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Autore: KiarettaScrittrice92    15/04/2017    6 recensioni
Dopo la conclusione della prima stagione, mi sono finalmente decisa a scrivere e pubblicare la mia prima long su questo fandom...
Avviso che ovviamente se mai la serie continuerà la mia storia non avrà più nulla a che fare con gli avvenimenti che accadranno dopo la comparsa di Volpina.
Questa storia perciò la potete considerare come un seguito alternativo che mi sono immaginata io, oppure semplicemente come una fic in più da leggere che spero vi emozionerà.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Makohon Saga'
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La speranza

Non erano passati che pochi minuti, quando finalmente si alzò nuovamente in piedi: abbandonando quella posizione rannicchiata che aveva assunto per ragionare ed ergendosi impettita, per poi alzare la voce e farsi sentire così da tutti i suoi compagni.
«JBee usa il tuo potere contro Angelie, TartaTitan tu vieni ad aiutare Chat! Dopodiché venite tutti qui e resistete due minuti senza di me!»
Dopo aver dato quei brevi ordini chiuse gli occhi rimanendo ferma immobile, come le aveva spiegato Monique: concentrò tutta la sua energia lungo il filo del suo yo-yo, era una cosa che solitamente faceva in automatico senza pensarci troppo, quando doveva purificare un akuma, subito dopo averla catturata. Questa volta però era diverso e doveva accumulare molta più energia. 
Passati i due minuti, la ragazza aprì gli occhi. Per un’attimo la sua vista fu annebbiata, per il troppo tempo con le palpebre abbassate, ma appena si fu abituata nuovamente alla luce che la circondava, riuscì a mettere a fuoco i suoi compagni nelle loro tute sgargianti e colorate, che stavano combattendo tutti e cinque contro Papillon, ognuno a modo suo. 
La ragazza in giallo stava usando la sua arma per lanciare sfere di appiccicoso e dorato miele, che però il nemico evitava facilmente, facendo in modo che imbrattasse solamente il campo di erba sintetica. L’eroe verde cercava di parare il più possibile delle stoccate di Papillon, mentre Chat Noir ribatteva con il suo bastone che però non poteva ferire, al contrario dell’arma del padre. Pavon e Volpina, invece, stavano tentando di distrarre il nemico inutilmente, mentre ogni tanto davano un occhiata alla giovane modella accasciata a terra poco più in là.
Fece un grosso respiro, mentre la sua arma riluceva di una luce rosso vivo.
«Sono pronta!» urlò, iniziando a far roteare lo yo-yo.
A quel suo avviso si spostarono tutti e lei si lanciò veloce verso la sua nemesi: sì, ora lo sapeva, mentre correva verso di lui, in quei pochi metri che li separavano, si rendeva conto che era sempre stato così. Fin da quando l’aveva sfidato quasi un anno prima, fin da quando aveva giurato a tutti gli abitanti di Parigi che li avrebbe protetti: era lei la vera rivale di Papillon, non Chat Noir e nemmeno gli altri suoi compagni, solo lei.
Arrivata di fronte a lui lo yo-yo si aprì emanando la solita luce candida, quasi in contemporanea dall’uomo di fronte a lei in completo viola, uscì pian piano un’aura nera, come del fumo che fuoriusciva da tutto il corpo e veniva risucchiato dall’arma rossa.
Durò un paio di minuti, Ladybug sentì il pettine dell’eroina dell’ape decretare il suo ultimo minuto di autonomia, quando l’energia negativa smise di uscire dal corpo di Gabriel Agreste, ancora nei panni della più grande minaccia di Parigi. 
Appena vide che non c’era più nulla da purificare, sentì le forze abbandonarla all’improvviso. Le sue gambe tremarono per pochi secondi, per poi cedere e il buio la avvolse completamente, mentre sentiva il suo compagno urlare il suo nome da eroina.


