Film > La Bella e la Bestia
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Autore: SusanTheGentle    28/03/2017    7 recensioni
Aveva perso ogni speranza di mutare la propria sorte, lo sconforto si era impadronito di lui e il suo carattere era peggiorato ulteriormente. Non riusciva a sperare, tantomeno a credere, che da un giorno all’altro sarebbe potuto cambiare qualcosa. Non credeva neppure di poter cambiare sé stesso, non riusciva ad essere diverso da quello che era. Il suo destino ero ormai segnato, benché in molti cercassero di dargli coraggio.
Doveva essere onesto con sé stesso per una volta, guardarsi dentro e accettare la dura realtà.
Chi avrebbe mai potuto amare una bestia?
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La mia personale versione di uno dei classici Disney più amati di sempre, con protagonista, ovviamente, il mio adorato Ben Barnes nei panni della Bestia
(NOTA: ispirato al film del 1992, NON al live acton 2017)
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Belle, Gaston, Lumière, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1.
 Belle
 
 
 
Il cinguettio degli uccellini salutò lo spuntar del sole nell’ultimo giorno d’estate. Il gallo aveva appena cantato, giù al villaggio qualcuno era già in piedi e presto le vie di terra battuta si sarebbero animate di voci allegre che salutavano i vicini, ognuno indaffarato nelle proprie faccende.
Nell’ultima casa in fondo alla stradina, che saliva dolcemente sulle pendici della bassa collinetta  sovrastante il villaggio, un sottile filo di fumo si levava dal comignolo. Al primo piano, una finestra venne aperta e il viso di una splendida fanciulla comparve a salutare il nuovo giorno. I suoi occhi percorsero la campagna verde che si estendeva al di là del pendio. Da quella finestra poteva osservare il piccolo granaio, l’orticello, il casotto attorno al quale cinque o sei gallinelle e un gallo becchettavano il mangime; il cavallo bruno e le due caprette pascolavano poco più in là, i coniglietti al sicuro nel loro recinto.
La ragazza ritirò la testa per continuare le sue faccende, rassettando, finendo di sparecchiare la colazione.
Da quando mamma era morta era lei la donna di casa. Era accaduto quasi dieci anni prima, una brutta febbre se l’era portata via senza che nessuno potesse far nulla. Nei primi tempi si era sentita smarrita e molto sola, ma aveva papà. Maurice era il genitore più affettuoso del mondo, anche se possedeva una personalità decisamente originale… 
Maurice era un sognatore, come lei. Da ragazzo aveva avuto la possibilità di studiare un po’ più dei suoi coetanei e si era così appassionato alla scienza. Aveva ereditato la casa e il piccolo appezzamento di terra dal padre, ma il suo sogno era sempre stato quello di fare l’inventore. Da lui, la fanciulla aveva ereditato quella tenacia che, certe volte, quando la rimproverava, egli chiamava testardaggine; sua madre, invece, le aveva trasmesso la passione per i libri. Isabelle era il nome che mamma aveva scelto per lei, ma papà la chiamava sempre Belle.   
E Isabelle, bella lo era davvero. Possedeva un viso dai lineamenti delicati, occhi nocciola grandi ed espressivi, capelli castani molto mossi che ricadevano lungo la schiena, gambe dritte e snelle, le forme armoniose, la bocca più graziosa che i ragazzi del villaggio avessero mai visto. Non le avrebbero negato un bacio se Belle glielo avesse concesso. Ma lei non lo concedeva a nessuno. Inconsapevole della sua estrema bellezza, era però cosciente di possedere una personalità non comune. Anche questo aspetto lo aveva preso dal padre.
Belle amava stare per conto proprio, non perché detestasse la compagnia dei suoi coetanei (benché al villaggio ce ne fossero ben pochi), era soprattutto il fatto di sapere di non essere accettata che la spingeva a rifuggire per prima la loro compagnia. Alla maggior parte delle ragazze non era simpatica per via della sua bellezza fuori del comune, che catalizzava l’attenzione di tutti pur non facendo nulla per far sì che accadesse. Se avesse avuto un’indole civettuola sarebbe stata la regina di ogni festa di paese, con decine di corteggiatori intorno a pendere dalle sue labbra. Ma Belle non poteva essere più diversa di così. Era indipendente, badava a sé stessa e ragionava con la sua testa… e senza falsa modestia, certa di essere più intelligente di tanti uomini sciocchi e pieni di sé. Questi ultimi, per quanto affascinati da lei, non amavano particolarmente la sua loquacità. Isabelle aveva una mente acuta, aperta, spesso era lei a dirigere una conversazione e – cosa peggiore – sapeva fare lavori da uomini (grazie alle faccende in cui aiutava suo padre). Era soprattutto quest’ultimo aspetto a demoralizzare i ragazzi e scandalizzare tutti gli altri. Un conto era saper leggere e scrivere – la cultura era importante e al villaggio potevano dirsi fortunati di avere una buna scuola – ma tenere il naso tutto il giorno dentro i libri era cosa altamente bizzarra, a meno che non si trattasse di uno studioso.
Ma lei era una ragazza.
