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Autore: Old Fashioned    30/03/2017    7 recensioni
È una fase della mia vita in cui ho bisogno di cose demenziali e ludiche.
Queste sono le avventure tragicomiche (molto più comiche che tragiche) di un capitano della flotta imperiale di nome Roy Veers (nipote degenere del più famoso Maximilian Veers - eroe di Hoth).
Il capitano viene mandato in missione al seguito di un colonnello affetto da demenza senile, con il poco invidiabile compito di recuperare uno psicopatico omicida che si è sottratto al controllo dell'Impero e ha instaurato un regno del terrore su un pianeta coperto di giungle inospitali e abitato da indigeni ostili.
"Riuscirà il nostro eroe a ritrovare Kurtz?" sarebbe una frase troppo abusata. Noi, più semplicemente, potremmo dire: "riuscirà il nostro eroe (si fa per dire), nonostante il gruppo di devastati e cerebrolesi che ha con sè, a riportare a casa la pelle?"
Lo saprete solo leggendo.
(ATTENZIONE: la storia contiene linguaggio molto volgare - chi è disturbato dal turpiloquio non legga per favore)
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Giorno 10 - Di nuovo alla ricerca di informazioni

Nonostante la nave abbia rollato e beccheggiato tutta la notte con grande impegno, mi sono fatto una magnifica dormita, senza gente che russava, senza pitonate con la pretesa di riordinare il trolley all’alba e senza reclute tremebonde da accompagnare in bagno perché timorose del buio.
Mi stiro pigramente ponderando l’ipotesi di ronfare fino a mezzogiorno, comunque si misuri il mezzogiorno su questo cazzo di pianeta, e tanti saluti a tutti.
Sono lì che mi rivolto fra le coltri quando, come sempre accade nei miei momenti di (forzata) sobrietà, si fa udire perentoria la voce della Coscienza. Roy! Mi richiama severamente, col tono acido dell’istruttrice di Educazione Sociale che avevo all’Accademia di Carida.
Comandi! Non posso fare a meno di rispondere.
Del resto si sa: quando la Coscienza chiama, chi è che da sobrio riesce a fare finta di niente?
Roy, riprende la voce, sempre più severa, ti rendi conto di quello che stai facendo?
Questa è una domanda che ha il potere di mandarmi in confusione più delle prodezze di Waxen: non riesco mai a capire a quale delle mie numerose malefatte si faccia di volta in volta riferimento.
Ehm… possiamo essere più precisi? Chiedo infatti, giusto per sapere che genere di reprimende devo aspettarmi.
La voce della Coscienza assume una vaga nota di tristezza, direi quasi di delusione, come se non si capacitasse della mia domanda. Roy, quanto tempo vuoi rimanere su un pianeta senza birra?
La folgorazione.
Non nel senso che mi sono per sbaglio sparato in un piede con il blaster. Intendo che la voce della Coscienza interviene per rimettermi in modo brutale ma efficace sulla retta via. Non un minuto di più dello stretto necessario! Rispondo mentalmente con veemenza.
E allora alzati e va a fare il tuo dovere, Roy!
Dopo questo severo monito la Coscienza si dilegua, è piuttosto evidente che non si trova particolarmente a suo agio nel mio cervello. Io però nel frattempo ho capito che poltrire fino a mezzogiorno non farebbe altro che prolungare inutilmente la mia sofferenza psicofisica, quindi abbandono le coltri, mi calo con circospezione giù dalla smisurata cuccetta e in un attimo sono operativo.
Sono lanciatissimo: ora si salpa, si va al dannato spazioporto di Derem e scopro dove si nasconde questo maledetto Kurtz, poi mando le coordinate alla Morte Nera e fine della faccenda. Arrivano un paio di star destroyer e al posto della monarchia teocratica basata sul terrore rimane un cratere fumante.
Forte di questa mia nuova risolutezza, vado alla porta della cabina e la spalanco: mi trovo davanti il deserto dello Jundland.
Sul ponte non c’è nessuno. Il tempo è più uggioso che su Dagobah. Il cielo è coperto, nubi plumbee si perdono all’orizzonte, l’acqua ha il colore della roba che mettono sugli AT-ST per mimetizzarli da giungla.
Spira il solito venticello umido, che fa sbattere tristemente le sagole sulle aste delle bandiere.
A parte questo, il silenzio è perfetto. Non si sente nemmeno il russare di Lothar.
E che cazzo...” proferisco basito.
Poi comincio a elaborare le possibili ipotesi: che i nostri due flemmatici kaminoani abbiano tagliato la corda durante la notte? Che del cibo avariato abbia sterminato tutti tranne me? E perché me no, poi?
Inoltre le reclute ieri sera non hanno mangiato, quindi neppure loro dovrebbero aver subito gli effetti dell’eventuale avvelenamento. Saranno morte durante la notte a forza di vomitare? Magari mentre erano piegate fuori bordo qualche bestia sottomarina le ha ghermite, va a sapere…
Così cogitando mi aggiro alla ricerca dell’equipaggio, che peraltro risulta irreperibile.
La plancia è vuota, la cambusa pure. La sala macchine è silente come un deposito di droidi in avaria. Non vado a controllare nelle cabine per decenza, un kaminoano nudo dev’essere uno spettacolo tutt’altro che piacevole, tuttavia appoggiando l’orecchio alle porte non percepisco alcun rumore provenire dall’interno.
Se c’è una cosa poco simpatica nella vita di un ufficiale imperiale, a parte trovarsi faccia a faccia con Kurtz, è essere nel bel mezzo di un oceano a bordo di un natante che ha la strumentazione esclusivamente in kaminoano stretto.
Peraltro, se per andarcene di qui dobbiamo fare affidamento sulle mie conoscenze di navigazione, direi che siamo messi piuttosto male.
Per non pensare a questa sgradevole eventualità, scendo sottocoperta alla ricerca degli altri membri della spedizione.
