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Autore: crazy lion    31/03/2017    6 recensioni
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti raccontati nel libro di Dianna De La Garza "Falling With Wings: A Mother's Story", non ancora tradotto in italiano.
Mancano diversi mesi alla pubblicazione dell’album “Confident” e Demi dovrebbe concentrarsi per dare il meglio di sé, ma sono altri i pensieri che le riempiono la mente: vuole avere un bambino. Scopre, però, di non poter avere figli. Disperata, sgomenta, prende tempo per accettare la sua infertilità e decidere cosa fare. Mesi dopo, l'amica Selena Gomez le ricorda che ci sono altri modi per avere un figlio. Demi intraprenderà così la difficile e lunga strada dell'adozione, supportata dalla famiglia e in particolare da Andrew, amico d'infanzia. Dopo molto tempo, le cose per lei sembrano andare per il verso giusto. Riuscirà a fare la mamma? Che succederà quando le cose si complicheranno e la vita sarà crudele con lei e con coloro che ama? Demi lotterà o si arrenderà?
Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo. Saranno presenti familiari e amici di Demi. Anche per loro vale questo avviso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Joe Jonas, Nuovo personaggio, Selena Gomez
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Ciao a tutti! Come state?
Questo è un altro capitolo lungo, che non mi sono sentita di dividere in due perché mi sembrava più giusto lasciarlo tutto insieme. Non aggiungo altro, se non che spero vi piacerà e di stare continuando a fare un buon lavoro. Per favore leggete le note in fondo, sono importanti.
 
 
 
 
Un giorno la paura bussò alla porta. Il coraggio andò ad aprire e non trovò nessuno.
Martin Luther King Jr
 
 
 
 
 