Terminate le faccende, dopo aver controllato che tutto fosse in ordine e non avesse dimenticato nulla, rassettò l’abito azzurro, riavviò i capelli nella bassa coda in cui era solita acconciarli, recuperò un libro dalla libreria del salotto e lo depose nel cesto di vimini che usava per andare a fare compere in paese. Si avvicinò a una porticina nell’angolo più remoto della cucina, al di là della quale proveniva un tramestio lontano. L’aprì, dando una voce giù per le scale.
  « Papà, io sto uscendo ».
 « Vai pure, mia cara, buona passeggiata » rispose una seconda voce da qualche parte nello scantinato.
« A più tardi! ». Belle ridacchiò richiudendo la porta, poi si avviò.
Suo padre era in piedi da prima dell’alba. Aveva ingollato il pasto del primo mattino in tutta fretta, per poi rifugiarsi nuovamente nel suo laboratorio a trafficare con la sua ultima invenzione. Sperava con tutto il cuore che quest’anno gli sarebbe andata bene alla fiera in città.
Immersa nei suoi lieti pensieri, oltrepassò la staccionata che divideva il giardino dalla strada. Il cinguettio degli uccelli l’accompagnò per tutto il tragitto. Un venticello fresco le scompigliò un poco i capelli, costringendola a ricacciare indietro il ciuffetto ribelle che le solleticò la fronte e che mai restava al suo posto. Svoltato un angolo, la casa scomparve dietro una folta macchia di faggi, rasenti il sentiero che scendeva verso il villaggio. Superò il vecchio mulino, le pale che infrangevano l’acqua del fiume che scorreva pigro e scintillante, attraversò il ponticello, ed infine mise piede sul primo tratto di strada acciottolata entrante in paese.
Non vi era luogo più tranquillo al mondo, un dipinto fatto di casette di mattoni strette tra loro, abbracciate dalla campagna francese che profumava di gelsomino e lavanda… anche se in quel momento non si sarebbe detto affatto un posto tranquillo. Le stradine erano animate dall’affaccendarsi dei padroni di botteghe, empori, chioschi e bancarelle, venditori e compratori battibeccavano sul prezzo di una merce, altri strillavano richieste facendo a gara a chi alzasse di più la voce. Dalle finestre ornate da vasi di fiori variopinti, le donne stendevano il bucato e occhieggiavano la piazza e le viuzze; mille suoni e profumi diversi si alternavano tra loro man mano che Belle passava di fronte ai diversi negozi: il fornaio, l’erborista, il macellaio, il carpentiere, il pescivendolo, la sartoria, il barbiere… il fioraio lasciò un istante il suo carretto per scattare in avanti e togliersi il berretto al suo passaggio, come non mancava mai di fare ogni giorno, sotto gli sguardi seccati della moglie. Nel chiasso di rumori e voci, tutti si salutavano tra loro e salutavano Belle. La ragazza era oggetto degli sguardi di tutti gli appartenenti al sesso maschile, giovani e meno giovani. Nessuno rimaneva indifferente alla grazia della bella figlia di Maurice. Ma Belle non dava peso a quegli guardi, e se non glielo avessero fatto notare non se ne sarebbe neppure accorta.
Si fermò alla bottega del fornaio, che le rivolse un gran sorriso e si interessò della sua giornata.
   « Bonjour, Isabelle, tutto bene? », la salutò l’uomo alto e corpulento.
   « Buongiorno a lei. Tutto bene, grazie. E voi? » rispose la ragazza.
Il fornaio posò le possenti braccia sul bancone. « Oh, non c’è male. Maurice come sta? Sempre indaffarato con la sua ferraglia? ».
   « Proprio così. In questo momento sta ultimando la sua ultima invenzione ».
Il fornaio annuì sapientemente. «Scommetto che anche quest’anno parteciperà alla fiera della scienza giù in città, eh? ». Emise una risata fragorosa, incartando per Belle due belle pagnotte calde e morbide.
La fanciulla le prese sorridendo educatamente. Ecco che, come al solito, la gente si premurava di ricordarle la stranezza di suo padre. Loro due erano glia tipici, gli strani, lui per il pallino delle invenzioni e lei a causa della sua passione per i libri. Sapeva anche che alcuni chiamavo Maurice ‘matto’, e questo la mandava fuori dai gangheri come nient’altro al mondo. Per fortuna, il fornaio non era tra questi. Non parlava mai di Maurice con vera cattiveria, anzi erano molto amici, gli piaceva solo accennare qualche battuta.
Belle infilò il pane nel cesto di vimini, estraendo i soldi per pagare. Mentre la osservava, il fornaio non poté fare a meno di notare quel che era posato sul fondo del cesto.
   « Ah, un nuovo libro? ».
A quella domanda, Belle si animò. Adorava parlare delle sue letture, era sempre pronta a farlo se qualcuno si mostrava interessato.
   « Sì! » esalò con un sorriso decisamente più ampio. « Sto andando a restituirlo. Era davvero  molto bello ». Si lanciò nel racconto della trama ma il fornaio non la stava più ascoltando. Gridava dietro alla moglie di sbrigarsi, c’era un sacco di lavoro da fare e lei se ne stava in strada a chiacchierare.
   « Allora… arrivederci » fece Belle, rimettendo il libro nella cesta con una certa delusione.
Il fornaio le rivolse un saluto distratto ma cordiale.
Belle scrollò le spalle, allontanandosi dalla bottega tra la folla vociante che riempiva le viuzze.
