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Autore: WibblyVale    04/03/2017    1 recensioni
Una neonata nell'ospedale di Konoha viene sottoposta ad un esperimento genetico e strappata alla sua innocenza. Crescendo diventerà un abile ninja solitaria, finchè un giorno non verrà inserita in un nuovo team. Il capitano della squadra è Kakashi Atake, un ninja con un passato triste alle spalle che fatica ad affezionarsi agli altri esseri umani. La giovane ninja sarà in grado di affrontare questa nuova sfida?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Yoharu si scagliò contro Shikamaru, pronto ad assorbirne il chakra, pronto a far sentire le sue urla di dolore molto lontano, con la speranza che le sue sensazioni raggiungessero Shiori, la distruggessero di dolore. Il ragazzo, però, lo schivò prontamente, e lui si ritrovò con un pungo di mosche.
Ino e Choji erano stesi a terra, avevano tentato di difendere l’amico, ma il mercenario li aveva bloccati. Il Nara attivò la sua ombra, ma lui fu più veloce e lo prese per il collo stritolandolo. Il chunin sentì l’aria mancare dai suoi polmoni e il chakra uscire dal suo corpo.
“È arrivato il momento di dire addio a questo mondo, ragazzino!”
“Perché non cominci tu?” Una pallottola infuocata colpì Yoharu dritto al fianco. Il mercenario lasciò cadere a terra il ragazzo e si voltò nella direzione dell’attacco. “Lascia stare mio nipote, bastardo!”
Shiori corse al fianco dei ragazzi e aiutò suo nipote a rialzarsi. “Dovete raggiungere Kakashi! La battaglia si sta spostando.”
“Io non ti lascio sola!” esclamò Shikamaru.
“Non è sola!” Tenzo e Kenta si fecero avanti.
“Sei vivo!” esclamò Ino felice rivolta al castano.
“Più o meno” le sorrise lui.
“Resto anche io!” Choza si affiancò a loro, mentre Yoharu stava raccogliendo i suoi uomini.
“Papà…” Choji si gettò tra le sue braccia.
“Ci rivediamo presto!” gli sorrise il padre.
“Io sono il capo della divisione, non posso abbandonare il campo di battaglia” fece presente Darui, che era lì accanto a loro.
“Vai!” gli disse Shiori. “Devi guidare il resto delle truppe verso Kakashi.”
Yoharu ridacchiò. “Credete di poter fermare me e i miei cloni solo in tre?”
“A me basta fermare te” ribatté Shiori.
“Zia…”
“Vai, Shika. Vi raggiungerò presto” cercò di rassicurarlo.
“Se questo è quello che vuoi, Shiori. Sono pronto ad ucciderti.”
Darui diede l’ordine di partire alle truppe, ma si trattenne un attimo indietro assieme ai membri del team Ino-Shika-Cho. “Shiori, noi potremmo…”
“Vi prego… Andate!” li supplicò lei, facendo sentire loro che sarebbe stato meglio così.
Per questo i quattro si decisero a partire, lasciando indietro i tre shinobi e la battaglia contro Yoharu e i suoi cloni.
Il mercenario ridacchiò. “Non hai speranze.”
“In realtà, Yoharu, è tutto ciò che mi è rimasto” gli disse la kunoichi, preparandosi all’attacco.
L’uomo si difese immediatamente dal suo attacco, e fu subito pronto a contrattaccare. Lei schivò il colpo, e lanciò un’occhiata ai suoi compagni, che si stavano occupando dei cloni. Tenzo combatteva contro sé stesso, ma se la cavava egregiamente. Choza ne falciava una decina con le sue mani. Kenta, invece, per quanto se la stesse cavando era molto affaticato, non si era ripreso del tutto dalla riabilitazione.

