Fanfic su artisti musicali > Demi Lovato
Segui la storia  |       
Autore: crazy lion    25/02/2017    5 recensioni
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti raccontati nel libro di Dianna De La Garza "Falling With Wings: A Mother's Story", non ancora tradotto in italiano.
Mancano diversi mesi alla pubblicazione dell’album “Confident” e Demi dovrebbe concentrarsi per dare il meglio di sé, ma sono altri i pensieri che le riempiono la mente: vuole avere un bambino. Scopre, però, di non poter avere figli. Disperata, sgomenta, prende tempo per accettare la sua infertilità e decidere cosa fare. Mesi dopo, l'amica Selena Gomez le ricorda che ci sono altri modi per avere un figlio. Demi intraprenderà così la difficile e lunga strada dell'adozione, supportata dalla famiglia e in particolare da Andrew, amico d'infanzia. Dopo molto tempo, le cose per lei sembrano andare per il verso giusto. Riuscirà a fare la mamma? Che succederà quando le cose si complicheranno e la vita sarà crudele con lei e con coloro che ama? Demi lotterà o si arrenderà?
Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo. Saranno presenti familiari e amici di Demi. Anche per loro vale questo avviso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Joe Jonas, Nuovo personaggio, Selena Gomez
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
72. HO COMMESSO UN ERRORE
 
"Resti fuori" le ordinò un medico, poi corse dentro con gli altri.
Uno di loro uscì dopo qualche secondo, corse via e tornò, più veloce che poté, con un defibrillatore.
Demi, in preda ai singhiozzi, si sedette per terra, appoggiando la schiena alla parete del corridoio. Era pallida come un cencio. Avrebbe voluto pregare, ma tanta era la sua agitazione che non ce la faceva. Avrebbe anche voluto telefonare a Dallas perché venisse a sostenerla, ma sapeva che non sarebbe nemmeno stata in grado di tenere in mano il telefonino. Piangeva e tremava, non riusciva a tenere ferma nessuna parte del suo corpo. Sentiva dentro di lei un freddo glaciale che le congelava le vene, ma soprattutto il cuore e l'anima.
"Carica a duecento. Libera! Ancora, carica a duecentocinquanta. Libera!"
Erano questi gli ordini che sentiva provenire dalla stanza, accompagnati sempre da quel lungo suono che le provocava, secondo dopo secondo, sempre più dolore. Non poteva rischiare di perderlo di nuovo! Per un momento, stupidamente, non seppe nemmeno lei perché, ma pensò a quei film che le piaceva guardare, che trattavano di alcuni medici che lavoravano in pronto soccorso, delle loro vite e di quelle dei pazienti. Quello, però, non era un film e lei non si trovava a casa sua, seduta comodamente sul divano, bensì in un ospedale, ad affrontare una terribile e sconvolgente realtà: il suo fidanzato stava morendo. Era ingiusto! Perché stava succedendo? Non ne avevano già passate abbastanza entrambi, nella vita? Si batté una mano su una gamba, con rabbia, ma questa passò subito per lasciare il posto ad una più profonda disperazione. Quel sentimento era come un'onda che la stava sommergendo; e se non fosse cambiato qualcosa l'avrebbe annegata, ne era certa.
Dopo poco accadde qualcosa in cui Demi cominciava, ormai, a non sperare più: il cuore di Andrew riprese a battere, lo sentì chiaramente grazie ad un medico che disse:
"C'è battito."
"Ce l'hai fatta, amore!" esclamò, tra i singhiozzi, pensando che poche altre volte era stata così felice.
Avrebbe voluto mettersi ad urlare ma, trovandosi in un ospedale, non lo fece. Si limitò a continuare a piangere, ma di gioia, questa volta. Finalmente, dopo tante lacrime amare, dopo tutta quella sofferenza, pianse di pura, vera felicità, ringraziando Dio per aver salvato l'uomo che tanto amava, colui che, dopo le sue figlie , era la persona più importante della sua vita.