 
77. SEMBRAVA ANDASSE TUTTO BENE, MA POI…
 
Il giorno seguente, nel pomeriggio, Demi portò di nuovo le bambine da sua madre, che non c'era. Le affidò quindi a Dallas. Aveva bisogno di comprarsi un po' di vestiti nuovi e preferiva andare da sola al centro commerciale.
Passò circa un'ora là dentro, annoiandosi a morte. Lo shopping non le era mai piaciuto e i centri commerciali, con tutta quella gente che andava e veniva, l'avevano sempre fatta sentire soffocata. Alla fine si comprò tre paia di pantaloni nuovi e qualche maglietta. C'era tantissima gente e, quando uscì, si sentì sollevata. Odiava i posti così affollati. Era accaldata. Salì in macchina e vide di sbrigarsi. Le sue bambine le mancavano da morire, anche se non le vedeva da pochissimo tempo.
Quando arrivò a casa di sua madre, Mackenzie si precipitò fuori: aveva riconosciuto il rumore della macchina.
"Amore!" esclamò Demi, scendendo e correndole incontro.
Mac la abbracciò e poi, insieme, entrarono in casa. Dallas era seduta sul divano e teneva Hope in braccio.
"Ciao sorellina."
"Ciao Dallas; allora, che avete fatto?"
"Le ho portate al parco giochi, siamo state tutto il pomeriggio all'aria aperta."
Demi sorrise alla sorella. Era soddisfatta e felice che Dallas avesse ascoltato le sue raccomandazioni. Prima di lasciarle le figlie, le aveva detto di non far guardare loro la televisione tutto il pomeriggio, dato che ne vedevano già abbastanza la sera, a volte, prima di dormire. Del resto, Dallas era una brava donna e Demi non aveva dubbi in merito alla sua affidabilità.
"Grazie per avermele tenute, Dallas. Dov'è Madison?"
"Le è stato proposto di recitare in un uovo film, così è andata con la mamma a fare un provino qui, a Los Angeles. Eddie invece è andato a fare una passeggiata."
"Nemmeno tu riesci a chiamarlo papà, eh?" chiese Demi, prendendo Hope in braccio.
"Non sempre, dipende. Per me papà era Patrick, Demi, come lo era per te. Anche se non è stato molto presente nella nostra vita, in particolare nella tua, per me sono stati importanti i momenti che abbiamo vissuto insieme. Per Eddie sono una figlia e io gli sono grata per questo, ma non credo che riuscirò mai a considerarlo veramente un papà."
"Nemmeno io e me ne vergogno."
"Perché?"
"Nostro padre non c'è stato per me, in particolare nel momento nel quale avrei avuto più bisogno di lui e questo mi ha ferita nel profondo. Gli sono stata vicino durante la malattia, sono venuta a vederlo sempre e poi al funerale, nonostante il nostro pessimo rapporto. Conosco Eddie da moltissimo tempo e mamma è felice con lui. Siamo sempre andati d'accordo e vorrei davvero riuscire a chiamarlo papà perché mi manca dire quella parola e perché penso che a lui farebbe piacere, ma non ci riesco ed è di questo che mi vergogno."
"Tu non hai nulla di cui vergognarti. Eddie sa che gli vogliamo bene e questo gli basta. Se non fosse così ce ne avrebbe parlato, non credi? Lui è sempre stato molto sincero e di certo non ci avrebbe mai nascosto una cosa del genere."
"Sì, hai ragione. Sono sempre la solita, con le mie paranoie inutili" sospirò la ragazza.
"Non sono paranoie inutili. Sono discorsi veri, Demi, cose importanti ed è un bene che tu riesca a parlarne."
Le due sorelle si abbracciarono. Hope prese i capelli di Dallas e li tirò, ma la donna si liberò subito.
"Sei una piccola birbante, lo sai?" le chiese, facendole il solletico.
"Andiamo, bambine. Si è fatto un po' tardi" disse Demi dando un'occhiata all'orologio.
Salutò la sorella, le disse di dare un bacio da parte sua alla mamma, a Eddie e a Madison e poi uscì. Mise Hope nel seggiolino, le infilò la cintura e poi aiutò Mackenzie a fare lo
stesso.
Quella sera Demi preparò una minestra di verdure abbastanza densa e provò a lasciare che Hope mangiasse da sola. Per la prima volta la fece sedere su una sedia e le si mise accanto, controllandola sempre per evitare che cadesse.
"Guarda," le diceva, "si prende il cucchiaio così e si mette la pappa in bocca. Su, prova!"
Hope prese la minestra con il cucchiaio, tenendolo con quattro dita anziché tre ed iniziò a portarlo verso la bocca, ma poi cambiò idea. Lo lasciò andare e un po' di minestra schizzò fuori sporcandole la tutina. La piccola rise e immerse la mano sinistra nella pappa ridendo divertita, prima che Demi potesse fermarla. Mackenzie, che mangiava la minestra seduta davanti a loro, scoppiò a ridere sguaiatamente e Demi ne fu felice. Era sempre contenta quando le sue bambine ridevano ed era meraviglioso ascoltare la risata di Mackenzie. Era un segno che le dava speranza, che le diceva che un giorno, forse, la bambina avrebbe ricominciato a parlare.
"No" disse semplicemente la ragazza a Hope, alzando la voce.
Era meglio dire quella semplice parola alla bambina, piuttosto che iniziare a darle spiegazioni che non avrebbe capito.
La bimba tirò fuori la manina e guardò Demi con sguardo colpevole.
"Ti perdono, ma non farlo più."
Si alzò, prese un tovagliolo e pulì la tovaglia sporca, poi finì di dare la minestra alla bambina e terminò la sua cena.
Dopo mezzora passata a giocare con le bambole, si sedettero tutte e tre sul divano a guardare un cartone animato e andarono a letto presto. Demi mise il pigiamino a Hope e, tenendola in braccio, portò la sua tutina nel cesto dei vestiti sporchi. Non si era macchiata molto per fortuna, ma era giusto lavarla. Tornò in camera e mise Hope nel lettino, poi dato che la bambina era tranquilla, la lasciò sola per un momento, tenendo la porta aperta e andò a rimboccare le coperte a Mackenzie. La piccola si era già infilata il pigiama e aveva ancora la luce accesa. Non aveva più crisi da moltissimo tempo e Demi ne era felice, ma nel profondo del suo cuore ogni sera si addormentava con la paura che la figlia avrebbe potuto sentirsi male. Per questo pregava quotidianamente, perché Dio la aiutasse e la proteggesse.
"Stai bene?" le domandò.
Lei sorrise e fece cenno di sì.
Demi la aiutò ad infilarsi sotto le coperte, gliele rimboccò, le diede un bacio, la coccolò per qualche minuto e poi le diede la buonanotte.
"Io sono in camera mia se hai bisogno. Sogni d'oro, amore."
Mackenzie le strinse affettuosamente la mano e Demi spense la luce e uscì. Tornata in camera, trovò Hope già addormentata. Prima di prendere sonno pensò che la scuola sarebbe iniziata a breve, la terza settimana di settembre e che avrebbe dovuto trovarne una per Mackenzie e anche iscrivere Hope all'asilo. Aveva intenzione di tornare a lavorare al massimo ad ottobre. Lei abitava un po' lontana dal centro di Los Angeles, ma era fortunata: vicino a casa sua c'erano una scuola pubblica e un asilo che, a detta di molte mamme che Demi aveva incontrato spesso al parco e che avevano anche bambini più grandi delle sue, erano molto buone. Sarebbe andata a visitarle e a parlare con i rispettivi direttori nei giorni successivi. Inoltre, aveva intenzione di battezzare le sue figlie al più presto, se Mackenzie l'avesse desiderato. Gliene avrebbe parlato il giorno
seguente.
Il giorno dopo, finita la colazione, la ragazza disse alla figlia che doveva parlarle.
"Sai cos'è il battesimo?" le chiese.
No, ma ho già sentito questa parola. Cosa vuol dire?
Fu in quel momento che Demi si rese conto che avrebbe dovuto spiegare in modo semplice una cosa complessa. Non era facile trovare le parole giuste, ma doveva. Si schiarì la voce e cominciò a parlare.
"Duemila anni fa Gesù, il figlio di Dio, è venuto sulla terra per annunciare la sua parola agli uomini. Ha compiuto tanti miracoli e gesti e, anche dopo la sua morte, è rimasto per sempre in mezzo a noi, che percepiamo la sua presenza nei sacramenti, ma anche quando andiamo in Chiesa a messa, la domenica, o quando preghiamo."
Cos'è un sacramento? domandò la bambina, interrompendola.
"Ora ci arrivo. I primi uomini creati da Dio, Adamo ed Eva, hanno peccato perché hanno mangiato il frutto proibito, una mela che fece capire loro la differenza tra bene e male. Dio non voleva che loro lo facessero, ma il diavolo ha tentato Eva,a mangiare il frutto, oi lei neha dato anche ad Adamo e così sono stati eacciati antrambi dal Paradiso, chiamato anche giardino dell'Eden. Il loro peccato si chiama peccato originale, che è quello che hanno avuto tutti gli uomini da allora in poi. Per liberare i propri figli da questo, i genitori li fanno battezzare."
Allora i tuoi genitori hanno fatto battezzare anche te e la zia Dallas?
"Sì."
Anche la zia Madison è stata battezzata?
"Certo!"
Si possono battezzare solo i bambini piccoli?
"No, anche quelli più grandi. Ci sono persone che si sono battezzate anche da adulte, per molti motivi. Magari prima non credevano, ma poi è successo loro ualcosa e hanno cominciato ad avere fede. Comunque, il battesimo è un sacramento, uno dei sette."
Grazie alla semplice ma efficace spiegazione della mamma, Mackenzie cominciava a capire che il battesimo era una cosa molto importante.
Demi spiegò a Mackenzie come si celebra il rito del battesimo e poi la bambina le chiese ancora:
Tu vuoi che io e Hope ci battezziamo, vero?
"Beh, a Hope non posso chiederlo perché è troppo piccola e non capirebbe, ma a te sì. Ovviamente devi volerlo, tesoro. Non voglio che tu lo faccia perché io ti ho detto che è una cosa importante."
Mi piace ascoltare le parole di Gesù quando mi porti in Chiesa, mamma. Quindi sì, vorrei battezzarmi le rispose la bambina, con un gran sorriso ad illuminarle il volto.
Demi ogni tanto andava in Chiesa la domenica e portava con se le figlie. Da dopo la messa di Natale alla quale avevano partecipato, era stata Mackenzie a chiederle di andare di nuovo ad ascoltare il Parroco parlare di Gesù. Demi non l'avrebbe mai costretta a farlo.
"Sei sicura?"
Sì!
Fu così che Demi e la figlia andarono a parlare con il Parroco della loro parrocchia. Lui, un uomo piuttosto giovane e sempre sorridente, fu molto disponibile e gentile.
"Mackenzie," le disse, "sarò felice di darti delle lezioni di Catechismo, il sabato."
La bambina sorrise e lo ringraziò.
Quando, quella sera, Mac ne parlò ad Andrew, lui fu felice di vederla tanto entusiasta.
"Hai fatto bene a lasciare che fosse lei a decidere, Demi" disse poi alla fidanzata.
"Mi sembrava la cosa migliore."
Quella stessa settimana, durante la prima lezione, dopo averla salutata con dolcezza, il Parroco fece sedere Mackenzie vicino a lui in una stanza della parrocchia e le chiese:
"Sai chi erano Adamo ed Eva?"
Erano un uomo e una donna, i primi creati da Dio, che sono stati cacciati dal giardino dell'Eden.
"Brava! Oggi parleremo di loro."
Fu così che il Parroco iniziò a spiegarle cos'era successo ai due e Mackenzie, interessatissima, poneva un sacco di domande:
Perché Eva ha ascoltato il serpente?
"Il serpente rappresenta il diavolo e lei si è lasciata tentare dalle sue parole convincenti."
Adamo si è arrabbiato con lei?
"Eva gli ha dato il frutto e lui l'ha mangiato. Il serpente aveva detto alla donna che mangiarlo l'avrebbe resa saggia e che avrebbe conosciuto la differenza tra bene e male."
L'uomo le parlò anche del fatto che Dio, una volta saputo quanto successo, li aveva cacciati dal Paradiso. Le raccontò della vita dei due fuori dal giardino dell'Eden, del fatto che avevano dovuto lavorare duramente, che Dio aveva dato loro dei comandamenti che le elencò e le spiegò e che i due avevano avuto dei figli. Le raccontò così di Caino e Abele e del motivo per cui il primo aveva ucciso il secondo.
Alla fine di quell'ora, Mackenzie andò a casa felice. Aveva imparato un bel po' di cose nuove e
importanti.
 
