僕は孤独さ – No Signal
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Parte seconda: il caso Kamata
Aveva
undici anni quando Hiroshi Katō entrò a far
parte della sua quotidianità. Figlio di suo padre e della sua prima fidanzata
del liceo, era un promettente studente di legge. Aveva quasi la stessa età di Shinichi, ma non per questo i due andavano d’accordo, anzi.
Sua madre, poi, lo detestava.
Il
bravo, perfetto Hiroshi, specializzando e tirocinante presso uno dei migliori
studi di legge di tutta la capitale. L’orgoglio di quel padre che aveva
abbandonato sua madre per un’altra donna quando il primogenito aveva poco più
di un anno e mezzo. Sembrava quasi che il signor Masa
cercasse di espiare le sue colpe nei suoi riguardi, in quel modo, con continui
vezzeggiamenti e regali nonostante le loro precarie condizioni economiche. Gli regalò anche una macchina per permettergli
di andare al lavoro senza prendere i mezzi pubblici. Aina
Masa fu costretta a chiedere alla sorella di darle i
soldi per pagare la scuola di danza ad Aiko e quella
di calcio per Shin.
Hachiro non mancava mai di riempire Hiroshi di
complimenti, di vantarsi di lui. Se non si vantava di lui, esaltava il modo in
cui Shin stava concludendo il liceo con il massimo
dei voti, complice la rivalità col fratellastro. Poi arrivava Aiko, con i suoi mediocri voti a scuola, la scrittura un
po’ storta e sbavata e la risposta sempre pronta a ogni sgridata. Aiko, la quale era diventata improvvisamente invisibile.
Per
questo nessuno si accorse di niente.
In
fondo, Hiroshi era il solo a prestarle davvero attenzione, in quella casa.
La
prima volta che successe, Aiko aveva dodici anni e Hiroshi
ventiquattro.
Lei
sapeva cosa stava succedendo solo in parte, eppure non lo disse per paura di
perdere anche quella persona. Che smettesse di volerle bene anche lui o che
venisse mandato via, a Kyoto. Suo padre l’avrebbe detestata, lo sapeva.
Era
cambiato tutto, però.
Non
poteva ignorare che l’odore nella sua cameretta, quando lui se ne andava, era
diverso. Quelle quattro mura, che avrebbero dovuto schermarla dal male del mondo,
erano in realtà il suo inferno.
E
l’odore nauseabondo che rimaneva sulle lenzuola e non aveva niente di famigliare.
Capitolo nove
Miza delle Lame non si sarebbe mai
abituata all’atmosfera pesante che si respirava durante le riunioni con gli
altri capi di Aogiri. Non si sarebbe mai abituata
agli sguardi di Tatara, alle parole apparentemente senza senso di Naki degli Smoking Bianchi o alla permanente consapevolezza
che quell’equilibrio precario in cui tutti loro si trovavano era determinato
semplicemente dalla paura.
Tirando
le somme, non sarebbe mai riuscita a scendere a compromessi con la sensazione
che quelli che avrebbe dovuto vedere come alleati, sotto sotto,
erano tutti dei potenziali avversari. Delle minacce. Solo l’influenza labile
del Re col Sekigan li teneva tutti buoni, sotto una
coltre di incertezza, perché anche se Tatara parlava attraverso la bocca del
sovrano, egli non si era mai mostrato loro. L’ultimo capo che aveva richiesto
un’udienza, aveva perso la testa sotto i colpi di Noro
e di conseguenza nessuno aveva più provato a incontrarlo.
Spostando
gli occhi dal centro dello stanzone, dove Tatara li studiava sulle gradinate di
quello che un tempo doveva essere un palazzetto dello sport ora lasciato andare
in malora, trovò poco lontano da lei lo sguardo graffiante del giovane Ayato. La osservò pensieroso, senza la solita grinta, prima
di tornare ad abbassare gli occhi vagamente stanchi sulla punta delle scarpe
lise. Hinami era stata confinata nella Cochlea ormai da diversi mesi e nessuno si era preoccupato
di aprire una breccia per lei. Non era un soldato importante in quella lunga
guerra di logoramento. Guerra che da qualche tempo a quella parte, non si stava
più risolvendo a favore dei ghoul.
«Ho
sentito dire che abbiamo perso anche l’ultimo avamposto nella quattordicesima.»
stava sussurrando qualcuno, qualche metro più avanti, colto in fragrante
dall’udito sensibile di Miza «Hanno detto che è quel
mostro che chiamano il Joker, Suzuya Juuzou, ad aver annientato tutta la squadra di Biichi.»
«Io
invece ho sentito che lui controlla solo la tredicesima e che la
quattordicesima se l’è ripresa quell’investigatore di classe speciale col
caschetto. Quello che sembra una donna e che si dice abbia ucciso il fratello
di Yanji mentre fumava una sigaretta con una mano e
teneva la quinque con l’altra.»
Chiacchiere
da bar, niente più. Cosa fosse successo davvero nella quattordicesima lo
sapevano solo coloro che ci erano morti. Miza smise
di prestare loro attenzione, abbassando gli occhi sull’orlo della vestaglietta
che indossava sopra ai vestiti sudici. Che vita era, la loro? Servire un re
senza nome e campare di lotte. Non stavano vivendo.
Stavano
sopravvivendo.
Ne
valeva ancora la pena?
Quasi
a rispondere alle sue domande arrivò, leggera come il vento che accarezza
l’acqua, Labbra Cucite. Al suo seguito, dentro a quella giacca militare nella
quale Miza l’aveva visto crescere, c’era il Soldato.
