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La regina di cristallo |
Grasselli Emily |
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Anno 1776. In un piccolo villaggio,
appena fuori dalla foresta tedesca, una giovane donna stava partorendo il suo
bambino. Erano gli anni della Caccia alle Streghe. Fuori dalla sua piccola casetta,
sul limitare del villaggio, poteva sentire le grida delle persone che stavano
bruciando sui roghi, lontani dalle case, in mezzo alle terre desolate. Il
mattino seguente si svegliò con la sua bambina tra le sue braccia e il marito
affianco. Le grida erano scomparse, ma fuori la nebbia nascondeva già la loro
ira.
Settimane, mesi e anni passarono
tranquilli. La bambina, chiamata Artel crebbe. I suoi lunghi capelli biondi si
accompagnavano perfettamente agli occhi azzurri come il ghiaccio. Era magra, come
tutte le sue coetanee, ma aveva anche qualcosa che le altre non avevano. Era la
ragazza più bella del villaggio, ma non era una donna. Le altre ragazze la
prendevano sempre in giro sul suo aspetto perché il seno non le cresceva o
perché non sembrava davvero una ragazza. I suoi genitori non riuscivano a
capire la ragione di quel suo aspetto.
Un giorno, il fratello della madre
passò a trovare la famiglia. Era un frate e non aveva mai visto Artel prima
della sua nascita. Quando la vide, guardò la sorella e chiese che cosa fosse
successo alla sua nipotina. La madre scoppiò in lacrime, mentre il padre
spiegava che loro non riuscivano a capire. Aveva la pelle di una ragazza, era
bella come una ragazza, ma aveva anche molti tratti maschili. Il frate, che
stava percorrendo un preciso percorso religioso, spiegò che la loro bambina era
nata strega e che non sarebbe mai diventata qualcosa di diverso. A sentire
quelle parole la madre s’infuriò quasi a tal punto da cacciare di casa il
fratello che subito si propose di aiutarli a nasconderla per fare in modo che i
Cacciatori di Streghe non la trovassero. I due genitori non opposero alcuna
resistenza, avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di non vederla bruciare su un
rogo.
La notte stessa, frate e Artel
partirono per la foresta. Lì trovarono una casa abbandonata da molto tempo e
nessuno più sapeva che esisteva. La credevano tutti bruciata assieme alla
strega che la abitava qualche tempo prima. La ragazza venne lasciata lì, a se
stessa mentre il frate tornò al villaggio. Qualche settimana dopo, Artel non
resisteva più all’assenza dei suoi genitori e decise di tornare al villaggio,
di notte. La foresta era abbastanza fitta e nascondeva bene le case del
paesello. Passò per i vicoletti più bui e nascosti fino a raggiungere la
piazzetta. Lì erano stati allestiti due roghi. Tutta la gente del posto si era
radunata per assistere ai falò. Era obbligatorio assistere ai roghi delle
streghe. Rimanendo nascosa attese fino a scoprire che i roghi erano stati
allestiti per i suoi genitori. Suo zio aveva fatto la spia ai Cacciatori di
Streghe e loro avevano preso i suoi genitori per punirli per aver nascosto e
protetto una strega. Il fuoco venne appiccato su entrambi i roghi. Le grida dei
due coniugi erano terribili da ascoltare. Se ne andò furiosa, tornandosene alla
casa abbandonata. Pianse e pianse, rovesciò il tavolo e le sedie, fece cadere
le dispense e poi si fermò di colpo. Fissava un punto preciso sotto alla
credenza che aveva appena ribaltato. C’era una scatola di fiammiferi a terra.
La prese e ne estrasse un fiammifero. Lo accese e da lì cominciò a dar fuoco
alla casa grazie a della paglia e a della vecchia legna. Il fuoco attecchì
rapidamente alle vecchie tegole di legno e non appena la casa cominciò a venire
avvolta dalle fiamme, Artel uscì di corsa e scappò viasenza lasciare traccia
del suo passaggio.
I Cacciatori di Streghe la
cercarono per molto tempo in lungo e in largo, ma non ottennero nessun
risultato. Anche lo zio a quel punto venne bruciato sul rogo. Era stato
accusato di falsa testimonianza perché di quella ragazza non se ne trovò mai
nessuna traccia.