 
 
Mamma, facciamo qualcosa di diverso tutte insieme? chiese Mackenzie due giorni dopo, appena finirono di fare colazione.
Per un momento Demi restò perplessa. Non capiva cosa la figlia intendesse per "qualcosa di diverso" e stava per chiederle di spiegarsi meglio, quando comprese: era ovvio che Mackenzie e Hope avessero sentito tutta la tensione di quel periodo e, anche se Andrew era tornato a casa e stava bene, Mackenzie non era ancora riuscita a rilassarsi completamente. Forse psicologicamente sì, ma quando la mente è sottoposta ad un forte stress, ci mette un po' a riprendersi. Demi lo sapeva bene, era la stessa cosa che provava anche lei.
"D'accordo, ho già un'idea" disse.
Aveva appena deciso di fare una cosa che si era ripromessa molto tempo prima: portare le bambine allo studio di registrazione. Phil le aveva già conosciute, una volta, quando si erano incontrati di sfuggita, ma lei desiderava che le sue figlie vedessero dove lavorava. Dato che aveva tempo e che Mackenzie non aveva ancora iniziato la scuola, decise di approfittarne.
Davvero ci andiamo, mamma? chiese Mackenzie, eccitatissima.
"Certo, amore! Siete con me da quasi un anno e ogni giorno mi dicevo:
"Dai, domani le porto"
e invece non lo facevo mai. Quindi, ora finalmente vedrete dove la mamma canta, registra le canzoni per i suoi album e parla con Phil per organizzare i tour."
"Ur" disse Hope.
"Beh, non si dice proprio così, ma sei stata comunque brava, tesoro!" esclamò Demi, scompigliando i capelli della bambina, che aveva appena finito di divorare il suo latte con i biscotti.
Cosa sono i tour? domandò allora Mac, curiosa.
Aveva già sentito quella parola e si era sempre chiesta cosa significava.
"Sono dei periodi nei quali dovrò stare fuori città e andare a cantare in altri posti, qui in America o anche in Europa, in Asia e così via, ma non durano molto, al massimo qualche mese." Vedendo lo sguardo triste della figlia, si affrettò a spiegare: "Voi non potrete venire con me perché tra poco inizierete la scuola e l'asilo, ma vi assicuro che questi periodi passeranno in fretta e poi non andrò via subito! Mackenzie, tesoro, sta' tranquilla okay? Dai, fammi vedere il tuo bel sorriso!"
La piccola glielo mostrò e Demi le diede un bacio.
"Ecco, così, brava! Non devi essere triste. Quando quel momento arriverà ci penseremo."
Va bene rispose la bambina, che si sentiva già meglio.
La ragazza preparò i vestiti per Mackenzie perché si cambiasse. Le fece indossare una semplice tuta, in modo che stesse comoda. Mentre lei si vestiva andò a cambiarsi e poi mise a Hope una tutina rosa che le aveva comprato pochi giorni prima. Quando tutte e tre furono pronte, salirono in macchina e si diressero verso lo studio.
Il viaggio fu breve. Una volta giunte, le bambine guardarono meravigliate il grande edicicio che si trovava davanti a loro.
"Faccio una chiamata e poi entriamo" disse Demi, che prese il cellulare e compose un numero. Al secondo squillo qualcuno chiese:
"Pronto?"
"Phil, sono Demi. Ho portato le bambine allo studio, mi apri?"
"Arrivo!" esclamò l'uomo.
Poco dopo il grande cancello venne aperto e le tre poterono entrare. Phil le aspettava sulla porta.
"Ciao bambine!" esclamò, abbracciandole e baciandole.
Mackenzie, nonostante non lo conoscesse, lo lasciò fare. La mamma sembrava fidarsi di lui, quindi non c'era motivo di avere paura.
"Sono bellissime, Demi" disse poi Phil, che era sudato e la voce gli tremava per l'emozione.
"Grazie; Mackenzie, Hope, lui è Phil. Mi aiuta a organizzare i tour e mi sta vicino quando ho bisogno, mi dà consigli ed è stato con lui che ho parlato per primo nel momento in cui ho deciso di adottare un bimbo."
Mackenzie gli sorrise: se la mamma gli aveva detto una cosa così importante, doveva essere proprio una brava persona.
I quattro entrarono e sentirono molte persone uscire da vari uffici o stanze esclamando:
"Demi è qui!"
e:
"Wow, ci sono anche le sue figlie, finalmente le conosceremo!"
Erano tutti coloro che la aiutavano, i musicisti, i coristi, i truccatori, che ad uno ad uno si presentarono alle piccole, le quali si sentivano un po' confuse con tutta quella gente intorno, in particolare Mackenzie. Hope, invece, osservava ciascuno con curiosità.
Phil sussurrò qualcosa all'orecchio di Demi, la quale annuì e lanciò al suo staff uno sguardo d'intesa.
"Mackenzie, Hope, se venite con me, la mamma vi farà vedere una bella cosa" disse il manager.
Mackenzie guardò Demi un po' titubante.
"Va tutto bene," si affrettò a rassicurarla, "sono sicura che piacerà sia a te che a Hope."
Tranquillizzata da quelle parole, Mackenzie si mise accanto a Phil, che prese Hope in braccio. La bambina sorrise, cosa che calmò Demi che, per un momento, aveva temuto che si sarebbe messa a piangere disperata. Il manager portò le bambine in una piccola stanza e fece accomodare Mackenzie su una sedia, poi le si mise accanto. Quell'ambiente era quasi vuoto, c'era solo uno specchio davanti a loro.
"Questo è il camerino, una stanza dove la vostra mamma si cambia, a volte, quando deve cantare o fare i video delle canzoni. Si deve vestire in una certa maniera ed è qui che viene per specchiarsi e vedere quanto è bella, ma ora vi faccio ascoltare una cosa." Aprì un piccolo marsupio che portava al collo e ne tirò fuori due paia di cuffie, che fece indossare alle piccole. "Le porto sempre con me" spiegò. "Io ascolto come canta Demi, se lo fa bene o no. State attente eh, tra poco sentirete la sua voce. Anzi, no, andiamo da un'altra parte."
Gli era venuto in mente che stando in quella stanza non avrebbero potuto vederla mentre cantava, ma solo sentirla, quindi le condusse in un'altra, lì vicino, dove c'era un grande schermo che rifletteva un ambiente più grande e spazioso, con un piccolo palco al centro. Demi era lì sopra con un microfono davanti. Dietro di lei stavano i coristi e, lì vicino, i musicisti con i loro strumenti: due pianoforti e una batteria.
Wow, non ne avevo mai vista una dal vivo! esclamò Mackenzie, estasiata.
"È un bello strumento la batteria, vero?"
Lei annuì.
"Sapete, la stanza che vedete in questo schermo non è molto lontana da dove siamo noi."
Hope agitò le manine e lanciò alcuni gridolini di gioia. Vedeva Demi, ma non riusciva a capire perché non poteva andare da lei, così poco dopo cominciò ad agitarsi.
"No piccola, tra poco la mamma tornerà, non preoccuparti" la rassicurò Phil, cominciando a dondolarla a destra e a sinistra.
Dopo poco la bimba si calmò.
Perché non ci porti dalla mamma? chiese Mackenzie.
"In quella stanza la musica è molto alta," spiegò, "non vorrei che vi desse troppo fastidio."
Dopo poco iniziò una canzone che Mackenzie pensava di aver già udito.
Demi trasse un profondo respiro mentre i musicisti cominciavano a suonare e poi cantò.
 
