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Autore: sparewheel    03/04/2017    4 recensioni
Affrontando le conseguenze di un desiderio espresso involontariamente, Emma finirà per ottenere quello che mai avrebbe creduto possibile e per scoprire che un futuro inaspettato può essere ben più prezioso di un desiderio realizzato.
Swanqueen ambientata qualche tempo dopo gli eventi della 6x10 e che non segue gli sviluppi della 6B.
Genere: Angst, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills, Un po' tutti, Zelena
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 2.

Cominciare la giornata col fastidioso suono della sveglia che rimbomba nelle orecchie doveva essere una di quelle cose che tutti indistintamente odiano, in qualsiasi universo e dimensione, Henry ne era certo. Per sua fortuna però, ogni volta che si risvegliava nella casa di Mifflin Street, l’acuto trillo era accompagnato da un invitante profumino proveniente dalla cucina.
Era così da che ne aveva memoria: sua madre gli aveva sempre fatto trovare la colazione pronta. Anche nel periodo in cui, infantile e orgoglioso, lui scendeva al piano di sotto non degnandola di uno sguardo, snobbava il cibo ed aspettava solo il momento più opportuno per lanciare accuse piene d’odio e scappare fuori dalla porta, tra le braccia di Emma.
Erano passati diversi anni e all’epoca era solo un bambino, ma era comunque difficile non sentirsi ancora un po’ in colpa.
Lasciando andare un sospiro in uno sbadiglio, Henry si sollevò a sedere sul letto, cercando istintivamente il buon odore che gli avrebbe dato la forza di iniziare un’altra giornata. E quando le sue narici furono raggiunte da quella che sembrava essere puzza di bruciato, si stropicciò gli occhi, credendo per qualche istante di essersi risvegliato nel loft dei nonni, ai tempi in cui un’impacciata Emma aveva cercato di imitare le doti culinarie dell’altra sua madre, fallendo miseramente.
Fortuna che nell’anno passato a New York le cose erano enormemente migliorate.
Perplesso, Henry scese rapidamente le scale, fiondandosi in cucina. Fu lì che trovò una padella abbandonata su un fornello ancora acceso, farina sparsa ovunque e sua madre stesa a terra, priva di sensi.
“Mamma!” urlò, correndo a spegnere il fornello, per poi chinarsi accanto a Regina e sollevarle la testa, posandosela sulle gambe. Con le mani tremanti, prese il cellulare e compose a memoria il numero di Emma, che si materializzò accanto a lui pochi istanti dopo.
“Cos’è successo?” chiese, la voce ancora impastata dal sonno.
“Non lo so! Mi sono svegliato e c’era puzza di bruciato e l’ho trovata qui a terra e…”
Ma l'attenzione di Emma era già sull'altra donna.
“Regina? Regina, mi senti?” la chiamò.
Prese un po’ d’acqua fresca e le bagnò il viso, il collo, i polsi, di nuovo il viso. E a quei tocchi Regina iniziò a destarsi, tornando pian piano cosciente.
“Emma? Che succede?”
“Mamma…” la strinse forte Henry.
E non la lasciò andare un attimo, fino a che Regina non fu seduta sul divano, il volto pallido che cominciava a riprendere colore.
"Hey, come ti senti?" le chiese Emma, porgendole un bicchiere di succo di frutta.
"Sto bene, sono… solo un po' stordita. Cos’è successo?"
Lo sguardo confuso di Regina si spostò da Emma ad Henry, fino a che quest’ultimo non prese la parola.
"Sono entrato in cucina e ti ho trovata svenuta sul pavimento. C’era ancora la padella sul fuoco e farina ovunque ed eri così bianca…sei stata male mamma?"
La voce di Henry tremava ancora, Regina lo notò subito. Gli prese una mano e gli accarezzò il viso.
"Oh Henry, mi dispiace di averti spaventato. Sto bene, stavo solo preparando la colazione..."
"E qual è l'ultima cosa che ricordi?" chiese Emma, cercando di capirci qualcosa in più.
"Io...ho messo la padella col burro sul fuoco e mi sono spostata per mescolare ancora un po' l'impasto dei pancake” rispose Regina, lo sguardo concentrato mentre richiamava alla mente quanti più dettagli possibili. “Volevo aggiungere dell'altra farina, ma l'avevo già messa via, quindi l'ho richiamata a me con la magia e poi...non lo so. É a quel punto che devo essere svenuta."
