma il bambino si stava già addormentando tra le braccia di sua zia. Il giovane strinse i pugni. Avvicinò le labbra alla fronte del fratello e la baciò.
“Ricordati che mi hai promesso che saremmo stati sempre insieme!”
“Ricordati… che… me… l’hai promesso… anche… t… tu” balbettò il fratello.
Takeo annuì e guardò Aya negli occhi. “Lo lascio a te.”
“Lo terrò al sicuro” gli disse lei prendendo Hisoka tra le braccia. “Sta attento” aggiunse poi con le lacrime agli occhi.
Takeo che si era alzato per andarsene, tornò ad inginocchiarsi accanto a lei e la baciò con passione. “Spero che potrai perdonare il mio comportamento idiota dell’ultimo periodo.”
Lei gli sorrise. “L’ho già fatto.”
A quel punto il ragazzo si alzò e, dopo aver salutato gli amici attorno a sé, corse via.
“Finalmente avete fatto pace” sussurrò Hisoka, prima di perdere i sensi.
Aya lo distese a terra e si preparò a mantenere la sua promessa.
  
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