"The day I first met you
You told me you never fall in love
But now that I get you
I know fear is what it really was
 
Now here we are, so close, yet so far
Haven't I passed the test?
When will you realize?
Baby, I'm not like the rest
 
Don't wanna break your heart
I wanna give your heart a break
I know you're scared it's wrong
Like you might make a mistake
There's just one life to live
And there's no time to wait, to waste
So let me give your heart a break, give your heart a break
Let me give your heart a break, your heart a break
Oh yeah, yeah

On Sunday you went home alone There were tears in your eyes I called your cell phone, my love But you did not reply The world is ours. If we want it, We can take it if you just take my hand. There's no turning back now. Baby, try to understand
[…]"
La canzone continuò. Mackenzie rimase a bocca aperta, come faceva ogni volta che sentiva la mamma cantare, mentre Hope era totalmente rilassata. Quando la canzone finì, la  ragazza corse dalle figlie.
"Vi è piaciuto?" chiese abbracciandole.
Mackenzie scrisse di sì e Hope sorrise.
"Phil, grazie per averle tenute."
"Figurati, è stato un piacere!"
"Hanno fatto le brave?"
"Sono state bravissime; e Demi, mi dispiace per tutto quello che è successo ad Andrew. Io… Io avrei voluto telefonarti, o venire a trovarti, o farlo con lui, ma non sapevo se ad Andrew avrebbe fatto piacere. In fondo lo conosco pochissimo, anche se voi siete amici praticamente da sempre e poi anche tu stavi passando un periodo difficile."
"Va tutto bene, Phil, non sono arrabbiata."
In quel momento Demi si domandò perché diavolo non avesse invitato il suo manager alla festa che aveva organizzato per Andrew e si dette dell'idiota.
"Davvero?" chiese ancora lui, titubante.
"Dico sul serio."
"Okay" sussurrò Phil, tirando un sospiro di sollievo.
Non essersi fatto vivo per mesi con Demi né con Andrew, soprattutto dopo quella disgrazia, lo faceva stare malissimo. A dire il vero a lei aveva telefonato per congratularsi per la finalizzazione dell'adozione, ma era stata una telefonata breve perché l'uomo stava lavorando e da allora non si erano più sentiti.
Demi gli parlò della festa e si scusò moltissimo per non averlo invitato.
"Sono stata una deficiente! Non so perché non l'ho fatto Phil, scusami."
"Tranquilla, non pretendevo certo di essere invitato. Io conosco molto poco Andrew e hai fatto bene ad invitare solo le persone che lui conosce e delle quali si fida. Comunque, ora come sta?"
"Si sente meglio, grazie a Dio!"
"A voi, invece, come vanno le cose?"
"Siamo ancora un po' stressate. Questo periodo ha messo alla prova tutti, anche Mackenzie e Hope, che percepivano tutta la mia tensione. Per questo siamo venute qui oggi, per fare qualcosa di diverso. Mac me l'aveva chiesto e così ho pensato di portare i miei tesori nel luogo in cui lavoro."
"Hai fatto bene. Siamo tutti felici di avervi qui!"
"Tornerò al lavoro tra poco, Phil" lo informò la ragazza.
"Prenditi il tempo che ti serve" le disse lui, gentile. "Noi intanto stiamo lavorando sui testi e gli arrangiamenti che mi hai mandato."
"A te come sembrano?"
"C'è qualcosa da sistemare, ma sono molto buoni!"
"Ne sono felice."
Dopo aver ringraziato ancora il suo manager e aver salutato il resto dello staff, Demi e le bambine tornarono a casa. Le piccole erano contente della nuova esperienza appena fatta e Demi era stata felice di cantare di nuovo per loro.
 
 
 