«Ladybug!» urlò correndo a soccorrerla.
Un aura rossa iniziò ad avvolgere la ragazza a partire dai suoi piedi.
«Volpina!» sentì gridare dalla voce dell’altra ragazza del gruppo.
«FoxFog!» disse l’eroina arancione, così facendo la solita nebbia arancione si espanse in tutto lo stadio impendendo la vista al pubblico: mentre sia Ladybug che JBee riprendevano le loro sembianze.
Lui prese Marinette in braccio, mentre con la coda dell’occhio vide Pavon, Volpina e Jinnifer che sostenevano un’intontito Papillon, mentre anche lui si stava detrasformando e poco più in là TartaTitan stava facendo la stessa cosa con Angelie che finito l’effetto sia del potere del Miraculous dell’Ape che di quello della Farfalla si era ripresa.
Rientrarono negli spogliatoi tornando tutti alle loro sembianze, facendo schizzare via dai loro Miraculous le piccole creature.
Non riuscì nemmeno a gioire nel vedere l’assoluto stupore negli occhi di ghiaccio di suo padre, mentre incrociava lo sguardo di quella donna che credeva perduta per sempre e subito dopo lei si buttava con le lacrime agli occhi sul suo petto. 
La sua attenzione era completamente rivolta su quel corpo inerme che stava tra le sue braccia. La poggiò delicatamente su una delle panche e iniziò a chiamarla dolcemente, ma nonostante quel richiamo lei non si mosse di un millimetro. L’unico suo movimento era quello lieve del suo petto che si alzava e abbassava, ma era talmente lento e impercettibile che a momenti sembrava non respirasse.
Si chinò su di lei e le scostò una ciocca di capelli da davanti il viso. Il suo cuore sembrava avesse smesso di battere per l’ansia che stava provando in quel momento, non sapeva nemmeno come ancora riuscisse a controllare il suo respiro, come non gli fosse venuto nuovamente un attacco di panico, seguito da quella maledetta asma. Forse era perché era troppo concentrato su quel viso pallido, imperlato di sudore, nella speranza che le sue palpebre si aprissero per mostrare le iridi color del cielo e confermagli che stava bene, che era andato tutto per il meglio.
Sentiva lo sguardo preoccupato e commosso di tutti addosso, ma a lui non importava, voleva solo che si risvegliasse.
All’improvviso accadde qualcosa: tutti e sette i kwami si avvicinarono al corpo inerme di lei e poggiarono le minuscole zampette sulla sua fronte. Era quasi una magia, una magia antica che incantava. I sette kwami in un ordine preciso erano disposti in modo da formare uno spettro di colori ed emanavano luce.
«Marinette, ce la puoi fare, c’è ancora energia in te…» sussurrò Tikki che era la prima della schiera di piccoli spiriti.
Adrien stava lì a guardare, mentre stringeva la mano della ragazza, nella speranza che prima o poi ricambiasse quella presa.
Pian piano le sette luci, ad una ad una, si spensero e i kwami si allontanarono. Passò poco tempo, ma al giovane modello sembrò un’eternità, poi la ragazza emise un mugolio infastidito e il suo cuore iniziò ad accelerare per l’emozione, si avvicinò a lei di nuovo, sussurrando ancora il suo nome. A quel richiamo lei pian piano aprì gli occhi.
Quando finalmente vide di nuovo quei due bellissimi zaffiri accesi e pieni di vita, anche se un po’ confusi, sentì le lacrime rigargli il viso. 
«Ci… Ci siamo riusciti?» chiese lei portandosi una mano alla testa e tentando di mettersi seduta, facendo leva sulle braccia.
Lui, senza pensarci un momento di più, la prese per le spalle e la tirò a sé, iniziando a non riuscire più a trattenere nessuna lacrima.
«Sì my lady… Ci sei riuscita!»
Sentì la ragazza rimanere un’attimo interdetta da quel suo gesto improvviso per poi ricambiare subito quell’abbraccio, mentre attorno a lui tutti gli altri tiravano un sospiro di sollievo e sorridevano contenti.