I dottori uscirono e le dissero che andava tutto bene: il battito cardiaco di Andrew, ora, era regolare.
"Potrà rientrare tra circa un'ora, ma solo per poco. Andrew ha bisogno di riposo" concluse uno di loro e lei ringraziò tutti, poi chiamò la sua famiglia e Selena per raccontare quanto accaduto.
"Vuoi che venga lì?" le chiese la madre, preoccupata
"Non c'è bisogno, mamma, grazie. Tra un'ora andrò a salutarlo e poi credo che verrò domani. Oggi ha bisogno di riposo."
Avvertì anche Dallas e le disse di andare a casa. Lei avrebbe chiamato un taxi per tornare.
"No no," disse la sorella, "io ti aspetto in macchina. Voglio starti accanto e farti sentire che ci sono, Demi."
"Io lo so che ci sei, tesoro!" esclamò la ragazza, commossa dalle parole sincere della sorella. "Comunque aspettami, se è quello che senti di fare."
"Sì, ti aspetterò; a dopo."
"A più tardi."
Quando, dopo un'ora, Demi entrò in quella stanza, provò di nuovo a parlare ad Andrew.
"Sono Demi" sussurrò. "Sono qui, non mi devi cercare. Ci sono sempre stata, non ti ho mai lasciato!"
L'uomo girò la testa verso di lei e disse, in un sussurro appena percettibile:
"Demi."
"Ciao!" esclamò lei, con tutta la dolcezza possibile.
"Ciao" sussurrò Andrew; e la guardò, per la prima volta dopo poco più di due settimane.
Era chiaro che si sentiva ancora debolissimo. L'arresto cardiaco doveva aver peggiorato le sue condizioni, senza dubbio.
"Mi hai fatta spaventare a morte, sai? Sia quando ti sei tagliato, sia poco fa."
Una lacrima le rigò il viso, ma la ragazza la asciugò in fretta pensando che non facesse bene, ad Andrew, vederla triste e ancora meno piangere.
"Mi dispiace, Demi. Io… non so nemmeno come spiegarti."
"Provaci. Io sono qui, ti ascolto. Non ho fretta."
"Ho commesso un errore, Demi, lo so. Ho sbagliato a ricadere nell'autolesionismo e a tentare il suicidio, in fondo sapevo che non avrei risolto nulla. È stato più forte di me, di qualsiasi altra cosa. Mi sentivo troppo male per poterlo sopportare un secondo di più e ho fatto l’unica cosa che credevo mi avrebbe liberato da ogni dolore. Non sarei stato capace di parlarne con nessuno."
"Sì, il suicidio non è una soluzione, ma evidentemente sentivi di non poter fare altro."
"Già."
"Non saresti riuscito a sfogarti nemmeno con me?"
Non c'erano né rabbia, né accusa nel suo tono, solo un velato dispiacere.
"So che è brutto da dire, ma no, nemmeno con te."
Seguirono alcuni minuti di silenzio da parte di entrambi.
Andrew si stava sforzando molto per parlare e farsi udire, ma voleva continuare quel discorso.
"Che cosa mi dici ora, Demi? Se vuoi lasciarmi lo capisco. Insomma, diciamocela tutta, sono stato un gran coglione e ti capisco se sei arrabbiata, se ce l'hai a morte con me e vuoi…"
"Basta!" esclamò lei, con voce ferma, poi si addolcì: "Tu non sei un coglione, Andrew! Io non sono arrabbiata con te, né ce l'ho a morte per quello che hai fatto. Stavi attraversando un momento molto difficile, forse il più complicato della tua vita e hai avuto un forte crollo, ma hai riconosciuto di aver sbagliato; e tutto questo non è essere coglioni, è essere forti. Il fatto che tu abbia avuto quel terribile momento di debolezza non significa che tu sia una cattiva persona, perché non lo sei. Sei la persona più buona, dolce e meravigliosa che io conosca; e non dico tutte queste cose solo per farti piacere, ma perché è quello che penso davvero. Non ce l'ho mai avuta con te. Hai sbagliato ma l'hai fatto perché ti sentivi uno schifo ed io non te lo farò mai pesare. Ora ti stai riprendendo, è questo l'importante. Io ti amo, amore mio! Ti amo!"