Mentre portava a termine le compere, non riuscì a impedire al solito sconfortante pensiero di farsi largo tra la mente: il paese era bello, ma la gente era tremendamente noiosa. La vita lo era. I giorni si susseguivano uno uguale a un altro, la cosa più emozionante mai accaduta era stata quando il parroco si era rifugiato sul campanile a causa di una gatto particolarmente affettuoso che voleva le sue attenzioni. Peccato che il parroco avesse la fobia dei gatti e non potesse soffrirli…
Lei non apparteneva a quella monotonia, non la sopportava, si sentiva fuori posto. Quel piccolo mondo le andava stretto. Se suo padre fosse divenuto presto un famoso inventore… o sei lei fosse riuscita a trovare un buon lavoro per potersene andare dal villaggio… Sognava un futuro diverso da quello che poteva offrirle il villaggio se fosse rimasta lì: un futuro fatto di avventure, incontri con persone interessanti, luoghi mistici e lontani da esplorare. Oh, come le sarebbe piaciuto che la sua vita fosse almeno un po’ simile a quella dei libri che leggeva!
Con questi pensieri in mente si avviò infine verso la sua meta: il libraio. Era un negozietto in fondo alla piazzetta del paese, un po’ polveroso e un po’ più buio degli altri, per via dei grandi e alti scaffali stipati al suo interno. Sopra di essi erano allineati alla bell’e meglio decine e decine di libri, molti di più di quanti potessero starcene davvero. Vecchi volumi per lo più, di tutte le dimensioni, le copertine consunte e le pagine ingiallite, ma ancora in grado di raccontare le loro mille, diverse storie.
Belle era una cliente fissa del libraio: fin da quando aveva imparato a leggere, fin dalla prima volta in cui vi aveva messo piede, non era passato giorno che non si fosse premurasse di andare a salutare il vecchio proprietario, per sfogliare qualche pagina dei suoi tesori di carta e inchiostro. Quando se ne stava lì dentro, il rumore della strada pareva sparire, sostituito dal silenzio interrotto solo dal fruscio delle pagine o dal grattare della penna del libraio su qualche documento. Lei lo chiamava semplicemente monsieur, ed egli era il solo in tutto il paese a chiamarla Belle e non Isabelle.
La campanella appesa alla porta tintinnò allegramente quando la fanciulla entrò nel negozio.
   « Buongiorno », salutò con un bel sorriso.
   « Ah, Belle. Buongiorno » salutò il libraio di rimando, lasciando la sua scrivania ingombra di fogli e volumi, venendo avanti con la schiena un po’ curva.
Se Belle poteva dire di avere un amico al villaggio, era proprio lui, il vecchietto con i capelli bianchi che gli crescevano in ciuffi disordinati sul capo, pochi denti e un paio di occhialetti rotondi portati in equilibrio sulla punta del naso.
   « Sono venuta a restituirle il libro » disse la ragazza, cavandolo dal fondo del cestino zeppo di incarti della spesa al mercato.
Il libraio ridacchiò benevolmente. « Benedetta ragazza, lo hai già finito? Sei venuta soltanto ieri a prenderlo! ».
   « Lo so, ma non riuscivo proprio a smettere di leggerlo ». Porse il libro all’ometto, veleggiando decisa verso gli scaffali più vicini. « Ha niente di nuovo? ».
Il libraio la raggiunse, zoppicando leggermente. « I nuovi arrivi li hai già divorati, mia cara ».
   « Oh… » fece Belle pensierosa, scorrendo con lo sguardo i titoli dei tanti romanzi che già conosceva. Ma ce n’era uno in particolare che non si sarebbe mai stancata di leggere.
   « Se permette, prenderei ancora questo ».
Belle si arrampicò sulla scala appoggiata alla libreria, traendone un volume da uno dei ripiani più alti. Il libro sembrava particolarmente usurato, sulla copertina blu era inciso il titolo in lettere che una volta erano state dorate, ma il colore era sbiadito, così come il piccolo dipinto rappresentante un giovane cavaliere dai capelli scuri nell’atto di far salire a cavallo una bella fanciulla bionda.
Il libraio sorrise mostrando i pochi denti rimastigli. « Chissà perché non mi stupisce che tu abbia scelto quello ».
Belle strinse il libro al petto con entusiasmo. « Lo so, ma è il mio preferito: dame e principi, stregoni, corse a cavallo, castelli incantati e mille avventure. E l'amore. Oh, il modo in cui i due si innamorano i due protagonisti è così bello e così impensabile!». Balzò agilmente  giù dalla scala, facendo una giravolta su sé stessa. « Lei lo ha letto, non è vero? Non crede sia incredibilmente avvincente? ».
Il libraio non smise di sorridere, approvando di cuore la passione che quella giovane fanciulla mostrava per la lettura.
   « L’ho letto molte volte, come te, e l’ho trovato entusiasmante ». Le fece l’occhiolino, poi tornò verso la scrivania ingombra. « A tal proposito, se ti piace così tanto, se vuoi posso regalartelo. Dopotutto, è più il tempo che se ne sta sul tuo comodino che su questi scaffali ».
   « Ma monsieur, non posso accettare! » fu la pronta risposta di Belle, che nonostante tutto sperava in quella grande fortuna.
