Film > La Bella e la Bestia
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Autore: Matih Bobek    09/03/2017    0 recensioni
Flower è una ragazza di ventidue anni, appena laureata e in cerca di un lavoro. Conduce un'esistenza semplice nella sua città, circondata dalle amiche di sempre e ha passato la vita china sui libri di scuola per costruirsi un futuro.
La madre di una sua amica, la signora Ondrak, le offrirà di accudire il figlio maggiore, una creatura a metà tra un lupo ed un essere umano. Flower accetterà la mansione perché lautamente pagata.
Bryan, il ragazzo lupo vive in una magione abbandonata in un bosco e conduce una vita selvaggia. Flower dovrà vivere con lui sei giorni su sette, preparagli i pasti, istruirlo sulla vita degli esseri umani, educarlo e risvegliare la parte umana che è in lui. Ma la famiglia Ondrak nasconde segreti ben più grandi e ben più terrificanti.
La storia è una rivisitazione in chiave moderna e grottesca della nota fiaba "La bella e la bestia".
Genere: Avventura, Commedia, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Nonsense | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Uscii dalla mia camera armata di torcia e seguii il suono del lamento. 
Percorsi tutto il corridoio del primo piano col cuore in gola. Ovunque mi giravo, trovavo un prestesto per spaventarmi ancor più di quanto già non fossi. Mi sembrava di essere precipitata in un romanzo gotico di fine ottocento. Il corridoio era seminato di armature antiche con tanto di alabarde e spade, i quadri appesi alle pareti ritraevano ceffi di dubbia bellezza e donne dal profilo nobile ma dal volto tumefatto. 
Più mi avvicinavo alla fonte del verso animale, più l'aria si faceva irrespirabile e l'oscurità fitta. C'era un tanfo insopportabile, come di umori stantii  e feci. Mentre lasciavo scorrere la mano sul muro per avere un punto di riferimento nell'oscurità, mi accorsi che la parete era fradicia.
Mi fermai e illuminai il punto che avevo appena toccato. Era una porta di legno, anch'essa malridotta,  riportava segni di graffi, la vernice era scrostata e il legno era umido di una sostanza di cui non volevo sapere la provenienza. Accostai un poco l'udito, senza appoggiarmi del tutto. 
L'ululato non proveniva da lì ma sentii come dei gemiti sommessi. 
Ero più terrorizzata che mai, mi discostai dalla porta, frenai l'impulso che mi diceva di aprire la porta, che mi spingeva ad abbassare la maniglia. D'un tratto sentii il lamento sempre più vicino, sempre di più, mi stava raggiungendo. Ero immobilizzata dalla paura, non riuscii a sollevare la torcia. Guardavo un punto fisso nell'oscurità sperando di riconoscere nell'indefinito un volto, una sagoma. L'ulutato si fece più profondo, più forte, era ad un passo da me. Il terrore mi fece reagire, alzai la torcia e mi trovai di fronte Bryan intento ad ululuare sguaiatamente nell'ombra.
" Cosa stai facendo Bryan?" urlai con il terrore in gola
" Ululo aaa-huuuuuuuuuuuuuuuuuu" cacciò altri ulultati.
La mia paura d'un tratto mutò in rabbia e fastidio. Presi la torcia e picchiai in testa Bryan con decisione. 
" Che fai, donna? fai male!"
" Stavo dormendo, mi hai svegliato!"
" Dovevo ululare!"
" Ma perchè? Mi hai spaventato a morte!" gridai fuori di me dalla rabbia
" Perchè i lupi fanno così"
" E allora? Tu non sei un lupo!"
" Sì che lo sono, guarda: ah huuuuuuu"
Si mise a quattro zampe e si lanciò in un altro lungo lamento. Smise, abbaiò e poi si diresse verso la vetrata a metà del corridoio, poco dopo la mia stanza e cercò la luna nel cielo, io lo seguii come si fa con un bambino che rincorre un passerotto nel prato.