"Quindi è perché hai usato la magia?" Chiese Henry.
"Non saprei. Ero un po’ stanca e raffreddata, ma richiamare un pacchetto di farina è davvero una banalità, non può avermi messa ko! É più probabile che io abbia preso un qualche virus per colpa di quelle schifezze che tua madre ci ha fatto mangiare ieri sera..."
"Hey, non erano schifezze!” rispose prontamente Emma in propria difesa. “Il cibo cinese del Rabbit Hole è ottimo. E lo abbiamo mangiato anche noi e stiamo benissimo."
"Ma’ ha ragione. E poi noi abbiamo mangiato anche le patatine e i popcorn e i biscotti e la cioccolata e il gelato e non stiamo male" aggiunse Henry, come se fosse la cosa più ovvia e normale del mondo.
"Avete mangiato cosa?! Emma!"
"Che c'è? Era la serata film, non è lo stesso senza qualche snack." si difese Emma, cercando di assumere l'espressione più innocente e angelica di cui era capace.
A Regina venne voglia di strozzarla e posò istintivamente lo sguardo sul collo della bionda. Solo allora si accorse di come Emma era vestita. Anzi, di come Emma NON era vestita. Perché una canotta aderente e un paio di shorts non si potevano di certo definire vestiti.
Regina si sentì avvampare e distolse lo sguardo, sperando che il pallore dovuto allo svenimento smorzasse l'effetto che l'altra donna stava avendo su di lei.
Non doveva guardare Emma e non doveva pensare ad Emma. Dannazione!
Sentì gli occhi degli altri su di sé e capì di essere rimasta in silenzio per troppo tempo.
"Mamma, stai bene?" Le chiese infatti Henry, ancora preoccupato.
"Si tesoro, sto bene. Torniamo in cucina, così puoi fare colazione e prepararti per la scuola mentre Emma va a mettersi qualcosa addosso e magari la smette di darti il cattivo esempio anche su questo" disse, ricomponendosi e sollevandosi con cautela dal divano. Le braccia di suo figlio furono subito pronte a sostenerla ed accompagnarla fuori dalla stanza.
"Ma…hey! Stavo dormendo quando Henry mi ha chiamata!” replicò Emma, piccata. “Scusi tanto maestà se non mi sono presa il tempo di agghindarmi degnamente."
Ma gli altri due erano già usciti dalla stanza. E a lei non restò che roteare gli occhi e cambiare magicamente il suo abbigliamento, prima di seguirli.

Dopo una rapida colazione e l’aver sentito sua madre ripetere per la centesima volta che stava meglio e che non avrebbe mai più mangiato cibo preparato, acquistato o anche solo consigliato da Emma Swan, Henry si convinse ad andare a scuola.
Ad Emma toccò invece rimettere a posto la cucina, punizione per aver tentato di avvelenarli.
La bionda si finse offesa e difese strenuamente le proprie argomentazioni, fino a che non sentì la porta di casa chiudersi.
“Ok, adesso puoi smetterla di fingere. Come ti senti?”
Regina sospirò. Non aveva mentito a suo figlio, stava davvero meglio. Ma era anche consapevole che in lei qualcosa non andava.
“Non sto fingendo, sto meglio.”
“Però…?”
“Però mi sento stremata e credo che la mia magia ne risenta. È come se non riuscissi a ricaricarmi del tutto.”
“Ed è questo che ti spaventa?”
Lo sguardo di Regina fu subito su quello di Emma e un sorriso amaro prese forma sulle sue labbra. Nonostante tutto quello che avevano passato e condiviso, ancora la stupiva quanto bene Emma sapesse leggerla.
“Fino ad oggi non avevo dato molto peso alla cosa. Periodi di stanchezza capitano, no? Però… cosa sarebbe successo se al posto della farina avessi spostato un oggetto pesante o pericoloso e ci fosse stato Henry vicino? Ho di nuovo la mia parte malvagia dentro e non oso immaginare cosa potrebbe succedere se perdessi il controllo… potrei fare del male alle persone anche con il gesto più innocuo.” E far male alle persone, specie a quelle che amava, era davvero l’ultima cosa al mondo che Regina voleva. Avrebbe fatto qualunque cosa per tenere i propri cari al sicuro. Poteva isolarsi nel mausoleo per un po’, creare barriere contenitive con delle pozioni, consultare qualche libro. E nel frattempo Henry sarebbe stato con Emma e avrebbe continuato gli studi in tranquillità, senza dover pensare a madri svenute sul pavimento.