   « Insisto! E non si discute »
   « Davvero me lo regala? Oh, la ringrazio! La ringrazio con tutti il cuore! ».
Qualche istante dopo, ancora senza credere di possedere finalmente quello che era senza dubbio il suo libro preferito, Belle lasciò la bottega del libraio, assicurando che sarebbe tornata  a trovarlo l’indomani.
Era stato proprio generoso a farle quel dono, per lei era raro potersi concedere una spesa in più del necessario. I libri cosavano molto, anche quelli vecchi o usati, per questo passava intere giornate in quel negozio polveroso: così facendo poteva sfogliare tutti i volumi che desiderava. Chiunque altro le avrebbe impedito di leggere i libri del negozio, tantomeno farle prendere in prestito qualcosa senza pagare, ma il vecchietto era talmente una cara persona che non si sarebbe mai sognato di mandarla via.
Iniziò la camminata verso casa, fresca di compere e il volto già immerso tra le familiari pagine ingiallite. Raggiunse la fontana al centro della piazza e guardò in alto verso il campanile della chiesa che spuntava dietro le case di sinistra. Aveva ancora qualche minuto prima di tornare a casa a preparare il pranzo. Saltellò sul bordo di pietra della fontana che stava al centro della piazza, incrociò le gambe facendo attenzione a coprirle bene con la gonna, in modo che le comari non andassero a dire che fosse una svergognata. Lì vicino, un gruppo di bambini saltava la corda, godendosi la libertà delle ultime giornate di sole, un gruppo di pecorelle corse scompostamente di qua e di là, rincorse dal loro inesperto e troppo giovane pastore.
L’aria fu improvvisamente invasa da risate fragorose, i cui proprietari risalivano la via che portava all’unica taverna del paese. Era un gruppo di giovanotti dall’aria spavalda, uno più degli altri: camminava al centro del gruppetto, portando sulle spalle un fucile da caccia. Dietro di lui veniva un ragazzotto più basso e rotondetto, reggendo tra le corte braccia un mucchio di pernici chiaramente morte. Evidentemente, il gruppo rientrava da una proficua battuta di caccia tra le campagne, e pareva che il più in gamba tra loro fosse il ragazzo che portava il fucile in spalla. Gli altri ridevano alle sue battute un po’ stupide, osservandolo con ammirazione. Egli, tuttavia, non faceva nulla per non vantarsi della sua posizione favorevole rispetto al resto degli amici (se così potevano chiamarsi), forse sapendo di essere più bravo, più audace, e anche più affascinante di loro. Si passò una mano tra i capelli corvini quando passò accanto a un terzetto di ragazze sospiranti. Le tre, appostate all’angolo della via, sembravano essersi piazzate lì appositamente per vederlo passare. Il giovane aitante fece loro un cenno di saluto e quelle iniziarono a strillare in risposta, poi, quando il ragazzo le ebbe sorpassate assieme al suo gruppo, si strinsero l’una all’altra iniziando a conversare tra risatine chioccanti, lanciando ancora sguardi di inequivocabile apprezzamento al bel giovane moro.
Raggiunto il centro della piazza, il gruppo si disfece, restarono solo il ragazzo col fucile e il ragazzotto più basso. Il primo si fermò a bere alla fontana, rinfrescandosi il viso.
   « Sei davvero grande, Gaston! » disse il secondo con eccessivo entusiasmo. «Sei il più grande cacciatore della contea. No, che dico! Di tutto il regno! Nemmeno il principe potrebbe fare meglio di te, e si dice che sia abilissimo ».
Gaston si rassettò la giacca con fare pomposo. « Lo so, LeFou » rispose con malcelato orgoglio.
« Hai visto che facce avevano gli altri quando hai preso la decima pernice? Eh? Le hai viste? ».
« Di sicuro non si aspettavano che le uccidessi tutte al primo colpo », si vantò Gaston. « Stasera berremo gratis alla locanda, mi devono un giro ciascuno ».
LeFou emise un risolino di gioia al pensiero che si sarebbero divertiti senza sborsare un soldo. Posò i trofei di caccia sul bordo della fontana, asciugandosi il sudore dalla fronte.
« E’ davvero un bel banchetto, amico mio, oh sì! Nessuna bestia può scamparla con te, e nemmeno le ragazze ».
LeFou protese il petto in fuori, facendo gemere le cuciture della sua camicia, risultando così molto ridicolo agli occhi delle tre ragazze chiacchierine, ancora ferme all’angolo della via. Quelle risero del tentativo di LeFou di apparire aitante almeno un quarto del suo compare, che era di trenta centimetri buoni più alto di lui. Aspettavano Gaston, nella speranza di ricevere un altro saluto e scambiare qualche parola.
Ma Gaston stava guardando da tutt’altra parte, interessato a una figura che aveva appena lasciato la piazza, scendendo lungo un vicoletto laterale.
  « Puoi ben dirlo. Nessuna ragazza sa resistermi ».
Cosciente di essere il ragazzo più bello del paese, amando l’adulazione, si divertiva a far cadere ai suoi piedi ogni ragazza. Con la mascella volitiva, i capelli neri, la corporatura robusta e la sua forza, con queste caratteristiche rappresentava il miglior partito che si potesse trovare nel raggio di chilometri. Non guastava nemmeno che possedesse una certa somma di denaro. Nessuna sfuggiva la suo fascino… tranne una. Ma Gaston sapeva che esiste sempre un’eccezione in tutto, solo che a lui non piacevano le eccezioni, specialmente se interferivano con i suoi piani.