Sento per prima cosa il russare devastante di Lothar: mi guardo intorno e realizzo che proviene dalla cabina della professoressa. Busso ma non ottengo risposta. Mi affaccio già preparato a ignobili copule interspecie, ma il wookiee è solo.
Busso anche alla porta di Fjo’ona, ma di nuovo non ottengo risposta. Socchiudo l’anta con discrezione e vedo la twi’lek, stesa come uno stuoino, che ronfa pancia all’aria. Hyaskon dev’esserci andato giù pesante con la vaccinazione.
Mi affaccio nella cabina delle reclute. I tre sono allineati tipo fossa comune, da una parte c’è Hyaskon seduto su una sedia nella penombra che mi fa: “Ha visto quanto sono carini? Sembrano morti.”
Ehm… che cosa fa in quell’angolo, collega?” gli chiedo mentre un brivido mi percorre la spina dorsale.
Con un ghigno diabolico, l’altro risponde: “Controllo le condizioni cliniche dei pazienti.”
E come stanno?”
L’altro sospira. “Sembrano morti, ma stanno solo dormendo,” dice in tono di rimpianto.
Perché non andiamo un po’ in coperta a vedere che fine ha fatto l’equipaggio?”gli chiedo, ritenendo opportuno distoglierlo da quella inquietante contemplazione.
Hyaskon alza gli occhi su di me. “Perché, dov’è l’equipaggio?”
È quello che vorrei scoprire.”
Ci hanno abbandonati a noi stessi?”
Per ora sembra di sì.”
Alla peggio moriremo qui,” sospira alzandosi. “Nel caso rimanessimo isolati e fossimo condannati a morire di sete e di fame, sappia che non soffriremo: ho fiale di morte istantanea per tutti.”
Ora mi sento molto più tranquillo,” gli rispondo, al solito toccandomi i gioielli di famiglia.
Saliamo in coperta, io davanti e Hyaskon a qualche passo di distanza. Non faccio in tempo a fare il primo metro sul ponte che qualcosa mi piomba addosso facendomi rotolare a terra e imprecare come un facchino gamorreano.
Giovane capitano, è così che si sta all’erta?” mi rimprovera una fin troppo nota voce. “È così che si fa la guardia contro i nemici dell’Impero? Andando a spasso come se si fosse in vacanza?”
Il fossile, le consuete mani a brocca sui fianchi e il baffo ispido, mi sta fissando con disapprovazione. “Non la ricordavo così distratto nella battaglia di Thali,” aggiunge scontento.
È stato lei a saltarmi addosso, signor colonnello?” chiedo, rimettendomi faticosamente in piedi. Waxen appartiene a buon diritto alla categoria ‘mezze seghe’, ma sono pur sempre cinquanta chili spigolosi che mi sono arrivati di peso sulla schiena.
Certo, dal ponte panoramico. Dovrebbe ringraziarmi, l’ho fatto per lei, per evitare che si imborghesisca.”
Il ponte panoramico è a tre metri abbondanti di altezza. Il vecchio idiota è saltato giù, col rischio di fracassare le sue e le mie ossa, col dichiarato scopo di evitare il mio imborghesimento.
Proferisco alcune orrende imprecazioni. Il colonnello, che come di consueto si accinge a redarguirmi per il mio linguaggio scurrile, viene intercettato da Hyaskon, il quale deve essersi accorto che la situazione sta per evolvere verso la tragedia. Cose del tipo: ufficiale con stress da battaglia strangola superiore nel corso della missione.
Colonnello,” dice il capitano medico con fare ossequioso, “sarebbe così gentile da donare alla Scienza un campione della sua urina?”
Waxen lo fissa stupefatto. “Oh, bella!” proferisce poi. “E per farne che?”
Siero anti-imborghesimento da somministrare alle truppe.” risponde pronto Hyaskon.
Con l’urina?”
E lui, serissimo: “Certo.” Poi aggiunge: “Ora, se volesse gentilmente seguirmi nella mia cabina, ho il contenitore all’uopo preposto...” Nel frattempo lo sospinge giù per le scale.
Tempo cinque minuti, e Hyaskon risale da solo. “L’ho vaccinato,” mi informa.
Grazie. Stavolta stavo davvero per annegarlo.”
Il mio collega si appresta a rispondere quando notiamo che sopraggiunge dalle immensità oceaniche il canotto argentato con sopra i due kaminoani e la Du Bal. Al traino del primo c’è un secondo canotto più piccolo.
La docente siede con le braccia conserte fissando ostentatamente l’orizzonte mentre i due kaminoani portano imperturbabili il piccolo natante.
Noi rimaniamo a guardare in silenzio, e sempre senza proferire verbo assistiamo alle manovre di avvicinamento, al trasferimento della professoressa sul ponte di coperta e all’aggancio delle due scialuppe ai rispettivi paranchi.
A questo punto, in un silenzio da monastero B’omarr, la docente mi fissa con sussiego e mi fa: “Volevo immortalare l’alba in un acquerello. È proibito, forse?”
Probabilmente dovrei farle presente che in effetti la pratica è altamente proibita, che non si prende una scialuppa senza permesso, che non ci si avventura in mare aperto senza sapere dove si sta andando, che non si scompare nel corso di una missione senza avvisare nessuno e faccende del genere, ma l’unica cosa che mi viene da dire è: “E dove la andava a pescare l’alba? Non vede che il cielo è completamente coperto?”
Lei non capisce niente di arte,” è la risposta, dopo la quale, come di consueto, la Du Bal se ne va a culo dritto.
Sto ponderando l’idea di farle lo sgambetto e spedirla a ruzzolare giù per le scale quando con andatura molleggiata si avvicina Atama So, che con grande flemma mi augura il buon giorno.
Io rispondo compitamente, quindi mi permetto di suggerire che forse non sarebbe una cattiva idea salpare per Derem.
Ormai si sarà fatta una certa ora...” aggiungo, sperando di ispirare con questa frase sibillina il mio interlocutore.
Questi alza la testa a scrutare il cielo plumbeo, pondera un po’ non si sa bene cosa e poi con la massima calma risponde: “Ma certo, come desidera. Ora prepariamo la nave, facciamo colazione, rassettiamo tutto e poi si può salpare.”