 
“Mi stai dicendo che tu vuoi combattere l’organizzazione?” le chiese Kenta, il giorno in cui lei si era decisa a fidarsi di lui.
“Sì, è per questo che sono qui.” Shiori aveva sentito dei sentimenti buoni in lui, sapeva che non l’avrebbe tradita.
L’uomo dal canto suo, stava combattendo contro sé stesso. Aveva appena scoperto il vero nome di quella donna, e l’unica cosa a cui stava pensando era la vendetta. Lei non poteva sentirlo ovviamente. Orochimaru gli aveva spiegato che quel siero che gli aveva iniettato, faceva sentire solo sentimenti buoni.
Il sannin sarebbe stato molto felice di sapere che lei era viva e avrebbe ripagato il falsario con un’altra dose, ma Kenta pensò che ci fossero cose ben più importanti. La madre e il padre di Shiori avevano causato la morte di suo fratello Kenichi, e lui doveva pareggiare i conti. Orochimaru l’avrebbe voluta viva, ma Kenta aveva deciso di trovare il momento più opportuno per tradirla e ucciderla.
“Voglio dire, se noi li sconfiggiamo, non ci sarà più nessuno a minacciarti. Potrai tornare da tuo figlio” gli disse lei con le lacrime agli occhi. Sembrava davvero preoccupata per la sua situazione.
“Io…” balbettò lui.
“Senti, so che temi ripercussioni, ma ti giuro che farò in modo che non ce ne saranno. Morirei piuttosto che mettere in pericolo la tua famiglia. Te lo giuro.”
Il mercenario si accorse di quanto quelle gentilezze fossero sincere, quasi lo faceva star male l’idea di doverla tradire, sembrava così facile. Certo era ancora lontano il giorno in cui quell’uomo avrebbe deciso di dedicarsi anima e corpo a proteggere la figlia di quelle persone che gli avevano portato via il fratello, ma già in quel momento sentì un certo rimorso al pensiero di doverla fare fuori.
“Ci sto” le rispose convinto
.
 
Yoharu colpì Shiori e le fece provare dolore, attraverso l’estrazione di chakra. La donna tremò a quel tocco, ma scagliò l’uomo il più lontano possibile da sé, bruciandolo con la sua tecnica di fuoco. Il mercenario ridacchiò.
“Credi davvero di potermi battere? Vedo il terrore nei tuoi occhi, Kasumi-sama.”
Shiori si mordicchiò il labbro, era spaventata: Yoharu la faceva sentire debole, perché con lui non era stata in grado di difendersi. Lui l’aveva distrutta come nessuno aveva fatto prima, nemmeno Orochimaru.
“Quando sono spaventata combatto meglio” fece lei, fingendo una sicurezza che non aveva.
“In quella cella sembravi spaventata” le ricordò lui con un sorriso malvagio. “Eppure io ho fatto ciò che volevo.” Si passò la lingua sulle labbra.
Shiori ringhiò e si scagliò con tutta la forza che aveva contro di lui. Lui parò il colpo, ma rimase ferito al braccio destro.
“Io non volevo che diventassi questo!”
“Eppure tu mi hai insegnato!”

 
In una stanza degli appartamenti di Tanoshiji un uomo era legato ad una sedia, Yoharu era lì al suo fianco, mentre Shiori e il capo della Kumori erano fuori dalla porta a discutere sul da farsi.
“È un ragazzino! Non puoi chiedergli di torturarlo!” esclamò Shiori sconvolta.
“Invece sì. E tu gli insegnerai!” Il biondo le accarezzò la guancia. “Non permetto a nessuno di contraddirmi, Kasumi. Non tirare troppo la corda o Amaya si trasferirà da mia madre.”
La donna sbuffò, ma entrò nella stanza. Appoggiò una mano sulla spalla di Yoharu e gli intimò di alzarsi.
“Ora metti le mani sulle tempie di quest’uomo.” Il ragazzo fece come gli veniva ordinato. “Ora assorbi il chakra come ti ho insegnato.”
Il ragazzo tremò impercettibilmente, ma eseguì. L’uomo nelle sue mani prese ben presto ad urlare. Yoharu fece per ritirarsi, ma Shiori lo tenne fermo.
“Non devi smettere, finché non sarà tanto debole da dirci quello che ci serve!” esclamò.
Il ragazzo che voleva solo compiacere la sua insegnate continuò. Shiori percepì un certo piacere morboso sotto tutta quella paura e si preoccupò.
“Ora lascialo” gli ordinò.
L’uomo sulla sedia ansimava e piangeva dal dolore. Shiori diede una piccola spintarella al ragazzo.
“Fai gli onori di casa” gli sussurrò.
Yoharu si avvicinò all’orecchio dell’uomo e con voce minacciosa disse: “Dimmi ciò che sai, o ricomincio!”