 « Vuoi sapere chi sarà la mia prossima preda? » chiese a LeFou, continuando a fissare la figura in lontananza.
« Sì, certo » rispose distrattamente l’amico, che aveva rinunciato ad attirare gli sguardi delle ragazze. « Dove andiamo a caccia di pollastrelle, stanotte? E non sto parlando di pernici, eh eh… ».
Gaston lo prese per il bavero della giacca, costringendolo a voltarsi. « Tu non vieni da nessuna parte se si tratta di lei, piccolo barile ambulante », e con un gesto indicò la figura di Belle che si allontanava.
 « Cosa… come…? » balbettò LeFou, registrando l’informazione con una certa lentezza. « Chi? Isabelle? La figlia dell’inventore pazzo? Starai scherzando! ».
  « Io non scherzo mai » disse Gaston, marciando su per la strada.
Il compare riacchiappò le pernici, correndo per riuscire a tenere il passo con le sue corte gambe, osservandolo a bocca aperta.
Gaston adorava essere il centro dell’attenzione, e sapeva che il suo compagno era sempre il pubblico migliore. LeFou era un inetto, sciocco campagnolo che non era mai stato in grado di tenersi un lavoro per più di una settimana, così, Gaston lo aveva preso sotto la sua ala, assoldandolo come secondo nelle sue battute di caccia, lavoro che gli dava da vivere. La sua era sempre stata una famiglia di bravi cacciatori. Per di più, a Gaston piaceva portarselo dietro come una specie di attendente, poiché pensava che questo conferisse un tocco di importanza in più alla sua privilegiata posizione tra gli abitanti.
Di propria parte, LeFou stava volentieri con Gaston. Lui era basso e grassottello, cosa che lo rendeva poco agile, inoltre era un codardo, perciò, al servizio dell’uomo più ammirato e temuto della contea, non aveva nulla da temere. Felicitava della popolarità riflessa di cui Gaston era protagonista, riservandosi un posto in ombra, ma comunque un buon posto. Nessuno avrebbe osato avvicinarsi a lui fintantoché rimaneva al fianco di Gaston.
   « Ma…ma… senti, Isabelle non ti ha mai degnato di uno sguardo » continuò LeFou, spargendo piume di pernice per tutta la strada.
 « Ti devo insegnare proprio tutto delle donne! Quando una ragazza finge di non essere interessata, in realtà è tutto il contrario » ribatté Gaston con fin troppa sicurezza, facendo un gran rumore con gli speroni dei suoi stivali, con l’intento di attirare l’attenzione di Belle. Ma la ragazza era immersa nella lettura di un libro e camminava con il naso incollato alle pagine senza badare a nulla. In effetti era straordinario il fatto che non andasse a sbattere contro nessuno.
 « Tu si che sei intelligente, Gaston » canterellò LeFou, « sai davvero un mucchio di cose più degli altri. Quindi pensi sia innamorata di te? ».
 « Se ancora non lo è, lo sarà presto. In ogni modo, quando l’avrò conquistata le chiederò di sposarmi e lei accetterà. Di questo sono sicuro ».
LeFou sgranò gli occhi dall’incredulità. « Caspita, Gaston, vuoi proprio far sul serio! Però è una ragazza strana, voglio dire, non credo sia adatta a te ».
Gaston rise con sufficienza. « Non potevi chiamarti che LeFou, amico mio, sei davvero stupido. E’ logico che, una volta sposati, lei dovrà imparare a rispettarmi e perciò cambiare quel suo atteggiamento stravagante. Naturalmente non permetterò che la gente sparli di mia moglie ».
 « Naturalmente » fece eco LeFou. « Però, se per caso fosse già promessa a qualcun altro? Perché sai, dopo tutto questo tempo che la corteggi è strano che lei non abbia ancora… ».
   Gaston si fermò così bruscamente che l’amico gli rovinò addosso. Era livido, e LeFou si rese conto di aver commesso un madornale errore contraddicendolo. Gli venne la tremarella, aspettando il pugno che gli arrivò dritto sulla testa.
   « E' assolutamente impossibile! » abbaiò Gaston, afferrando il compare per il colletto della giacca, « Non ho voglia di discutere con te su questa faccenda: ormai ho deciso ».
  « Sì, sì, certo » sputacchiò LeFou, che al momento riusciva a stento a respirare. « Volevo solo dire che… ».
  « Silenzio! Si è fermata, finalmente ». Gaston lasciandolo andare il comare. Si sistemò i capelli un’altra volta e ostentò il sorriso più bianco che potesse esistere, molleggiando in direzione della fanciulla intenta ad acquistare un bel mazzo di fiori.
Gaston faceva la corte a Belle da quando erano fanciulli. Purtroppo per lui, LeFou aveva ragione: la ragazza non lo aveva mai degnato d'uno sguardo, probabilmente lo trovava persino insopportabile con quella sua aria tracotante. Ma nel suo smisurato ego, Gaston non era capace di concepire un rifiuto per quella che ormai era una certezza: Belle lo avrebbe sposato perché lui er al'uomo e lui aveva deciso. Discorso chiuso. La moglie del fioraio si era premurata di spedire il marito a fare una consegna, ed ora sembrava molto più amichevole con Belle.