Comincio a capire come sia possibile che persone miti e buone, note ovunque per la loro gentilezza e generosità, scelgano tutt’a un tratto, in modo apparentemente inspiegabile, la via del Lato Oscuro.
A questo punto arriva sul ponte Lothar e mi bramisce di scendere sottocoperta.
Lo seguo preparato al peggio, ovvero che Waxen sia sveglio e intenzionato a rompere i coglioni, ma gli unici tre che non stanno dormendo sono gli sfigati. Sono pallidi, smunti e stanno in piedi a stento, ma perlomeno hanno smesso di vomitare.
Allora, come va, ragazzi?” chiedo.
Felsen mi informa che vuole la sua mamma, gli altri due mi rivolgono lo sguardo del cucciolo di ewok orfano, storpio e abbandonato nel deserto.
Faccio un passo indietro e, pronto a fiondarmi in corridoio se le cose si mettessero male, chiedo: “Ve la sentite di venire su a mangiare qualcosa?”
Conati a man bassa. Fortunatamente hanno già da tempo vomitato tutto quello che avevano in corpo, quindi non c’è neanche bisogno di pulire il pavimento della cabina. “D’accordo, vi mando il capitano medico,” dico ai tre.
Faticosamente, Wolfen singulta: “Signornò… il capitano medico no, per favore.”
Veniamo su a mangiare,” mi assicura Lawrence, prima di accasciarsi di nuovo deliquescente al suolo.
Perché? Cos’ha che non va Hyaskon?” chiedo ingenuamente.
Nonostante la devastazione gastrica, i tre si scambiano un’occhiata, infine Felsen, con voce tremula, proferisce: “È strano...”
Ci fa stendere allineati uno di fianco all’altro e dice che sembriamo morti,” soggiunge Lawrence.
Possiamo venire a dormire nella sua cabina, signore?” chiede Wolfen. Altro sguardo da cucciolo di ewok, stavolta rachitico, indigente, con la mamma malata e malmenato sadicamente da una banda di gamorreani ubriachi.
Io penso alla splendida quiete che finalmente ho conquistato e ruvidamente rispondo: “Ma non se ne parla neanche! Siete soldati imperiali, che diamine!”
Pianto collettivo.
E basta frignare!”
Pianto dirotto.
Ora basta, se no chiamo il capitano medico e gli dico che vi siete offerti volontari per i suoi esperimenti sul sesso post-mortem.”
Silenzio istantaneo. Felsen mi fissa inorridito e con voce incerta mormora: “Oh, lei non lo farebbe mai, signore, vero?”
Un sacco di gente pensa che non farei mai quello che invece sto proprio per fare,” gli rispondo criptico. “E ora, muovere il culo e su in coperta, marsch!”
Rassegnati, i tre abbandonano la cabina e si incamminano su per la scala.

Finalmente, dopo estenuanti preparativi, salpiamo in direzione di Derem. Mentre siamo in navigazione, le nubi pian piano si diradano, facendo comparire un sole al confronto del quale quelli gemelli di Tatooine sembrano due lampadine sporche.
I nostri kaminoani si fiondano immediatamente all’ombra, e senza muoversi da lì mi spiegano che sarebbe decisamente opportuno che noi facessimo lo stesso.
Hyaskon fissa con odio l’astro e scompare sottocoperta brontolando, le tre reclute si rifugiano nella sala mensa e il wookiee, in quanto peloso, corre al massimo il rischio di avere caldo.
Waxen è tuttora non pervenuto, ma credo che un’eventuale insolazione non turberebbe particolarmente la sua situazione neurologica.
Con gridolini di gioia, sorgono dalle profondità del natante la twi’lek rediviva e la Du Bal, entrambe con il tipico armamentario da spiaggia: telo da bagno, cappello, occhiali da sole e libro.
Scompaiono su per le scale della terrazza panoramica. Affacciandosi alla ringhiera, la professoressa ci ammonisce severamente che da quel momento e fino a nuovo ordine il luogo deve considerarsi interdetto al genere maschile.
Rispondo che ce ne faremo una ragione, la Du Bal sceglie di punirmi con la sua indifferenza.
La navigazione procede. Io mi sto godendo la brezza all’ombra quando sento l’ormai odiata voce proferire: “Che magnifica dormita!”
La prima idea che mi viene è quella di buttare giù per le scale che portano sottocoperta un detonatore termico e sbarrare la porta, poi valuto che questo probabilmente porterebbe all’affondamento di tutta la nave con me sopra e con la fortuna che ho mi ritroverei sull’unica scialuppa disponibile con la sola compagnia di Waxen. È vero che a questo punto potrei finalmente annegarlo senza testimoni, ma non so se il gioco varrebbe il LED.
Si presenta il malefico ometto e per prima cosa si stira facendo scrocchiare le ottuagenarie giunture. “Una magnifica dormita,” ripete, “come non mi capitava da tanto. Anche se non capisco come mai sono tutto ammaccato. Devono essere state le onde che mi hanno sballottato di qua e di là.” Poi, rivolto a me: “Allora, giovane capitano, li abbiamo seminati questi ribelli?”
Tra le possibili risposte a una domanda del genere, cerco di trascegliere quella che mi comporterà i minori problemi: “Certo, signore. La velocità di questo natante kaminoano non teme rivali.”
Il colonnello alza un sopracciglio e mi scruta arrotolandosi un baffo intorno all’indice. Per un attimo penso di averla sparata troppo grossa, ma subito dopo il fossile mi fa: “Con quella gentaglia non si può mai sapere. Andrò a controllare di persona!” Si dirige verso la plancia con l’impeto di un reek che carica, arraffa un binocolo e subito dopo imbocca le scale che portano alla terrazza panoramica.
No, signor colonnello!” gli dico precipitosamente, “non salga!”
Come prevedibile, il fossile si indispettisce. “Giovane e insolente capitano, come si permette? Devo forse ricordarle il mio grado?”
