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Autore: WibblyVale    25/03/2017    1 recensioni
Una neonata nell'ospedale di Konoha viene sottoposta ad un esperimento genetico e strappata alla sua innocenza. Crescendo diventerà un abile ninja solitaria, finchè un giorno non verrà inserita in un nuovo team. Il capitano della squadra è Kakashi Atake, un ninja con un passato triste alle spalle che fatica ad affezionarsi agli altri esseri umani. La giovane ninja sarà in grado di affrontare questa nuova sfida?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Erano ore che Shikaku e Yoshino lavoravano ad un testo da crittografare e sembravano essere sempre al punto di partenza. La stanza in cui si trovavano era fiocamente illuminata dalla lampada da tavolo. La donna teneva la testa appoggiata al palmo della mano, i capelli le erano usciti a piccole ciocche dalla coda. Era stanca morta, ma non desisteva.
Shikaku, invece, le sedeva di fronte, sentendosi in colpa per aver dovuto rimandare la loro serata, a causa di quell’imprevisto. Aveva progettato tutto nei minimi dettagli, ma doveva rimandare ad un’altra volta. Si incantò a guardarla: era così determinata, non poteva fare a meno di amarla.
“Che c’è?” chiese lei, alzando gli occhi su di lui.
“Sei bellissima” rispose.
Yoshino arrossì. “Concentrati sul lavoro!” sbottò, ma poi sorrise. “Poi, magari dopo riparliamo di questa cosa.” Riposò gli occhi sul foglio e puntò con un dito una frase scritta in codice. “Non capisco, qui è tutto completamente diverso, rispetto al resto del testo.”
Shikaku si alzò in piedi e guardò sopra la sua spalla. “Come te lo spieghi?”
“Non me lo spiego. Di solito in queste cose c’è ordine e metodo!”
L’uomo ridacchiò. “Non mi sorprende che il caos ti confonda.”
Lei scattò in piedi e l’affrontò. “Che intendi dire?”
“Che sei così precisa e ordinata… Ma c’è ordine nel caos.”
“Dice un sacco di sciocchezze, Shikaku.”
Lui le posò un bacio sulle labbra. “Ma ti piacciono le mie sciocchezze.” Andò piano piano a sfiorarle il collo con la lingua, fino a risalire all’orecchio.
“Ti sembra il momento?” chiese severa, ma comunque piegando la testa di lato per concedergli più accesso.
Lui la prese per i fianchi e la fece sedere sul tavolo, mentre lei avvolgeva le gambe attorno a lui.
“Mi dispiace di aver rovinato la nostra serata.”
Lei gli gettò le braccia al collo. “Non è colpa tua.” Si baciarono di nuovo, con più passione, mentre le loro mani vagavano per i loro corpi, sotto i vestiti, esploravano.
“L’ultima… volta… ci hanno quasi beccati!” ansimò lei.
“Il che rende tutto più eccitante.” Shikaku portò una mano sotto la maglietta di lei, facendola gemere.
Yoshino era travolta da quella passione, che aveva portato il caos nella sua vita, ma l’aveva resa così felice. Ad un tratto, spinse via l’uomo.
“Che succede?” chiese leggermente frustrato.
“Ho capito!” Prese i fogli e cominciò a scrivere. Shikaku incrociò le braccia e la lasciò fare. Quando la donna ebbe finito gli sventolò il foglio davanti al viso. “Vogliono fare un’imboscata al team di protezione del Daimyo fra due giorni. Abbiamo tempo per salvare delle vite!” esclamò la donna felice.
Shikaku l’alzò da terra e la fece roteare tra le sue braccia. “Sei fantastica!” le disse, quando i suoi piedi ritoccarono terra.
“Non ho fatto nulla, poi sono tutte quelle cose sul caos che hai detto che mi hanno fatto capire che era quella frase strana la chiave per risolvere il pr…”
“Sposami!” la interruppe lui, lasciandosi trasportare da quel volto felice.
Yoshino sbarrò gli occhi per la sorpresa e lui sentì le proprie guance divenire rosse.
“S… sono un cretino,” cominciò. “Avevo un piano per stasera, doveva essere una cosa romantica, invece…” Abbassò lo sguardo.
La donna gli pose una mano sotto il mento e gli impose di guardarla. “Ti sposo” gli disse sorridendo.
“Davvero?” chiese lui sorpreso.
“Davvero.”
Lui la baciò dolcemente e lei ricambiò con trasporto. Quando si separarono lui le sorrise, poi la allontanò da sé frugandosi in tasca e tirandone fuori una piccola scatola blu. L’aprì e dentro vi erano un piccolo anello con un brillante smeraldo. Lui le si inginocchiò davanti e le sorrise.
“Ne sei sicura, perché non ti lascerò più andare via.”
Una piccola lacrima di felicità scappò alla donna che sorrise. “Ne sono sicura.”
Shikaku estrasse l’anello e lo infilò al dito della sua futura moglie, legandola a sé per l’eternità.