Mentre di quest’ultimo conosceva il nome, la guerriera delle Lame a stento
avrebbe saputo dire qualcosa del capo della diciannovesima circoscrizione.
Sapeva solo che era una donna, ma quello lo si poteva capire da molte cose, e
che era molto vicina a Tatara. Molti fra loro sostenevano che fossero
addirittura amanti e a Miza non sembrava poi così
strana, come ipotesi.
La
guardò avvicinarsi al cinese ammantato di bianco, senza abbassare il cappuccio
della mantella color vinaccia che solitamente indossavano solo i loro
sottoposti, ma che lei non aveva mancato di avere nemmeno una volta. Kenta l’aveva seguita e, al contrario della sua padrona,
non s’era risparmiato di liberarsi della maschera antigas che gli celava il
volto e gli appiattiva i capelli ribelli rossi come il sangue.
Labbra
Cucite si era accostata a Tatara, appoggiando una mano sulla sua spalla per
domandargli di chinarsi su di lei. Lui aveva eseguito e aveva ascoltato molto
attentamente tutto ciò che aveva da dirgli, sibilandogli nell’orecchio e
tenendo così private le sue informazioni.
Solo
una volta concluso, lui la guardò facendo un impercettibile cenno di
approvazione verso di lei e permettendole di andare a sedere alle sue spalle,
sui gradoni, a poca distanza dalla ragazzina avvolta dalle bende che se ne
stava sempre in disparte, accucciata nello sporco, nonostante potesse
permettersi di camminare sulla luce.
Eto.
Kenta si accomodò accanto a Labbra
Cucite, accavallando le gambe e lasciando tintinnare le lunghe catene che dalla
sua schiena scendevano fino a terra, tornando poi a infilarsi nella cintura. A Miza non sfuggì lo sguardo freddo che scambiò con Ayato, registrando quella loro disputa da ragazzini per
quello che era: giocavano semplicemente a chi fosse il galletto del pollaio.
Erano poco più che bambini, dovevano andare a scuola, non fare rappresaglie.
«Oggi
siamo qui solo per definire i ruoli nell’operazione che avrà luogo di qui a due
giorni» Tatara aveva preso la parola senza prepararli e generando sin
dall’inizio un silenzio assordante attorno a sé «Come già stipulato, la squadra
di Ayato e quella di méi méi si occuperanno di dirottare i camion
contenenti l’acciaio quinque nel punto di scambio.
Dopo di che, gli Smoking Bianchi dovranno supportarli in caso di uno scontro.
Le altre unità cercheranno di distrarre gli investigatori presenti nella
seconda circoscrizione, anche se il diversivo migliore sarà un altro.»
Miza non si era lasciata sfuggire
il modo in Tatara di solito si rivolgeva a Labbra Cucite. Aveva cercato il
significato di quelle parole, méi méi, per comprendere quale fosse il loro corrispettivo
in giapponese e tutto ciò che aveva trovato era ‘sorella’. Sorella minore, per
la precisione, il che però aveva meno senso che mai. Non aveva mai visto il
volto di Labbra Cucite, ma non sembrava cinese.
Forse
però lo era, non poteva escluderlo.
Non
aveva nemmeno mai visto il suo kagune e quella
maschera a mezzo volto di cuoio ricordava vagamente quella di Tatara. Senza
contare che non aveva nemmeno mai udito il suono della sua voce.
Ironicamente,
parve che a voler aiutare a far luce su quella faccenda, fosse proprio il meno
sano fra loro. Mentre Tarara spiegava come le squadre si sarebbero dovute
alternare, Takizawa scese le scalinate a saltelli,
reggendo in mano il macabro bottino della giornata. Con quel braccio stretto in
pugno, mezzo mangiato, dalla mano senza dita, pareva più un avvoltoio che un
gufo. Scese tutte le scale, evitando accuratamente Eto,
che invece sporse il braccio come per cercare di afferrarlo. Poi si acquattò dietro
a Labbra Cucite, portando il braccio attorno alle spalle della donna e
iniziando a dondolarsi contro di lei, cantilenando qualcosa che venne coperto
dal tono baritonale di Tatara, il cui rimbombo riempiva lo stanzone vuoto.
Miza, che non faceva parte dei loro
piani per quell’operazione, non vi prestò più attenzione. Era affascinata dal
modo in cui Takizawa sembrava interessato ad
infastidire quel capo banda, nonostante solitamente preferisse rimanersene
acquattato da qualche parte, nascosto.
Poi
le sfilò il cappuccio dal capo, ridacchiando e facendo interrompere anche
l’oratore, che si voltò a fulminarlo con una singola occhiata che ebbe come
effetto quello di far rannicchiare il mezzo ghoul,
timoroso.
Miza non voleva sapere cosa Tatara avesse
fatto a quella povera anima.
Era
più interessata al volto di Labbra Cucite, che però era celato, così come i
capelli, da fitte bende che le coprivano
il viso e la nuca, lasciando come unico spiraglio gli occhi. Velocemente,
rimise il cappuccio, mentre Kenta spiava la stanza
cercando qualche spettatore. Quando notò Miza, lei
finse noncuranza, tornando a guardare Tatara.
Ghoul
strani in ogni dove,
si disse.
«Ora
parliamo del nostro miglior diversivo.» facendo un passo indietro, Tatara prese
una borsa sportiva, apparentemente di una palestra, nera e rossa. Dentro di
essa, però, c’era qualcosa che lasciò Miza senza
parole per qualche minuto.
«Colpiremo
il ccg diritto al cuore. Qualche volontario?»