Sogghigno fra me e me. “Mi scusi, signore,” rispondo facendo la faccia contrita, “vada pure.”
Ragazzaccio!” mi redarguisce affettuosamente Waxen, quindi sale sulla terrazza panoramica.
Tempo cinque secondi e si ode un concerto di strida orrende. Il colonnello scende di corsa inseguito dal lancio di sabot pitonati e romanzi rosa.
Ma cos’è mai questo?” bercia indignato, massaggiandosi la nuca colpita dall’anzidetta calzatura, “un postribolo galleggiante? Ci sono femmine con le nudità esposte lassù!”
Signore, sono Fjo’ona e la professoressa Du Bal. Stanno prendendo il sole.”
Chi? È stato lei a farle salire a bordo, Veers?”
Veramente sono con noi dall’inizio della missione, signore.”
Ancora peggio!” sbraita il vecchiaccio. “Questo da lei non me lo sarei mai aspettato, Maximilian. Portare donne compiacenti in una missione di guerra. Io non so davvero cosa mi trattenga dal deferirla alla corte marziale.”
E dopo questa spaventosa minaccia mi abbandona per andare a conferire con Atama So, che è comparso sulla soglia della plancia attirato dai clamori.
Seguo la conversazione – più che altro una lunga requisitoria del colonnello – da lungi. Il kaminoano ascolta perplesso, infine si stringe nelle spalle e dice qualcosa a Tani Du nel frattempo sopraggiunto. Anche il nuovo arrivato si stringe nelle spalle poi scompare in sala comando.
La rotta subisce una brusca variazione.
Io aspetto che Waxen si sia tolto dalle palle, poi vado dal comandante a chiedere lumi. Soavemente, Atama So mi risponde: “Il colonnello vuole nuotare. Facciamo una deviazione per l’atollo di Baran Wu.”
Il colonnello vuole che?” chiedo incredulo.
Nuotare,” mi soccorre l’altro, gentilissimo. “Ha detto che le truppe devono tenersi in esercizio.”
Perfetto. A questo gli si è resettato il cervello un’altra volta e adesso pensa di nuovo di essere su Aquarian a fare addestramento.
Mi faccio mostrare dal comandante la posizione di questo atollo, che rispetto a noi si trova praticamente in Culonia.
Penso con orrore a giorni e giorni di navigazione persi a inseguire l’Alzheimer di un vecchio squinternato.
Non c’è niente di più vicino?” chiedo.
Atama So si raccoglie in meditazione. “Ci sarebbe un isolotto a qualche miglio da qui.” dice infine.
Perfetto.”
Ma è solo una lingua di sabbia con qualche palma, non c’è nulla sopra.”
Meglio, così le truppe non si rammolliscono a causa delle eccessive comodità.”

Arriviamo a destinazione poco dopo. Trattasi di tipico paradiso tropicale da cartolina (a proposito, se ne trovassi una…): il sole splende con impegno, l’acqua è turchese, la spiaggia è bianchissima, le palme si protendono sul mare. Ora ci vorrebbero una sdraio all’ombra e una birra ghiacciata e tutto sarebbe perfetto.
Ma in questo pianeta di merda non c’è birra, e di sdraio, con questo branco di decerebrati da badare, neanche a parlarne. La vita sa essere veramente infame, a volte.
Tanto per ribadire questo concetto, si presenta Waxen di nuovo in costume da bagno e asciugamano. “Forza, giovane capitano!” bercia, “scommetto che non vede l’ora di tuffarsi!”
Subito dopo si odono una serie di squittii e gridolini: le due signore hanno scoperto che siamo presso una spiaggia e stanno sgomitando per essere le prime a scendere a terra. Si sono debitamente costumate per l’occasione, e non posso fare a meno di notare che la Du Bal ha già una tonalità magenta piuttosto intensa.
Già pensando alle lamentazioni con cui ci massacrerà le palle se si ustiona, propongo: “Non si mette un po’ di crema, prof?”
E lei, sdegnosa: “Non ne ho bisogno.”
Assieme alla twi’lek salta nel canotto argentato e Tani Du le traghetta. Un attimo dopo le due sono stese pancia all’aria sui rispettivi teli e non danno più udienza a nessuno.
Waxen, in compenso, stavolta non si resetta. “Tutti con la tenuta regolamentare!” sbraita correndo su e giù per la coperta, “Entro due minuti allenamento di nuoto!”
Faccio del mio meglio per tergiversare, ma l’ottuagenario è irriducibile. “Forza, Maximilian, dia il buon esempio ai ragazzi!”
Ora, tralasciando il fatto che io non mi chiamo Maximilian, c’è da dire che sono di pelle chiara, e normalmente mi basta pensare al sole per avvertire i primi sintomi dell’eritema. Per uscire dalla mia cabina con nient’altro che un paio di bermuda addosso dovrò ungermi come uno hutt.
Il colonnello, frattanto, continua a imperversare. Spinge in acqua i tre soldatini, che cominciano ad annaspare e devono essere ripescati da Tani Du, quindi ordina anche al wookiee di tuffarsi. Fatto ciò si guarda intorno perplesso: ha il dubbio che ci sia qualche altro membro della spedizione, ma non riesce a ricordarsi chi. Io taccio scrupolosamente.
Il vegliardo si volta infine verso di me con l’intenzione di interrogarmi in proposito, ma lo sguardo gli cade inesorabilmente sul mio costume da bagno a fiori di ibisco e pappagalli.
E quello cosa sarebbe?” chiede.
Assumo un’espressione di rara innocenza. “Cosa, signore?”
Quella… cosa che ha addosso.”
Oh, questa. È il costume che uso per fare surf, signore. Me lo sono portato nel caso capitasse l’occasione.”
Se lo tolga immediatamente!”
Mi stringo nelle spalle. “Signore, mi sentirei in imbarazzo.”
Non faccia lo gnorri con me, giovanotto. Lo cambi con qualcosa di più sobrio!”