 
Avevano pochi secondi per trovare un piano che salvasse l’Alleanza e lui si metteva a pensare a quello? Quanto era stupido alle volte, ma il pensiero di non poter rivedere mai più sua moglie gli faceva più paura della morte.
“Dimmi che hai una qualche idea” lo pregò Inoichi.
“Sì, ce l’ho. Inoichi… mi disp…”
“Non è colpa tua. Abbiamo deciso insieme.”
“È meglio se chiamiamo Choza.”
Inoichi annuì e si preparò a contattare l’amico.
 
Il gruppo di Shiori aveva notato il lancio della Teriosfera, senza capire dove realmente fosse diretta. Almeno non finché uscì dalla bocca del demone. Erano pronti a partire per il quartier generale, quando la voce di Shikaku li fermò.
“Non c’è niente che possiate fare!” li informò.
La kunoichi cadde a terra in ginocchio, mentre Choza si copriva il volto con le mani disperato.
“Ehi, amico! Non ti metterai a piangere, vero?” chiese Inoichi, ma l’Akimichi non era in grado di rispondere
“Cho sei sempre stato il più coraggioso di noi, cerca di esserlo ancora una volta” lo incitò Shikaku.
Le lacrime ormai solcavano il volto del castano. “Io non… non posso farcela senza di voi.”

 
“Su, ragazzi! È la nostra prima missione fuori porta, un po’ di entusiasmo!” esclamò Inoichi.
Gli altri due si guardarono e scossero la testa esasperati.
“Potremmo essere costretti a fare del male ad altri, lo capisci?” chiese retorico Choza.
“E dovremmo prendere decisioni che influenzeranno la vita di molti” rincarò Shikaku.
Il biondo alzò gli occhi al cielo esasperato. “Ma combatteremo per proteggere il villaggio!”
I tre stavano camminando nel bosco diretti alla loro meta, esaltati dalla possibilità di andare in missione con i loro padri, che li precedevano di qualche chilometro.
“Non ha tutti i torti dopotutto” acconsentì l’Akimichi.
“E come diceva la nonna Shikachi, finché saremo uniti, potremo fare qualunque cosa.” Aggiunse il Nara con un sorriso.
 