" La luna è dietro gli alberi"
" No, è quella lì" disse indicando col naso una stella luminosa alta nel mezzo della notte.
" No, quella è una stella." Lo corressi con tono duro e con l'incredulità di chi sta dicendo una cosa troppo ovvia. Veramente credeva quella fosse la luna?
" No, i lupi riconosco la luna, la sentono dentro. Quella è la luna!"
Lo guardai sbigottita. Decisi di accondiscendere la sua convinzione.
" Va bene, io però ora voglio dormire, puoi evitare di fare rumore?"
" Io non faccio rumore, io parlo con i miei simili!"
" I tuoi simili sono nel bosco a cacciare, non dentro casa!"
" ... Ma fuori fa freddo!"
" I lupi non sentono freddo!" dissi, e così facendo girai le spalle e rientrai nella mia stanza. Mi rimisi a dormire ma feci fatica a prendere sonno. Ripensai ai gemiti che avevo sentito provenire da quella porta. Non capii da chi o cosa provenissero né perchè. Mi promisi che il giorno sarei andata a controllare di persona. Mi girai dall'altro lato, chiusi gli occhi e poco dopo scivolai nel sonno.

                                                  ****

La mattina mi alzai nervosa e infastidita. Avevo dormito poca per colpa di quella bestia. Scesi giù in cucina, misi su il caffè e poggiai la testa sul tavolo della stanza. Bryan entrò in cucina rumorosamente, prese la moca e la gettò nel lavandino. Senza caffè, appena sveglia, le mie facoltà di linguaggio sono ridotte. Mi alzai senza dire nulla, ripresi la moca e la posizionai di nuovo sul fornello. Lui con una zampata la fece cadere. Io di nuovo la sollevai e poggiai il sotto rovente sul suo braccio. Urlò per il dolore.
" Ci siamo capiti?" Mi limitai a dire.
Lui ringhiò, con un calcio avvicinò la sedia al tavolo si mise a sedere scomposto e mi disse:
" Ho parlato con mamma."
Rimase in silenzio. Io non dissi nulla, perchè non avevo ancora bevuto il mio caffè e perchè aspettavo che continuasse la frase. Dopo qualche secondo capii che doveva essere incoraggiato a parlare.
" Quindi?" dissi scorbutica.
" Gli ho detto che sei cattiva."
" 'Le ho detto', tua madre, femminile..."
Sbuffò.
" Tu mi tratti male."
" Non mi pare che tu mi abbia trattato meglio."
Incrociò le braccia e sbuffò nuovamente. 
Mi alzai per versare il caffè nella mia tazzina. Poi presi un'altra tazzina, riempii anche quella e gliela offrii. Lui la guardò sospettoso, la annusò come per accertarsi che fosse caffè e non veleno e poi la scostò:
" E' bollente. Raffreddalo."
" Lascialo lì. Si raffredda da solo, piano piano."
" No, ora!"
Stavolta fui io a sbuffare. Volevo solo bere il mio caffè in santissima pace.
" Mamma ha detto che devi fare tutto quello che ti dico."
Sbattei la tazzina sul tavolo. Presi il cellulare e chiamai la signora Ondrak:
" Carissima, quale piacere sapere che hai passato la prima notte!"
" Salve signora, volevo farle il resoconto della prima giornata."
" Aspettavo la tua chiamata ieri, a dirti il vero"
" Ieri non ho potuto."
Le spiegai tutto, per filo e per segno. Le dissi che la credenza e il frigorifero erano quasi vuoti e che almeno per la prima settimana, prima del mio stipendio, sarebbe stato il caso che se ne occupassero loro. 
Il nervosismo dovuto al poco sonno mi resero un tantino acida e acuirono la sicurezza nel tono della voce.  Bryan nel frattempo si era alzato ed era uscito dalla cucina, dirigendosi verso le scale.
