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Autore: Asia Dreamcatcher    28/04/2017    2 recensioni
Johann Schmidt è tornato e con esso le ceneri dell'oscura Hydra, pronta a risorgere.
Ma Teschio Rosso non è solo e Steve Rogers e gli Avengers dovranno vedersela con nuovi nemici. James Barnes sarà costretto, ancora una volta, a lottare contro i propri fantasmi, sperando di non soccombere.
Mentre gli echi di una nuovo guerra risuonano, Captain America e Vedova Nera si ritroveranno ad affrontare una sfida inaspettata, che potrebbe cambiare tutto per sempre.
Terza parte di "Se il passato è alle tue costole, ti volti e lo affronti"
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Un po' tutti
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Se il passato è alle tue costole, ti volti e lo affronti'
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Capitolo Undici: Collapse

Even if you know what's coming,

you're never prepared for how it feels”

~ Natalie Standiford



James digrignò i denti andando su e giù, i muscoli tesi che guizzavano sotto il tessuto del giubba a doppio petto scura. Clint, seduto ai comandi del velivolo, guidava con una concentrazione assoluta, la tensione che scorreva nelle sue braccia.

Tony era concentrato sullo schermo davanti a lui, gli occhi scuri, seri che rincorrevano i dati e gli algoritmi che gli apparivano davanti ad una tale velocità che parevano sfocati.

Sam salutò piano Maria al telefono e si volse verso Steve, rigidamente seduto, lo sguardo cupo e perso.

«Ho appena parlato con Maria...» esordì, attirando l'attenzione generale «Adesso è alla Tower con la May, il prigioniero è al sicuro allo S.H.I.E.L.D., stanno tutti bene-» un sospiro impercettibile di sollievo «A parte per la dottoressa Cho, è stata ricoverata d'urgenza, ma sembra che se la caverà!» il resto dei suoi compagni era abbastanza scioccato dall'attacco violento a Helen Cho, ma il peggio doveva ancora venire. Sam inspirò rumorosamente rivolgendosi in particolare al capitano «Steve... Chiunque abbia attaccato la dottoressa era interessato alle nostre cartelle cliniche-» una muta domanda si accese negli occhi dei presenti «Ed è molto probabile che anche l'HYDRA ora sappia...».

Il biondo supersoldato rimase immobile, lo sguardo ancora confuso, non avendo colto ciò che l'amico gli stava suggerendo... O forse era il proprio cervello che non poteva sopportare quell'informazione.

«Sanno che Natasha è incinta» concluse Sam con sguardo angosciato.

Clint, James e Tony si erano come cristallizzati a quella notizia, i loro sguardi si puntarono tutti su Steve, muto e stoico come una pietra in mezzo a loro.

In quel preciso istante il capitano ebbe la sensazione che non ci fosse abbastanza ossigeno in quel jet. Malgrado all'esterno lui apparisse come una perfetta statua marmorea, dentro era sul punto di disgregarsi. Avvertiva il fallimento su di sé, dentro di sé... dappertutto, ne percepiva il gusto acre, pungente, disgustoso sulla lingua. Pensava... o forse meglio dire sperava che alla Tower, Natasha sarebbe stata al sicuro, che lì nessuno avrebbe potuto nuocere alla sua famiglia; era stato troppo ottimista? Troppo cieco di certo. Sì, Steve si sentiva costantemente circondato da angoli ciechi, ovunque volgesse lo sguardo qualcosa, immancabilmente, gli sfuggiva e la conseguenza era che la sua famiglia era ancora più esposta ora.

Una stretta al cuore lo colse alla parola “famiglia”. Dalla morte di sua madre, quella parola, per lui, aveva assunto significato nella persona di Bucky, era il suo migliore amico, suo fratello, la sua persona, un legame che valeva più del sangue. Era diventato Captain America e la sua famiglia si era allargata: c'erano stati gli Howling Commandos, Peggy, il capitano Phillips... Poi aveva perso tutto, lui era rimasto solo, un unico punto sospeso su una tela bianca.

Poi era emerso dai ghiacci e Fury era stato il suo primo, nuovo legame; gli scocciava ammetterlo – e sapeva che non era il solo a pensarlo – ma per lui era alla stregua di una figura paterna, sfuggente certo a volte detestabile, ma pur sempre il suo unico punto fermo della sua nuova vita. Il Colonnello era anche colui che aveva formato gli Avengers e dopo New York, Steve si era affezionato a quello stravagante gruppo, forse mal assortito in certi momenti ma che quando c'era bisogno funzionava come un sol uomo. E poi beh, c'era lei. Il suo filo rosso, la sua Natasha. L'amore che provava per lei era così totalizzante che a volte non era semplice da esprimere, lui semplicemente non riusciva a respirare se non c'era lei. Aveva trovato la sua famiglia in lei e anche in Sam e nuovamente in Bucky, malgrado tutto il male, in Jace, Sharon, Alexandra...