Andrew rimase senza parole per alcuni secondi. Aveva immaginato che Demi l'avrebbe allontanato, che se ne sarebbe andata dicendogli che il loro rapporto, sia di amicizia che di amore, era finito, che non ne voleva sapere più niente di lui e che era stato un vigliacco a tentare di farla finita, ma lei non aveva fatto niente di tutto questo, anzi.
"Beh," disse dopo un po', "sapevo che eri buona e comprensiva, ma non immaginavo che lo fossi così tanto e fino a questo punto. Inoltre le tue parole mi sorprendono. Io non vedo in me tutta questa forza. Per Carlie sto ancora soffrendo moltissimo."
"Lo posso solo immaginare, ma Andrew, amore, devi parlarne. Non puoi tenerti tutto dentro, non ancora! Guarda cos'è successo quando l'hai fatto! E poi, soffrire perché una persona cara non c'è più non è essere deboli, è essere umani."
"Hai trovato la lettera?"
"Sì."
"E?"
"Mi hai detto delle cose bellissime, dimostrandomi con quelle parole l'immenso amore che provi per me, ma vi ho letto anche tutto il tuo dolore e questo mi ha distrutta ancora di più; poi ti ho visto, ho chiamato l'ambulanza e un medico mi ha insegnato come tamponare la ferita finché non sarebbero arrivati i soccorsi. Credo che quella sera sia stata la volta nella quale ho avuto più paura nella mia intera esistenza" ammise infine, sincera.
"Sono consapevole di aver sbagliato, Demetria" riprese Andrew "e non sai quanto io mi senta in colpa per aver tentato il suicidio. Era da tanto che non riuscivo più ad uscire di casa, che mandavo via le persone che erano preoccupate per me perché avevo bisogno di stare da solo. I miei gatti erano gli unici che sembravano capirmi davvero, perché non mi giudicavano, non mi dicevano cosa dovevo o cosa non dovevo fare."
"Nemmeno io l'avrei fatto, Andrew! Se tu mi avessi chiamata e me ne avessi parlato avrei potuto aiutarti, venire da te, Dio, fare qualcosa, insomma!"
"Lo so, cara, ma in quel momento non avevo né la voglia, né soprattutto la forza di parlare con nessuno, nemmeno con te. Se avessi avuto anche solo un po' di coraggio l'avrei fatto e, credimi, tu saresti stata la prima, anzi l'unica persona che avrei chiamato; ma davvero non ne avevo la forza e, in parte, nemmeno lo volevo. Pensavo che morire fosse l'unica soluzione possibile, per me. Non vedevo via d'uscita. Volevo solo andare con Carlie ed essere felice con lei. Sapevo che mia sorella non sarebbe stata contenta del mio gesto, ma volevo smettere di vivere per non soffrire più così tanto e per non essere un peso; e sono stato egoista, non ho pensato a nessuno: né a te, né alle piccole, solo a me stesso e al mio dolore."
"Questo non è egoismo, Andrew. Si tratta solo di sofferenza, un dolore troppo grande da sopportare. Io lo capisco, ma mi distrugge sapere che tu l'abbia anche solo pensato!"
Stavolta Demi non riuscì a trattenersi e pianse. Anche il suo fidanzato cominciò a farlo, anche se non avrebbe voluto.
"Volevo smettere di essere un problema per te" continuò Andrew.
"Cosa? Perché hai pensato di essere un problema? Tu non lo sei. Non lo sei mai stato e non lo sarai in futuro!"
Demi ora era sconvolta. Come poteva pensare una cosa del genere?
"Sì, invece; le persone si allontanano da coloro che soffrono, perché ne hanno paura, perché la vita va avanti e non si ferma e nemmeno quelli che stanno male devono farlo. È così, Demetria."