Quel pomeriggio Mackenzie, seduta sul divano, stava guardando qualche cartone animato. Demi era andata a fare la doccia e Hope dormiva, in camera. Dopo un po' suonò il campanello. La bambina sapeva che non avrebbe dovuto aprire a nessuno. La mamma gliel'aveva sempre raccomandato.
"Non farlo se non ci sono io" le aveva detto spesso.
L'unica cosa che Mac poté fare fu andare in bagno ad avvertire Demi. La ragazza si stava asciugando e, quando sua figlia bussò, le chiese di aspettare. Si infilò in fretta i vestiti e si legò un asciugamano attorno ai capelli bagnati, poi aprì.
Hanno suonato scrisse la piccola.
"Okay, arrivo subito. Grazie di avermi avvertita, amore!"
Quando Demetria aprì, trovò Andrew dvanti al cancello.
"Ciao!" esclamaronoinsieme, poi sorrisero.
Si ricordarono di quando, tempo prima, al lago Tahoe si erano detti:
"Ti amo"
all'unisono. La ragazza fece entrare il fidanzato e, dopo averlo fato accomodare, si scusò dicendo di dover andare ad asciugarsi i capelli. Non voleva rischiare di prendere un raffreddore.
"Tranquilla, sto io con Mackenzie" le assicurò l'uomo, "ma prima abbracciami. Sai che non l'hai ancora fatto, vero?"
"Hai ragione, scusa."
Si strinsero e si diedero un bacio sulla guancia, poi Andrew disse:
"Così va già meglio."
Rimasti soli, lui e Mackenzie guardarono per un po' la televisione in silenzio. Qualcun altro suonò alla porta e fu Andreww ad andare ad aprire. Era Selena.
"Oddio, scusate, non volevo disturbare!" esclamò la ragazza vedendolo.
"Figurati, sono appena arrivato. Demi tornerà subito, è in bagno. Entra!"
"Sei sicuro che non sono di troppo?" domandò lei, titubante.
"Stai tranquilla, a Demetria farà piacere vederti."
Quando Mac vide Selena le si gettò tra le braccia. La ragazza se ne sorprese. La bambina non era mai stata così affettuosa con lei.
"Ciao, piccola!" esclamò, scompigliandole affettuosamente i capelli.
Mentre Andrew chiedeva a Sel del suo lavoro, Mackenzie andò in cucina e, poco dopo, tornò in salotto con un quadernetto e alcuni pennarelli. Non aveva mai amato particolarmente disegnare, ma quel giorno, non sapeva nemmeno lei perché, le era venuta voglia. Si sedette quindi sul divano e cominciò a lavorare. Non ascoltava nemmeno le chiacchiere degli altri, quasi non si acccorse dell'arrivo della mamma tanto era concentrata.
"Sì, quell'avvocato è stato proprio uno stronzo, al processo" stava dicendo Andrew. "Sono andato ad ascoltare. Meno male che Bill è riuscito a vincere la causa e quello stupratore è andato in prigione. La sua cliente, la ragazzina, era spaventatissima e sconvolta. Non potete nemmeno immaginare quanto ha pianto! L'avvocato difensore del colpevole diceva che, siccome lei non aveva né urlato né pianto, allora non si poteva condannare il suo cliente."
Ovviamente stava sussurrando, per non farsi sentire da Mac, mentre Demi e Selena, sedute vicino a lui, ascoltavano quella storia attonite e scioccate. Andrew stava parlando di un caso che si era concluso il giorno prima: una ragazzina di quindici anni era andata ad una festa in una discoteca ed era stata drogata e poi portata fuori, in un vicolo, da un ragazzo di 21 anni che aveva conosciuto poco tempo prima. Incapace di difendersi a causa dell'effetto della droga e del ragazzo che la teneva stretta a sé con una forza non da poco, non era riuscita a fare niente quando questi l'aveva spogliata e violentata, lasciandola poi lì e fuggendo. La ragazza, terrorizzata, sotto shock e in lacrime, era riuscita a chiamare sua madre che era arrivata immediatamente. Aveva avuto il coraggio di denunciare quel ragazzo, che grazie alla descrizione che aveva dato alla polizia era stato identificato nel giro di qualche giorno e poi preso. Non aveva nemmeno tentato di fuggire, dicendo che credeva che Tasha, così si chiamava la vittima, avrebbe avuto troppa paura per denunciarlo. Per difenderla, i suoi genitori si erano rivolti a Bill, che era un avvocato minorile.
"Che stronzo!" commentò Selena.
"Sì," disse l'altra, "anche perché, insomma, ognuno ha reazioni differenti quando vive una situazione come quella, credo. C'è chi piange e urla, chi invece non lo fa perché è troppo terrorizzato persino per provarci. Non posso credere che quell'avvocato abbia tirato fuori una scusa così assurda e idiota!"
"L'ha fatto, purtroppo" sospirò Andrew, "ma alla fine Bill è riuscito a vincere. Il giudice ha ritenuto la sua arringa "fuori luogo e irrispettosa", testuali parole; e quel bastardo è finito in galera per otto anni e dovrà dare venticinquemila dollari alla famiglia." "Il giudice avrebbe dovuto dargli l'ergastolo" commentò Selena, alzando un po' il tono di voce.
Era arrabbiata. Sentire che le donne o le ragazzine subivano quei maltrattamenti la faceva diventare furente. Demi, invece, era solo molto triste. Otto anni erano troppo pochi.
"Lo so, ma purtroppo la legge della California non stabilisce questo. Gli è stato dato il massimo della pena. Ora Tasha sta seguendo una terapia psicologica, ma ci vorranno anni prima che si riprenda. Sono sicuro che ce la farà, però; è una ragazzina forte e lo dico anche senza averci parlato."
“E tu?” gli domandò Selena. “Hai mai affrontato un caso di abuso su un minore?”
“Sì” disse abbassando lo sguardo. “Purtroppo… purtroppo sì. Una donna mi ha contattato dicendo che aveva bisogno di un avvocato perché il nonno di sua figlia maltrattava la bambina, la picchiava, ma lui sosteneva di no. Ho parlato con lei, con il marito, con la piccola, ho fatto fare una perizia psichiatrica alla bimba… Nel mio lavoro spesso devo collaborare con un team di persone, tra cui assistenti sociali e non solo. Insomma, il processo è durato parecchi mesi e alla fine è venuto fuori che era tutto vero.”
“Dio” mormorarono insieme le ragazze.
Non c’erano parole per descrivere un orrore come quello; e Demi non poté far altro che pensare alla donna che aveva fatto del male a Mackenzie, fisicamente ma soprattutto psicologicamente e al dolore e alla rabbia che aveva provato nel saperlo.
“Ma perché certa gente fa cose così schifose?” chiese la ragazza, parlando più a se stessa.
Nessuno dei due rispose.
Il lavoro di Andrew non era affatto facile, soprattutto quando doveva affrontare quel genere di casi, ma lo faceva con passione e cercava di essere umano e comprensivo con tutti i suoi
clienti.
Dopo un po' i tre spostarono l'attenzione su Mackenzie e solo llora si resero conto di ciò che stava facendo.
"Cosa stai disegnando?" le domandò Selena, avvicinandosi di più a lei. "Posso vedere?"
La bambina avrebbe voluto chiudere il quaderno. Non voleva che nessuno vedesse ciò che c'era su quel foglio, ma il tutto le cadde di mano e Selena lo raccolse. Nella prima pagina era raffigurava una piccola casa di mattoni, circondata da alte erbacce. NOn c'erano altri particolari, solo il contorno dell'abitazione e l'erba. I colori erano marrone scuro per i mattoni e un  giallo spento per le erbacce. Demi pensò che la figlia li avesse scelti apposta così, per conferire al disegno un'aurea di tristezza e, forse, anche di dolore.
Oddio, pensò, sembra la casa che ho visto tempo fa, con Dallas, quando siamo andate dalla cartomante!
Facendo due più due, comprese che molto probabilmente era quella in cui Mackenzie aveva abitato con i suoi genitori naturali, ma non era sicura che fosse la stessa. Insomma, quello era solo un disegno, avrebbe anche potuto sbagliarsi.
"Cos'è, tesoro?" le chiese.
Niente, è solo una casa rispose, ma mentre scriveva non guardava il foglio, bensì il vuoto e i suoi occhi erano spenti e lo sguardo indecifrabile, privo di qualsiasi emozione o espressione.
Lo notarono tutti e si preoccuparono. Che cosa stava succedendo a Mac?
"Ha qualche significato particolare per te?" le chiese allora Andrew.
No, è un semplice disegno.
Demi sospirò. Probabilmente Mackenzie non voleva parlarne e lei non avrebbe potuto di certo portarla in quel posto. Se era stata la sua casa, rivederla così improvvisamente avrebbe potuto sconvolgerla. Era meglio aspettare che fosse lei stessa a parlarne, quando sarebbe stata pronta.
Alcune lacrime rigarono il viso della bambina, che ebbe un singulto.
"Ehi, piccola!" esclamò Andrew, circondandole le spalle con un braccio. "Parla con noi, dicci come ti senti."
Lei non lo fece. Rimase in silenzio, con le mani chiuse a pugno. Andrew e Demi si lanciaroon un fugace sguardo preoccupato, poi presero ognuno una mano della bambina la quale, quando sentì il loro contatto, sciolse i pugni e si rilassò un po'.
Ormai era palese: il disegno che aveva fatto l'aveva scossa. Era la sua casa, non c'era più alcun dubbio.
Giochiamo tutti insieme? chiese poi la piccola, cambiando repentinamente argomento per evitare di parlare di ciò che la faceva soffrire, guardandoli e ritrovando anche il sorriso.
I genitori avrebbero voluto parlare ancora con la bambina di quanto era appena successo. Provarono ad insistere, ma Mac non proferì parola, così decisero di lasciar perdere, almeno per il momento.
Selena, che aveva assistito alla scena in assoluto silenzio, era preoccupata quanto loro, ma cercò di non darlo a vedere. Del resto, anche Demi ed Andrew provavano a fare di tutto per nascondere la loro ansia. Se si fossero mostrati fragili, Mackenzie si ssarebbe gitata ancora di più.
"Okay, giochiamo!" esclamò Selena, per spezzare quel clima di silenzio e preoccupazione che si era venuto a creare.
Per un po' i quattro si divertirono a rincorrersi o a giocare con le bambole. Mackenzie riuscì quindi a rilassarsi e a sentirsi meglio. Ben presto, però, Selena disse che doveva andare. Era passata solo per un saluto.
"Mi dispiace, ma devo tornare in studio di registrazione a finire di registrare una canzone. Dev'essere pronta per oggi pomeriggio" spiegò.
Dopo aver salutato tutticon baci e abbracci, uscì di casa, felice di essere stat un po' con loro.
Poco dopo anche Andrew dovette andare via. Era venuto perché quel giorno lavorava solo di pomeriggio, ma doveva preparare dei documenti che gli sarebbero serviti più tardi.
"Okay, allora ci veiamo presto, amore" gli disse Demi, dndogli un altro, forte abbraccio.
"Certo; e Demetria, forse dovresti parlare ancora con Mackenzie diquello che è successoprima. Ora sembra aver dimenticato tutto, ma è ovvio che non è così" le surrurrò all'orecchio.
Lei annuì. L'avrebbe fatto al più presto.
 