 
I tre ninja che combattevano contro i cloni faticavano a mantenere il controllo della situazione. Tenzo usò l’arte del legno per catturarne alcuni, ma stava combattendo con demoni più forti di lui, e sentiva che stava perdendo. Sentì qualcuno avvicinarsi alle sue spalle e si girò giusto in tempo per evitare che uno strale di ghiaccio lo colpisse al cuore.
Fu a quel punto che sentì un urlo e vide Shiori a terra. Fece per correre verso di lei, ma ora Yoharu aveva la totale concentrazione sui cloni e questi sembravano aver acquisito maggiore forza. Il mercenario camminava in mezzo alla battaglia con passo determinato e indifferente.
Tenzo capì che si stava dirigendo verso di lui. “Occupatevi dei cloni! Io penso a Yoharu” gridò ai suoi compagni.
Il mercenario fu subito su di lui. Tenzo si protesse con uno scudo di legno, ma sentiva le forze mancargli. Shiori doveva essere priva di coscienza, perché sentiva sempre meno la sua presenza a sostenerlo. Colpì il nemico con la sua tecnica avvolgendolo con i rami e per un momento credette di avere vinto.
Ad un tratto qualcuno lo prese da dietro, bloccandogli le braccia. Lo shinobi cercò di divincolarsi, ma vide i suoi compagni a terra, sconfitti dai cloni. Yoharu si liberò dalla sua tecnica e si avvicinò. Tenzo provò a tirare calci, ma il mercenario gli tolse il respiro con un colpo allo stomaco.
“È viva?” chiese, riferendosi a Shiori. Se doveva sparire di nuovo, voleva sapere almeno quello.
Yoharu gli pose le mani sulle tempie e ridacchiò. “Sì e non vedo l’ora di giocarci un’ultima volta.”
Tenzo gli diede una testata, costringendolo a fare qualche passo indietro. “Non te lo permetterò!”
Il mercenario si posò una mano sulla fronte. “Non credo ci sia molto che tu possa fare.” Tornò a posargli le mani sulle tempie e cominciò ad estrarre il suo chakra.
“SHIORI!” gridò il ninja dell’Arte del Legno, finché era ancora sé stesso. “SVEGLIATI E COMBATTI! SHIORI…” Lo Zetsu bianco stava prendendo il sopravvento, le parole faticavano ad uscire. “SHIORI! TI PREGO… SHIORI… SHIO... Shio… S…” Il volto del capitano Yamato fu coperto ancora una volta da quella patina bianca e lui ancora una volta sparì.
“Quella donna mi aveva battuto! Grazie per avermi fatto tornare!” esclamò lo Zetsu bianco.
“Raggiungi Obito!” gli ordinò Yoharu per poi concentrare le sue attenzioni sugli shinobi stesi a terra. Choza stava cercando di rialzarsi, mentre Kenta non riusciva a muoversi. Il falsario guardava Shiori sperando che si potesse svegliare, quando Yoharu gli mollò un calcio nello stomaco.
“Kenta-san! Che credi di fare?”
“Y… Yoharu… Tu… tu non puoi… vinc…” Un altro calcio lo zittì.
Il mercenario si inginocchiò accanto a lui ridendo. “Ho già vinto, Kenta-san. E devi sapere che questo è stato possibile anche grazie a te. Al tuo tradimento.”
L’uomo cominciò a piangere. Sapeva benissimo che tutto quello era colpa sua e dire che aveva deciso di proteggerla.

 
Kenta teneva Shiori tra le braccia: si era ferita dopo un combattimento per proteggerlo. Era il momento giusto per finirla e vendicarsi, ma tutto quello che riusciva a fare era medicare quella ferita profonda alla gamba.
“Si può sapere perché ti sei messa in mezzo?” domandò.
“Ti avrei dovuto lasciare morire?” ribatté lei come se fosse stata la cosa più stupida del mondo.
“N… Non mi conosci nemmeno…” rispose lui.
“Sei buono.” Gli sorrise. “Questo mi basta.”
Kenta arrossì e cominciò a curare la ferita. In quel momento qualcosa in lui scattò. Capì di essere stato stupido, capì che la vendetta dei loro famigliari non era la loro, che loro erano persone diverse e che forse potevano rimediare agli errori del passato unendo le forze in futuro. In quel momento, decise che avrebbe protetto Shiori, che le sarebbe rimasto fedele. Certo non aveva fatto i conti con la sostanza che Orochimaru aveva messo in circolo dentro di lui.

