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Autore: Matih Bobek    26/03/2017    0 recensioni
Flower è una ragazza di ventidue anni, appena laureata e in cerca di un lavoro. Conduce un'esistenza semplice nella sua città, circondata dalle amiche di sempre e ha passato la vita china sui libri di scuola per costruirsi un futuro.
La madre di una sua amica, la signora Ondrak, le offrirà di accudire il figlio maggiore, una creatura a metà tra un lupo ed un essere umano. Flower accetterà la mansione perché lautamente pagata.
Bryan, il ragazzo lupo vive in una magione abbandonata in un bosco e conduce una vita selvaggia. Flower dovrà vivere con lui sei giorni su sette, preparagli i pasti, istruirlo sulla vita degli esseri umani, educarlo e risvegliare la parte umana che è in lui. Ma la famiglia Ondrak nasconde segreti ben più grandi e ben più terrificanti.
La storia è una rivisitazione in chiave moderna e grottesca della nota fiaba "La bella e la bestia".
Genere: Avventura, Commedia, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Nonsense | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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La mattina dopo chiamai prontamente la signora Ondrak:
" Salve signora, buongiorno!"
" Prenderai a chiamarmi tutte le mattine? La sera non ti aggrada?"
Notai un certo tono canzonatorio nella voce.
" La sera mi rimane più difficile, ho troppe cose da fare, preferisco la mattina"
" Io preferirei invece che mi chiamassi la sera"
Cambiai discorso.
" Ieri Bryan si è nuovamente comportato male, non si è presentato alla lezione pomeridiana e nemmeno a cena"
" Lo so"
" Come lo sa?"
" Me lo ha detto. Mi ha chiamato lui"
Pensai fosse assurdo che il figlio chiamasse la madre per lamentarsi di ogni cosa.
" Mi ha detto che hai offeso il suo onore virile"
" Il suo cosa?" Ero sbigottita da questa affermazione.
" Pensavo di essere stata chiara a riguardo, Flower. Scegli il modo che più ritieni consono nell'educazione di Bryan ma devi rispettarlo."
" Guardi, è stato lui a non rispettare me offendendomi. E poi suo figlio mi sembra un po' troppo suscettibile, sarebbe ora che smorzasse questo tuo lato."
" E' l'ultimo avvertimento Flower."
" Eravamo rimasti d'accordo che lei non si sarebbe più intromessa in queste faccende prima di aver ascoltato la mia versione dei fatti."
" Questa era un'emergenza."
" Un'emergenza? Suo figlio che si offende dopo avermi detto che non sono una vera donna perchè non so cucinare, per lei questa è un'emergenza?" Mi ero alterata molto.
" Se vuoi andartene, sei libera di farlo, lo sai."
" Non lo farò. Ma lei deve venirmi incontro. Credo che lei abbia bisogno di me più di quanto io abbia bisogno di lei, e se me andrò sarà lei a rimetterci."
" Vedremo se sarà così. Ci vediamo domenica."
Non salutai e attaccai il telefono.
Mi resi conto di odiare profondamente quella donna. Ed ero sempre più convinta che non me la raccontasse giusta: nascondeva qualcosa riguardo a Bryan. Poi mi accorsi che la forte antipatia provata per la signora Ondrak, mi portò ad allontarmi piano piano sempre più anche da Pam. Non la sentivo dal giorno che conobbi la madre. E' vero, ho sempre avuto un rapporto più intenso con Meg, ma Pam era una mia buona amica, con i suoi difetti, certo, ma quelli ce li abbiamo tutti, solo che ora non riuscivo più a vederla allo stesso modo. Faceva parte anche lei di questo turbine incessante di segreti, verità omesse e stranezze di cui mi sentivo essere al centro. Decisi di mandarle un messaggio:
" Ciao, come stai?" Semplice e pulito.
Mi rispose immediatamente dopo:
" Non voglio parlare con te."
Mi sentii profondamente colpita.
" Scusa, perchè?"
 "Mamma mi ha detto che stai trattando male Bryan."