Anni dopo, nonostante l’entusiasmo di quei primi giorni fosse scemato, i tre amici erano ancora uniti nelle gioie e nei dolori. Shikaku era nella baita nella riserva, seduto sul divano e con due bottiglie di sakè vuote davanti a lui, tra le mani ne aveva una a metà.
Il giorno prima si era tenuto il finto funerale di sua sorella, e lui aveva bisogno di tempo da solo. Inoichi e Choza entrarono nella casetta senza bussare. Yoshino li aveva chiamati, sapendo che il marito in quel momento aveva bisogno di loro.
“Andate via!” gridò, quando li vide entrare nel salotto.
“Assolutamente no!” Inoichi gli prese la bottiglia dalle mani e andò a portarla in cucina.
“Ridammi la bottiglia, stronzo di uno Yamanaka!” L’uomo fece per rialzarsi in piedi ma barcollò. Choza lo prese prima che si sfracellasse al suolo e lo aiutò a risedersi. “Tu pensi di essermi d’aiuto?” sbottò rivolto al castano. “Lasciami solo!”
“Io non me ne vado. Non con te in queste condizioni” ribatté lui.
Nel frattempo Inoichi era rientrato e si sedette sul tavolino di fronte ai suoi amici.
“Ho tutto il diritto di stare così!” borbottò il Nara. “Se n’è andata. Ho fallito. Dovevo proteggerla!”
“Shika, non hai fallito. È una donna responsabile e ha fatto la scelta più onorevole. E lo sai che è merito dell’educazione che le hai dato” gli fece notare l’Akimichi.
“Poi, è forte, non si lascerà sopraffare” aggiunse Inoichi.
“Avete idea di quante cose non sappia su sé stessa, su… Come posso definirmi un buon fratello, un buon padre… Merda!” sbottò. “Voglio la mia bottiglia, Inoichi! Ora!”
Provò ad alzarsi, ma il braccio di Choza lo bloccò. “No” si limitò a dire deciso. “Ora basta. Sei la persona migliore che conosca Shikaku e posso dire che sei un ottimo fratello.”
“E un ottimo padre” completò lo Yamanaka. “O almeno per noi lo sei stato. Complice come un fratello e protettivo come un padre.”
“Con la vitalità di un centenne, ma comunque un buon padre” scherzò Choza.
“Allora forse più un nonno” commentò il biondo ridendo.
Shikaku sbuffò, ma un sorriso cominciò ad apparire sulle sue labbra. “Grazie, ragazzi.”
I due gli sorrisero di rimando e lo aiutarono a sdraiarsi sul divano.
“Cerca di riposare, noi staremo qui” lo rassicurò Inoichi.
“Vi voglio bene” disse, dato che l’alcol aveva tolto qualsiasi freno alla sua lingua.
“Anche noi” rispose Choza, mentre lo Yamanaka annuiva.
Quando il Nara chiuse gli occhi, Inoichi si rilassò contro lo schienale della poltrona. “Domani si pentirà di averlo detto.”
L’Akimichi ridacchiò. “Magari non lo ricorderà.”
“Allora sai quale la cosa migliore da fare?”
Choza fece un sorrisetto birichino. “Ricordarglielo noi.”

 
“Certo che puoi…” lo incitò Shikaku.
“E se non puoi, DEVI!” sbottò Inoichi. “Ti prego. Un ultimo favore!”
“Me ne devi un sacco!” borbottò l’altro.
“Uno in più non fa differenza, no?”
Un’immagine dei due uomini si proietto nella mente di Choza. I tre amici si avvicinarono e si abbracciarono.
“Sii l’uomo coraggioso che sei sempre stato” lo incitò Shikaku. “Noi tre ci ritroveremo, come sempre.”
“Vi voglio bene, ragazzi” disse Choza tra le lacrime.
“Ti vogliamo bene anche noi” risposero in coro.
A quel punto l’attenzione di Shikaku si spostò su Shiori. La donna era inginocchiata a terra, disperata.
“Devo fare di più!”
“Vivi!” le sussurrò il fratello.
“Io…”
“Ti meriti felicità, sorellina!”
“Shik… Come? Tu non puoi…”
Una mano si strinse alla sua. “L’unica cosa che volevo era che tu fossi felice. Ora che so che puoi esserlo, sono tranquillo!”

 
“Hai barato!” sussurrò all’orecchio del fratello una Shiori di sei anni.
“Ma che dici?” La bambina sentì l’imbarazzo del fratello e lo guardò storto. “E va bene, ho barato!” La fece entrare nella sua stanza e chiuse la porta. Aveva appena finito una partita agli shogi con il padre, e aveva usato un trucchetto non esattamente corretto.
“Perché?”
“Volevo dimostrargli di essere in grado di batterlo con una buona strategia. Tu non puoi capire.”
La sorella si mordicchiò il labbro e sorrise. “Sai che papà lo sa, vero?”
Shikaku sbarrò gli occhi. “Cosa?”
“Sa che hai barato.”
“Bugiarda.”
Shiori alzò le spalle. “Se lo dici tu.” Fece per uscire dalla porta, ma lui la bloccò.
“E perché non mi ha rimproverato?” chiese Shikaku, sapendo che la sorella non mentiva mai. Non le piaceva sentire le sensazioni di chi mentiva.
Shiori, con fare di superiorità, perché per una volta ne sapeva più del fratello, si sedette sul letto a gambe incrociate.
“A volte anche imbrogliare è una strategia, se questa è l’unica possibilità. Papà, però, pensa che tu possa vincere senza questi mezzucci. Pensa che tu sia davvero intelligente e che possa batterlo anche onestamente.”
“Perché me lo stai dicendo?”
“Mamma dice che gli uomini Nara sono un po’ tonti su certe cose. E io sono stanca di vederti perdere.” Saltò giù dal letto e andò verso la porta.
Shikaku la fermò. “Tu credi che io possa batterlo?”
Shiori posò la mano sulla maniglia e alzò le spalle per l’ennesima volta. “Devi avere più fiducia. Io ne ho in te.” Si voltò e gli fece l’occhiolino, poi uscì.
 