 
Al Quartier Generale, avevano sentito Shiori cadere. Inoichi provò subito a contattarla in tutti i modi. Le urlava nel cervello, sperando che quella parte di lei chiusa in una camera blindata mentale uscisse. Shikaku si agitava al suo fianco.
“Lasciami stare!” gridò la voce di Shiori.
“Peste, credi davvero che possa farlo?” domandò retorico Inoichi. “Anche se volessi tuo fratello non mi lascerebbe in pace!”
La donna mise la testa fuori dalla camera blindata, il suo aspetto era quello di una bambina di quattro o cinque anni.
“Dì a Shikaku che non servo a nulla!”
Shikaku apparve al fianco di Inoichi nella sua mente e si inginocchiò di fronte a lei. “Cos’è successo?”
La piccola Shiori si strofinò gli occhi. “Mi si è avvicinato troppo, mi ha preso per il collo e mi ha tolto le energie. Ma non è quello… Io… Sono terrorizzata! Non riesco a combatterlo. Lui…” Abbassò la testa. “Non sono abbastanza forte per lui.”
Shikaku le scostò il ciuffo rosso dal viso. “Questa è una cosa irragionevole!”
“IRRAGIONEVOLE! Lui ha avuto da me tutto… tutto quello che… Di fronte a lui, io non sono più niente. Credevo di essere più forte, di poterlo affrontare, ma… Il pensiero di ciò che mi ha fatto…”
Shikaku si alzò e si allontanò da lei. “E da quando ti arrendi?”
“Io non mi arrendo! Io non posso. Tu non capisci! Non hai provato! Non sai cosa vuol dire sentirsi piccolo e alla completa mercé di qualcuno!”
“NON LO SO!” Il fratello tornò a voltarsi verso di lei. “Lo so benissimo! Essere incapace di tenerti al sicuro, non aver potuto fare nulla per salvare mamma e papà, vedere mio figlio in pericolo e doverlo lasciare andare, sapere che mia moglie sta rischiando la vita… Shiori io non ho i poteri e la forza che hai tu, sono solo uno stratega. Quello che ti ha fatto Yoharu è terribile, ma non puoi tirarti indietro. Devi combattere. Sorellina, io non voglio ti accada nulla, ma devi tornare in te. Nessuno può spezzarti se non glielo permetti. E Yoharu non è niente di più che un ragazzino con smanie di potere.”
“Ho paura…”
Shikaku la strinse tra le braccia. “Anche io. Sempre. Ma ora là fuori, hanno bisogno che tu superi le tue paure. Tenzo è stato riassorbito da Zetsu e sta raggiungendo il resto dell’esercito, Kenta sta venendo picchiato a sangue e il prossimo sarà C… Non permettere che gli faccia del male, ti prego.”
In quel momento, inginocchiata tra le braccia di Shikaku non c’era più una bambina, ma una donna adulta.
“Se fosse per me dovresti stare rinchiusa sempre in una campana di vetro, ma so che non te lo perdoneresti mai se non facessi qualcosa.”
“Grazie, fratellone.” Si alzò in piedi. “Hai ragione. È ora di tornare nel mondo reale.”
 
Yoharu prendeva a calci Kenta ininterrottamente, l’uomo però non cedeva. Choza nel frattempo si era rialzato a fatica, ma i cloni l’avevano attaccato immediatamente e lo tenevano fermo contro la parete rocciosa.
“ORA BASTA!” urlò Shiori, rialzandosi in piedi.
Yoharu la guardò e con un semplice gesto della mano, ordinò a dei cloni di muoversi. In due la bloccarono tenendola per le braccia. Stanco di giocare con Kenta, il mercenario si diresse verso la kunoichi, che non tremava più, ma lo guardava con un volto impassibile.
“Sei testarda! Avresti dovuto stare giù, aspettare in silenzio la tua morte. Ora invece le cose non possono far altro che peggiorare per te.”
In quel momento la terra tremò. I tre shinobi si guardarono terrorizzati e guardarono in direzione della battaglia. Un gigantesco mostro apparve all’orizzonte.
Yoharu lo vide e si voltò verso Shiori con un sorriso. “Abbiamo vinto.”
 