♠
Urie
aveva iniziato a trovare confortante l’atmosfera famigliare che si avvertiva al
:re. Passava anche due o tre ore del suo giorno libero seduto a uno di quei
tavolini, con le cuffie nelle orecchie e la tazza di caffè americano che veniva
di tanto in tanto rimboccata dalla cameriera del viso gentile.
Kirishima.
Quel
giorno, però, non era lì perché voleva solo godersi un po’ di pace. Aveva un
appuntamento con la persona probabilmente più insistente che avesse mai
camminato per quel mondo. Khurei Shukumei,
giornalista di cronaca che, da qualche tempo a quella parte, aveva iniziato ad
assillarlo. Per la prima volta si erano visti alla fine della retata contro la
casa d’aste e per qualche via traversa aveva ottenuto sia il suo numero di
telefono che l’indirizzo dello chateau. Per evitare
di ritrovarsela di nuovo accanto durante il suo jogging mattutino, Urie aveva
accettato di dedicarle qualche minuto del suo tempo alla fine di ogni caso.
Quando veniva chiuso il fascicolo e siglata l’indagine come risolta o congelata,
allora sostenevano delle interviste informali, nelle quali lui si dichiarava teste
anonimo.
Quel
pomeriggio, quindi, aspettava proprio lei, pronto a rilasciare qualche
esclusiva sul caso Embalmer senza però lasciarsi
andare eccessivamente in chiacchiere. Sarebbe stato richiamato formalmente se
si fosse scoperto che aveva contatti con la stampa, ma Shukumei
era incredibilmente discreta.
Quando
un paio di mani si posarono sulle sue spalle, sfilò gli auricolari pronto a
salutarla e a concludere in fretta. Non era la persona che stava aspettando,
però.
«Ei,
sexy. Cosa ci fa un bocconcino come te tutto solo al bar?»
Era
Masa. Urie la guardò ribaltando il capo all’indietro
e godendosi il sorrisetto della mora visto al contrario. Non la degnò di
risposta mentre le mani scivolavano verso il basso, lungo le braccia coperte
dalla giacca di pelle, mentre lei si chinava.
«Stavi
aspettando me?» proseguì, in un misto di malizia e divertimento, appoggiandosi
con il mento alla spalla.
«No.
Non so nemmeno perché sei qui.»
Per
risposta, lei gli soffiò, tirandosi su in fretta dopo aver recuperato una borsa
di carta riciclata da terra. Gliela mostrò con fierezza «Sono stata tutto il
giorno in giro con Saiko. Abbiamo fatto shopping.
Vuoi vedere?»
«No.»
«Sono
manga» proseguì lei, allentando la sciarpa prima di afferrare la sedia per
scostarla e prendere posto di fronte a lui, come sempre «Ho un certo kink per i fumetti americani, però. Specialmente la DC.
Potremmo fare il cosplay dei miei villans
preferiti se ti va. Preferisci lo Spaventapasseri o l’Enigmista? Secondo me
staresti meglio come Pinguino perché-»
«Non
puoi sederti, sto aspettando una persona.»
Per
la prima volta da quando lavoravano insieme, Masa ci
rimase sinceramente male e Urie se ne rese conto subito dal modo in cui sbatté
le ciglia, tenendo quei grandi occhioni da gatto un
po’ sgranati su di lui. «Oh» fu il suo commento, mentre lasciava andare la
sedia come se fosse incandescente. Tirò quindi il sorriso più falso che potesse
esistere sulla faccia della terra «Allora mi prendo un caffè e ti lascio ai
tuoi affari.»
«Aiko-»
«Ci
vediamo a casa.» La salutò come se ne stesse andando, ma andò semplicemente a
sedersi al bancone, appoggiando la borsa e la giacca di jeans sullo sgabello
vuoto accanto a lei «Kirishima, il solito.» disse
rivolta alla giovane cameriera, incrociando le mani sotto al mento.
Urie
capì che non si sarebbe voltata verso di lui per il resto della serata,
scivolando fuori dal bar nell’esatto momento in cui si sarebbe distratto. Si
sentì un po’ in colpa, tanto che abbassò gli occhi sulla manica della giacca di
pelle, peggiorando la sensazione. Quella era la giacca che la ragazza aveva
deciso di regalargli. Lui l’aveva indossata per quella serata fallimentare al locale
con metà squadra Hirako e al ritorno si era
dimenticato di restituirla a Masa. Quando se ne era
ricordato, lei aveva deciso di lasciargliela come regalo di compleanno. “Era di
mio fratello, non credo verrà a chiedermela tanto presto”.
Urie
aveva chiesto perché.
“Perché
mio fratello è scomparso.”
Da
un paio di anni o poco meno. Urie non aveva voluto indagare le ragioni, ma era
stata lei a rivelargli che non sapeva cosa fosse successo. La compagna di suo
fratello era incinta e lui, dal giorno alla notte, non si era più visto. Né un
biglietto, né una chiamata. Poteva essere vivo, come non poteva esserlo, per
quanto ne sapevano.
Quella
era solo una delle tantissime cose che lui non sapeva di lei, che probabilmente
in pochi sapevano, ma nonostante questi attimi solo loro nei quali Aiko si apriva, Urie non riusciva mai a fare lo stesso.
L’aveva tenuta a distanza più che aveva potuto, a dirla tutta. Prima di tutto
perché, della notte del suo compleanno, non voleva parlare. Non voleva parlare
del bacio né di quello che poteva seguire, mentre invece la ragazza continuava
a flirtare senza ritegno, non superando però mai il limite e incassando ogni
brutta uscita del partner.