Qualche anno dopo, Shiori aveva passato il test scritto per entrare negli Anbu, le mancava la prova pratica e avrebbe fatto parte ufficialmente delle forze speciali. Shikaku non riusciva ad accettare la cosa e, ogni singolo giorno, tornava a casa con una brochure di qualche altro lavoro.
Shiori guardava quella pila di fogli sulla sua scrivania, alla quale ne stava aggiungendo un altro che recitava: “Interrogare i sospettati: le cinque abilità essenziali che un ninja deve avere.” La ragazza sospirò, doveva assolutamente fare qualcosa.
Uscì dalla sua stanza e si diresse verso la cucina, dove il resto della sua famiglia era riunito. Il padre si voltò a guardarla, sorridendo malinconico nel vedere un fuoco di determinazione brillare nei suoi occhi, mentre la madre si appoggiò al piano della cucina, prevedendo guai.
“Credo che Shiori abbia qualcosa da dire” commentò Shikanari divertito, aspettava da un po’ che sua figlia facesse una mossa.
Shikaku alzò lo sguardo dal suo gelato e osservò la sorella. “Che succede?”
“Combattimi!”
“Che cazzo stai dicendo?” Shikaku ricevette uno scappellotto dalla madre.
“Da quando usiamo questo linguaggio?” lo redarguì.
“Scusa. Perché mi stai chiedendo questa cosa così inusuale Shiori? Va meglio mamma?”
“Non fare il furbo, Shikaku!” lo minacciò lei.
“Voglio che combatti con me, così capirai che sono adatta a fare l’Anbu e la smetterai di portarmi quei dannatissimi fogli!”
“Io…”
“Fra un’ora al campo di addestramento!” disse lei, uscendo dalla stanza.
Shikaku guardò i suoi genitori sconcertato. Suo padre sorrideva nel vuoto e sua madre guardava il marito con occhi strani. Anni dopo il ragazzo avrebbe capito che era per Kishiko, ma in quel momento era solo confuso.
“Che succede?”
“Devi darle una chance” disse il padre. “Ha quel fuoco nel sangue e non la si può fermare.” L’uomo uscì dalla stanza.
“Che intende?” chiese Shikaku alla madre.
La donna si avvicinò e baciò dolcemente la fronte il figlio. “Tuo padre ha i suoi pensieri, tesoro. Ma ha ragione, dalle una possibilità.”
 
Shikaku era disteso a terra con sua sorella che torreggiava su di lui soddisfatta. Aveva le braccia incrociate al petto e lo guardava con aria di sfida, minacciandolo a dire qualcosa. Il ragazzo si mise a sedere e diede un paio di colpetti sul terreno perché lei gli si sedesse accanto. Dopo un attimo di esitazione, Shiori eseguì.
“Io so che sei forte… che sei… Ho solo paura che… Voglio che tu sia sempre al sicuro, Shiori. Cerca di capire, io…”
Fu interrotto dall’abbraccio della sorella. “Lo so, ma devo farlo. E tu mi hai insegnato molto, mamma, papà, Kushina, i ragazzi, tutti voi… Abbi fiducia in me.”
Lui la strinse a sé con forza. “Ne ho, peste. Ne ho.”

 
“No, Shikaku… Ti salv…” Tentò di rialzarsi.
“Prometti che non userai il potere per riportarmi indietro. Prometti che non ti sacrificherai per me!”
“Non puoi chiedermelo!”
“Prometti!”
“Ti voglio bene!”
“Anch’io, sorellina.”
La donna chiuse gli occhi. “Prometto.”
“Bene.” La proiezione di Shikaku nella sua mente sorrise. “Proteggili e si felice, Shiori.”
“Addio, peste!” La salutò Inoichi.
“Nooooo!” urlò la donna disperata.
 
