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Autore: DonnieTZ    30/03/2017    8 recensioni
[Destiel] [Dystopian!AU]
In un universo in cui tutto è controllato - perfino l'arte e le relazioni - si racconta della leggendaria connessione che collega le anime gemelle quando esiste la possibilità concreta che il loro amore si realizzi. Cas, con la sua fede nel rigido sistema che governa tutto, è un pittore solitario; la voce che improvvisamente sente una sera qualsiasi, invece, è quella di Dean, un cantante che il sistema lo odia.
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Avrebbe voluto essere in grado di chinare la testa, di sottostare alle regole, ma c'era qualcosa nella sua anima che non voleva saperne. C'erano passioni e tormenti e incubi dietro le palpebre quando arrivava l'alba e lui andava a dormire. Cantare rendeva tutto così evidente da fare quasi male. Ma quella sera c'era il vago pensiero di dover ricacciare indietro la malinconia, perché non era solo a sentirla vibrare nella mente.
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Non aveva davvero idea di cosa stesse dipingendo, non riusciva a carpire un'immagine completa, ma sapeva che riguardava Dean. C'erano angoli più scuri, sfumature che si incupivano fino a diventare nere, ma il verde smeraldo brillava al centro della composizione, come una luce lontana.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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5. Ferite e promesse
 
«Non avevo dubbi tu avessi un'indecente quantità di permessi arretrati» disse Dean, un sorriso amaro sul viso.
Vorrei non sentire più niente.
«Qual è il verdetto?» chiese poi, soffocando quel pensiero con la voce.
Fu inutile, ovviamente, perché Cas venne invaso dai pensieri incrinati di dolore che affollavano la mente di Dean.
Fa male.
Voglio che smetta.
Fallo smettere.
Cas lo osservò posare il bicchiere ormai vuoto sul bancone.
«Verdetto?» domandò poi, perplesso, tentando di non essere sopraffatto dall'idea di essere lì, con Dean, a guardarlo dritto negli occhi come se tutte le risposte dell'universo si trovassero nelle sue iridi verdi.
Dean, a quella domanda, si limitò ad aprire un po' le braccia e abbassare la testa per guardarsi, prima di tornare a fissarlo.
“Ah, un verdetto sulla tua apparenza esteriore” comprese Cas, senza parlare, per poi far vagare lo sguardo sul viso dell'altro, sulle sue labbra, sul suo mento, sulla forma dei suoi occhi. “Sei molto bello, Dean” pensò quindi, senza nessuna traccia di imbarazzo.
Anche tu, Cas. Anche tu.
Dean abbozzò nuovamente un sorriso dai contorni tristi, prima di agitare il bicchiere in direzione della donna dietro il bancone come a scacciare quell'istintiva risposta. Cas spostò lo sguardo su di lei, studiandone il profilo deciso e l'espressione leggermente preoccupata: era Ellen. Come per Dean e il suo aspetto, anche per tutte le persone che popolavano la sua vita Cas non aveva avuto immagini precise nella mente; solo ombre vaghe, piccoli indizi. Era davvero strano trovarsi lì, vedere tutto con i propri occhi. Era strano avere Dean così vicino, poter quasi sentirne il calore, avvertire la sua presenza solida. Aveva spalle larghe, avvolte dalla camicia in flanella, le maniche arrotolate sugli avambracci. Cas, nonostante la penombra del locale, notò che le lentiggini arrivavano fino a lì, puntellandogli la pelle. Ebbe un pensiero sciocco, si chiese se fossero proprio ovunque.
Sì, ovunque, gli rispose la mente di Dean, calcando la mano su una malizia che strideva con il suo dolore.
«Ellen, avanti, solo un altro» borbottò poi a voce alta, in direzione della donna, ripetendo il movimento con il bicchiere vuoto.
Sembrava quasi che incontrarsi per la prima volta, respirare la stessa aria, rendesse necessario un certo grado di finzione, di tutela, di intimità. Cas si guardò intorno, per concedere a Dean quello di cui sembrava avere bisogno – spazio, perfino nei suoi pensieri – assorbendo così l'immagine dei tavoli solidi, del piccolo palco scalcinato, della chitarra e del microfono che apparivano stranamente orfani senza una persona a dar loro vita.
«Dean, se superi il limite avrai un'altra ammonizione. Ti ricordo che lo stipendio te lo pago io e so che non hai i crediti per un'altra multa» rispose Ellen, per poi spostare l'attenzione sulla novità costituita da Cas. «E lui chi è?»
«Oh, lui è Castiel» rispose Dean, battendo una mano sulla schiena dell'altro, riportandolo così alla conversazione che si stava tenendo.
Il contatto si protrasse qualche istante più del necessario e lo sguardo di Ellen si trasformò appena, anche se poi si limitò a scuotere impercettibilmente la testa e si occupò di un altro cliente che reclamava la sua attenzione, ignorando l'espressione confusa di Cas.
Dannazione. Dovrei solo strapparmi questo coso dal polso. Cos'altro ci controllano con questo affare?
“Dean.”
Cosa?!
“Sei arrabbiato.”
Che intuito.
“Io sono qui.”
Dean sembrò abbandonarsi un poco, come se l'ennesima rassicurazione mentale di Cas riassunta in quelle poche parole – esserci per lui, dargli forza, sostegno – avesse fatto breccia nella densa coltre del suo dolore solo quanto necessario a ridimensionare la rabbia. Non il senso di colpa, quello no; né l'idea di essere terribilmente sbagliato, perché quella aveva radici profonde, ramificate, che toccavano punti oscuri e polverosi della sua anima.
«Quindi... sei davvero corso qui, eh?» domandò Dean a voce alta, distogliendo lo sguardo.
Cas gli raccontò con i ricordi di come si fosse precipitato verso il lettore, nel sentire tutto quel dolore riversarglisi dentro, e di come avesse selezionato velocemente un permesso per il tempo libero, per poi vestirsi e correre seguendo un istinto che non pensava di avere, percorrendo strade conosciute solo attraverso la connessione con Dean.
 