 
 
Quella sera Mackenzie era nel suo letto, a pancia in su, immobile. Nonostante avesse trascorso una bella mattinata e il resto della giornata fosse stato piacevole, non riusciva a prendere sonno. Il silenzio le faceva paura, ma era spaventata ancora di più dal buio. Le sembrava di non essere sola e che nella stanza ci fosse anche quell'uomo, l'assassino dei suoi veri genitori. Le sembrava di vederlo lì, accanto al letto, mentre la guardava con i suoi occhi cattivi. Lo ricordava
bene.
La notte nella quale erano stati uccisi i suoi e lei aveva sentito quei rumori, era scesa e l'aveva visto. Indossava un cappuccio blu, non uno nero, quindi non era come quei cattivi che mamma e papà le dicevano esistere nelle favole. Portava un giubbotto pesante, ma nonostante il suo abbigliamento, Mackenzie era riuscita a vedergli gli occhi. Li ricordava ancora adesso: erano neri, ancor più dei suoi e di quelli di Hope. L'uomo stava lottando con suo padre mentre la mamma, legata con le mani dietro la schiena e imbavagliata, li osservava con sguardo atterrito. Dopo poco, Mackenzie aveva sentito un rumore forte e poi un altro, come di due fuochi d'artificio. Aveva visto i genitori cadere per terra e si era avvicinata a loro, con la sorellina in braccio, mentre l'uomo le guardava, minaccioso. Hope piangeva disperata e Mackenzie la dondolava per calmarla, ma lei non pareva proprio volersi tranquillizzare. Mac si era piegata accanto ai suoi genitori ed aveva toccato le loro mani, che erano calde. Avevano gli occhi chiusi, sembrava stessero dormendo, ma un liquido rosso usciva dai loro petti ed era sempre di più, sempre di più…
Era la sensazione che quell'uomo fosse presente in tale momento nella sua camera a farle ricordare tutto questo e lei tremava, terrorizzata, mentre le lacrime iniziavano a bagnarle gli occhi. Sentiva dentro un calore, quello che, ormai lo sapeva bene, precedeva il pianto. Questi arrivò infatti, pochi secondi dopo. Le lacrime iniziarono a scenderle accanto al naso e poi a rigarle le guance. All'inizio erano poche, ma con il passare dei minuti diventavano sempre di più. Sentiva ancora quella presenza nella camera, pensava davvero che fosse reale. L'uomo si mosse e si sedette sul suo letto, accanto a lei. Mackenzie sentì le sue mani sudate e appiccicose toccarle il viso. Fu allora che aprì la bocca e urlò:
"Aaaaaaaah!"
 
 
 