Rimase per un buon paio di minuti abbracciata a lui: sentiva pian piano i muscoli della sua schiena sciogliersi tra le sue braccia. Chissà per quanto tempo era stata svenuta e quanto l’avesse seriamente fatto preoccupare. Quando constatò che era abbastanza tranquillo, si staccò da lui regalandogli un dolce sorriso, che ricambiò sollevato.
Solo a quel punto, quando ebbe la conferma che stava bene e che nessun attacco di asma l’aveva tormentato, si rivolse al resto delle persone che c’erano lì in quello spogliatoio.
«Devo ringraziarvi ragazzi, non ce l’avrei mai fatta senza di voi.» disse rivolgendo un altro sorriso ad ognuno degli altri ragazzi che avevano combattuto poco prima al suo fianco.
«Siamo stati grandi!» disse entusiasta la rossa con un tono finalmente allegro e sollevato che rispecchiava un po’ i sentimenti di tutti.
«Siamo stati una vera squadra! Spero davvero che ci sarà un’altra occasione per combattere insieme…» intervenne Nathaniel, avvolgendo un braccio attorno alle spalle della giovane italiana. 
«Oh questo è certo! - intervenne Fu - Lo spirito di Makohon ora è purificato, però non vuol dire che non verrà di nuovo corrotto: da quando il suo lato umano e debole si è risvegliato, sentimenti come l’invidia e la voglia di un potere che ha creato lui lo tormenteranno sempre, e presto potrà ricadere nel baratro e trovare un’altra persona da sfruttare.» concluse guardando il signor Agreste, che stava tenendo tra le braccia la moglie, come se avesse paura che fuggisse di nuovo.
Questa, quando lo sguardo di tutti si fermò su di loro, gli diede una gomitata allo sterno. Lui le lanciò una breve occhiata e poi, rivolgendosi a Marinette e al figlio che le stava accanto, parlò.
«Dovete scusarmi, davvero... I danni che ho provocato sono imperdonabili e probabilmente se mi fossi comportato da persona adulta tutto questo non sarebbe successo.» disse con il suo solito tono serio e autoritario, ma nonostante tutto si vedeva che era davvero dispiaciuto.
«Non deve scusarsi signor Agreste. - gli rispose lei tranquilla - È vero ci ha dato del filo da torcere e non è stato facile liberarla dal suo dolore e dallo sciamano, ma senza di lei non saremmo mai arrivati a questo punto. Se siamo una squadra, se abbiamo trovato nuovi amici, se io finalmente sono riuscita ad avvicinarmi ad Adrien: questo lo dobbiamo tutto a lei , sfidandoci ha tirato fuori il meglio di noi, ci ha fatto crescere e maturare e ci ha insegnato cosa significa lottare.» vide lo sguardo di ghiaccio dell’uomo illuminarsi a quelle parole e se ne compiacque.
«Sì, ma non farlo mai più, chiaro? - intervenne Adrien - Se la mamma sparisce di nuovo la si cerca di contattare o si denuncia la scomparsa come fanno tutte le persone normali, non si prendono Miraculous a caso per poi usare i loro poteri e diventare dei super-cattivi.»
Scoppiarono tutti a ridere alla battuta innocente del biondo e Monique Agreste, staccandosi un attimo dal marito, si avvicinò a lui.
«Non sparirò… Altrimenti chi bada a te, piccola peste?» gli disse con tono divertito scompigliandogli i capelli dorati.
«Beh mamma, credo che per cinque anni non me la sia cavata tanto male, non fosse per papà che non mi voleva far uscire di casa neanche per ritirare la posta dalla buca delle lettere.»
Un’altra risata inondò lo spogliatoio, mentre Gabriel incrociava le braccia e guardava con uno sguardo di rimprovero il figlio.
A quel punto Marinette si accorse anche di lei: era seduta in un angolo dello spogliatoio in silenzio con un aria completamente spaesata e triste.
Si alzò, decisa a raggiungerla, ma appena le sue gambe dovettero tenere tutto il suo peso iniziarono a tremare e cedettero, nonostante Adrien le fu subito a fianco, sostenendola.
«My lady sei ancora debole, non dovresti…»
«Ce la faccio, ce la faccio.» lo tranquillizzò lei, per poi staccarsi nuovamente dalla sua presa e andando con passo malfermo verso la ragazza.
Sentiva gli sguardi di tutti addosso, ma vedeva solo il suo: quegli occhi grigi che la guardavano stupiti e supplichevoli allo stesso tempo. Si chinò davanti a lei, poggiando le ginocchia sul pavimento.
«Angelie, come ti senti?» le chiese con tono preoccupato, ma anche il più rassicurante possibile.
«Io… Mi spiace, davvero… Non so cosa mi sia preso… Ero gelosa di te Marinette…» borbottò, facendola sorridere dall’imbarazzo.
«Di me? Seriamente? Angelie tu sei una modella: sei una delle ragazze più belle che io conosca, ogni ragazza vorrebbe essere come te. - a quelle parole la vide sorridere, un sorriso tirato, ma si vedeva che era sincero - Nessuno ti dà la colpa per quello che è successo. Come ha detto il maestro Fu, ognuno può provare emozioni e sentimenti più meschini o meno puri, a me è successo una marea di volte, l’importante è accorgersi dei propri errori.»
Il sorriso della ragazza si fece più ampio.
«Sei davvero una ragazza fantastica Ladybug! Ora capisco perché Adrien si sia innamorato di te. - dette quelle parole si alzò in piedi, aiutandola a fare altrettanto - Vi chiedo davvero scusa, per tutto ciò che ho causato e giuro che non rivelerò mai il vostro segreto.» mentre la giovane modella dai capelli corvini diceva quelle parole, Marinette notò il piccolo kwami della farfalla sussurrare qualcosa a quello che fino a quel momento era stato il suo portatore. A quel punto lui, con un cenno di testa, si staccò la spilla dal foulard che portava al collo e si avvicinò a loro.
«Sono sicuro che non lo farai!» disse quando fu proprio di fronte alla ragazza, porgendogli il Miraculous.
I suoi occhi sgranarono su quella spilla: il suo sguardo passò da essa allo sguardo dell’uomo a quello violetto di Nooroo che svolazzava di fianco a lui sorridente e poi all’anziano cinese poco più in là che con un semplice cenno di testa le diede la conferma. La sua mano bianca e candida, afferrò la spilla per poi guardarla con attenzione.
«Benvenuta in squadra Angelie!» le sorrise lei.


Subito dopo la consegna del Miraculous alla sua collega, se si poteva chiamare così, nello spogliatoio ci fu un po’ di traffico: dovevano iniziare a raccogliere la loro roba e uscire dallo stadio. Il ragazzo si alzò, raggiungendo la sua amata di fianco alla modella. Solo quando tutti furono pronti ad uscire, l'anziano cinese parlò.
«Ricordatevi ragazzi… Voi non siete solo degli eroi con poteri speciali. Ognuno di voi è stato scelto per un motivo: perché la vostra essenza, il vostro io, chiamava a gran voce questi spiriti che ora vi stanno accanto. - il biondo lanciò uno sguardo al piccolo gatto che si era poggiato sulla sua spalla e che lo guardava soddisfatto e orgoglioso - Voi non siete solo i protettori di Parigi, siete la speranza del mondo.»

  
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