Dean ascoltò i pensieri di Cas, le dita ancorate al bicchiere vuoto, lo sguardo spostato nuovamente sugli occhi incredibilmente blu che si trovava vicino.
Cas era...
Intenso. Come un colpo dritto al petto. Era qualcosa per cui Dean non era pronto, non dopo la notizia di Benny, non dopo la rinnovata consapevolezza di essere dannoso.
Vuoi che me ne vada, Dean?
“No” pensò subito Dean, istintivamente. “No, resta” scandì con più calma, soppesando le sillabe con la mente.
Cas annuì nella realtà fisica, nell'aria calda del locale dove i loro corpi sembravano immobilizzati in quello sguardo ininterrotto. A Dean scappò uno sbuffo di risata.
«Se ci parliamo qui» sussurrò, furtivo, portando il dito alla tempia, «non ti puoi mettere a fare sì con la testa.»
Cas annuì ancora e Dean sorrise un poco di più.
C'era qualcosa di strano, nel ragazzo, ma era una stranezza tutta da scoprire. Dean non riuscì a fermarsi dall'immaginare cosa dovesse esserci sotto l'espressione confusa, e sotto l'impermeabile e la giacca e la camicia...
Dean..
“Scusa, amico. Ma, ehi, hai iniziato tu con la storia delle lentiggini.”
Non devi scusarti. Credo sia una serata difficile, per te. E tutto questo è nuovo per entrambi.
“Quindi posso avere fantasie lussuriose? Ho un lasciapassare?”
A quel pensiero, Dean fece seguire un occhiolino scherzoso.
La verità era che avrebbe voluto interrompere quella connessione. Almeno per quella sera, solo per potersi abbandonare al dolore per Benny e alla confusione che la vicinanza di Cas gli suscitava. Invece continuava a scivolare su pensieri che non avrebbe dovuto fare – su Cas e su Benny e su se stesso –, correggendosi mentalmente un secondo troppo tardi.
Non devi. Abbiamo condiviso tutto in questi giorni. Non è cambiato nulla.
“Sei qui.”
Dean ancora non ci credeva. Gli era bastato sentire la sua mano sulla spalla per capire che la frase della prima sera non aveva perso il suo significato. Erano fottuti. Lui era fottuto.
E non poteva impedirsi ingiusti paragoni con Benny, come se non fosse abbastanza imbarazzante dare libero accesso a Cas a tutto quello che sentiva.
Anche tu senti me, Dean.
A quel pensiero, Cas sembrò sforzarsi di far seguire tutto quello che gli aveva attraversato la mente quella stessa sera, tutte le impressioni che Dean non era riuscito a cogliere, avvolto com'era dal dolore: Cas l'aveva trovato bello, con immediatezza e intensità, ed era rimasto affascinato dalle sfumature di verde nelle sue iridi. Più di quanto poteva vedersi da fuori, però, a Cas era sembrato che ogni pezzo fosse al suo posto, che l'immagine di Dean fosse finalmente completa, ed era quella di una persona buona, pronta a sacrificare se stesso per gli altri, sempre e comunque. Ferita, forse in modi che non potevano cicatrizzarsi, ma buona. Cas andò avanti, lasciando che i pensieri fluissero onesti, e gli mostrò cos'aveva sentito trovandoselo vicino, posando la mano sulla sua spalla, avvertendo il suo calore oltre la stoffa ruvida della camicia. Cosa vedeva nei suoi occhi, scavandoci dentro con lo sguardo.
“Questa cosa, qualsiasi cosa sia, non finirà bene, Cas.”
Lo so, Dean.
“È meglio non farla neanche iniziare. Sono serio, qui, Cas. Benny è...”
Dean tornò ad affondare un poco nelle sabbie mobili del senso di colpa. Aveva abbandonato Benny a se stesso, consapevole della disparità dei loro sentimenti, consapevole di quanto ne avrebbe sofferto. Quando lo avevano isolato, quando l'avviso era arrivato, Dean si era arrabbiato con se stesso per aver ceduto alla tentazione, per aver compromesso la sua possibilità di esserci per Sam, e questo aveva messo tutto in secondo piano. Quella era un'altra storia che non sarebbe dovuta iniziare, con Benny che lavorava al porto, nel quartiere al margine della città, e che con Dean non avrebbe mai dovuto mischiarsi.
Dean, non accadrà nulla di tutto questo. Non lo permetterò.
I pensieri di Cas erano saldi come pietre, solide fondamenta su cui Dean cercò di costruire qualche sicurezza. Almeno uno di loro doveva essere forte per entrambi, non cedere, resistere alla tentazione di allungare la mano e avvertire la consistenza della pelle dell'altro. Dean non era certo di farcela – aveva già ceduto in passato – e poteva solo sperare Cas fosse forte abbastanza.
“Ho comunque l'impressione che sarà un disastro” pensò Dean, fissando il bicchiere vuoto come se lo sguardo potesse riempirlo di nuovo.
Avvertiva in Cas la tentazione, il dubbio, ma sentiva anche una strana resistenza, una convinzione che ammirava.
Hai perso una persona importante, Dean. Non penso sia facile avere speranze, ora.
 