Demi stava dormendo. Era tranquilla e stava sognando la vacanza al lago Tahoe e sorridendo nel sonno. Sentì qualcosa, un suono, ma le pareva lontano. Forse proveniva da un luogo più distante del lago rispetto a dove si trovavano loro. Socchiuse gli occhi per un momento e pensò che, magari, invece poteva essere stato qualcuno fuori a gridare, che non si trattava di un sogno. Dubbiosa, aprì gli occhi. Ancora assonnata e confusa, ascoltò: il rumore non c'era più, ma facendo due più due, capì che dato che Hope dormiva pacificamente, non poteva che essere stata Mackenzie. La sua bambina aveva urlato? Hope, che fino a qualche secondo prima riposava tranquilla nel suo lettino, si mosse leggermente lamentandosi, svegliata dal grido della sorella. Demi si alzò, la accarezzò e le diede un bacio in fronte. La piccola sospirò, rilassandosi e si riaddormentò come se non fosse accaduto niente.
Demi allora si precipitò in camera della figlia più grande. La trovò seduta sul letto, con le coperte accanto a lei in disordine.
"Mackenzie, sono la mamma. Non aver paura" sussurrò.
La bambina strinse convulsamente la sua mano, ma gliela lasciò subito e la abbracciò. Il suo cuore batteva all'impazzata e lei tremava come una foglia.
"Vieni" le disse la mamma prendendola in braccio, "andiamo in cucina a farci una camomilla."
La portò giù in braccio, la fece sedere in cucina e iniziò a preparare la camomilla, poi mentre questa bolliva, si sedette vicino alla bambina e le chiese:
"Ti va di raccontarmi cos'hai sognato?"
Le diede un foglio e una penna e Mackenzie scrisse:
Non era un sogno. L'uomo cattivo che ha ucciso i miei veri genitori era lì, vicino al mio letto.
Demi sulle prime non ci credette.
"Sarà stato solo un incubo, tesoro" la rassicurò accarezzandola.
No, era vero.
Demi si alzò e andò a controllare che il cancello, la porta d'ingresso e tutte le finestre della casa fossero chiuse. Nonostante questo si sentiva in ansia. Se sua figlia avesse avuto ragione? Se quell'uomo fosse riuscito davvero ad evadere e ad arrivare lì? Come avrebbe fatto ad entrare se tutto era chiuso? Per un momento Demi pensò che guardava troppi film polizieschi, ma quell'ansia fastidiosa le restava dentro, attanagliandola. In fondo, c'erano le vite delle sue bambine in ballo e doveva essere sicura che le piccole fossero al sicuro.
Diede la camomilla alla piccola e decise di chiamare Andrew. Mackenzie bevve tranquilla e poi iniziò a guardarla mentre prendeva il telefono e componeva un numero. Demi sentì uno, due, tre, quattro squilli, poi la voce di Andrew, assonnata ma sempre gentile, rispose:
"Pronto?"
"Pronto Andrew, sono Demi."
"Demi, amore, perché mi chiami a quest'ora della notte? Sai che ore sono?"
"No, ma ti devo dire una cosa importante."
Gli spiegò quello che era successo.
"Sarà la sua immaginazione, Demi" commentò Andrew alla fine. "Insomma, si è spaventata, è normale che abbia una reazione del genere."
"Sì, forse, ma io devo essere sicura che lui non sia ancora in libertà, capisci?"
"Non so se tu possa chiamare la polizia dato che non hai sentito niente e che solo la bambina sostiene che sia vero. In più non c'è nessun segno di infrazione, giusto?"
"Esatto; allora che devo fare?"
"Per scrupolo, prova comunque a chiamare la polizia e a spiegare tutta la situazione, ma può essere che non arrivi nessuno a controllare. Vuoi che venga lì?"
"No, credo di poter gestire questa cosa da sola. Nel caso mi servisse aiuto, ti chiamerò."
"Va bene. Demi?"
"Sì?"
"Stai tranquilla, vedrai che non sarà niente di grave."
Quando riattaccò, la ragazza chiamò subito la polizia. Dopo alcuni squilli rispose una donna:
"Pronto? Polizia di Los Angeles. Parla Carol, il Capo di questo distretto. Come posso aiutarla?"
Aveva una voce molto gentile e Demi si sentì subito a suo agio.
"Pronto, sono Demi Lovato. Ho adottato due bambine, Mackenzie e Hope, i cui genitori sono stati uccisi con una pistola da un killer che è stato fatto condannare dalla bambina più grande che ha assistito all'omicidio dei genitori assieme alla sorellina e non ha più parlato dopo la loro morte. Per comunicare scrive. Stanotte si è svegliata piangendo e ha urlato. Prima non l'aveva mai fatto, ma è stato per questo motivo che mi sono svegliata. Quando le ho chiesto di raccontarmi ciò che era successo, lei ha scritto che quell'uomo è entrato in casa nostra e l'ha spaventata. Vi ho chiamati perché sono preoccupata per la salute delle mie figlie e non sapevo cosa fare" disse, un po' agitata.
"Si ricorda il vero cognome delle bambine?" le domandò la donna.
"Non lo conosco. L'assistente sociale non me l'ha detto. Sono afroamericane, se questo può essere d'aiuto. Mackenzie aveva cinque anni e Hope un mese e mezzo quando è avvenuto l'omicidio."
"Ha notato qualche segno di infrazione?"
"No."
"Ha sentito qualcosa oltre  all'urlo di sua figlia?"
"No, niente."
Demi immaginava che la donna si sarebbe messa a ridere e che avrebbe chiuso la chiamata, oppure che l'avrebbe mandata a quel paese dicendo che lei aveva cose più importanti da fare che stare dietro alle fantasticherie di una mamma che credeva ad ogni cosa che le raccontava la sua bambina, ma non accadde nulla di tutto ciò. Vista la delicata situazione nella quale le bambine si erano trovate in passato, il Capo della polizia decise di prendere alcune misure per assicurarsi che tutto andasse bene.
"Mi ascolti," le disse, "ora io andrò in archivio a cercare il fascicolo che riguarda il caso delle sue figlie adottive. Nel frattempo manderò due agenti della mia squadra a controllare che in casa sua e lì intorno sia tutto a posto e chiederò ad un altro di sapermi dire dove si trova in questo momento l'assassino dei veri genitori delle piccole."
"D'accordo, grazie."
Demi raccontò a Mackenzie ciò che la poliziotta le aveva detto e aspettarono assieme gli agenti che arrivarono dopo cinque minuti. Fecero qualche domanda a Demi e a Mackenzie, poi controllarono la casa per assicurarsi che tutto fosse in ordine e che nessuna porta o finestra fosse stata scassinata. Perlustrarono la zona circostante e non videro nessuna persona né macchina sospette. Poco dopo li chiamò un collega che riferì loro che l'assassino si trovava in carcere nella sua cella.
"Non si preoccupi, signorina, è tutto a posto" la rassicurarono i poliziotti, spiegandole che non avevano visto nulla e ciò che il Capo aveva detto loro.
Demi li ringraziò di cuore e poco dopo i due se ne
andarono.
Il giorno dopo, Mackenzie sembrava aver dimenticato ciò che era accaduto la sera prima. Quando era andata a letto non ne aveva più parlato con la mamma e questo aveva rasserenato Demi.
Nel pomeriggio portò le bambine al parco. Mackenzie era sempre felice di andarci. Hope dormiva, ma un po' d'aria le avrebbe fatto bene. Mentre entravano nel parco, videro un uomo che fumava una sigaretta appoggiato ad un muretto e Mackenzie iniziò a correre come impazzita.
"Mackenzie, torna qui!" urlò Demi, mentre cercava di seguire la figlia.
Aveva Hope nel passeggino e questo rallentava la sua corsa. Mackenzie corse verso la strada, non preoccupandosi delle macchine che avrebbero potuto investirla. Non le vedeva nemmeno. Nella sua testa c'era l'immagine dell'uomo cattivo il quale, prima che arrivassero i vicini, aveva scottato lei e Hope con una sigaretta.
Demi riuscì a bloccare Mackenzie con una mano, poco prima che una macchina passasse a velocità folle e rischiasse di investirla, schivandola per un pelo. Tutte e due erano senza fiato.
La bambina si sedette per terra, sul ciglio della strada ed iniziò a tirare pugni al cemento, non facendo caso al dolore che sentiva.
Demi lasciò Hope, si accovacciò vicino alla bambina e le bloccò le manine.
"Calmati, tesoro. Nessuno vuole farti del male."
La abbracciò: di solito, con le coccole, Mackenzie si tranquillizzava. La mise sulle sue gambe e la cullò piano, muovendosi a destra e a sinistra e non curandosi della gente che le guardava chiedendo, anche ad alta voce, che cosa stessero facendo. Quando la piccola si fu tranquillizzata, Demi aprì la borsa e le diede una bottiglietta d'acqua in mano. Mac la aprì e bevve piano, poi sorrise per ringraziarla.
"Preferisci andare a casa?"
Annuì.
Demi riprese il passeggino e iniziò a camminare con Mackenzie a fianco.
"Ti ha ricordato quello, vero?" le chiese poco dopo la mamma, non avendo ancora abbastanza fiato per spiegare con più parole cosa intendeva dire.
La bambina aveva capito benissimo e fece segno di sì.
"Allora non hai dimenticato il sogno di ieri sera."
Fece cenno di no e due lacrime le rigarono le guance.
Demi si diede della stupida. Come aveva anche solo potuto pensare, illudersi che la bambina avesse dimenticato tutto quello che era
successo? Il suo cuore si spezzò: ciò che aveva tanto temuto stava accadendo. Mackenzie si sentiva di nuovo male e la ragazza sapeva che, stavolta, non sarebbe passato tutto in fretta come invece era accaduto in precedenza.
Parlò della situazione con Andrew, Selena e la famiglia quella stessa sera, quando le bambine dormivano. Fece venire tutti a casa sua dicendo che doveva parlare loro di una cosa urgente.
"Devi farla aiutare da qualcuno, tesoro" le disse Dianna, preoccupata.
"Sì, Dem, tua madre ha ragione" convenne Selena. "Da come l'hai descritta, sembra stare davvero male. Mi ricorda me quando non volevo parlare del mio malessere, solo che io sono un'adulta, ho retto questa situazione per tanto tempo. Lei invece è piccola e non credo che ce la farà ancora per molto."
Tutti gli altri si trovarono d'accordo, anche Andrew, che suggerì:
"Forse la cosa migliore sarebbe portarla prima dalla pediatra, che conosce già la sua storia. Sarà lei a consigliarti cosa fare. Comunque, credo avrà bisogno di un supporto psicologico."
"Avete ragione tutti" disse Demi sospirando. "Sapevo che prima o poi avremmo dovuto affrontare questo problema, solo che non pensavo che sarebbe successo a causa di un suo crollo così violento e improvviso." La ragazza era pallida e i muscoli del suo viso erano contratti per la tensione. "Insomma, sembrava andasse tutto bene e invece poi è crollata. Fino a pochissimo tempo fa credevo che l'avrei portata da una psicologa una volta che si fosse inserita nella classe, ma comprendo che la situazione è grave e deve essere affrontata il più presto possibile." Prese il cellulare e controllò il sito della pediatra: c'era scritto che sarebbe stata in ferie per i due giorni successivi. "Dovrò aspettare" disse quindi, spiegandone la ragione. "Non me la sento di portare Mac dalla dottoressa che sostituisce la pediatra che lei già conosce. Spero solo, con tutto il cuore, che domani e dopodomani non succeda niente di preoccupante."
"Vi siamo vicini" disse Eddie e poi la abbracciò.
Andrew si offrì di restare lì quella notte, ma Demi rifiutò, aggiungendo di voler rimanere sola. Era così sconvolta che non voleva avere altre persone intorno a parte le sue
figlie.
Nei due giorni seguenti le crisi di Mackenzie si ripresentarono più forti e aumentarono in maniera spaventosa: urlava o si metteva a correre quando vedeva qualcuno fumare una sigaretta, quando al supermercato notava le pistole giocattolo, nel momento in cui si accorgeva che una persona indossava un cappuccio. Aveva anche forti dolori alla zona lombare, alla testa e allo stomaco. Il mercoledì pomeriggio, mentre era in casa, Mackenzie sentì un rumore simile ad uno sparo e corse in camera sua, chiudendosi a chiave. Demi le andò dietro.
"Mackenzie, per favore, aprimi" le disse, con tutta la dolcezza possibile.
Sentiva dei singhiozzi e sapere che la sua bambina stava piangendo le fece male al cuore. Era agitata, ma sapeva di non poter trasmettere alla bambina la sua ansia. Cercò di controllarla con uno sforzo non indifferente.
Poco dopo Mackenzie le aprì e, mentre la mamma entrava, si rimise sotto le coperte, dove si trovava da un po'. Demi si sedette sul bordo del letto e le asciugò il sudore che le imperlava la fronte, poi fece lo stesso con le lacrime che le rigavano le guance. Anche il cuscino ne era inzuppato.
"So che hai paura, amore" sussurrò Demi. "Quello non era uno sparo, bensì un petardo. Guardami" continuò, visto che Mackenzie si era girata dall'altra parte. "Nessuno voleva fare del male a te e a Hope poco fa. Va tutto bene."
Demi le disse di mettersi a pancia in giù e cominciò a massaggiarle la schiena. I muscoli della bambina erano tesi, ma pian piano la ragazza riuscì a scioglierli, sentendo che Mackenzie si rilassava sotto quel tocco. Purtroppo, però, quello fu solo un  piccolo momento di tranquillità come tanti, che però non duravano a lungo.
La notte, per Mackenzie, era peggiore del giorno. Non dormiva quasi per nulla, nonostante Demi le stesse vicino e la facesse riposare con lei, nel suo letto, perché aveva paura di fare ancora quei brutti sogni o, se alla fine crollava, i suoi sonni erano molto agitati, come non erano mai stati prima. La bambina aveva persino paura del vento, che in quel periodo soffiava molto forte e di notte sembrava ululare. Scriveva alla mamma che le pareva un mostro che l'avrebbe uccisa, come l'uomo cattivo aveva fatto con i suoi genitori. In quei giorni le cose, per Mackenzie, andavano di male in peggio.
 