Questo è il più sobrio che ho, signore. Volendo, ho quello con i tramonti tropicali, gli ananas e le twi’lek nude. Certo avrei preferito evitarlo per rispetto a Fjo’ona, ma se insiste...”
Il colonnello non insiste.
Nonostante ciò, ci tocca di sorbirci la rottura di coglioni del nuoto. Fortunatamente il fossile è ottuagenario, per cui dopo un po’ si addormenta all’ombra di una palma e noi possiamo finalmente uscire dall’acqua.
Io ho anche una certa premura di tornare a bordo, perché la voce della Coscienza continua a ricordarmi con fastidiosa pedanteria che su questo pianeta non c’è birra, e che devo abbandonarlo il più presto possibile.
Raccolgo la gente. Lothar si carica in spalla Waxen e procede a piedi verso la nave, tutti gli altri vengono riportati a bordo dal canotto argentato.
Dopo ore sotto il sole cocente, la twi’lek è di un colore azzurro lievemente più scuro del solito e non sembra aver risentito in altro modo del trattamento. La Du Bal invece ha un colorito cinabro tendente all’amaranto e una temperatura corporea piuttosto vicina a quella della fusione del piombo.
Sto benissimo!” asserisce categorica, quindi si infila nella sua cabina, dimenticando che adesso è abitata da Lothar e dalla sua puzza di tappeto marcio. Esce inorridita.
Nel frattempo viene approntato il pranzo. Mentre ci alimentiamo con la tristezza tipica di Kamino, noto di sfuggita che la fosforescente professoressa sta parlando con Atama So. I due sembrano impegnati in una conversazione piuttosto animata e vedo il comandante della nostra nave annuire più volte con aria consapevole.
Infine le fa cenno di attendere, scompare nella sua cabina e torna dopo un po’ con un contenitore che sembra una tanica. Lo consegna alla docente, che con qualche difficoltà lo solleva e si dirige con il suddetto sottocoperta.
Io considero che quando la Du Bal non condivide il mio spazio vitale le mie gonadi sono felici, quindi mi guardo bene dall’andarla a cercare.
Interrogo piuttosto Atama So, il quale soavemente mi spiega che la docente voleva un rimedio per le bruciature. “In effetti aveva la pelle un po’ arrossata,” soggiunge.
Decisamente, i kaminoani sono un popolo che ama la sobrietà.

Siamo in navigazione per Derem da circa due ore quando mi imbatto in un essere basso di culo e di statura, con le tette a sacco di farina, completamente bianco e con un costume da bagno come unico abbigliamento. Una kaminoana nana, penso inorridito, poi guardo meglio e mi rendo conto che è la Du Bal, su cui apparentemente qualcuno ha steso una mano di vernice.
Booh!” mi fa la docente, come per spaventarmi, quindi fa una risata e corre via. Io rimango a guardare la direzione in cui è scomparsa con la faccia a punto interrogativo.
La Du Bal che fa ‘booh’ e scappa ridacchiando? Pondero infine. Qui c’è qualcosa di molto strano.
Vado alla ricerca di Hyaskon.
Trovo il capitano medico nella sua cabina, steso sulla cuccetta tipo bara, nel buio più completo.
Collega?” lo chiamo.
Si volta verso di me. “Spero per lei che sia importante,” ringhia.
La Du Bal fa cose strane,” gli rispondo, ignorando il suo ammonimento.
Hyaskon non sembra impressionato. “Ha sempre fatto cose strane,” sentenzia.
Tipo correre per la nave dipinta di bianco ridendo in modo incoerente?”
La sconcertante descrizione spinge il capitano medico a mettersi seduto e ad accendere la luce. “Cosa fa?” chiede stupefatto.
Spiego dettagliatamente il fenomeno cui ho assistito. Il mio interlocutore mi fa da contrappunto con interiezioni sempre più allarmate. Alla fine, solennemente proferisce: “Veers, abbiamo un problema.”
Un altro?” non posso fare a meno di chiedergli.
Lui sospira con l’aria di chi prende atto dell’ineluttabile e sa che è inutile opporvisi. “I farmaci kaminoani sono neurotossici per gli umani,” spiega poi in tono lugubre.
E quindi?”
E quindi non so in che modo si manifesterà la neurotossicità in quella vecchia ciabatta, ma di sicuro adesso di squinternati ne abbiamo due da gestire.”
Potrebbe morire?” chiedo speranzoso.
No,” è la cupa risposta.
Lascio passare qualche secondo di raggelato silenzio, quindi chiedo: “Non si può fare niente?”
Buttarla fuori bordo quando nessuno sta guardando. Non saprei consigliarle altro.”
Per fortuna, mentre sto pensando di buttare fuori bordo me stesso onde porre fine alle mie sofferenze, Tani Du ci avvisa discretamente che lo spazioporto di Derem è in vista.
Saliamo sul ponte. Il cielo, simpaticamente, è di nuovo coperto. Il fottuto sole è rimasto fuori giusto quel tanto che bastava per mandare la Du Bal fuori di testa e ustionarmi la schiena nonostante gli otto strati di crema a protezione totale che mi ero spalmato, poi ci ha ripiombati in una deprimente uggiosità.
Lo spazioporto è un’enorme isola artificiale quasi interamente occupata da una costruzione dalle forme morbide e tondeggianti, color alluminio satinato, molto minimal chic. Tutt’intorno a raggiera si dipartono i moli per i natanti, e sul tetto ci sono le piazzole di atterraggio per astronavi di piccole e medie dimensioni. Sulla terraferma ci sono quelle più grandi, per i cargo iperspaziali.
Nonostante la flemma degli indigeni c’è un gran viavai di mezzi di ogni genere e grado, tant’è che dobbiamo aspettare parecchio incrociando su e giù prima che si liberi un posto in un molo.
Sulla nostra testa, nel frattempo, entrano ed escono dalla coltre di nubi navicelle provenienti da tutta la galassia.
Quando finalmente riusciamo ad attraccare, chiamo Atama So e gli chiedo di accompagnarmi a terra. Ora che non c’è più il sole, Hyaskon è tornato preda delle libidini della twi’lek, e fare affidamento sulle capacità di interpretariato della Du Bal mi sembra ancora meno auspicabile del solito, viste le condizioni in cui versa.