Come
quella appena avvenuta. Non era stato carino dirle di non sedersi perché aspettava
qualcuno, Kuki lo sapeva, ma non aveva comunque
intenzione di fare niente per migliorare le cose fra loro.
Aveva
riportato le cuffie nelle orecchie, fermandosi a guardarla oltre il bordo del
libro che aveva riaperto sotto al naso, pronto a immergersi di nuovo nella
lettura dopo l’interruzione.
Non
era riuscito però a leggere più di dieci righe, visto che i suoi occhi
continuavano ad alzarsi dalle pagine. Masa aveva
iniziato a parlare con il signor Yomo, poi con il ragazzo dai capelli chiari
che aiutava spesso nel locale e che quel giorno non sembrava in servizio. Le
aveva rivolto lui la parola, sistemandosi gli occhiali sul naso e scivolando
sullo sgabello accanto a lei, con il braccio mollemente appoggiato allo
schienale di quello della sua partner. Le parlava con espressione
confidenziale, quasi cospiratoria, sotto lo sguardo leggermente scocciato di Kirishima, che sembrava riprenderlo ogni due minuti.
Alla
fine, rassegnato dalla sua stessa curiosità, Urie aveva spento il lettore mp3,
senza però liberarsi degli auricolari.
«Avanti
Nishio» stava dicendo la mora, con tono leggero e
l’espressione sorniona sul viso, guardando quel ragazzo strano come se fossero
vecchi amici. «Dimmi quello che vuoi dirmi e facciamola finita. Si vede che
stai impazzendo a tenertelo per te.»
«Come
se poi fosse un grosso segreto» fu la risposta sagace, a tratti sarcastica
dell’altro, che si sistemò per l’ennesima volta gli occhiali. Urie pensò che
quella fosse la mossa da figo più triste che avesse mai visto in vita
sua. «Fai parte del progetto Quinx, no? ho letto sui
giornali che siete esseri umani a cui hanno trapiantato l’organo schifoso dei ghoul. Sbaglio?»
«Sei
informato quasi quanto me.» trillò Aiko, prendendo un
sorso di caffè.
«Che
cosa repellente» rimarcò storcendo il naso Nishiki
«Voi colombe fate molte cose strane, non siete poi così diversi da quei pazzi,
l’Albero di Aogiri.»
Urie
drizzò le spalle, stava avendo un dejavù. Dove ho già sentito queste parole?
«Siamo
ben diversi dall’Aogiri» Masa
difese la loro posizione, dondolando la gambe che teneva accavallata all’altra
come se fosse la coda di un serpente «Poi non è repellente, sai? Come direbbe
un dottore di mia conoscenza; siamo dei prodigi scientifici.»
«Abomini
verso la natura. Non so come si possa avere la malsana idea di offrirsi
volontari per qualcosa del genere.»
«Nishiki, smettila di infastidire l’agente Masa» Kirishima li interruppe,
mettendo un muffin ai frutti di bosco sotto al naso di Aiko
«Questo lo offre la casa per compensare la maleducazione di questo qua.»
«A
chi stai dicendo ‘questo qua’, stupida Touka?»
Un’occhiata
ammonitrice della cameriera lo bloccò dal dire qualsiasi altra cosa, mentre la
figura che prese posto di fronte a Urie gli impedì di origliare oltre.
«Scusa
il ritardo, ho mancato la metro di due minuti e ho dovuto aspettare quella
dopo.»
Nonostante
parlasse come se fosse reduce dalla maratona di New York, Shukumei
non aveva un singolo ciuffo di capelli in disordine. La camicetta con le
maniche a sbuffo celeste non sembrava sudata, così come nemmeno la giacca di
pelle marrone dall’aria costosa. Le gambe erano fasciate da un paio di
pantaloni bianchi aderenti, che risaltavano le sue forme esaltate dai tacchi a
spillo sottilissimi sui quali Urie era abituato a vederla ondeggiare. E con i
quali lo aveva anche rincorso più di una volta.
«Facciamo
in fretta» le disse spicciolo, mentre lei estraeva dalla tasca della borsetta
una confezione di salviette profumate, che si passò dietro al collo e sulle
mani. «Cosa vuoi sapere, di preciso?»
«Almeno
fammi ordinare, prima. Maleducato.»
Shukumei lo riprese bonariamente, con
l’affetto di una madre, senza malizia. Si voltò per chiamare a sé la cameriera,
incontrando gli occhi di Touka «Un caffè e una fetta
di torta alle fragole. Porta due forchette, per favore, il mio accompagnatore
mi aiuterà a finirla.»
«Odio
i dolci, Khurei.»
«Due
forchette, grazie.»
Laddove
la giornalista sembrava divertita, Urie ovviamente non lo era. La guardò
prendere un blocchetto per gli appunti e aprirlo di fronte a sé, un po’ contro
voglia. Shukumei preferiva di gran lunga usare il
registratore, ma i loro patti erano chiari: Urie voleva poter avere la
possibilità di negare ogni cosa. Vecchio volpone.
L’intervista
iniziò con alcune domande di routine; come si era venuti a sapere chi fosse l’Embalmer e qualche indiscrezione sulla vita privata del
dottor Shinya. Urie aveva anche pensato di fornire a Shukumei
qualche dettaglio sulla tipologia delle vittime, di cui aveva discusso in una
conferenza stampa il direttore, ma con qualche arricchimento. Per farla breve,
aveva descritto il profilo psicologico del serial killer che aveva stilato Masa. La stessa Masa che se ne
stava ancora seduta al bancone, presa da quella che sembrava una conversazione
parecchio divertente.
