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Autore: Padmini    12/03/2017    3 recensioni
Sono trascorsi diciannove anni dalla fine della guerra ... ma è davvero finita per tutti?
Dopo tutta la distruzione molti sono riusciti a rinascere dalle ceneri, altri sono rimasti ancorati al passato e, tra rabbia e risentimento, cercheranno di riportare le cose come un tempo, quando la paura regnava sovrana ed era legittimo odiare ...
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Una delle cose che la guerra aveva insegnato a Harry era che il pregiudizio era qualcosa di sbagliato, sempre, da qualsiasi parte provenisse.
Dopo la sconfitta definitiva di Tom Riddle tutti avevano reclamato un pezzetto dell'eroe, un po' della sua preziosa attenzione, un sorriso, un abbraccio, una pacca sulla spalla, anche solo uno sguardo, qualcosa che gli facesse sentire importanti e gli desse speranza per ripartire.
Lui aveva accolto tutti, non aveva potuto fare altrimenti, prigioniero di un ruolo che ormai gli stava stretto, perché nessuno sembrava aver capito che, prima di tutto, anche lui aveva bisogno di ricostruire la sua vita.
Tutti si avvicinavano a lui per chiedergli qualcosa … tutti tranne due persone.
Genere: Angst, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Malfoy, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, Harry Potter | Coppie: Draco/Astoria, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Grifone e Serpente'
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Ciao! Questo capitolo non sarà molto lungo, è semplicemente la conclusione del capitolo precedente. Non dice niente di nuovo sull'identità dell'assassino (o forse sì?) ma vi farà scoprire qualcosa in più sulle sue intenzioni ... e anche una cosa che non sapete di Harry.
Buona lettura!
Un abbraccio a tutti!
Mini






 

La bacchetta di sambuco

 


 

 

Quanto tempo era trascorso? Dalle segrete del maniero non riusciva a vedere il cielo, perciò non aveva riferimenti temporali, ma non dovevano essere passati più di quattro o cinque giorni. Quando Narcissa lo aveva colpito non aveva visto più nulla e si era risvegliato in quella cella in compagnia di cibo sufficiente per almeno un paio di settimane. Niente di prelibato, ovviamente. Pane e formaggio, e dal rubinetto di cui era dotata la cella usciva dell'acqua fresca. Insomma, una prigionia di lusso. In tutto quel tempo aveva avuto tempo per pensare, ma non era riuscito ad andare molto lontano. Narcissa era stata minacciata dal misterioso assassino, che avrebbe fatto del male al piccolo Scorpius se solo lei avesse osato disobbedire o parlare. Se ormai l'innocenza di Draco poteva dirsi confermata al cento per cento, un dubbio ancora lo tormentava. Perché mai Narcissa non si era confidata con lui, ben sapendo del suo legame con Draco? Ci aveva pensato e ripensato, ed era giunto a una sola conclusione possibile: l'assassino era qualcuno che gli era molto vicino e che avrebbe potuto facilmente scoprire il tradimento della donna e altrettanto facilmente far del male a suo nipote. Il problema era … chi? Un nome era entrato nei suoi pensieri e non era più riuscito a pensare a nessun altro.

Stava mentalmente ripassando i punti per i quali non poteva essere lui, quando sentì delle voci in lontananza.

“Perfetto! Un luogo idilliaco dove indagare!”

“Smettila di lamentarti! … Sei stata molto gentile. Non dovrai dire nulla a mia nonna di tutto questo. Non servirà mentire perché lei non ti chiederà nulla e a te basterà non dirle che noi siamo stati qui. D'accordo? … Brava elfa. Puoi andare così non ti sentirai in colpa.”

Crack

“Bravo, idiota! Adesso come usciremo da qui senza di lei?!”

“La chiamerò di nuovo quando avremo finito, no?”

Di chi erano quelle voci? Da lontano non sentiva molto bene, ma sembravano … no, non era possibile! Erano Scorpius e … non era per caso James quello che gli aveva dato dell'idiota?

“C'è qualcuno? Hey! C'è nessuno? Sono qui!” gridò, sperando che lo sentissero.