Qualche ora prima, a qualche chilometro di distanza, Shisui si risvegliò, sentendosi osservato. La luce del sole lo infastidiva, ma dopo aver sbattuto gli occhi un paio di volte riuscì ad abituarsi. Sasuke stava inginocchiato accanto a lui, mentre dietro al ragazzo in piedi stavano due giovani e Orochimaru. Shisui scattò in piedi, pronto ad attaccare il serpente con tutte le sue forze.
“Fermo!” esclamò l’Uchiha più giovane. “Lui è con me!”
“Lui ha fatto del male a una persona a cui tengo!” ringhiò l’altro furioso.
“In realtà, io e Shiori avevamo un accordo” rispose il moro.
“Tu l’hai catturata!”
Shisui scattò con un kunai in mano, ma Sasuke lo bloccò. “Ti ha curato!”
“Non mi consola! E tu perché lo difendi?”
“Ho bisogno di lui per capire…” cercò di spiegare.
“Cosa?”
“Il mio ruolo” rispose enigmatico il giovane. Shisui lo guardò confuso. “Volevo chiederti una cosa prima…”
Il ninja con un occhio solo guardò quello strano gruppo diffidente, ma annuì. “Dimmi.”
“Tu e Itachi… è per quello che non ti ho più visto?”
Shisui sbuffò. “Tuo padre non approvava. Come tante altre cose dopotutto. Ma immagino non fosse questa la tua domanda” fece lui schietto.
“No, è… tu lo conoscevi bene. Insomma… cosa voleva per me?”
Shisui guardò il cielo e sorrise. “Voleva che trovassi la tua strada, che ti portasse tanta felicità. Voleva… voleva che guidassi il clan.”
Sasuke sbarrò gli occhi. “Come?”
“Diceva che non sarebbe stato adatto come capoclan, perché per portare la pace avrebbe dovuto fare cose spiacevoli. Certo, non pensava di arrivare agli estremi a cui è arrivato. Poi…” L’Uchiha più grande deglutì e chiuse gli occhi, cercando di trattenere il dolore.
“Volevate stare in pace” capì il ragazzo.
Shisui annuì. “Mi dispiace per quello che hai passato, Sasuke. Credo che, in parte, sia anche colpa mia. E… mi dispiace che tu abbia dovuto perderlo di nuovo.”
“Non si può tornare indietro ormai e dei mi dispiace non me ne faccio nulla,” ribatté il ragazzo secco.
“Lo capisco.” Sasuke voltò la schiena e i suoi compagni lo seguirono. “Lui avrebbe voluto che tu facessi le tue scelte, ma… avrebbe anche voluto che non facessi i suoi stessi errori” gli urlò dietro. “Non portare sofferenza, Sas’ke, anche se le intenzioni sono buone. Sii ciò che né io né lui siamo stati in grado di essere. Sii una speranza.”
Il ragazzo si fermò e tornò a voltarsi verso di lui. “Non so cosa sarò, ma terrò da conto ciò che hai detto. E Shisui...” indugiò un momento. “Immagino di doverti ringraziare per essergli stato sempre vicino.”
“No, non devi farlo.”
“Forse, un giorno, potremmo parlare un po’ insieme” disse quasi timoroso, come se ancora lui fosse il piccolo Sasuke e Shisui fosse il fortissimo e irraggiungibile amico di suo fratello.
Shisui gli sorrise. “Sarebbe un piacere.”
Il ragazzo gli sorrise di rimando e se ne andò, lasciando l’altro Uchiha da solo. Quest’ultimo si appoggiò contro la parete rocciosa e sospirò, sapendo che non aveva tempo per crogiolarsi nel dolore.
“Inoichi!” chiamò.
Ci volle qualche minuto prima che l’uomo rispondesse. “Shisui! Siete stati grandi!”
L’Uchiha strinse i pugni. “Dov’è Shiori?”
“Sulla costa.”
“Grazie. Ora vado.”
Corse senza mai fermarsi, deciso a raggiungere la costa il prima possibile, quando ad un tratto la terra tremò. All’orizzonte un enorme demone apparve e Shisui sentì il fiato uscirgli dal corpo. Era come se la fine fosse arrivata.
  
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