Ma Natasha era sempre la stella più luminosa della sua volta, un tempo buia, ed ora gli aveva donato un'ulteriore frammento di luce: il loro bambino.

Steve non lo aveva chiesto, ci aveva pensato, persino fantasticato ma non ne aveva mai sofferto la mancanza. Eppure la gioia lo aveva travolto lo stesso a quella scoperta, a quel piccolo miracolo. Non sapeva dire il perché ma si era sentito pronto; la titubanza di Natasha l'aveva ferito, ma non poteva biasimarla... lui stesso era consapevole dei rischi e delle difficoltà che sua figlia o suo figlio avrebbe incontrato crescendo, capiva le sue paure e le condivideva. Per quello aveva giurato a sé stesso che lo avrebbe tenuto al sicuro, voleva che nascesse senza essere minacciato, eliminare l'HYDRA definitivamente prima che anche solo potessero posare lo sguardo sul loro bambino, a cui sentiva già di voler bene, per cui avrebbe dato la vita senza esitare. Invece aveva fallito. Loro sapevano... e il suo cuore di padre si attorcigliò dolorosamente, come se qualcuno glielo avesse afferrato bruscamente e lo stesse accartocciando senza pietà fra le mani.

«Steve... Respira».

James era al suo fianco, la mano umana premuta con gentilezza sul suo collo, gli occhi fissi nei suoi.

«Natasha...» articolò il capitano stringendo poi i denti;

«Natasha sta bene, concentriamoci su questo» lo rassicurò l'amico facendogli sentire la propria presenza.

Il biondo supersoldato annuì e Bucky comprese che stava tentando di farsi bastare quello, anche se sapeva che ciò non era vero. Avrebbe voluto poter fare di più, Steve era suo fratello e quel bambino era, per lui, a tutti gli effetti suo nipote. Bastò un'occhiata fra loro per capirsi; non erano mai stati necessari lunghi discorsi, James si mise a fianco all'amico, sapeva che la sua presenza era l'unica cosa di cui lui avesse bisogno, in cuor suo però era conscio che esisteva anche un'altra cosa che poteva fare.


Arrivarono all'Avengers Tower poco prima dell'alba. L'edificio era ancora sopito e Steve, Tony, James, Clint e Sam si accordarono per ritirarsi a riposare almeno per qualche ora, prima di riunirsi a discutere degli ultimi avvenimenti.

Il capitano, con il petto gonfio di preoccupazione aprì la porta della propria camera, restò per qualche istante sulla soglia perso nella contemplazione dell'unica donna che possedeva il suo cuore.

Natasha non dormiva. Era accoccolata su una poltrona rivolta verso la grande vetrata che conduceva al piccolo terrazzo; le gambe raccolte, addosso un'ampia vestaglia premaman, un braccio a coprire il ventre, l'altro poggiato al bracciolo con la mano serrata a pugno a coprirle la bocca.

Lui avanzò di qualche passo e la spia non accennò a muoversi, non diede nemmeno segno di averlo sentito. Cadde in ginocchio davanti a lei, che aveva ancora lo sguardo puntato verso la vetrata fisso, insondabile. Lui notò subito la lucida ed impalpabile scia lasciata da quelle lacrime, che doveva aver detestato versare, il suo profilo dolente, il pugno poggiato contro le labbra carnose e screpolate. Era come se Steve si fosse prostrato ai suoi piedi per chiedere il suo perdono, per dirle che gli dispiaceva; le poggiò il capo sulle gambe, stanco ed immediatamente la mano di Natasha corse fra i suoi crini biondi, accarezzandolo piano. Quel gesto serviva a quietare entrambi.

Nessuno dei due seppe per quanto tempo rimasero così, in silenzio, in un'apparente calma. Vedova distolse lo sguardo, spostandolo finalmente sul proprio compagno ad occhi ancora chiusi.

«Non appena ho compreso-» parlava lentamente Natasha quasi sussurrando, la voce arrochita, come se non la usasse da molto tempo «-Che loro ora sanno del bambino, per un folle istante ho desiderato abortire» Steve trattenne impercettibilmente il fiato «Ho desiderato strapparmelo dal ventre io stessa, perché è questo che faranno Steve, ce lo strapperanno via.» prese una pausa dedicandosi con dovizia ad accarezzare la testa del compagno, come a volerlo tranquillizzare «Ma io non posso lasciarglielo fare. Perché nell'esatto momento in cui l'ho pensato, ho capito che io lo voglio Steve!» il capitano alzò il capo e puntò i suoi occhi in quelli smeraldini di lei «Voglio il mio bambino. Desidero nostro figlio come l'aria... Voglio che nasca, voglio che sia al sicuro, nessuno deve nemmeno sfiorarlo-»;

Steve osservò ipnotizzato quelle fragili lacrime scivolare sul suo volto e lei imprecare frustrata, maledicendo gli ormoni e alla fine non resistette più. La avvolse delicatamente nel suo abbraccio.