Lo seguì un attimo con lo sguardo fingendo di prestare attenzione alle parole della Ondrak e passai a descriverle gli accadimenti della notte scorsa, sorvolando sul mistero dei gemiti dalla porta. 
" Mio figlio va ancora educato, cerca di capire."
" Va bene, ma allora perchè gli ha detto che devo fare tutto quello che mi dice? Non sono certo qui per fare da cameriera a lui, non erano questi i patti."
" Bryan ha bisogno di sentirsi in un ruolo di comando, non voglio minare la sua sicurezza."
" Con tutto il rispetto signora Ondrak, mi sembra che questo sia il modo migliore per distruggere quel po' di sanità che sembra avere."
La signora fece per parlare ma non glielo permisi e continuai il mio discorso:
" Bryan ha bisogno di essere contestato su ogni cosa, se veramente si vuole risvegliare in lui il lato umano e rieducarlo. Continuare ad assecondarlo non porterà a nessun risultato."
Interpretai il silenzio della signora Ondrak come un invito a proseguire.
" Inoltre, le confesso, Bryan non è come me lo aspettavo. Lei durante il nostro primo incontro lo descrisse come una bestia, un essere animalesco. A me sembra solo un mezzo selvaggio, ineducato e dai modi selvatici ma..."
E qui fu lei ad interrompermi.
" Flower, vorresti forse mettere in dubbio le mie parole?"
" No, signora, solo che..."
" Agisci pure come ritieni più opportuno nell'educazione e nella formazione di mio figlio, hai carta bianca. Cercherò di interferire il meno possibile con il tuo progetto, non parlerò con lui se non avrò prima avuto indicazioni da parte tua. Ma voglio innanzitutto che impari a gestirlo senza mancargli di rispetto. Secondo poi, voglio che da oggi in avanti avrai pronto una programma per ogni giorno della settimana che includa pasti, lezioni delle varie materie, gite all'aperto e quant'altro la tua fantasia possa immaginare. In ultima cosa, non osare mai più mettere in dubbio ciò che ti ho raccontato. Sei pur sempre una mia dipendente ed esigo rispetto da parte tua. E con questo ho concluso, ti saluto."
Senza nemmeno darmi modo o tempo di rispondere, la signora Ondrak terminò la chiamata.  Rimasi seduta a bere il caffè freddo nella tazzina ripensando al rimprovero in grande stile che mi ero appena sorbita. Qualche minuto dopo mi arrivò un messaggio sul cellulare, era la signora Ondrak:
" Dimenticavo: domenica verremo a trovarvi per accertarci della situazione."
Sbattei il pugno sul tavolo. Voleva dire che domenica non potevo tornare in famiglia. Dannata megera! Ero fuori di me. Oltre alla ramanzina anche il danno. Mi sentivo ferita nell'orgoglio. Uscii, feci un giro per il cortile e poi per il giardino. Erano trascurati, occorreva un giardiniere, pensai. Mi tranquillizzai poco dopo e andai a chiamare Bryan che era sdraiato su alcune foglie secche sotto un cipresso.
" Entra, voglio parlarti!"
Lo feci accomodare, come fossi io la padrona di casa e lui l'ospite, sulla sedia del grande tavolo nel salone principale. Presi carta e penna e spiegai a Bryan quali fossero le mie intenzioni:

" Ascolta, ripartiamo da capo! Mi rendo conto di essere stata un po' brusca con te, ma tu devi riconsocere la stessa colpa."
Mi guardò poco convinto. Proseguii.
" Prometto che se tu sarai meno... dispettoso e sgarbato con me, io sarò meno sgarbata con te."
Non disse nulla ma mi guardò fissa pronto ad ascoltarmi.
" Ora, ho in mano carta e penna. Come suggerito da tua madre" quella vecchia megera con deliri di onnipotenza, pensai tra me e me " sarebbe bello e utile pianificare le nostre giornate. Magari, oggi potremmo studiare matematica la mattina, poi letteratura il pomeriggio, fare un passeggiata nel bosco più tardi, e vederci un film la sera, che ne pensi?"