Passarono molti altri anni e quella
storia divenne ormai leggenda. Le streghe continuavano a venire torturate e
bruciate, ma nessun cacciatore le avrebbe mai eliminate tutte. Deformi, storpi,
donne troppo restie a donarsi agli uomini, stranieri, uomini accusati di amare
e sostenere donne accusate di stregoneria, figli di madri senza colpe e figlie
di padri colpevoli soltanto di non riuscire a tenere a bada i loro istinti
naturali. Nessuno poteva sfuggire alla Santa Inquisizione. Nemmeno gli
innocenti.
Un giorno, alla sede della Chiesa,
giunse voce di bambini scomparsi in alcuni villaggi della Germania. Un gruppo
di Cacciatori venne mandato ad indagare sulle sparizioni poiché il Santo Padre
era convinto che fosse opera di una strega.
La spedizione partì un giorno di Settembre.
Il clima non era dei migliori. Pioggia e sole si alternavano continuamente,
senza soste ne avvisi. Nonostante tutto però, i cinque mercenari giunsero in
uno dei villaggi colpiti dalle sparizioni e cominciarono a fare domande.
Durante la loro ricerca molti finirono torturati anche se innocenti. Erano
stati addestrati dalla Chiesa e dagli Inquisitori. Le ricerche nei primi
villaggi portarono a ben poche informazioni. I bambini scomparsi erano sei,
maschi e femmine, senza alcuna differenza, tutti fisicamente deboli, malati e
con un’età compresa tra i dieci e i quattordici anni. Tutti i genitori
soffrivano della loro mancanza, ma non la sentivano troppo pesantemente. Quei
figli erano un peso per le famiglie costrette a vivere di stenti, quindi, in
fondo, quei genitori erano anche felici di essersene liberati.
Le informazioni più utili
arrivarono tutte in un sol colpo e dalla persona meno desiderata da quel gruppo
di Cacciatori. Dopo più di un mese di cammino e di indagini, i cacciatori
raggiunsero un paesino dove si diceva ci fosse un oracolo divino, mandato da Dio
per la salvezza dei bambini. Chiesero informazioni all’anziana pur restando
sempre riluttanti a parlare con lei perché la consideravano una strega alla
pari di tutti gli altri. La vecchia raccontò loro di rituali che si potevano
svolgere solo in precisi momenti dell’anno con precise regole. Il rituale che
si stava per svolgere nella foresta poco lontana da quel villaggio era una
maledizione. Servivano tredici bambini, uno per ogni luna e il rituale si
sarebbe tenuto il giorno di Samhain che quell’anno sarebbe stato accompagnato
dalla luna piena rossa.
Su tredici bambini già dodici erano
in possesso della strega. Non c’era tempo di andare a cercare il tredicesimo, i
cacciatori si sarebbero diretti subito verso la strega. L’oracolo sapeva bene
dove si era nascosta. L’aura maligna che proveniva dal suo covo era talmente
potente che chiunque sapesse usare un po’ di magia, arcana o divina, l’avrebbe
scoperta.
Risparmiarono l’oracolo per essersi
dimostrato accondiscendente alle regole della chiesa e si avviarono rapidamente
alla fine della foresta, sotto le pendici della montagna. Lì trovarono la
strega con solo 12 bambini ad aspettarli. I dodici bambini erano felici, e non
sembravano così deboli com’erano stati descritti dai genitori. La strega era
bellissima ed era…Artel, quella ragazzina leggendaria che nessuno aveva più
visto e di cui nessuno aveva più sentito parlare. I capelli biondi le erano
diventati bianchi e gli occhi azzurri della giovinezza erano diventati grigi.
Raccontò che dopo aver fatto perdere a tutti le sue tracce si fece insegnare la
magia arcana da una strega che viveva non molto lontana da lì e studiando tra i
vari libri di magia, trovò un rituale che le avrebbe permesso di vendicarsi
della chiesa. Uccise la strega che le insegnò tutto per continuare a rimanere
una leggenda e iniziò con gli studi e le ricerche per il suo diabolico rituale:
voleva che tutti quelli che avessero a che fare, che avessero avuto o che
avrebbero avuto a che fare con la chiesa diventassero come lei, degli abomini,
come spesso si rivolgevano a lei i religiosi che la incontravano per caso nel
loro cammino.