Shikamaru guardava la Teriosfera volare, disperato, incapace di fare qualsiasi cosa.
“Va tutto bene, figliolo” gli disse il padre.
Ino accanto a lui piangeva, allungò la mano verso di lei e la strinse.
“Ci sono così tante cose che vorrei dirti…” La voce di Shikaku suonava rotta dal dolore.
“Papà, non c’è un modo, lo so, ma…” Il chunin avrebbe voluto avere una strategia, qualunque cosa che gli permettesse di salvare il padre, ma sapeva che non esisteva.
“Ve bene così, Shikamaru.”
“Io non voglio perdere anche te, non voglio…”
“Figliolo, lascio tutto a te. Sono così fiero dell’uomo che sei diventato.”

 
“Mi spiegate perché non posso entrare?” chiedeva Shikaku, passeggiando avanti e indietro nella sala d’aspetto dell’ospedale.
“Perché la mandi in ansia!” ribatté Inoichi.
“Io la manderei in ansia? Io sono tranquillissimo!”
“Ed è per questo che non stai fermo un attimo?” chiese Choza.
“Sì, perché tu eri tranquillo quando è nato tuo figlio” sbottò.
Ad un tratto, Shiori uscì dalla sala operatoria con le lacrime agli occhi. Shikaku, senza bisogno che la sorella dicesse niente, l’abbracciò. “Va da loro” gli sussurrò lei all’orecchio.
Il capoclan entrò nella stanza e vide immediatamente sua moglie stanca, ma con un enorme sorriso, che teneva tra le braccia un piccolo fagotto. Yoshino alzò lo sguardo su di lui e i suoi occhi brillavano per la felicità.
“Vieni. È… è bellissimo.”
Shikaku fece qualche passo incerto e si avvicinò alla moglie. Un piccolo bambino con dei radi capelli neri e le guance rosse era accoccolato tra le sue braccia.
“Ha spaventato tutti, quando non si è messo a piangere. Shiori dice che se la stava prendendo comoda.”
Il Nara accarezzò la guancia della moglie. “Mi sa che allora ha preso da me, mi dispiace.”
La donna glielo mise tra le braccia e lui lo prese stringendolo con attenzione per paura di romperlo, sembrava così fragile e delicato.
“A me no” rispose lei con un sorriso, guardando i suoi due uomini vicini. “Sarà meraviglioso come il padre.”
Shikaku era rapito dal figlio, ma a sentire quelle parole alzò lo sguardo verso la moglie.
“Devo abituarmi alla te gentile, d’ora in poi?” chiese scherzando.
“Vai al diavolo, idiota!” sbottò lei, ma ridendo.
Lui si chinò su di lei e la baciò con dolcezza. “Sai, hai fatto proprio un ottimo lavoro. Lui…”
“Shikamaru” gli disse la moglie.
Shiakaku guardò il figlio. “Ciao, Shikamaru. Credo che tu sia la cosa migliore che io e la mamma abbiamo fatto. Farò di tutto per tenerti al sicuro.”
 