Andrew la chiamava, solo a volte, Demetria, quando parlavano di qualcosa di serio ed era uno dei pochi a farlo. Solo Dianna ogni tanto la chiamava così e Demi non lo permetteva a nessun altro.
"Io non l'ho fatto e non lo farò mai perché ti amo, Andrew; e pensavo che tu, questo, lo sapessi."
"Demi, avevo perso così tanto la fiducia nella vita che non ho riflettuto su queste cose, in quel momento. Ora capisco di aver sbagliato anche solo a farmele venire in mente."
Demetria gli parlò della trasfusione di sangue che gli era stata fatta e del fatto che lei era stata l'unica donatrice compatibile. Lui tentò di aprire bocca ma non ci riuscì. La richiuse, facendo schioccare la mascella. Passarono alcuni secondi di silenzio, poi un piccolo grido da parte sua la fece sussultare.
"Che cos'hai?" gli chiese, allarmata.
"Ho un mal di testa terribile! Cazzo, fa malissimo, Demi!"
Andrew si teneva la testa con le mani, premendo più che poteva sulle tempie, forse per tentare di diminuire il dolore. Soffriva molto, Demi lo notava dalle smorfie che si dipingevano sul suo volto.
"Ho anche mal di stomaco, brucia, è terribile!" si lamentava l'uomo.
"Va bene, cerca di calmarti. Io esco un attimo e chiamo un dottore, okay?"
"No, ti prego, resta con me. Non… lasciarmi, non… abbandonarmi!"
Si interrompeva, poi ricominciava a parlare, alcune lacrime iniziavano a scendergli sul volto a causa del dolore che provava. Andrew le strinse forte un braccio nonostante avesse il suo fasciato e Demi si stupì della forza che riusciva ad esercitare, pur essendo in condizioni non ancora buone.
"Andrew, io tornerò subito qui con il dottore, te lo prometto, ma devo chiamarlo, capisci? Non so cosa fare per aiutarti, mentre lui sì! Non ce la faccio a stare qui a vederti soffrire senza fare niente."
Parlava con la sua solita pacatezza, cercando di non fargli vedere che era ansiosa e preoccupata, anche se non era affatto facile.
"Va bene, hai ragione" sussurrò Andrew, lasciandola lentamente andare.
Demi corse fuori e iniziò a chiamare a voce alta un dottore, che accorse subito. Gli spiegò velocemente la situazione e, insieme, entrarono nella stanza.
"Signor Marwell, sono il dottor Thompson, uno dei medici che l'ha in cura. Ricorda come si chiama?"
"Andrew" rispose questi, debolmente.
"Quanti anni ha?"
"Ne ho trentatré, li ho compiuti il 30 aprile."
"Le faccio solo un altro paio di domande, per verificare che sia tutto a posto, okay?"
Lui annuì.
"Si ricorda cosa le è accaduto?"
"Ho perso mia sorella, morta a causa di un arresto cardiaco e mi sono tagliato le vene dopo alcuni mesi. Carlie è morta a marzo. Adesso è giugno."
Il medico sorrise.
"Ottimo, sembra che vada tuto bene! La sua fidanzata mi ha detto che ha dolore. Dove le fa male? Me lo indichi, se non riesce a parlare."
Andrew si toccò la testa e lo stomaco.
"Probabilmente la sofferenza che sente è causata dallo stress. Immagino che abbiate parlato di quanto è successo."
"Sì" confermò lui, con voce sempre più flebile.
"Il mal di testa è normale dopo aver passato così tanto tempo a letto e nel suo stato ed è normale che aumenti con lo stress. Non si deve allarmare per questo. Ora le darò 10 gocce di Lexotan, che è un ansiolitico, ma serve anche come rilassante muscolare in certi casi, poi una pastiglia per calmare il bruciore di stomaco e le metterò una flebo con un farmaco per il mal di testa. Le gocce la aiuteranno a calmarsi , a dormire e a diminuire lo stress, d'accordo?"