Dietro di lei apparve un’altra come
lei. A metà tra l’essere maschio o femmina. Era molto più giovane di lei, ma un
po’ più vecchia dei bambini. Era fuggita di casa poco tempo prima che Artel
iniziasse a cercare i bambini e si offrì volontaria come tredicesima. La
tredicesima che doveva essere metà e metà. Artel ingaggiò una battaglia con i
cacciatori e ordinò alla ragazza di occuparsi del rituale e dei bambini.
Artel era la migliore maestra del
ghiaccio che si conoscesse, lo padroneggiava come se fosse parte del suo stesso
corpo. I cacciatori erano in difficoltà all’inizio, ma poi sembrò potessero
batterla. Ad un certo punto tutto intorno a loro cominciò a trasformarsi in ghiaccio
e alle spalle di Artel si eresse un imponente golem di vetro. Oltre al
paesaggio stava cambiando anche Artel. In quel momento di trovava al centro di
un cerchio magico che la stava lentamente trasformando. Il suo corpo stava
cambiando: manteneva la sua forma umana, ma stava diventando pian piano di ghiaccio
anche lei. Mentre Artel finiva la sua trasformazione, il golem teneva occupati
i cacciatori per permettere alla sua padrona di concludere entrambi i rituali.
Distrutto il golem, Artel aveva concluso la trasformazione, ma il rituale per
la maledizione era ancora in corso. I poteri di Artel erano cresciuti a
dismisura ed ora i cacciatori si trovavano di nuovo in difficoltà. La
maledizione stava per essere completata e tutti quelli che sarebbero stati
colpiti non avrebbero più avuto una vita da nessuna parte.
Ad un certo punto, uno dei
cacciatori mirò con il suo arco alla ragazza che stava conducendo il rituale e
scoccò una freccia, colpendola. Il rituale venne interrotto per un momento, ma
poi la ragazza si rialzò e riprese da dov’era stata interrotta. L’arciere scoccò
un’altra freccia, ma questa volta venne deviata da un raggio di ghiaccio che
lanciò Artel. Tutti i cacciatori si voltarono verso di lei. Avevano capito che
non era lei la chiave dell’incantesimo, ma la ragazza, quindi quattro
cacciatori tennero occupata Artel mentre l’arciere mirava di nuovo al centro
del cerchio per il rituale. Ghiaccio e freddo aumentavano continuamente, sempre
di più. Al limite della sua resistenza, l’arciere scoccò una freccia che colpì
dritta al cuore la ragazza.
Un urlo lacerato riempì la foresta,
e tutto cominciò a trasformarsi in ghiaccio. Davanti a loro, i cacciatori
videro i bambini trasformarsi in statue di ghiaccio, attorno al corpo della
tredicesima creatura riversa a terra, anche lei trasformata in ghiaccio. Alle
loro spalle, invece, si alzava imponente un palazzo di ghiaccio, uscito dalle
pareti della montagna e davanti al palazzo c’era lei, bellissima e giovane per
l’eternità: Artel. Tutto era talmente affascinante da non sembrare neppure
opera di una strega. Quella luce cristallina che splendeva in tutta l’area
coinvolta sembrava potesse essere opera di Dio.
I cacciatori se ne andarono,
amareggiati dal non aver potuto salvare quei bambini innocenti. Tornarono nei
villaggi in cui erano stati rapiti i bambini per dare la brutta notizia alle
famiglie e poi si prepararono per rientrare a Roma.
Durante i preparativi per il
viaggio di ritorno, due studiosi del folklore popolare s’interessarono alla
loro avventura e chiesero di poter ascoltare le loro gesta così da poterle
scrivere per i posteri. I cacciatori si rifiutarono poiché mossi dal segreto
religioso e alla fine partirono senza raccontare niente a nessuno. Tuttavia la
loro storia non rimase in silenzio per molto. Qualche mese dopo, sulle bocche
della gente comparve una nuova leggenda, la leggenda della Regina di Cristallo
che aveva preso possesso di una parte dei boschi a Nord, ricoprendoli di una
coltre perenne di ghiaccio per tenere lontano chiunque volesse portare via la
sua bugiarda innocenza.