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Autore: L u x    11/03/2017    2 recensioni
Dal testo:
Non si sarebbe mai perdonato per quello che aveva fatto, ma non per questo si sarebbe arreso.
[Malec]
Genere: Angst, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Novembre: le foglie ci vedono cadere.
Fuori piove, tira vento forte e il freddo si insedia nella ossa. Alec era seduto alla finestra della sua camera e quasi impercettibili erano le lacrime che scendevano dai suoi occhi azzurri, perché il pensiero di Magnus che l'aveva lasciato lo travolse come uno tsunami.
Non si sarebbe mai perdonato per quello che aveva fatto, ma non per questo si sarebbe arreso.
Scattò dalla sedia, asciugò le guance, indossò la sciarpa azzurra che Magnus gli aveva regalato, avvertendo ancora il suo profumo di sandalo che gli mancava da morire e sgattaiolò fuori dall'Istituto con una sola meta nella testa: Brooklyn.
Quando arrivò fuori la porta di Magnus iniziò a tremare e non per il freddo. Allungò il braccio per suonare il campanello, ma la porta si aprì prima che potesse farlo, rivelando la figura di Magnus che stava uscendo di casa.
Si bloccarono entrambi all'istante e con gli occhi spalancati si guardarono per un tempo indefinito.
– Cosa ci fai qui, Alexander?– disse Magnus, cercando di non far celare i suoi sentimenti dietro quelle parole, la sua voglia irrefrenabile di mandare tutto al diavolo e abbracciarlo forte.
Alec fece lo stesso.
–Magnus, io devo parlarti...–
Per un secondo ad Alec sembrò che Magnus stesse sbuffando, annoiato, stanco di sentire la sua voce.
–Già mi hai parlato e hai visto che non hai risolto niente.– Magnus chiuse la porta dietro le sue spalle con uno schiocco di dita.
Stava per superare Alec e lasciarlo lì sulla soglia della porta, cercando di mettere fine a quella tortura con tutta la sua buona volontà, perché non riusciva ad essere così con lui, non riuscire a non essere il Magnus di sempre.
Tuttavia Alec non sembrava arrendersi per niente; sbarrò il suo tentativo di fuga con un braccio che si appoggiò saldamente al muro del suo loft, facendo arrestare la sua camminata.
– Devo provare ancora, allora!– disse il cacciatore con tutta la rabbia e la disperazione che aveva in corpo.
Continuò.
–Io non posso arrendermi, io non voglio arrendermi. Sono venuto fin qui, fregandomene della pioggia, del vento e del freddo, fregandomene di quello che i miei genitori avrebbero potuto dire, fregandomene del sonno, della stanchezza, perché tu sei la mia forza e io non posso stare senza di te.–
I suoi occhi luccicavano e la sua voce era spezzata. A Magnus si spezzò il cuore e quella voglia irrefrenabile di prima stava vincendo sul suo orgoglio.
– Forse dovresti, perché io non voglio più vederti, Alexander. –
Magnus non seppe con quale forza disse quelle parole.
Alec fece una smorfia, di incredulità e di dolore, perché i pezzi rimanenti del suo cuore si sgretolarono ancora di più.
–È tutto qui quello che hai da dire, Magnus? Davvero?– Magnus decise di non rispondere, faceva troppo male. Si limitò a scappare via come faceva sempre quando il dolore era troppo forte da sopportare.
Alec lo fece passare, spostandosi roboticamente, come se l'ultimo alito di vita lo avesse abbandonato.
Ora che Magnus era di spalle lasciò cadere alcune lacrime e si ricordò che lui, il Sommo Stregone di Brooklyn mai aveva pianto per qualcosa o per qualcuno.
Si rigirò, tornò indietro e trascinò via Alec da lì afferrandogli una mano e lui non oppose resistenza.
–M-Magnus...– cercò di dire, ma lo stregone lo zittì.
Si fermò all'improvviso, sotto la pioggia battente, si girò verso Alec e fugacemente gli prese il viso tra le mani e lo baciò.
Alec passò le mani tra i capelli di Magnus che man mano si bagnavano e rimanevano attaccati alle sue dita.
Il disperato bisogno di ossigeno li fece allontanare, ma contemporaneamente, disperato era il bisogno che avevano l'uno dell'altro che prevalse su tutte le altre cose.
   
 
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