“Hey, Regina! Non mi stai ascoltando e sento il rumore degli ingranaggi del tuo cervello che girano: stai correndo troppo” intervenne Emma, bloccando il flusso di pensieri che la stava invadendo. “Henry sta bene, è a te che dobbiamo pensare adesso. E tu non hai una parte malvagia e una buona, sei…semplicemente tu. Credevo che ormai lo avessi capito.” E le sorrise. Emma sapeva essere molto dolce nella sua semplicità.
“Sono certa che non è niente, ma che ne dici di prenderti qualche giorno di vacanza ed evitare l’uso della magia fino a che non capiamo se c’è qualcosa che non va?” suggerì.
“Non ho bisogno di una vacanza Emma. Devo andare al mio mausoleo e consultare i miei libri, sono certa che lì troverò risposte.”
“Per ora direi che non vai da nessuna parte. Posso prendere io i tuoi libri. O potremmo chiedere un parere a tua sorella. Intanto, perché non mangi qualcosa? Sarebbe un’ottima prima mossa per riprendere le forze.”
“E vorresti cucinare tu? Guarda che non stavo scherzando, ho davvero la nausea per colpa del tuo cibo.” Le disse, alzando un sopracciglio.
“Ancora?! Possono esserci mille altre spiegazioni per la nausea. Che ne so, potrebbe essere un’influenza intestinale. O, vista la tua innata gentilezza, potrebbe averti avvelenata l’ultimo cameriere a cui hai risposto male. O potresti anche essere incinta, non si sa mai.”
A quelle parole, gli occhi di Regina si spalancarono istantaneamente. Ed Emma non si rese conto di quello che aveva detto finché non vide lo stupore e la sofferenza sul suo volto.
Subito dopo, un altro pensiero invase la sua mente e decise di non frenarlo.
“Non guardarmi così, non ho detto nulla di assurdo. In fondo non mi hai mai raccontato cosa è successo quando mi hai lasciata sulla spiaggia per andare via con Robin.” E il tono fu più accusatorio di quello che avrebbe voluto, ma non riuscì a trattenersi né a nascondere quanto ancora fosse ferita per quella decisione così stupida.
“Emma non…” Regina chiuse per un attimo gli occhi e prese un respiro profondo, cercando di contenere i sentimenti e lasciar uscire le parole giuste. “Non è successo niente del genere tra me e il finto Robin nel mondo del tuo desiderio. Come puoi… diamine, come puoi anche solo averlo pensato?”
Emma distolse lo sguardo. “Forse il problema è proprio che non so cosa pensare.” Lo disse in un sussurro, più a se stessa che all’altra donna. E dopo minuti di silenzio insostenibile, a passi lenti si incamminò verso la porta della cucina.
“Io non posso avere figli.”
Le parole di Regina la freddarono prima che potesse uscire dalla stanza. E si voltò nuovamente a guardarla.
“Mia madre voleva un erede col proprio sangue, da poter controllare e plasmare a proprio piacimento visto che io ero una continua delusione.
Con una pozione mi sono assicurata che non lo avesse mai.
E io stessa mi sono tolta la possibilità di avere quello che desideravo più di ogni altra cosa.”
“Regina…mi dispiace. Sono un’idiota, io non…”
“E invece è arrivato Henry.
E si, sei un’idiota, ma è anche grazie a te se adesso ho quello che ho sempre desiderato più di ogni altra cosa.”
La voce tremante, gli occhi lucidi e Regina sorrise appena. Ma era il sorriso di una madre le cui sofferenze immense si annullano nell’amore per il figlio. Ed Emma pensò di essere davanti alla cosa più bella e preziosa esistente al mondo.
 

“Ecco il tuo anticipo.” E gli lanciò addosso il sacchetto contenente le monete. “Completa il lavoro e vedrai più oro di quanto la tua sudicia testolina abbia mai potuto immaginare. Ma se fallisci dopo averci fatto perdere questa occasione, giuro che non ci sarà più angolo di foresta in cui potrai nasconderti.”
“Abbassa la voce, ho tutto sotto controllo. Tu prepara il compenso e tieni pronti gli uomini, al resto ci penso io.”
Mise le monete nella borsa e, con un ghigno sul volto, si mosse per tornare al vicino accampamento improvvisato. In tasca, la mano destra stringeva l’arma che gli avrebbe finalmente cambiato la vita.
  
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