Non ci vidi più dalla rabbia e scrissi un messaggio in cui sfogai tutta la mia frustrazione:
" Numero uno, forse dovresti chiedere anche la mia versione invece di dare per scontato che io ho torto e tuo fratello ragione solo per il fatto che condividete lo stesso sangue.
Numero due, sapendo delle difficoltà che sto attraversando, lontano dalla famiglia, lontano dagli amici, lontano dalla mia vita, a lottare con Bryan, che nessuno meglio di te sa essere molto particolare su tanti fronti, potresti sforzarti di comprendere senza puntarmi il dito contro e senza avvertire il bisogno di prendere per forza una parte.
Questo è tutto. Speravo di vederti domenica, ma a questo punto non lo so più."
Lo scrissi di getto, non lo rilessi nemmeno. Lo inviai e aspettai una risposta, una risposta che sapevo non sarebbe arrivata. Conoscevo Pam, la conoscevo bene. Nonostante tutti i suoi sforzi di sembrare una tipa "in", sempre alla moda, piena di interessi e talenti, molto spesso e su molti aspetti tendeva ad esser priva di personalità. Mi duoleva ammetterlo, ma sapevo che era così. Aveva plasmato le sue caratteristiche su Meg, fondamentalmente, perché temeva il confronto con lei, e ne aveva mutuate altre da me. Le sue doti, le sue qualità, quelle vere, non le teneva di gran conto, dato che, secondo quanto lei stessa ci raccontò più volte, la madre non le apprezzava. Allora aveva imparato a insabbiarle, fino a dimenticarsi di averle mai avute. Crescendo Pam era sempre più simile a quello che la madre aveva deciso precedentemente dovesse essere che a se stessa. E noi ci rendevamo conto di ciò, nostro malgrado, ed eravamo dispiaciute per lei, continuavamo ad opporci strenuamente ma impercettibilmente alla presenza della signora Ondrak. Non so quanto i nostri sforzi fossero serviti. 
Avevo gettato il telefono sul tavolo della cucina per la rabbia.  Rimasi a braccia conserte a contemplare il vuoto aspettando di sbollire. Allora chiamai Meg, sperando che avrebbe potuto aiutarmi, almeno lei, o consolarmi:
" Meg, ciao!"
" Oi Flo, ciao!"
" Volevo parlarti un attimo..."
" Dimmi tutto, cosa è successo?"
Le raccontai in breve il litigio con la signora Ondrak e poi con Pam.
" Sì sapevo che Pam ci era rimasta molto molto male."
" Te lo ha detto?"
" Sì, ci siamo viste spesso questi giorni, era molto abbattuta."
" E perché non mi hai detto nulla, scusa?"
" Perché non volevo farti preoccupare troppo, è una cosa che si risolverà presto."
" E tu cosa le hai detto?"
" Be', che era comprensibile ci fosse rimasta male.."
" Ah per te è comprensibile?"
" Ci può stare, forse sei veramente un po' troppo dura con Bryan..."
Non ebbi la forza nè la voglia di ribattere a questa affermazione. Le attaccai il telefono in faccia e andai a vestirmi.
Il telefono non squillò più, e la giornata trascorse normalmente. 
Ero talmente infuriata, con la signora Ondrak, con Pam, e addirittura con Meg, che non ebbi mai voglia di battibeccare o discutere con Bryan. Lui dovette essersene accorto perchè fece di tutto per non irritarmi.