« Guarda chi sta arrivando » le disse con un risolino.
Belle non si voltò. « Lo so già: Gaston… », disse con una smorfia.
« Non capisco come faccia a non piacerti, dico sul serio » ribatté la fioraia.
« Perché, a te piace? » chiese Belle, domandandosi come si potesse trovare interessante un uomo con la testa gonfia di sole tre cose: la caccia, l’alcool e se stesso. 
« Certo che mi piace!» dichiarò la fioraia. « Comprendimi: io sono felicemente sposata, ma è indubbio che Gaston sia un ragazzo estremamente… »
 « Borioso ».
« Oh, Isabelle! Dovresti smetterla di fare la preziosa »
« Come, scusa? ».
« Ma sì! Non è possibile che non ci sia un ragazzo che ti interessa qui al paese. La nipote del fabbro ha quindici anni ed è già sposata da un anno! ».
« Povera lei » fu il sincero commento di Belle. Come si poteva sposarsi così giovani?
Fece per prendere i fiori ma la fioraia, decisa a terminare la discussione, li allontanò dalla sua portata.
« Hai ventidue anni, Isabelle! ».
« E per la società, il fatto che non abbia ancora marito, fa di me una megera in pratica, lo so. Sopravvivrò alle maldicenze, non temere » sorrise Belle, come se per lei non avesse davvero importanza.
 « Secondo me dovresti farci un pensierino su Gaston. Lui pare bendisposto » insisté la fioraia.
  « Ehm... no, grazie ». Gaston si avvicinava pericolosamente e lei non voleva assolutamente incontrarlo. « Ora mi daresti i fiori? Se sono fortunata riuscirò ad evitarlo ».
Ma la fioraia allontanò di nuovo il mazzo dalle sue mani tese. « La verità è che dovresti smetterla con le fantasticherie », e agitò una mano ad indicare il libro che spuntava dal cestino che Belle portava sottobraccio « Non dico che la tua non sia una virtù, leggi più di tutte noi messe insieme, però non puoi… ».
Belle sbuffò tanto sonoramente da coprire le parole dell’altra, allungando le braccia e riuscendo finalmente a prendere il mazzo di fiori.
 « Ora devo scappare, scusami tanto. Ci vediamo!». Mise in mano alla fioraia due monetine d’argento, la salutò e camminò più veloce che poté per mettere una buona distanza tra lei e Gaston. Ma lui ormai l’aveva raggiunta.
Belle si concentrò più che mai sul libro, facendo finta di non vederlo finché le fu possibile. Ma la scena non durò molto…
Arrivati quasi al soglia del paese, dove la strada si trasformava in sentiero, Gaston le si affiancò e si mise a fissarla insistentemente.
 « Ciao, Belle », disse, dopo altri lunghi secondi di ostentato silenzio da parte di lei.
Ma adesso non poteva più ignorarlo.
  « Ciao, Gaston » gli rispose in tono piatto.
Vista l’imperturbabilità della fanciulla, che continuava a tenere gli occhi puntati sul libro, Gaston pensò bene di portarglielo via senza troppi complimenti. Glielo sfilò dalle mani e finalmente ottenne la sua attenzione.
« Gaston, potrei riavere il mio libro, per favore? » chiese Belle, voltandosi per affrontarlo. Lui si era messo a sfogliare distrattamente il libro, capovolgendolo, osservandolo da tutte le parti.
« Come fai a leggere questa roba, non ci sono neanche le figure », la canzonò il giovane. Udì LeFou sghignazzare: seguiva la scena qualche passo dietro di loro.
« Si chiama immaginazione » spiegò la ragazza con pazienza e un pizzico di esasperazione, come se parlasse a una persona un po’ tarda. « Sai, le figure si usano nei libri per bambini piccoli, quelli che ancora non sanno leggere vocaboli più articolati e romanzi impegnati ».
Gaston le lanciò un’occhiataccia. La sua lingua tagliente era una di quelle cose che si sarebbe premurato di correggere dopo il matrimonio…
 « Belle… » fece, scuotendo il capo.
Era davvero sfacciato, pensò lei, a chiamarla con quel nomignolo. Solo in famiglia era conosciuta come Belle.
   « Belle, sarebbe ora che la smettessi di perdere tempo dietro a queste sciocche fantasie e ti concentrassi su cose più adatte a una ragazza »
 « Ad esempio? ».
 « Ad esempio me ». Gaston sorrise, mettendo in mostra i suoi denti perfettamente allineati e bianchissimi.
Belle rimase lì, a braccia conserte, fissandolo con impassibilità. Forse si aspettava che arrossisse o qualcosa del genere.. povero illuso… Batté due volte le palpebre, attendendo che lui smontasse quella scenetta patetica. Scosse il capo, cercando di riprendersi il suo libro, ancora tra le mani di Gaston. Lui glielo impedì gettandolo via, e quello cadde al margine della strada, tra la polvere e il fango.
 « Ehi! » esclamò Belle, inginocchiandosi a terra per salvare il libro. Fortunatamente non si era rovinato: la copertina rigida aveva attutito gli spruzzi del fango. Belle lo ripulì con l’orlo del suo abito, rialzandosi per fronteggiare Gaston. Era parecchio più bassa di lui ma il suo cipiglio e la sua sicurezza eludevano la differenza di statura.