Persino
quel Nishiki stava ridacchiando, certo, ma Masa….
Lei
aveva letteralmente buttato il capo indietro, mentre si lasciava andare a una
risata che parve salirle dal cuore. Appoggiò una mano sul petto di Nishio, come a volerlo allontanare, mentre Touka li guardava entrambi in tralice.
«Sei
stata tu a iniziare.»
«Va
bene, allora facciamo così.» Aiko si rimise seduta
diritta, voltandosi di tre quarti per guardarlo negli occhi direttamente «Sei
interessato dal mio kagune, lo capisco. Facciamo un
patto?»
Nishiki prese un sorso di caffè,
incuriosito «Tu non stai bene, non so se voglio stringere accordi con te. Però
prova a convincermi.»
«Io
di faccio vedere il mio…» iniziò con voce sottile
l’agente, indicandosi la schiena, laddove il suo kakuho
era stato trapiantato. Poi affilò la voce, ma Urie la sentì forte e chiara come
se lo avesse gridato «…Se tu mi fai vedere il tuo.»
Nisho sollevò il lato della bocca in
un mezzo sorrisetto «Ma che sporcacciona. Almeno prima pagami il caffè,
agente.»
Kirishima si portò una mano sulla fronte
«Fermatevi voi due» disse esasperata come se stesse parlando a due bambini
«Nessuno farà vedere nulla a nessuno, in questo locale.»
«Ma
quella è la tua collega?» Shukumei costrinse Urie a
tornare in sé. Improvvisamente si rese conto che gli faceva male la mano tanto
stava stringendo il pugno. Allentò la presa, rispondendo con un leggero cenno
di assenso. La giornalista si voltò a guardarla, sembrando parecchio
pensierosa. Poi tornò a voltarsi verso il ragazzo «Invitiamola qui.»
«No.»
«Agente!»
Inerme,
Urie guardò Shukumei presentarsi come si deve a Masa, farle un paio di complimenti sui capelli corti
sparati in tutte le direzioni per poi invitarla a sedere con loro. Aiko parve tentennante, ma non si curò di guardare verso
Urie per chiedergli il permesso o se si sentisse a disagio. Alla fine si
sedette alla sua destra, anche lei di fronte alla donna «Quindi non è un
appuntamento ma un’intervista? Mi sembrava strano che Urie potesse interessarsi
a qualcosa che non fosse lavoro.»
«Troppo
giovane per me» lo difese debolmente la donna, rigirandosi la penna fra le dita
«So che lei è stato il profiler del caso, agente di
secondo livello Masa.»
«Prego,
chiamami pure Aiko. Posso chiamarti Shukumei?»
Le donne sono
davvero terribili,
era tutto ciò che Urie riusciva a pensare mentre le ascoltava cincischiare di
profili psicologici, raptus omicidi e cura dei dettagli nella ricostruzione
delle scene ‘fittizie’ dell’Embalmer. Dal momento in
cui Aiko era stata invitata al tavolo, lui era
diventato invisibile. Poteva anche andarsene, Khurei
non sembrava più interessata a chiedere a lui.
Quando
le domande furono esaurite, Shukumei passò oltre «Tu
facevi parte della squadra Hirako, vero Aiko-chan?»
Masa annuì «Sì, è vero. Come lo
sai?»
«Sono
un’amica di Kuramoto Ito.»
L’altra
ragazza sorrise divertita, finendo il suo muffin «Ovviamente, chi non lo è?
Cosa vuoi sapere sulla squadra Hirako? Ti avverto,
non ti venderò informazioni sui loro casi, verrei uccisa da Take in modi e
maniere che non voglio nemmeno immaginare.»
«Voglio
solo parlare in modo generico.» le rispose vaga Shukumei.
«Parlare
di cosa?»
«L’Albero
di Aogiri, per esempio.»
Masa annuì «Va bene» concesse, come
se in fondo se lo aspettasse «Il caso Aogiri è ancora
aperto, quindi non posso far trapelare informazioni inerenti.»
«Voglio
solo scambiare due chiacchiere con te in merito.» per dimostrare la sua buona
volontà, Shukumei richiuse il blocco note e appoggiò
la matita «Voglio farlo per chiarezza personale, a dirla tutta.» prese un po’
della sua torta, guardando la fragola prima di portarla alle labbra,
masticandola con gusto «Aogiri è un gruppo
terroristico a formazione piramidale, al cui vertice c’è una figura misteriosa
che viene chiamata il re con il sekigan. Almeno,
questo è di pubblico dominio. Vorrei sapere qualcosa di questi sekigan, per iniziare.»
«Con
sekigan si intende un ghoul
che possiede un solo occhio mutato.» iniziò Masa con
fare professionale «Solitamente, questo tipo di ghoul
è incredibilmente raro, perché è il frutto dell’accoppiamento fra un ghoul solitamente maschio e una femmina umana.»
«Come
mai raro? E perché hai specificato che la donna deve essere umana?»
«Perché
a logica, il nostro sistema alimentare è molto diverso. Il nutrimento per un
bambino è diverso per quello di un cucciolo
di ghoul. Per nascere un ibrido devono essere
equilibrati i nutrienti acquisiti e nel caso di una femmina di ghoul gravida, rischierebbe di riconoscere il bambino come
cibo in quanto in parte umano e finirebbe con il mangiarlo.»
«Quindi
il re con il sekigan è un ibrido?»