"Va bene, grazie."
"Gli faccia compagnia finché non torno" disse il medico a Demi, poi uscì.
"Tra poco passa tutto, tesoro!" esclamò la ragazza, prendendogli una mano.
"Merda, fa un male cane!" bofonchiò lui.
"Prova a non pensarci. Pensa a qualcosa che ti fa felice" gli suggerì Demi.
"Beh, in questo momento sono contento che tu sia qui. Io ti… a-amo, Demi" balbettò.
"Anch'io ti amo!" sussurrò lei al suo orecchio.
In quel momento tornò il dottore e chiese a Demi di aiutarlo a sollevare Andrew. Lo misero seduto sul letto, con un cuscino dietro la schiena e un altro a sostenergli la testa; poi il medico gli fece mandare giù una pastiglia e un bicchierino con le gocce dell'ansiolitico diluite con acqua.
"Fa schifo!" si lamentò Andrew, come avrebbe fatto un bambino che deve prendere una medicina che non gli piace.
Demi sorrise.
"Lo so, è molto amaro" confermò il dottore, "ma la aiuterà, mi creda."
Subito dopo lo rimisero disteso e il medico, dopo avergli attaccato la flebo e aver inserito le gocce del farmaco nella cannula, disse a Demi di uscire in quanto il paziente aveva bisogno di riposare.
"Torno domani, Andrew, promesso."
"Va bene, io ti aspetto" disse lui semplicemente, chiudendo gli occhi.
"Tra poco si addormenterà e si calmerà" le assicurò il dottore, una volta fuori dalla stanza.
"Cosa succederà adesso che ha ricominciato a parlare?" chiese Demi.
"Beh, farò venire da lui un neurologo, domani, per accertarmi che il trauma non abbia provocato nessun danno nemmeno a livello motorio. In ogni caso non credo ci sia da preoccuparsi: parla benissimo e ricorda tutto, per cui a livello fisico non dovrebbero esserci problemi. Dopodiché dovremo mandarlo in psichiatria. Si è fatto molto male e, dato che voleva farla finita, deve andare in quel reparto."
"Pensa che sia necessario?" chiese Demi.
Non aveva nulla contro gli psichiatri, la sua era solo una domanda.
"Sì, lo è. La prassi da seguire in casi come il suo è questa. Vorrei trasferirlo già domani, se anche i miei colleghi saranno d'accordo. Sarebbe meglio che lei fosse qui, in quel momento."
"Certo, ci sarò" confermò sicura la ragazza.
Avrebbe voluto aggiungere che sì, Andrew aveva voluto farla finita all'inizio, ma pensò che avrebbe dovuto essere lui a raccontarlo ai dottori.
Demi raggiunse la sorella e insieme andarono a mangiare qualcosa, mentre la ragazza le raccontava quanto successo.
"Credi che domani gli dirai che gli hai salvato la vita?"
"Gliel'ho già detto, ma lui non mi ha risposto, quindi non so se l'abbia capito. Forse glielo ripeterò, ma dipenderà da come si sentirà. Non vorrei sottoporlo a emozioni troppo forti. Vedremo."
Finirono di mangiare e Demi si sentì più in forze, così decise che era arrivato il momento di tornare a casa dalle sue bambine, che le  mancavano da morire.
Una volta arrivata, Mackenzie le volò in braccio e questo la rese felicissima. Demi la abbracciò e la riempì di baci, facendo lo stesso con Hope,che la chiamò:
"Mamma!"
Rassicurò entrambe dicendo che Andrew si era svegliato e che stava meglio.
"Tornerà a casa tra un po'" concluse.
Ora Demi era più sollevata e sperava che Andrew si sarebbe sentito meglio presto. Anche le piccole, soprattutto Mackenzie, si rasserenarono e ricominciarono a sorridere davvero, come non facevano da quella tremenda sera di maggio.
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Demi Lovato / Vai alla pagina dell'autore: crazy lion