Sentì subito il rumore dei loro passi che si avvicinarono e presto capì che il suo timore era corretto. Scorpius apparve, accompagnato nientemeno che da James e Albus, i quali si fiondarono subito verso di lui, cercando di raggiungerlo nonostante le sbarre.

“Papà!” gridarono, felici e sollevato di vederlo.

Harry si avvicinò a sua volta e afferrò le mani dei figli.

“Siete impazziti?” chiese, sorridendo, dimostrando così che, nonostante la paura, era fiero di loro “Dovreste essere a scuola!”
“Tu dovresti essere a casa!” lo riprese James “Come mai ti sei fatto catturare … da …”

Si interruppe e guardò Scorpius. Era ovvio che si trovava lì a causa di sua nonna Narcissa, ma gli pesava doverlo sottolineare.

“Tua nonna mi ha rinchiuso qui, Scorpius, ma anche lei è una vittima di questa cospirazione.” spiegò gentilmente Harry “L'assassino l'ha minacciata, le ha detto che se non avesse collaborato ti avrebbe fatto del male.”

Il ragazzino ascoltò le sue parole con ansia crescente, poi ricordo le lettere che sua nonna gli aveva scritto.
“Ecco perché mi ha chiesto come stavo!” disse “Voleva essere certa che fossi al sicuro! Pensavo che fosse semplicemente troppo protettiva …”

“Invece un motivo lo aveva … e anche molto valido.”

“Papà?” lo chiamò Albus “Cosa facciamo adesso? Svegliamo Narcissa e ...”

“No, non sarebbe prudente” rispose Harry “Immagino che, nonostante non possiate usare la magia fuori da Hogwarts, voi abbiate portato la bacchetta … vero?” chiese, guardandoli speranzoso.

“Certo!” rispose James, porgendogliela “Ho pensato che sarebbe stata utile.”

“Bravissimo!” lo lodò il padre “Come siete venuti qui?” chiese poi, rendendosi conto solo in quel momento che i tre ragazzi non avevano usato la magia per raggiungerlo.
“A cavallo di Fierobecco e di Piumad'oro!” spiegò Albus “Poi Blinkie ci ha aiutati a raggiungere i sotterranei.”

“Chiaro. Bene, bravi.” disse “Ora usciremo da queste segrete e tornerò con voi a Hogwarts per assicurarmi che arriviate sani e salvi. Aggrappatevi a me. Ci materializzeremo.”

Attese che i tre ragazzi si aggrappassero al suo braccio e, usando la bacchetta di James, si materializzò con loro fuori dal maniero. L'aria della notte era fresca e frizzante e fu un piacere per lui tornare a respirarla liberamente.

“Papà, ora cosa farai? Non hai una bacchetta!” disse, preoccupato, quando lui gliela restituì.

“Per ora però ho un vantaggio tattico sull'assassino. Lui pensa che io sia suo prigioniero e questo è un bene. In qualche modo riuscirò a procurarmene un'altra, non preoccupatevi.”

Detto questo, si avvicinò ai due Ippogrifi che sonnecchiavano placidamente, ancora accanto all'albero dove James li aveva lasciati.
“Fierobecco ...” sussurrò “Non è la prima volta che fai fuggire un prigioniero, eh?”

L'animale si svegliò e, riconoscendo Harry, si alzò e gli andò incontro per farsi accarezzare. Per un attimo si fece sopraffare dell'emozione e dai ricordi, ma tornò presto in sé.

“Andiamo.” disse, aiutando James e Scorpius a salire in groppa a Piumad'oro “Albus, tu che sei il più leggero salirai con me su Fierobecco.”

Quando tutti furono pronti per la partenza, i due Ippogrifi si guardarono negli occhi, dopo una breve rincorsa, volarono via nella notte.

 

 

Il viaggio di ritorno fu tranquillo, il cielo era velato da soffici nuvole che li nascondevano alla vista dei babbani. Dopo un paio d'ore, planarono dolcemente sul prato accanto alla stalla dove dormivano Fierobecco e sua figlia, nel completo silenzio. Hagrid non si era accorto di nulla.

“Ora rientrate subito al castello, sono stato chiaro?” chiese Harry, guardandoli negli occhi.