In realtà Cas avrebbe voluto allungare la mano e stringere quella di Dean. Ed era assurdo sapere che Dean sapeva, in quel circolo vizioso ormai già familiare. Avrebbe voluto dirgli che andava tutto bene, che non era colpa sua, che a volte le persone stavano così male da non trovare alternative, da non riuscire a chiedere aiuto. In quel desiderio di condividere, sapeva anche di averlo già fatto, di aver già detto tutto. Sapeva che Dean avrebbe letto quei pensieri. Non c'erano filtri, non c'erano barriere.
Erano costruiti per stare insieme, ma Cas era consapevole che non potevano e non avrebbe permesso a niente di mettere a rischio Dean più di quanto non gli fosse già successo. Non voleva sentire il dolore che stava provando in quel momento ripresentarsi, non voleva esserne la causa.
Siamo d'accordo, quindi: niente cazzate.
Cas sentì quei pensieri e ne riconobbe ogni sfumatura: la soddisfazione di aver raggiunto una decisione; il trionfo nell'aver evitato di ripetere un errore fatto con Benny; l'amarezza di non potersi sfiorare come volevano; quello strano, acerbo sentimento a premere fra le costole; il retrogusto amaro del lutto.
“Siamo d'accordo, Dean.”


 
SORPRESAAAH!
Sì, ok, non c'è bisogno di urlare...
So che vorreste dei capitoli più lunghi, ma so anche di non essere in grado di scriverli per quanto ci provi, così ho deciso di tentare di raddoppiare gli aggiornamenti per farvi aspettare meno. Potrebbe funzionare come compromesso? Forse, se riesco ad essere costante. XD Se trovate dei refusi o simili, segnalateli pure, che l'ho rivisto un po' "di corsa".
Appena avrò un attimo risponderò alle recensioni, ma voi continuate a farmi felice con le vostre opinioni così i capitoli continueranno a fluire (???).
Va beh, ci siamo capiti. 
Alla prossima, e GRAZIE  a chi spreca qualche minuto del suo tempo a leggermi! <3
   
 
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