Che cosa cerca esattamente, capitano?” mi domanda cortesissimo il comandante mentre mi accompagna lungo uno degli ampi e luminosi corridoi dello spazioporto.
Il colonnello Kurtz. O informazioni su di lui.”
Interessante. È per caso un suo amico questo colonnello?”
Mi viene da piangere. Cercando di mantenere un’impassibilità confacente del mio grado, inspiro profondamente e con misurata calma rispondo: “Il colonnello Kurtz è un disertore e i miei ordini sono di trovarlo. Ho il fondato sospetto che si trovi qui su Kamino ma non so dove, e considerato che il vostro pianeta ha un diametro di ventimila chilometri, qualche informazione in più restringerebbe perlomeno l’ambito delle ricerche.”
Atama So annuisce con gesto sobrio. “Capisco.” risponde. Segue un silenzio siderale.
Quindi?” lo sprono dopo un po’.
E lui, gentilissimo: “Che cosa intende, capitano Veers?”
Come facciamo a sapere qualcosa su Kurtz?”
Io credevo che lei volesse andare all’ufficio informazioni.”
Non so come sia punito l’omicidio su Kamino, ma potrebbe cominciare a valerne la pena.
Non c’è un bar da queste parti?” gli chiedo.
Si piega addirittura verso di me assumendo una forma che ricorda vagamente un bastone da passeggio. “Un bar?” ripete perplesso.
Dove la gente beve,” chiarisco.
Oh, ma certo. Certamente. Le chiedo scusa per la mia scarsa perspicacia. Venga con me.”
Si incammina languido.
Raggiungiamo in questo modo un luogo di una tristezza incommensurabile: una sala bianca come un ambulatorio, con arredamento più che mai minimal chic e giochi di luce soffusa. Alle pareti ci sono immagini di sassi impilati su sfondi indefiniti e foglie dai colori improbabili roride di rugiada. Nell’aria depurata e microfiltrata risuona una rivoltante musica chill out a basso volume. Alieni di ogni specie siedono mesti con davanti bicchieri dal contenuto simile al passato di verdura.
Sono morto e sono finito all’inferno,” non posso fare a meno di mormorare.
Il kaminoano si piega di nuovo verso di me. “Vuole un succo di frutta o uno di verdura?”
Niente di tutto ciò,” rispondo inorridito.
Preferisce un infuso rilassante?”
Mi astengo dal rispondere. Mi avvicino comunque al bancone e mi rivolgo al mescitore di analcolici: “Parla il galattico base?”
E lui, con tono da hostess: “Ma certamente, signore.”
Molto bene. Ha mai sentito nominare un certo Kurtz?”
Il tizio esita, si concentra e infine chiede: “Sta parlando di quel frullato depurante che si fa con le verdure arancioni e le radici del kurtron?”
Un brivido di orrore mi percorre la schiena. “Ehm… no. Grazie lo stesso.”
Rinculo verso la mia guida, che nel frattempo è rimasta sulla porta ad aspettarmi. “Ha trovato quello che cercava, capitano Veers?” domanda premuroso l’indigeno.
No. Come fate da queste parti a raccogliere informazioni su qualcuno?”
Come sempre cortesissimo, Atama So mi risponde: “Gliel’ho detto: c’è l’ufficio informazioni per queste cose.”
Io non ho bisogno degli orari dei voli per Coruscant,” replico, “Mi servono notizie su uno psicopatico omicida che ha instaurato una monarchia teocratica basata sul terrore.”
Qui su Kamino?” mi chiede stupefatto l’indigeno.
Comincio a capire Kurtz e i suoi metodi.
Senza rispondere mi raccolgo in meditazione: d’accordo che su questo pianeta sono rincoglioniti, ma come è possibile che arrivi un pazzoide con idee messianiche seguito da una torma di tagliagole, cominci a massacrare indiscriminatamente, instauri un regno dove si compiono rituali di abominevole crudeltà e nessuno lo noti?
Avete un esercito da queste parti?” chiedo.
Sono desolato, capitano. Li produciamo solo per l’esportazione.”
Polizia?”
Che cos’è la polizia?”
Gendarmi? Milizia?” L’altro si stringe nelle spalle.
Esasperato insisto: “Insomma, come fate quando qualcuno commette un crimine? Chi se ne occupa?”
La disarmante risposta è: “Qui nessuno commette crimini. Perché dovremmo?”
Ho capito perché la base imperiale è abbandonata: si sono suicidati per la noia.
La forza della disperazione mi fa accendere la lampadina: “È possibile che una nave arrivi su Kamino senza essere rilevata?”
Atama So scuote la testa. “Abbiamo un sistema di controllo molto efficace.”
Andiamo all’ufficio informazioni.”
Alla buon’ora!” approva il mio accompagnatore.
Presentandomi come ufficiale imperiale, tirando in ballo la solita faccenda della missione a priorità uno, Tarkin e tutta la panoplia riesco, con grande pazienza e abnegazione, a scoprire alcune notizie interessanti. Primo, nessuna nave ha effettuato atterraggi al di fuori degli spazioporti negli ultimi mesi. Secondo, allo spazioporto di Addu è stato registrato il passaggio di un tale J. Kurtz proveniente da Sullust un paio di mesi fa, ma era su un volo di linea, da solo e in borghese, possedeva dei documenti validi e non manifestava alcun sintomo di squilibrio mentale.
Un normale turista,” conclude la voce sintetica del droide addetto all’ufficio.
Cosa aveva con sé?” gli chiedo.
Rumore di criceti nella ruota. “Attrezzatura da pesca e abiti,” giunge infine la risposta.
Non aveva armi?”
No di certo!”
Vorrei chiedere se aveva feticci, pezzi di organi interni disseccati, ossa forate da usare come flauti o cose del genere, ma già il sobrio vocabolo ‘armi’ è stato in grado di evocare sguardi di costernata riprovazione in tutti i presenti, per cui decido di soprassedere.