 
 
credits:
Demi Lovato, Give Your Heart A Break
 
 
 
NOTE:
1. la frase iniziale si riferisce al fatto che Mackenzie ha cominciato ad avere paura di un sacco di cose che prima non temeva, anche le più piccole, che possono sembrare insignificanti ma, visto il suo passato, non lo sono affatto. In questo momento lei non ha il coraggio di affrontarla, ma forse le cose cambieranno.
2. Il caso di cui Andrew ha parlato è successo davvero, poco tempo fa. L'ho sentito alla televisione, solo che è accaduto in Italia e il giudice ha assolto lo stupratore, non credendo alla ragazza che ora, mi sembra di aver capito, ha fatto ovviamente ricorso. Essendo rimasta sconvolta dalla notizia ho voluto parlarne, anche se in maniera diversa, dando ragione alla vittima, come giustamente dovrebbe essere.
3. In quasi tutti gli stati degli USA si diventa maggiorenni a 18 anni, tranne in Missouri (17), Alabama, Nebraska (19) e Mississippi (21). Ho anche cambiato l'età di Ashley da 16 anni a 15, in quanto 16 è l'età del consenso e quindi i giudici avrebbero potuto non considerare ciò che le è accaduto una violenza. Ringrazio la mia amica Ciuffettina per avermi fatto notare queste cose in una recensione. Per quanto concerne la pena data allo stupratore di Ashley, mi sono informata su cosa stabilisce il Codice Penale a riguardo.
4. Il fatto che Mackenzie disegni è stato importante, in questo capitolo, anche se non ho approfondito molto la questione perché comunque, in futuro, quando andrà dalla psicologa, farà attività diverse, ma tutte finalizzate a ricordare quanto successo, quindi avrete modo di leggere di più a riguardo.
5. Negli Stati Uniti la scuola inizia o a fine agosto o a settembre, dipende dallo stato in cui ci si trova. Per questa storia ho preferito farla cominciare l'ultima settimana del mese, in modo da dare a Demi il tempo di cercare aiuto e a Mackenzie di tranquillizzarsi un po' prima che cominci la prima elementare. Mancano quindi due settimane all'inizio della scuola.
   
 
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