Masa, a quel punto, scrollò le
spalle « Non è detto. C’è una leggenda popolare fra i ghoul
e gli uomini che dice che molti secoli fa, la comparsa di un ghoul imbattibile con il sekigan
portò alla fondazione del ccg. Potrebbe essere un
simbolo. Se lo chiedi a me, per me nemmeno esiste, ma è più che altro una
figura inventata usata per tenere uniti tutti i ghoul
sotto un’unica bandiera.»
«E
il gufo con il sekigan, invece? Cosa sai di lui?
Magari è il re?»
Istintivamente,
Aiko lanciò un’occhiata alla sua destra, restia a
parlare di fronte a Urie del mostro che aveva fatto di lui un orfano.
Contrariamente alle sue aspettative, lui sembrava preso nell’ascolto e ciò la
spinse a rispondere «Non sappiamo molto del gufo. Si è fatto vedere ben poco
dopo il raid della ventesima, quasi tre anni fa. Io però dubito che sia il re,
agisce spesso in solitaria.»
«Non
credi faccia parte di Aogiri?»
«Non
sto dicendo questo, ma penso che possa essere un ghoul
che simpatizza per Aogiri. Ci sono molti gruppi di ghoul a Tokyo che non vantano un tale membro, ma lo
vorrebbero. Poi a me, lei è sempre sembrata troppo preoccupata a perseguire
scopi personali che ad aiutare attivamente Aogiri.»
«Lei?
Il gufo col sekigan…. È una femmina?»
Ci
fu un attimo di stallo, poi l’agente Masa prese un
respiro «A me ha dato questa idea.»
«Quando
l’hai incontrata, vero? Il giorno che ha ucciso Orihara
Daisuke?»
«Hai
incontrato il gufo col sekigan?!»
Le
domande di Shukumei vennero coperte quasi per intero
da quella di Urie. Tutto il bar si bloccò e molte teste si voltarono nella loro
direzione. Aiko strinse gli occhi, abbassando il capo
e incassandolo fra le spalle. «Sì. Sì è successo, ma non ricordo molto di quel
giorno. Quindi, per cortesia, andiamo avanti.
Anche se hai fatto i compiti a casa e hai chiesto di me, Shukumei, non intendo parlare di Orihara.
E del gufo ho ricordi contrastanti, mi ha rotto quattro costole e la testa
contro un muro.»
«Mi
sarebbe andato bene se mi avessi detto che non potevano escludere che fosse una
donna» con un sorrisetto che sapeva di scusa, la giornalista lasciò perdere
quell’argomento spinoso. Aveva visto il viso di Urie sbiancare ripetutamente
parola dopo parola e non valeva la pena rovinare il rapporto che aveva maturato
con lui per qualche supposizione stupida «Ma parlavi di gruppo di ghoul. Quali gruppi?»
«Per
esempio i Clown.» visibilmente a disagio, nonostante fingesse che non fosse
così, Masa andò avanti «Però non ne so molto. Non ho mai
avuto il piacere di indagare molto su di loro, anche se ho conosciuto il loro
capo.»
«Donato
Porpora» sussurrò a denti stretti Urie. Sembrava una congiura contro di lui.
Aiko annuì «L’ho interrogato
diverse volte negli ultimi anni.»
«Non
ho mai provato interesse verso di loro, sono inquietanti» per sollevare il
morale collettivo, Shukumei la buttò sulla battuta
«Altro?»
«Bande
più o meno grandi, groppi e lupi solitari. Io penso anche che alcuni ghoul potrebbero essere infiltrati nella Yakuza o addirittura essere delle intere famiglie
dell’organizzazione mafiosa.»
Urie
appoggiò la tazza nuovamente vuota «Smettila Masa,
non parlare del caso in corso.»
«Io
stavo parlando in via totalmente generica.» lo liquidò la partner, prima però
di appoggiare una mano sul suo ginocchio, sotto al tavolo. Scusa, voleva dire quel gesto, perdonami
se ti ho turbato. Lui non rispose, ma non poté negare che sortì un certo
effetto in lui «Parlando sempre per supposizioni, ho una teoria in merito al
motivo per cui molte organizzazioni muoiono prima che noi o Aogiri
possiamo arrivarvi.»
«Adoro
le tue teorie» con un’ultima forchettata, la giornalista terminò la torta di
fragole. Passò un tovagliolo attorno alle labbra, attenta a non sciupare il
rossetto.
«E
se esistesse una grande organizzazione di ghoul il
cui compito è quello di controllare eliminare i propri simili che passano il
limite? Un gruppo così antico e nutrito da agire con segretezza, magari
appoggiato dalle istituzioni, come un’agenzia di agenti segreti?»
Ci
furono diverse reazioni. Urie la guardò confuso, assottigliando lo sguardo e
corrugando la fronte, dimostrando che no, non aveva capito. Shukumei,
invece, aveva afferrato il concetto molto bene. I suoi occhi scintillarono.
«Un’agenzia
segreta, come un’intelligence interna ai ghoul…»
«Sarebbe
un bel problema» da dietro di loro, la voce di Nishiki,
li fece voltare. Se ne stava ancora al bancone, di spalle, ma aveva palesemente
sentito tutto. Si girò per guardarli, appoggiandosi con la schiena alla
superficie di legno, prima di parlare «Dimostrerebbe che sono abbastanza
intelligenti da creare una sorta di impero sotterraneo, unirsi e far fronte
comune, all’occorrenza.»
«Io
credo che certi ghuol siano molto più intelligenti di
tanti, tantissimi umani.» e con questa frase, Masa
gelò nuovamente il bar.
«Molto
interessante.»