C’è un’immagine di questo tizio?”
Di nuovo criceti.
Noi attendiamo con pazienza.
Dopo un bel po’ che i criceti corrono, la voce assume un’inflessione sinteticamente desolata. “Mi dispiace. Deve essersi cancellata durante l’ultima tempesta magnetica. Sa, le immagini lo fanno, alle volte.”
Mentalmente rivolgo bestemmie irriferibili a tutte le divinità di cui sono a conoscenza, quindi creo sul momento alcuni pantheon e bestemmio coscienziosamente anche quelli.
Bene, grazie per le informazioni. Ora torniamo a bordo,” ordino una volta terminato l’intermezzo mistico.
Atama So annuisce in segno di garbato assenso. “Non vuole nemmeno fermarsi per un frullato energetico di frutti rossi?”propone cortesemente.
Negativo, è roba troppo salutare. Mi farebbe stare male.”
Perplesso dal misterioso ossimoro, il mio accompagnatore non replica.
Torniamo quindi al nostro simpatico natante, che nel frattempo ho scoperto chiamarsi Iiaa. Faccio qualche tentativo di pronunciarlo, ma Atama So con somma gentilezza ogni volta mi corregge: o non allungo bene le vocali, o le modulo nel modo sbagliato, o non ci metto la giusta intonazione. Dopo un po’ che miagolo come uno scurrier, stabilisco che il mio apparato vocale non è in grado di emettere questi suoni e rinuncio. Per consolarmi, il mio accompagnatore mi spiega che l’Iiaa è una specie di topo di mare con le pinne. Ecco che la vita mi sorride di nuovo.
A bordo ci imbattiamo per prima cosa nella Du Bal ancora coperta di crema. Schiacciata contro una parete bianca tipo ysalamiri su un tronco sta cercando con scarsi risultati di mimetizzarsi. Appena ci vede ci soffia contro posizionando le mani ad artiglio e scappa via ridacchiando.
Non faccio in tempo a voltarmi verso il mio accompagnatore che sentiamo il tonfo di qualcosa di pesante che piomba in acqua.
Subito dopo, la voce di uno dei tre sfigati chiede: “Signora, è caduta?”
Dal basso proviene qualcosa che somiglia a ‘fanculo’.
Vado a vedere e trovo la professoressa che sta nuotando a dorso nelle acque oleose dell’attracco. Controllo se nelle vicinanze c’è qualche grosso natante che sta per mettersi in moto, ma come al solito non ho fortuna. Ci tocca di ripescarla.
Pongo il problema ad Atama So.
Il kaminoano guarda giù e per un po’ rimane a contemplare la docente che con gran starnazzi tenta di fare figure del nuoto sincronizzato, poi chiama il secondo, che si presenta con una rete.
Berciante e scalciante, la professoressa viene issata a bordo come un blutfish. Sto già per chiamare Hyaskon per metterla a tacere quando noto che Tani Du prende in consegna tutta la rete con il suo rabbioso contenuto e si allontana. Mi disinteresso della faccenda sperando che il kaminoano stia andando a dare alla Du Bal il colpo di grazia.
Una vocina mi distrae dai miei pensieri: “Signore...”
Mi volto: i tre soldatini mi stanno fissando con gli occhi pallati.
Io li fisso a mia volta. “Beh?” chiedo poi, visto che nessuno dei tre si decide a prendere la parola.
Wolfen, che paragonato agli altri due è dotato di un indomito coraggio, con voce tremula mi domanda: “Signore, ma che cos’ha la…?” Si interrompe imbarazzato, scambia sguardi fugaci con gli altri due. Felsen lo incoraggia: “Chiediglielo, forza.”
Cosa, soldato?” mi informo con la soavità di Atama So.
Ecco, signore, è che il colonnello ha detto che…” deglutisce, assume l’espressione di uno che sta per essere buttato dentro un sarlacc.
Ha detto che…?”
Che la signora Du Bal ha il morbo bianco, che è contagiosissimo e incurabile, e che moriremo tutti fra atroci sofferenze.”
Io non voglio morire,” pigola Lawrence alle sue spalle.
Sospiro. Dannato vecchio fossile. “Nessuno morirà, ragazzi,” assicuro ai tre sfigati. “La professoressa si è solo spalmata addosso un po’ troppa crema kaminoana e questo non le ha fatto bene. Dov’è il colonnello, a proposito?”
Felsen lo indica col dito. L’ottuagenario è seduto nel canotto argentato, opportunamente messo a traino con una cima. “La nave è spacciata, giovanotto!” annuncia vedendomi, “per il morbo bianco non c’è cura e noi ufficiali abbiamo il dovere di non esporci al contagio. Venga qui con me.”
Visualizzo l’immagine di me stesso e Waxen confinati nell’angusta bagnarola e sono colto da sudori freddi. Per salvarmi sono costretto a mentire spudoratamente: con fare mesto, scuoto la testa. “Ahimè, signore, purtroppo seguirò lo stesso fato,” sospiro. “Ho limonato tutto il pomeriggio con Ophelia, quindi anch’io ho preso il morbo bianco.”
Al colonnello si drizzano i baffi per l’orrore. “Cos’ha fatto?”
Mi stringo nelle spalle. “Sa, la guerra… la missione...”
Ma potrebbe essere sua madre, giovane pervertito! Non si vergogna?”
E poi ho limonato anche con le tre reclute,” aggiungo, “sono condannate anche loro.”
Waxen è scandalizzato. “Ma come ha potuto fare una cosa del genere, specie di depravato irresponsabile? Lei è una vergogna per le truppe imperiali! Non si azzardi ad avvicinarsi!”
Io assumo l’espressione di chi si piega sotto il peso della colpa e mi allontano con aria afflitta.
Solo quando sono fuori vista del fossile mi concedo un’esultanza da tifoso che vede la sua squadra vincere il campionato intergalattico: Waxen a traino e la Du Bal avvolta in una rete e chiusa in una cabina dell’equipaggio. Direi che stasera staremo in pace.