   « Dovresti scusarti, sarebbe il minimo! », esclamò furiosa, le mani puntate sui fianchi. Non le importava di apparire sgarbata, perché lui lo era sempre, la infastidiva e la corteggiava senza pudore da anni. Probabilmente, pensava Belle, era talmente immodesto da non rendersi conto di quanto fosse villano
   « Eh già, dovresti proprio, Gaston » sogghignò LeFou.
   « E’ solo uno stupido libro, non ti alterare » fece Gaston on voce  vellutata. « Certo, è bello che una donna voglia addottrinarsi, ma il posto della donna è tra le mura di casa. Non sta bene che una fanciulla legga di continuo, le vengono in testa certe strane idee, e poi comincia a pensare cose stupide che non rispecchiano assolutamente la realtà. Le distorce, capito? ».
« Insomma, una donna non dovrebbe pensare », proseguì Belle.
 Gaston e LeFou si scambiarono uno sguardo divertito.
  « Oh, ma le donne che pensano sono molto interessanti, solo che non dovrebbero farlo troppo, sono così delicate che non dovrebbero affaticare la testa a quel modo. E’ una cosa da maschi. Insomma, lo sanno tutti che gli uomini hanno il cervello più grande ».
  « Davvero? » esalò LeFou, ammirato. « Non lo sapevo mica io, come sei intelligente, Gaston! ».
Belle soffocò una risata, coprendosi la bocca con una mano.
 « Gaston, sei davvero primordiale ».
 « Ah, ah, ah! Grazie, Belle » sorrise Gaston, compiaciuto, che non aveva affatto capito cosa volesse dire ‘primordiale’, e aveva equivocato quella parola per un complimento. « Ora lasciamo perdere i libri. Perché invece non andiamo alla taverna, così posso farti vedere i miei ultimi trofei di caccia ».
Gaston le mise un braccio attorno al fianco e la strinse al fianco in una presa ferrea. Belle scivolò da sotto il suo braccio e indietreggiò di opportuna distanza.
  « Magari un’altra volta… o magari l’anno prossimo… ehm, volevo dire no, perdonami, devo andare a casa ad aiutare mio padre. Arrivederci ».
Si era già voltata per correre su per il viottolo di campagna, quando la risata fragorosa e acuta di LeFou le arrivò alle orecchie.
  « Quel vecchio matto di Maurice! Quello non ha tutte le rotelle al suo posto! ».
Gaston si unì alle risa. Belle non ci vide più dalla rabbia.
  « Smettete immediatamente di ridere! Non osate, vi avverto! ».
Gaston smise subito per far bela figura con lei, e tappò la bocca di LeFou con un mucchietto di piume di pernice.
   « Stupidi cavernicoli che non siete altro! Mio padre non è pazzo, è un genio! ».
Gaston capì di essersi giocato l’occasione, ma non appena una forte esplosione proveniente da lontano raggiunse le loro orecchie, non poté evitare di scoppiare in una nuova risata insieme a LeFou.
Belle si portò le mani al viso, terrorizzata vedendo il fumo che si alzava in rivoletti neri dalla sua casa. Volò attraverso il ponticello e su per il sentiero. Più si avvicinava più sentiva un preoccupante odore di metallo e legno bruciato.
Tuttavia, come constatò pochi minuti dopo, non vi era nulla di preoccupante a casa. Le esplosioni dentro il laboratorio di Maurice avvenivano abbastanza frequentemente, anche se tutto quel fumo non si era mai visto prima. Spalancò la porta del seminterrato e scese le scale, portandosi una mano sul fiso per coprire naso e bocca dalla puzzo di fumo soffocante.
« Papà, dove sei? Stai bene? ».
Una figura si districò dai rottami, agitando le braccia per disperdere le volute di fumo che ancora si levavano da un tubo contorto agganciato a quella che sembrava un motore a vapore.
« Eppure… coff coff… ieri funzionava… coff… benissimo ».
Maurice riemerse dal un mucchio di ferraglia, completamente coperto di fuliggine.
« Che cosa è successo? » chiese Belle, aiutandolo a mettersi dritto.
« E’ successo che non riuscirò mai a far funzionare questo stupido marchingegno! Ohu! » Maurice tirò un calcio alla macchina, con il solo risultato di ritrovarsi a saltellare su un piede sole e l’alluce
« Papà! », Belle rise di cuore. « Mi hai fatto morire di paura. Stavolta temevo davvero che fosse saltata in aria la casa ».
« Mi dispiace, tesoro. Sai, credo di averci messo un po’ troppo entusiasmo. Ero talmente certo di esserci riuscito che… ».
« E ci riuscirai » disse Belle, incoraggiante.  
« Tu credi? »
« Ne sono più che sicura ». Belle gli pulì il viso con il grembiule, poi gli diede un bacio affettuoso e il vecchio viso di suo padre si tinse di rosa. « Diventerai un inventore, papà, e quest’anno alla fiera vincerai il primo premio ».
« Oh cielo, non aspiro a tanto. Mi andrebbe bene anche il terzo posto. E va bene, mi rimetterò subito al lavoro! ». Maurice cominciò ad afferrare bracciate di rottami. « Aiutami, bambina, se non ti spiace ».