Aiko si rivolse di nuovo a Shukumei «Ovviamente sono solo miei castelli in aria» disse
con una mezza risata, scrollando le spalle «Non ho assolutamente idea se una
cosa del genere possa o meno essere credibile, ma se noi abbiamo il Mossad o il KGB, che per secoli hanno portato avanti
segreti che ancora il mondo ignora, perché i ghoul
dovrebbero essere diversi da noi? Shinya era un chirurgo rinomato, ad esempio,
con una laurea anche piuttosto altisonante. Questa è già di per sé una
dimostrazione che differiscono da noi solamente per la dieta.»
«Stai
esagerando» Urie soffiò fra i denti, guardandola gelidamente.
«Sto
mentendo?» chiese lei tagliente, di rimando. Lui la guardò solo come se volesse
spararle, ma non poteva dire che non avesse ragione, perché anche lui era a
conoscenza di quei fatti. «Ripeto, sono solo stupide teorie che faccio quando mi annoio. Niente di
dimostrabile, perché hanno lo stesso peso del mostro di Lockness.»
«Immagino»
Shukumei mise via il suo blocchetto, al sicuro nella
borsa, prima di alzarsi e pagare il
conto per tutti e tre «Non scriverò niente di tutto ciò nel mio articolo,
perché voglio scrivere sull’Embalmer. Ho però un’ultima
domanda per te, Aiko, perché sei un agente così
navigato nonostante la giovane età che mi fai venire un sacco di curiosità.» Masa annuì dandole il permesso di chiedere «Quale è il ghoul che temi maggiormente?»
Lei
non ci pensò nemmeno «Tatara.» sputò fuori, con lo sguardo duro e le labbra
tirate.
La
giornalista la guardò sorpresa «Più del gufo?»
«Non
esiste un ghoul che mi faccia rabbrividire come
Tatara» insistette Masa «Se dovessi dare un volto al
re col sekigan, allora sarebbe lui.»
Khurei ringraziò molte volte Masa per l’intervista, dandosi appuntamento con Urie per la
prossima e pregandolo di portare nuovamente la sua partner. Quando il
ticchettio delle sue scarpe venne chiuso fuori dalla porta di ingresso, Urie si
voltò a guardarla furente «Non credi di avere esagerato?»
Masa non lo stava nemmeno
ascoltando «Ti sei reso conto che quella donna sta cercando qualcosa?»
Kuki prese un respiro profondo per
calmarsi. Era come parlare a un cane stupido che non vuole farla fuori, ma
continua imperterrito a pisciarti sul tappeto. Sì, per lui, Masa
era un cane incontinente. Si prese un paio di secondi per metabolizzare la
stizza, poi parlò nuovamente «Perché lo pensi?»
«Ha
fatto tante domande su tanti argomenti, quindi non so dirti quale sia l’oggetto
della sua ricerca, ma posso garantirti che non è per un articolo di giornale.»
«Poco
ma sicuro» Nishiki, che si era seduto con loro,
guardava il punto in cui Shukumei era sparita, mentre
Urie si chiedeva chi diavolo fosse. «Sembra pericoloso però, o sbaglio?»
Masa annuì piano «Più che
pericoloso, direi mortale.»
♠
«Ti
avevo chiesto una cosa sola, Cookie! Una sola!»
«Avevi
detto che ci saresti passata tu, smettila di scaricarmi le tue incombenze!»
Aiko sembrava allibita, ma quello
che avrebbe dovuto indignarsi era lui. Urie aveva un chiaro ricordo della
collega che sosteneva che sarebbe passata lei a prendere i documenti importanti
richiesti da Sasaki quella mattina. Dopotutto, era
stata lei stessa ad offrirsi di fargli quel piacere.
Ovviamente,
nel loro giorno libero, Masa non si era presentata
alla sede centrale, mentre Urie aveva passato la mattinata a controllare
rapporti sul caso Kamata e a parlare con il dottor Shiba. Secondo la ragazza, lui poteva benissimo ritirare la
documentazione urgente al suo posto e, per risposta, Urie rilanciava sostenendo
che se non glielo aveva detto, allora lui non poteva leggerle la mente.
Dopo
mezzora di litigata incessante in automobile, erano arrivati alla sede della
prima circoscrizione e si erano infilati nell’atrio, entrambi neri in volto,
incolleriti con l’altro.
Se
avessero passato tutto quel tempo a conoscersi, invece che a litigare,
sarebbero diventati migliori amici. O forse qualcosa in più. Se poi si fossero
dati allo studio del sanscrito antico, a quel punto sarebbero in grado di usare
tutti e dodici gli alfabeti.
Avevano
lasciato le quinque in auto –gravissima violazione
del codice- come dichiarazione dell’intento di far presto e si erano diretti
spediti verso il secondo piano. Lì, però, avevano incontrato un ostacolo non da
poco.
«Noriko, non ora!» aveva sbraitato Masa,
improvvisamente scorbutica. Era strano vederla così, solitamente solare,
diventare quasi stronza con qualcuno che non fosse Urie. In realtà, la sua
faida con la psicologa del dipartimento Rico Noriko
aveva radici molto profonde.
Urie
aveva guardato la dottoressa seguirli imperterrita, continuando a chiamare la
sua partner, non volendo cedere terreno. I capelli biondi, striati da sfumature
bianche, ondeggiavano in un caschetto gonfio mentre gli occhiali le davano
un’aria più altera. Anche lei solitamente gentile seppure un po’ esaurita –se
esistevano investigatori in servizio come Suzuya, era
chiaro che nessuno la ascoltava davvero – era strana in quelle vesti da pazza
isterica.