Molto soddisfatto della mia performance teatrale, vado a cercare il mio collega. Scendo sottocoperta e nel corridoio mi imbatto in Fjo’ona, che sta accarezzando con movenze lascive la porta della cabina di Hyaskon e nel frattempo sussurra promesse di prestazioni erotiche inenarrabili.
Dov’è il capitano medico?” le chiedo con aria innocente.
Lei fa il broncio. “Qui dentro. Non vuole aprire.”
Starà dormendo.”
No, è sveglio. Evan?”
Da dentro giunge una voce furibonda: “Brutta troia, se non te ne vai da lì entro dieci secondi giuro che ti stendo di nuovo, e stavolta per sempre!”
Hyaskon?” chiamo.
Me la tolga di torno, Veers!” sbraita lui da dentro. La voce ha un inquietante tono di esasperazione.
Mi faccia entrare un attimo.”
Non si azzardi a portare dentro quella!”
Fisso Fjo’ona, che immediatamente si mette a piangere in modo straziante, e rispondo: “Tranquillo, entro solo io.”
Ho delle siringhe e non ho paura di usarle!”
D’accordo, Hyaskon, stia tranquillo. Ho detto che entro solo io.”
La porta si socchiude. Ovviamente la twi’lek cerca di infilarsi nel varco, ma riesco a bloccarla in tempo. Appena sono dentro, il capitano medico fa scattare la serratura. Da fuori, tra singhiozzi e gemiti, Fjo’ona continua a ripetere: “Roy, digli di aprire, facciamo una cosa a tre. Facciamo il sandwich, facciamo anche il girarrosto se volete...”
Mi volto verso il mio collega, che scuote la testa e mi fa: “È così da quando è tornata a bordo. Va a finire che la ammazzo davvero.”
Dall’altra parte della porta, la pitonata strilla: “Allora lo vedi che mi ami? Mi vuoi uccidere perché a te piacciono morte! Ma io so stare fermissima, vedrai, non ti accorgerai nemmeno che sono ancora viva. Posso stare anche un po’ in frigo, se vuoi, così sono fredda.”
A quest’ultima uscita, Hyaskon prende la sua borsa e comincia a frugarci dentro. Tira fuori una fiala, la aspira e poi mi sibila: “Apra.”
Io lo fisso con sguardo interrogativo e mi passo la mano sul collo nel tipico gesto di tagliare la gola.
Lui scuote la testa. “Nah, questa non me la scoperei nemmeno se fosse morta da una settimana. È solo un sonnifero.”
Una volta stesa la pervicace aliena, racconto a Hyaskon l’esito delle mie ricerche e la tristezza del bar intergalattico che ho avuto la disgrazia di vedere. Il capitano ascolta con crescente orrore la mia narrazione, infine cupo proferisce: “Gliel’avevo detto che questa missione sarebbe stata terribile.”
Un po’ di sostegno non guasterebbe.”
Moriremo tutti.”
Perfetto,” rispondo sarcastico, “proprio quello che mi serviva.”
Kurtz ci torturerà per giorni e giorni, vedrà. Ce l’ha ancora la sua fiala, vero?”
Quello che mi piace di lei, Hyaskon, è che è un ottimista,” rispondo alzandomi. “Ci pensa lei a spostare Fjo’ona?”
L’aliena giace ancora com’è caduta, di traverso sulla soglia. Sospirando, il capitano medico la prende per i piedi e la trascina fuori giusto quel tanto da permettere alla porta di chiudersi. “Fatto,” mi dice, poi si ritira nelle profondità del suo alloggio.
Io scavalco la pitonata e salgo in coperta alla ricerca degli indigeni.
Trovo solo Atama So, che è in plancia a cosare cosi. “Quanto dista da qui Addu?” gli chiedo.
L’altro consulta brevemente il computer di bordo, quindi con soavità mi risponde: “Un giorno di navigazione.”
Bene, andiamoci.”
Altra consultazione del computer di bordo, poi il kaminoano, come sempre gentilissimo, mi avvisa: “Non ci arriveremo entro oggi.”
Non si può navigare di notte?”
Mi guarda come se gli avessi chiesto se è possibile navigare con uno scurrier infilato nel culo.
Possiamo metterci in rotta, perlomeno?”
Ulteriore consultazione. Infine giunge la risposta: “Ma certamente. Però non c’è niente di interessante da vedere là, è solo un piccolo spazioporto.”
Se fossi venuto su Kamino per ammirare le bellezze locali sarei in bermuda e camicia hawaiana e avrei una tavola da surf sottobraccio.”
Capisco.” Accende i motori.
Dopo un po’ siamo in navigazione. Waxen è sempre al traino, la Du Bal permane irreperibile così come il secondo di bordo Tani Du, tanto che a servire la cena è Atama So in persona.
Non deve faticare molto, comunque, perché a tavola ci siamo solo io, Hyaskon e le tre reclute. Fjo’ona è in qualche paradiso chimico a sognare gamorreani superdotati e Lothar è a poppa che bramisce con la più cupa disperazione rivolto a Waxen. Il vecchiaccio, tuttora timoroso del contagio, lo insulta e gli tira oggetti nel tentativo di farlo allontanare.
Noi superstiti ci alimentiamo, al solito con cibi di assoluta tristezza, e beviamo ignobile e dolciastra Tusken-Cola, in grado di strappare un sorriso di apprezzamento unicamente ai tre imberbi.
Fuori nel frattempo il cielo è limpido e si vedono persino le stelle.
Peccato che abbia steso la twi’lek,” dico a Hyaskon, “si immagina? Voi due a tenervi la manina, sulla terrazza panoramica...”
Spiritoso,” ringhia il capitano medico fissandomi torvo.
Non insisto, certi sguardi di Hyaskon di solito preludono ad azioni che sono certo di non voler vedere concretizzate. Anzi, per stare sul sicuro vado nella mia cabina e mi di chiudo dentro, disponendomi a dormire il sonno dei giusti.


   
 
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