Recuperammo la lezione di scienze sociali e facemmo due ore di lingua straniera. Era veramente negato. Nemmeno se avesse trascorso una vacanza di sei mesi in terra straniera avrebbe mai raggiunto un livello sufficiente per poter interloquire con i nativi. Lo pensai, ma non lo dissi. Ammiravo l'impegno. Arrivò la sera. Bryan fu colto da un moto di gentilezza e si offrì di cucinare lui la cena. Fece un disastro, peggio di quanto avrei potuto fare, ma mangiai lo stesso. Anche qui, apprezzai lo sforzo. Mi diressi in camera dove mi cambiai. Mi concessi mezz'ora di doccia calda per sciogliere la tensione, mi misi in pigiama  e poggiai la testa sul cuscino. Ripensai a tutto ciò che mi aveva ferito in meno di ventiquattro ore: alla discussione con la signora Ondrak e al mio orgoglio ferito, per la seconda volta. Alla scarsa sensibilità e alla mancanza di spina dorsale di Pam, che però non mi stupii in fondo. Pensai a Meg. La sua reazione invece mi stupii, mi stupii veramente e mi ferì più delle altre. Forse mi stupii più la mia reazione, però. A mente lucida compresi che tutto sommato non aveva detto nulla di così atrocemente grave. La mia reazione fu esagerata. Tornavo con le mente su questi pensieri come un boomerang mentre piano piano mi addentravo sempre più nel sonno. Meg non mi aveva protetta nel momento del bisogno. Non poteva schierarsi apertamente contro Pam, nè poteva dirle direttamente di essere priva di personalità e di lasciarsi plasmare dalla madre come una vaso di argilla. No, certo che no, ma avrebbe potuto, avrebbe potuto,avrebbe potuto...fare altro. Cosa? Non lo so. Avrebbe potuto evitare di uscire con quel tizio. Non sapevo nemmeno il nome. Chi era? Dove l'aveva conosciuto? Tic. Tic... Tic. Tic. Percepii un rumore sul vetro della finestra e mi svegliai. Non riuscivo a capire cosa fosse. Ebbi il timore che potesse essere qualche altra stranezza di Bryan.
Ma ero rintronata e non riuscivo a produrre pensieri lucidi. Aprii la finestra e un piccolo sassolino mi centrò in testa. Guardai in basso e c'era Meg. Il cuore mi battè forte all'impazzata, ma subito dopo fui pervasa dal terrore che Bryan potesse scoprirlo. Non tanto per lui, quanto per la madre. Se la signora Ondrak avesse saputo che Meg si era diretta fino alla magione Regina nel cuore della notte, mi avrebbe licenziato su due piedi.
" Meg! Cosa fai?" cercai di farmi sentire il più possibile senza urlare.
" Lancio sassi alla finestra!" 
" Se Bryan ti scopre siamo fritte! Resta ferma lì, vengo ad aprirti"
Scesi le scale con il cuore in gola un po' per la paura e un po' per l'eccitazione di saperla lì, sotto la mia finestra a lanciare sassi sul vetro, per me, solo per me.  I raggi della luna scintillavano sul mosaico alle mie spalle e mi coloravano d'argento la vestaglia che svolazza nella corsa verso la porta. Aprii la porta e vidi Meg. Ci abbracciammo. Sembravano passati mille anni dall'ultima volta. Gli passai la mano sulla chioma mentre nella stretta dell'abbraccio cercai di non perdermi nemmeno un po' del suo odore. Salimmo le scale di corsa, la feci entrare lesta lesta nella mia stanza, quando la voce di Bryan proruppe d'improvviso nel buio del corridoio.
" Chi é?"
" Tranquillo Bryan, sono solo io."
" Ho sentito altri passi."
" Chi vuoi che sia, ero io che andavo veloce perchè ho freddo..."
La spiegazione che diedi non aveva senso, e non era nemmeno una spiegazione, ma Bryan non era certo un luminare e se la fece andare bene. Tornò cheto nella stanza. Mi soffermai un secondo di più sulla sua sagoma che veniva inghiottita dall'oscurità e pensai che stesse entrando nella stanza da cui avevo sentito provenire i gemiti misteriosi. Per un momento fui colta dall'istinto di lasciare Meg sola in camera e di svelare il segreto che mi teneva accesa la mente da giorni. Ma poi desistetti ed entrai in camera mia.
Meg si era seduta sul letto, ed era più bella che mai. I suoi capelli spumosi erano raccolti in un nastro di seta  e ricadevano a lato della testa, sulle spalline di una camicetta leggera color argento. Vestiva sempre leggera, anche di inverno. Ma quella era una notte calda di un settembre torrido che non sembrava voler addolcire la sua presa. La pelle di Meg era imperalata di gocce di sudore, scintillava nel tiepido alone della luna. 