«Masa Aiko fermati!»
«Cosa
c’è!»
Le
due donne si ritrovano una di fronte all’altra, entrambe fiammeggianti nello
sguardo. Per buona misura, Urie si levò di mezzo, facendo un passo indietro e
lasciandole a scannarsi fra loro. Anche lui aveva visto il video catfight al ccg e
aveva visto come si erano accapigliate. Prima di quella brutta mattinata, Noriko aveva i capelli lunghi fino a metà schiena, ma la
maggior parte erano rimasti in mano a Masa.
E ancora non
aveva un kagune, quindi meglio levarsi di mezzo.
«Dal
cambio squadra non sei più venuta a una visita.» iniziò la psicologa, con le
mani ben ficcate nel camice e lo sguardo di chi non ammette repliche «Ho già
inviato otto notifiche al tuo nuovo mentore. Perché Sasaki
non ti ci sta portando a calci in culo?»
«Perché
magari anche lui è a conoscenza dell’inutilità del tuo mestiere» Kuki alzò un sopracciglio nel sentire tutta la grinta che Masa ci stava mettendo. Praticamente strappò dalle mani di
un poveraccio ciò che Haise voleva e se lo ficcò in
borsa, tornando verso l’ascensore. Nokiro continuò a
seguirli, ignorando comunque la presenza di Urie «Se parlare con una pazza
alcolizzata mi aiutasse a superare i problemi, chiamerei mia madre.»
«Forse
anche di questo dovremmo parlare» il commento di Rico le strappò uno sbuffo
profondamente seccato «Queste sono le leggi interne al dipartimento. Siete
obbligati a tenere un numero di sedute bimensili. Devi fartelo andar bene, non
sei al di sopra della legge.»
«Chi
viene davvero a tutte le sedute?» domandò come provocazione Aiko,
alzando un sopracciglio «Immagino in pochi. Eccetto Suzuya,
che viene portato per mano da Abara e Arima, che penso parli con pochi esseri umani e quindi si
tenga buoni quelli che lo fanno per lavoro. Magari anche Sasaki,
ha troppo la faccia del bravo ragazzo per mandarti al diavolo, tu e le tue
domande inconsistenti. Urie, tu vai alle sedute??»
Preso
in castagna, il ragazzo guardò entrambe «Ehm.»
«Non
metterlo in imbarazzo, è il tuo partner!»
«Vedi
che nemmeno lui ci viene?! E lui è un leccaculo di professione, farebbe
qualsiasi cosa per sentirsi dire bravo!»
«Grazie»
le disse Urie, ormai anche stanco di prendersela. Uscì per primo, lasciandole a
urlarsi addosso.
Stava
quasi pensando di andare ad aspettare in macchina, quando un fragore forte come
il rombo di un tuono lo assordò. Il pavimento tremò, mentre il suono si faceva
sempre più vicino, così come le urla. Di punto in bianco, al centro
dell’ingresso del palazzo principale della sede centrale del ccg di Tokyo, un enorme camion bianco sfondò completamente
la facciata a vetrate, arrivando più avanti di quanto avrebbe dovuto e
distruggendo il passaggio per il rilevamento delle cellule rc.
Arrivando
a circa venti metri a lui.
Non
ebbe la prontezza di riflessi di reagire subito, ma quando dalla cabina
distrutta del velivolo uscì un uomo con in mano una grande sacca, ritrovò un
po’ di lucidità. Sembrava una borsa sportiva, forse di una palestra, nera e
rossa.
«Fermo!»
qualcuno lo gridò, ma non fu lui. Tutto ciò che Urie fece fu estrarre il kagune, perché quello non era un essere umano.
Era
un ghoul.
E
aveva appena fatto irruzione con un camion.
Assurdo.
«Ho
detto fermo!» a urlare nuovamente fu il classe speciale Ui.
«Appoggia quella borsa immediatamente!» proseguì, padrone della situazione,
tenendo bene alzata la sua quinque Ajite.
Il
ghoul da parte sua, non fece ciò che gli venne
richiesto. Non fece nient’altro, però. Non estrasse il kagune,
né attaccò per primo. Si limitò a sorridere, appoggiando una mano sul borsone e
afferrando una sottile cordicella nera, che fece venire un brutto presentimento
a Urie.
Poi,
con un sorriso serafico, il ghoul si mise in pace con
il suo Dio, qualunque esso fosse.
«L’Aogiri vi distruggerà.»
«Urie!»
Ci
fu un istante di sospensione.
Kuki avvertì la mano di Masa strattonarlo per la giacca, mentre l’assalitore tirava
quella cordicella.
Poi
al silenzio teso seguì il boato della bomba che, deflagrando, faceva esplodere
tutte le vetrate di cui era composto quel palazzo.
Direttamente
in faccia a loro.
Continua
♠
Nda ♠
Ho
notato che ci sono persone che mi hanno aggiunta fra le seguite (ben sette!) e
tra le preferite (due angeli)! Grazie mille a voi che avete deciso di seguire
questo lavoro che è diventato incredibilmente lungo rispetto alle aspettative
di partenza.
Spero di
non deludervi nemmeno con questo capitolo e, se vi va, mi piacerebbe molto
sapere cosa ne pensate.
I riscontri,
sia positivi che negativi, danno sempre una mano.
Grazie
a Maia che mi ha sistemato il capitolo, facendomi notare che Nishiki si è imbucato senza chiedermi il permesso (?).
Questi
personaggi che fanno il cavolo che vogliono.
A
presto,
C.L.