“Sì, papà.” rispose Albus “Tu invece come farai? Come ha detto James, non hai una bacchetta!”

“Ho una mezza idea.” rispose lui.

“Non ne vorrai rubare una spero!”

Harry non rispose, ma guardò verso il castello. Non avrebbe mai creduto di poter anche solo pensare una cosa del genere. Si rivolse al figlio maggiore.

“James, ho bisogno della tua bacchetta per qualche ora. Voi tre andrete a dormire, domani mattina te la restituirò.”

“Ma … papà!” tentò di protestare lui, ma lo sguardo del padre lo fece cedere “Ho capito. Tieni.” gli disse, consegnandogliela.”

“Ti ringrazio. Domani mattina ci vedremo qui e te la ridarò. Va bene?”

James annuì e Harry lo abbracciò per poi coinvolgere anche Albus in quella stretta.

“Fate i bravi, chiaro? Non dite a nessuno che sono libero, nemmeno alla mamma. Per ora non voglio che l'assassino venga a saperlo. Preferisco che mi pensi ancora in quel sotterraneo.”

“Nemmeno alla mamma?!” chiese Albus scandalizzato.

“No, nemmeno a lei.”

“Perché?”

“Fidatevi di me. È meglio così. Restando nascosto potrò indagare con più calma”

Baciò entrambi i figli sulla testa, poi si rivolse anche a Scorpius e gli posò una mano sulla spalla, ma lui lo abbracciò.

“Grazie, zio Harry!” esclamò “Grazie per credere in mio padre!”

Harry, sorpreso per quello slancio d'affetto, ricambiò l'abbraccio.

“Adesso andate!” sussurrò, e lasciò che i tre ragazzi scomparissero sotto il mantello dell'invisibilità per tornare al castello. Aspettò qualche minuto, l'aria della notte lo avvolgeva piacevolmente, ma presto il sole avrebbe iniziato a spuntare oltre le montagne. Non aveva tempo da perdere.

 

Conosceva ogni angolo del castello, ogni ombra, ogni nascondiglio. Dopo la battaglia che aveva decretato la sconfitta di Voldemort, l'intero edificio era stato ricostruito tale e quale, e anche i passaggi segreti erano stati ripristinati. Uscì dai confini della scuola, si materializzò nella cantina di Mielandia, e da lì ripercorse il passaggio segreto che lo riportò direttamente all'interno della scuola. Uscì dalla gobba della strega e, accertatosi che non ci fosse nessuno nei corridoi, sgattaiolò di ombra in ombra verso l'ufficio della Preside McGranitt, che ovviamente stava dormendo, ma non era a lei che voleva parlare quella sera. Pronunciò la parola d'ordine e silenziosamente raggiunse l'ufficio.

Tutti i passati presidi stavano dormendo nei loro ritratti, ma lui si diresse verso quello di Albus Silente.

“Professore?” sussurrò, sperando di non svegliare nessun altro.

Il vecchio Preside aprì lentamente gli occhi e l'azzurro delle sue iridi brillò nel buio. Non disse nulla, ma dal suo sguardo Harry capì che era preoccupato per il suo aspetto. Sorrise massaggiandosi le guance scavate e irsute.
“Eh … dovrei radermi, lo so … ma sono stato … impegnato ...” disse, facendo il vago “Professore, sono qui per chiederle il permesso di ...” esitò, indeciso perfino sul pronunciare quella domanda “La mia bacchetta mi è stata rubata. Ho bisogno di difendermi e non ho intenzione di rubarne una. Vorrei … insomma … non avrei mai pensato di poterlo dire, ma forse ...”

“La bacchetta di sambuco?” chiese Silente.
Harry annuì.

“Credi che sia saggio?”

“Sarebbe solo per poco! Solo finché non riavrò la mia. Credo che abbia saputo della serie di omicidi che sono stati commessi in questi ultimi tempi.”

Albus annuì, perciò Harry si sentì autorizzato a continuare.

“Credo che la bacchetta di sambuco possa essere uno degli obiettivi del killer e potrebbe essere avventato dargli la possibilità di averla, ma al momento devo rischiare per fare in modo che lui si esponga e faccia un passo falso.”