Era stato fin troppo veloce vederlo crescere, vederlo diventare sempre più consapevole, sempre più responsabile. Era stato difficile vederlo soffrire, ma era stato ancora più bello vederlo gioire. Shikaku non riusciva a spiegare a parole l’amore che provava per lui, e nemmeno lo dimostrava a gesti, o meglio non con gesti plateali.
Shikamaru era stata la cosa più bella e più difficile della sua vita. Non era stato facile per lui fare il padre, non sempre si sentiva all’altezza, ma faceva di tutto per dargli tutto quello di cui lui aveva bisogno.
“Papà?” Shikamaru apparve davanti alla porta del suo studio, qualche settimana prima dello scontro con Pain.
“Ah eccoti! Devo farti vedere una cosa” disse Shikaku scattando in piedi e avvicinandosi alla libreria. Ne tirò fuori un grosso tomo blu, dalle pagine ingiallite e lo appoggiò alla scrivania.
Shikamaru lo guardava con curiosità e con un misto di apprensione, non sapeva bene cosa il padre volesse da lui.
“Questo è il libro in cui teniamo conto di tutto quello che succede nel clan, e degli eventi importanti nel villaggio. Ci sono codici e organizzazione delle varie forze.”
“Anche quelle speciali?” chiese Shikamaru sorpreso.
“Be’…” Il capoclan si grattò la testa un po’ in imbarazzo. “In realtà sono cose che non dovremmo sapere, ma ho i miei contatti. Tu, ovviamente, dovrai fartene di tuoi, ma sono sicuro che Tenzo collaborerebbe volentieri con te. Insomma teniamo conto di tutto ciò che succede, per avere una visione ampia. Non mi piace non sapere qualcosa o essere allo scuro. Credo che tu debba imparare a prendere più informazioni possibili.”
Shikamaru annuì e rimase in silenzio per qualche minuto pensieroso. “La mamma non lo sa che mi stai facendo vedere questo, vero?”
Shikaku sorrise. “Certo che no. Sai dirmi perché?”
“È un test?” chiese il figlio annoiato.
“Rispondi e basta.”
Il ragazzo sospirò. “Data l’imminente battaglia, c’è solo una ragione per cui potresti farmi vedere questo, e cioè che hai considerato la possibilità che il nemico sia troppo forte per essere battuto. Di conseguenza, come capoclan, marito e padre tu dovresti fare di tutto per evitare che succeda qualcosa a noi. E quello che comporterebbe questa azione, manderebbe la mamma fuori di testa… e sinceramente…” Aveva spiegato tutto quello con voce ferma e razionale, ma ora vacillava. “… Manda fuori di testa anche me.”
Shikaku pose una mano sulla spalla del figlio che teneva lo sguardo basso.
“Guardami.” Shikamaru alzò a testa. “Ti assicuro che è solo una precauzione, non ho intenzione di morire. In ogni caso, te l’avrei mostrato molto presto, figliolo. Sei diventato un ottimo ninja, ma cosa più importante una brava persona. Ti assicuro che voglio vivere per vedere le grandi cose che sei destinato a fare.”
A quel punto strinse il figlio tra le braccia e rimasero lì, dandosi quella rara dimostrazione d’affetto, per qualche minuto, entrambi orgogliosi dell’uomo che avevano di fronte.

 
“Papà… io… ti voglio bene.” Non voleva accettare quello che stava accadendo, ma doveva. Il tempo era poco e c’erano molte vite in pericolo.
“Anche io, Shikamaru. Mi dispiace, figliolo, ma ora devo lasciare tutto a te, devo chiederti di essere forte.”
Shikamaru si passò il braccio libero sugli occhi, per asciugarli. “Dimmi cosa devo fare.”
 
Shikaku allontanò la mano dalla spalla di Inoichi, che si tolse il comunicatore da davanti agli occhi.
“Ce l’abbiamo fatta” disse il biondo, mentre si asciugava le lacrime. Dire addio a sua figlia l’aveva svuotato. Avrebbe voluto stare accanto a lei, proteggerla. La sua bambina era una donna ora, ma lui restava comunque suo padre.
“Inoichi, io…” Il Nara non sapeva come dire ciò che sentiva.
“Sono fiero di essere stato tuo amico e di averti avuto al mio fianco” espresse Inoichi per lui.
“Sì, anche io.”
Inoichi sorrise e Shikaku di rimando. I due amici si voltarono verso la finestra e guardarono la Teriosfera arrivare. Attorno a loro, tutti quanti avevano perso le speranze e accettato la loro fine.
“Dovremmo dire qualcosa di importante ora?” chiese Inoichi.
“Non credo sia necessario” disse Shikaku. “Grazie per essere qui, sono terrorizzato.”
“Ehi noi ci guardiamo sempre le…”
La Teriosfera illuminò tutto di una luce accecante, il rombo dell’impatto si sentì a chilometri di distanza. Il suo eco riverberò nelle orecchie e negli incubi di chi l’aveva sentito e di chi aveva perso persone care in quell’esplosione per anni, nonostante il fatto che quel rumore così sordo e quella luce così intensa e accecante durarono solo per qualche secondo, lasciando spazio ad un doloroso silenzio.
  
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