Belle lo aiutò a gettare da parte pezzi di ferraglia ormai inutilizzabili. Aprì la finestra del seminterrato per areare il locale e disperdere il fumo. Poi, una volta sistemata la spesa, e messe le verdure e la carne a bollire per lo stufato del pranzo, tornò di sotto con il suo libro, afferrò uno sgabellino traballante e vi sedette sopra, osservando a intervalli suo padre che aggiustava la macchina a vapore. Sdraiato a pancia all’aria sotto il marchingegno, ogni tanto Maurice le chiedeva di passargli qualche attrezzo.
« Allora, ti sei divertita oggi in paese? Hai incontrato qualcuno di interessante? ».
« Sempre il solito. Ho preso un nuovo libro » rispose Belle, la quale sospettava che ‘interessante’ volesse dire un giovanotto. « Comunque, non è che accada granché ».
« Purtroppo hai ragione » rispose Maurice, sparendo per metà sotto la macchina. « Ma vedrai che appena avrò vinto la fiera, la nostra vita cambierà ».
« Sì… ». Belle divenne pensierosa e non parlò per un po’. Si rigirò il libro tra le mani. Non ne aveva ancora letta una riga, troppo presa da alcuni pensieri improvvisi. Non riusciva a togliersi dalla testa le parole che la fioraia e Gaston le avevano rivolto quel mattino.
 « Papà? ».
« Sì, cara? ».
« Pensi che io sia strana? ».
Maurice riemerse da sotto la macchina. « Mia figlia strana? Come ti è venuta quest’idea? ». Le sue folte sopracciglia si unirono a formare un unico arco sotto la fronte aggrottata per l’indignazione. « Qualcuno ti ha detto qualcosa, tesoro? ».
« No, no, è solo che… non lo so » sospirò Belle. « Spesso mi sembra che quaggiù non ci sia nessuno che mi capisca, nessuno con ci parlare sul serio ».
« Passami la chiave inglese, per favore » borbottò Maurice, tornando al lavoro. Per quanto fosse felice che Belle vivesse ancora con lui, era dispiaciuto di sentire che si sentiva sola.
« Dì, che ne dici di Gaston? E’ un gran bel ragazzo ».
Belle fece una smorfia. « No, non fa per me. E’ bello sì, ma è villano e presuntuoso ».
« Mi dicono che ti fa la corte » ridacchiò Maurice.
Belle emise una specie di singhiozzo spaventato, sparendo dietro il suo libro, decisa a ignorare la conversazione. Maurice rise ancora, poi si rialzò da terra con un lieve lamento e si pulì le mani in uno straccio.
« Ecco fatto. Adesso dovrebbe funzionare ».
Belle balzò in piedi e fu al suo fianco. « Dici davvero? »
« E’ quello che spero. Sei pronta? ».
« Pronta! ».
Maurice spinse una leva, Belle si nascose dietro le sue spalle, e la macchina si scosse tutta, cominciando a sbuffare e cigolare. Un braccio meccanico si mosse, afferrò un ceppo di legno, lo mise su un ripiano e, con un altro sbuffo e un altro cigolio, una piccola ascia calò da sola sul ceppo tagliandolo in due.
« Funziona! » esclamò Maurice al colmo della gioia.« Funziona, Belle, ce l’ho fatta! ».
« Lo sapevo, lo sapevo! » gridò la ragazza saltellando sul posto e abbracciando il padre.
« Molto bene » annunciò allegramente Maurice, « iniziamo i preparativi per la fiera, figliola. Abbiamo solo pochi giorni ».
E poi, padre e figlia salirono le scale del seminterrato da braccetto, pronti a gustarsi un ottimo stufato, lasciando la macchina a sferragliare e tagliare ceppi di legno.

 
 
 

- L'Angolino di Susan -

Ecco il secondo capitolo della storia! Spero davvero che vi sia piaciuto.
Abbiamo presentato la nostra Belle, come la trovate? Personalmente mi è piaciuto moltissimo descriverla, diciamo che di solito le mie protagoniste non sono molto ribelli, invece lei lo sarà. Mi piacerebbe anche sapere cosa pensate della mia visuale degli altri personaggi. Purtroppo non sono riuscita a fare la copertina per la storia... spero di ritagliarmi un pò di tempo questa settimana.
Una domanda: secondo voi faccio bene a usare le battute originali? Vi piace?
Non so se qualcuno di voi lo ha notato, ma ho deciso che Belle sarebbe stata molto più giovane della Bestia, perché nel libro originale di
Beaumont sembra sia così. Inoltre volevo sfatare un po’ il cliché delle ‘sedicenni in età da marito’, poiché non era esattamente così. E’ una cosa che ho scoperto di recente: nelle classi sociali più elevate accadeva di sposarsi anche molto giovani, sebbene non sempre, ma nelle classi inferiori il matrimonio in età precoce era raro. L’età media per le femmine si aggirava intorno ai 20-23 anni, per i maschi intorno ai 25, anche se c’erano coniugi con grandi differenze d’età, e non sempre il maschio era più grande.
Ok, non ve ne fregava nulla, vero? D:
Va bene… vi lascio alle recensioni. Se ci sono errori perdonatemi, ma non ho avuto tempo per rileggere.
Alla prossima!
 
Susan <3
   
 
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