Lo sguardo del preside esprimeva molte domande, alle quali Harry aveva risposte difficili da dare.

“Credo di sapere chi sia.” disse “Ho paura di sapere chi possa essere … ma voglio scoprirlo.”

Silente annuì, pensieroso, infine sussurrò, per non svegliare gli altri.
“La bacchetta di sambuco è tua, potrai usarla e sono certo che lo farai nel migliore e più saggio dei modi.”

Harry sorrise e sospirò di sollievo, salutò Silente con un cenno del capo e uscì dalla stanza. Dieci minuti dopo, di fronte alla tomba dell'uomo con il cui ritratto aveva appena parlato, mosse la bacchetta di James. Il coperchio si alzò e, esattamente dove l'aveva lasciata, vide la bacchetta che era stata chiamata con tanti nomi, il primo dono della morte. Con la mano libera l'afferrò e fece lentamente richiudere il sepolcro. Il cielo si stava già tingendo dei caldi colori dell'alba e il blu oltremare della notte stava lasciando spazio all'azzurro del giorno. Sentì i galli di Hagrid cantare, presto James sarebbe arrivato a reclamare la sua bacchetta. Si avvicinò al luogo dove aveva lasciato i tre ragazzi, posò quella di James ai piedi di un grosso albero e usò quella di sambuco su di sé, infine si accovacciò a terra, in mezzo all'erba soffice e leggermente umida di rugiada, e cedette al sonno.

 

 

 

 

 

James aveva accompagnato Albus e Scorpius nel loro dormitorio e poi si era fiondato al suo, ritrovando finalmente il soffice e caldo letto, che aveva accolto la sua stanchezza. Aveva dormito poche ore, ma erano state più che sufficienti per ridargli l'energia necessaria ad affrontare il giorno. Si alzò prima degli altri e, dopo essersi rinfrescato, si fiondò per raggiungere il padre al limitare della foresta proibita.

Hagrid era sempre stato molto mattiniero, infatti, raggiungendo la sua capanna, notò che si era già svegliato, ma, forse troppo preso dai suoi impegni mattutini, non aveva fatto caso alla presenza di un cervo addormentato. James gli si avvicinò e notò, ai piedi dell'albero sotto il quale l'animale si era accovacciato, la sua bacchetta. La prese e accarezzò il cervo sul muso.

“Papà?” chiamò, riconoscendolo dai sottili segni circolari attorno agli occhi e alla peculiare macchia a forma di saetta sulla fronte.

Il cervo aprì lentamente gli occhi, si alzò e si addentrò un po' nella foresta, seguito da James, per sfuggire a sguardi indiscreti. Quando fu certo di essere in un luogo riparato, si ritrasformò in umano.

“Hai dormito un pochino?” gli chiese James “Sembri distrutto!”

“In effetti lo sono ...” disse lui, dopo un lungo sbadiglio “Ma adesso è più importante che tu abbia la tua bacchetta e torni a scuola.”

“Tu invece? Odio ripetere le stesse domande, ma ...”

“Ho già un'altra bacchetta, non preoccuparti.” lo rassicurò il padre “Tu torna al castello e fai finta di nulla, capito? Dillo anche ad Albus e a Scorpius. Io me la caverò. Ho un paio di cose che voglio verificare.”

“Capito.” rispose James.

Il ragazzo fece qualche passo verso il castello, poi tornò indietro di corsa e abbracciò il padre.
“Stai attento, mi raccomando! Stai attento! Non voglio che ti succeda niente di male!”

Harry strinse il figlio, commosso per quelle parole. Conosceva l'ansia che stava vivendo il figlio, la paura di perdere qualcuno che si ama e perfino il dolore di vedere tale paura tramutarsi in realtà. Non avrebbe permesso che il suo giovane cuore venisse spezzato.
“Lo farò. Non preoccuparti. Non voglio che tu soffra.”

Harry sciolse l'abbraccio e si chinò leggermente per poterlo guardare negli occhi. Gli accarezzò il viso e asciugò con il pollice le lacrime che già gli rigavano le guance.

“Tornerò. È una promessa.”

James annuì e sorrise, rassicurato, mentre Harry, di nuovo trasformato in cervo, correva via verso la foresta.

   
 
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