" Non mangiamo?"
" Sì ,certo, però mi devi dire cosa ti piace mangiare!"
" Bistecche"
" Ok, di che tipo?"
" Bistecche di cavallo."
" Solo?"
" Topi, scoiattoli..."
" Ok, è il caso di variare un po' la dieta, che dici?"
Non disse nulla. 
Passamo buona parte della mattinata a scirvere il programma per la settimana. Presi quasi tutte le decisioni, lui si limitò ad acconsentire più o meno convinto. Una volta completato, presi i libri di algebra che utilizzavo alle medie che mi ero portata appresso e iniziai la mia lezione.
Bryan mi seguiva, anche con un certo interesse devo dire. La matematica gli piaceva e gli riusciva anche piuttosto bene, considerato che avevo a che fare con un selvaggio non istruito, intendo. 

                                            ****

Verso mezzogiorno arrivò una portantina inviata dagli Ondrak affinchè rifornisse la magione Regina di ogni ben di Dio. Theodore, il responsabile della consegna, prese ordine di non varcare il cancello. Mi chiamò sul cellulare, datogli probabilmente dai signori Ondrak, e mi consegnò tutto il carico, comprendente carne, verdura, legumi, biscotti per la colazioni, cereali, schifezze varie e frutta. Si offrì di aiutarmi ma gli risposi che non c'era alcun bisogno. Mi informò che la famiglia Ondrak si era incaricata di rifornire la magione ogni martedì a sue spese. Concluse allora che ci saremmo rivisti la settimana seguente, ci salutammo e rientrai. Sistemai le provviste nella dispensa e nel frigorifero, dopodichè, seguendo alla lettera un ricetta che mi ero fatta scrivere per messaggio da mia madre, cucinai delle fettine di vitella e spinaci. Le fettine erano un po' troppo arrostite, ma sembravano buone.
Gli spinaci invece ci mettevano troppo a cuocere. Li scolai e seguii la mia ricetta personale: li misi nel microonde per una decina di minuti. 
Quando li tirai fuori, avevano un aspetto molto poco invitante.
Bryan entrò in cucina affamato e si fiondò come una bestia sulle fettine fumanti. Lo redarguii invitandolo a sedersi in modo composto, a prendere forchetta e coltello e a mangiare con calma. Sulle prime non volle saperne, poi mi diede retta. Mangiò di gusto le fettine, ma non riusciva ad utilizzare le posate in modo appropriato. Impugnava la forchetta come un pungale e il coltello scivolava sulla porcellana del piatto, producendo uno stridore insopportabile. Di tanto in tanto si lasciava andare a grugniti e suoni gutturali. Io lo guardavo dall'altro lato del tavolo con tanto disgusto sul volto, che però lui parve non cogliere. Servii gli spinaci lessi in microonde e si rifiutò di mangiarli. Non riuscii a dargli torto. 
" Le donne devono sapere cucinare" disse, con un certo disprezzo nella voce. Lo guardai male e capii che il commento non mi piacque affatto.
Il pomeriggio fu altrettanto piacevole. Sembrava avessimo già trovato un nostro equilibrio. Certo, la lezione di letteratura fu una tortura, e durante il film la sera non riuscì a stare fermo un secondo, tanto che dovetti toglierlo, ma almeno non ci fu nessun battibecco durante il giorno e andai a dormire serena. Poco prima di entrare nella mia stanza guardai il lungo corridoio e fui colta dalla curiosità di andare ad indagare riguardo quei gemiti, ma poi ci ripensai, mi ritirai in camera e mandai un messaggio di buonanotte ai miei genitori, a Meg e anche Pam, che non sentivo da un po'. Mi addormentai chiedendomi se l'avrei vista domenica, scivolai nel sonno e non mi diedi risposta.
   
 
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