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Autore: Mitrion    27/02/2017    1 recensioni
Una riflessione personale, qualcosa che dovevo necessariamente scrivere, per me stesso.
Mio padre, l'uomo che più ho trascurato nella mia vita.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mio padre è sempre stata una figura ambigua nella mia vita: sempre presente, ad ogni scalino dei miei progressi, ma mai troppo coinvolto, mai troppo preso da quello che facevo; o almeno, così credevo.
Alle volte, peccando di superbia, dimentico di avere a che fare con persone che hanno gioito, pianto, sofferto e goduto -proprio come me- dei frutti della vita. Dimentico che tutti, anche i più scialbi all'apparenza, sono in grado di pensare o provare qualcosa che vada aldilà delle relazioni infantili di causa ed effetto, quelle equazioni sentimentali che si complicano esponenzialmente col passare del tempo.
Questa per me è una lezione, l'ennesima, che mio padre ha saputo darmi.
Si tratta di un uomo come gli altri, la cui vita non è mai stata sotto i riflettori o in cima alle testate dei giornali, un uomo comune che di comune non ha nulla. Forse è il mio odio per le etichette “standard” a parlare: odio aggettivi come “normale”, “comune” o definizioni che mettano qualcuno nella media accreditata dalla società; o forse, trattandosi di una figura tanto importante, quanto difficile per me da comprendere, trovo impossibile affibbiargli nulla meno di straordinario, non questa volta, almeno.
Ripensandoci più attentamente, inizio a mettere a fuoco quella sagoma traslucida, che troppe volte ho trascurato -quasi fosse scontata-, affacciata agli angoli dei miei ricordi: un Atlante capace di sobbarcarsi il peso della mi infanzia e adolescenza, pur nutrendosi di silenzi e soddisfazioni a me taciute. “Sì” detti a malincuore, dopo epopeici tira e molla, pur di rendermi felice. Lezioni di guida, suggerimenti su come coltivare la terra, cucinare una bistecca, accendere un fuoco. Stoccate che ancora vibrano sulla mia pelle, sulla mia mente e nel mio cuore. Un lavoro perpetuo, ma attento, per temprarmi ed impedirmi di fare gli errori della frivolezza e della gioventù.
Non che non ne abbia fatti, anzi; ho costellato il mio passato di così tanti fallimenti e lavori incompiuti che ne ho perso il conto. Spesso mi ripeto, continuo a fallire in un ciclo eterno di pigrizia e memoria corta, come se mi piacesse fallire -direbbero alcuni- o, più semplicemente, come se non avessi voglia di rimediare, di impegnarmi.
Uno degli errori di cui mi pento maggiormente è quello di aver eretto un muro fra me e la mia famiglia. Interessi e modi di vivere differenti, spesso in netto contrasto fra loro. Ci ho messo un po' ad arrivarci, ma sento come una voragine che va via via inasprendosi fra me e loro. Complice la distanza, colpevole io di averli trascurati, quando loro non l'hanno mai fatto. Reo di averli accusati tante, troppe volte, in preda a dolori passeggeri che hanno indurito me e fatto preoccupare loro.
Finalmente vedo oltre quel drappeggio di apparenze che io stesso ho tessuto, vedo quella figura capace di incutere timore e di provare tanto amore per me e per quello che faccio che fino ad ora ho mitizzato come qualcosa di completamente altro. Un genitore, certo, ma anche una leggenda a cui solo io, probabilmente, non riuscivo ancora a credere.
Grazie per l'ennesima lezione, papà, dire che sono stato uno sciocco non sarebbe solo un eufemismo, ma un altro tuo modo per addolcirmi la pillola, per difendermi e proteggermi, come hai sempre fatto.

   
 
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