Io difficilmente sentivo caldo e stavo bene con la mia vestaglia di cotone, 
ma capii che lei doveva essere accaldata. Lasciai la finestra aperta, ma fui come presa dall'istinto di chiuderla per farle avvertire più caldo, per far sì che volta per volta si togliesse la camicietta, la gonna, si sciogliesse i capelli...
" Ti ho svegliata?"
" Stavo per addormentarmi, ma tranquilla. Come hai fatto ad entrare?"
" Ho scavalcato il cancello, facile!"
Lo disse passandosi la mano tra i capelli, con un sorriso semplice.
" E come facevi sapere che era questa la mia finestra?"
" Le tende rosa. Mi avevi detto che la tua stanza ha la tende rose. E non poteva che essere l'unica."
" Buon ragionamento, ma ti ha detto anche bene. Non sono sicura non ci siano altre tende dello stesso colore per la casa."
" Chissene importa, sono qui, è questo che conta."
" Già, conto solo questo."
" Ascolta Flo, io..."
" No aspetta, prima che tu dica qualcosa, devo chiederti scusa per oggi, ho reagito male perchè ero furiosa, ma non con te, ce l'avevo con Pam, con la madre... veramente, mi dispiace."
" Stai tranquilla, ho capito che non stavi bene, ecco perchè ti ho raggiunta."
" Hai fatto tutto questo per accertarti che stessi bene?"
" Non potevo fare altrimenti."
Ci guardammo. Il suono dei grilli riempiva l'aria e la brezza gentile piegava le tende.
" Parlerò con Pam e sarò più chiara, cercherò di farle capire la tua posizione"
" No Meg, devo farlo io. Domenica verrà qui, o spero perlomeno, e le parlerò."
" Non verrà, Flo."
" Te lo ha detto lei?"
" Non vuole venire, ma la convincerò, fidati di me."
In quel momento sentii di voler piangere. Ma non lo feci, perchè c'era Meg lì, ad un passo da me, sul mio letto. 
" Tu piuttosto, dimmi la grande novità..." cercai di sorridere, ma faticai molto. 
" Vuoi sapere del tipo che ho conosciuto?" 
" Sì, certo." Mentii, non volevo.
" Un tipo interessante, lavora part time al bar di fronte la facoltà. Il resto dei giorni frequenta le lezioni."
" Cosa studia?"
" Ingegneria! Mi piace parlare con lui, è simpatico, è sveglio, ed è bello. Ha due grandi occhi marroni e della belle labbra e poi..."
Ogni parola era un lama nella mia pelle. 
" E poi mi tratta bene."
Anticipai nella mente l'arrivo di un "però"
" Però..." e si fermò. 
"Però cosa? Qual è il problema?"
" Però... gli mancano delle qualità..." il tono della voce si fece stranamento basso, i suoi occhi si posarano in basso, come se cercasse di scrutare dentro di sè una verità mai scoperta.
" Delle qualità che non ho mai trovato in nessuno, in nessuno se non in te." Lo disse guardandomi negli occhi.
Il silenzio si adagiò con tutto il suo peso sul tepore di quella notte di stelle. Restammo a guardarci per minuti, minuti pieni, minuti interi che sembrarono ore. Cercai la sua mano con la mia senza mai smettere di guardarla negli occhi, ma poi lei si alzò.
" Dove vai?" 
" E' ora Flo, devo tornare."
" Resta!" Dissi senza pensare. Resta, dormi con me, volevo dirle.
" Non posso Flo, è pericoloso."
Non sono sicura si riferisse agli Ondrak.
" Ti accompagno?"
" No, non ce ne è bisogno Flo"
Si avvicinò e mi schioccò un bacio sulla guancia. Poi uscì dalla stanza, scese le scale senza far rumore e andò via. La vidi allontanarsi a bordo della sua macchina rossa nel buio del bosco. 
Tornai a letto con qualche domanda in più e costruii nella mia mente il continuo ideale a ciò che era successo quella notte e che mi aveva agitato il cuore nel petto. Mi addormentai felice.
   
 
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