«Vanno eliminati Steve. Devi- dobbiamo fermarli» celiò lasciando che lui la stringesse. La sollevò e si sedette sulla poltrona con lei in grembo.

«Natasha» la richiamò dolcemente il capitano, con le labbra poggiate sulla fronte e le mani strette sul suo viso «Non oseranno avvicinarsi a nostro figlio. Non rinunceremo a lui o a lei, lotterò fino al mio ultimo alito di vita te lo giuro»;

«Lotteremo Steve» lo riprese lei riprendendo fiato e controllando l'ondata di emozioni che l'aveva sopraffatta fino ad un attimo prima.

Si guardarono negli occhi, con una tale profondità da lasciare senza fiato.

«Dimmi di cosa hai bisogno» asserì il capitano serio;

«Ho bisogno che tutti siano più preparati, vogliono qualcosa Steve, lo sento... Dobbiamo cercare di capire» il compagno annuì concorde.

«Seguirò personalmente l'addestramento di Jace e Alexandra» sospirò e poggiò il capo sulla spalla di Steve «Non vorrei costringerli a questa vita, ma sono troppo a rischio devono essere pronti»;

«Lo so e lo sanno anche loro» la rassicurò lui, poi il suo sguardo si incrinò e rafforzò la presa sulla donna «Mi dispiace Natasha, mi dispiace tanto...» sospirò con tono stanco e sofferente.

Vedova gli prese il volto fra le mani ed iniziò ad accarezzargli gli zigomi con i pollici «Shhh. Non è colpa tua моя жизнь [vita mia], nessuno poteva prevederlo.» lo fissò per qualche istante «Vieni. Hai bisogno di riposare».


*


«Beh, congratulazioni Natasha!» esordì Phil Coulson con il suo solito sorriso accennato, non dando a vedere quanto quella notizia l'avesse emozionato.

La donna gli concesse un breve sorriso;

«Ti ringrazio, ma vorrei che le circostanze fossero diverse».

Erano tutti radunati nel soggiorno dell'Avengers Tower, Phil aveva raggiunto Melinda, Maria faceva le veci di Fury, impegnato a fare chissà cosa.

«Mi spiace non avervelo detto prima... Ma-» disse Steve non sapendo bene come continuare;

«La talpa, ovvio!» lo anticipò la May infastidita da quella falla nell'agenzia.

«A proposito, novità?» domandò Maria in piedi accanto alla poltrona in cui era sprofondato Sam.

«Stiamo analizzando nuovamente il profilo di ogni agente e Skye si sta dando da fare per cercare di fare un riconoscimento facciale della donna del video... Ho fiducia in lei» asserì il direttore con tono sicuro, non dubitava che la sua Skye ci sarebbe riuscita.

«Come vanno le cose?» chiese vedendo le espressioni degli Avengers diventare cupe.

«Una meraviglia!» sbottarono in coro Clint, Sam e Bucky.

«Quello che i miei egregi colleghi stanno cercando di dire-» si intromise Tony con il suo classico tono sarcastico «E' che stiamo facendo acqua da tutte le parti! Insomma non ne stiamo azzeccando una gente...» terminò con una smorfia.

«Usano lo psychotron come diversivo» mormorò cupo Steve;

«E non è un bello spettacolo» aggiunse Clint con uno sbuffo, nessuno di loro si sarebbe tolto facilmente quelle scene dalla testa.

«Non si può fare nulla per prevenire questi attacchi?» domandò Melinda;

«L'unico punto a favore nostro, se così si può dire, è che lo psychotron emana radiazioni differenti da qualsiasi altra, questo permette di individuarlo facilmente, il problema è che se le sta emanando significa che-»

«E' attivo» dedusse il capitano per Tony, che annuì.

«Come va con il prototipo, sei riuscito a capire il funzionamento?» domandò Coulson; Stark si prese un istante per rispondere, tutti lo videro combattere col proprio ego e sospirare, sembrò quasi afflosciarsi su se stesso;

«Se avessi gli appunti di questo Yen sarebbe più semplice! La meccanica è facile da comprendere» ammise a malincuore «il fatto è che l'esperto di radiazioni qui non sono io ma...»

«Bruce Banner» rispose Natasha, poi si guardò con i presenti «Nessuna idea di dove possa essere il dottore?»

«E' fuori dai nostri radar da un po'» ammise il direttore mentre anche Maria si strinse nelle spalle come a dire che ne sapeva ben poco.

«J.A.R.V.I.S. è stato ripristinato a proposito?»

«J.A.R.V.I.S.?» chiamò Tony;

«Sì, il signor Stark ha fatto un ottimo lavoro con me» rispose pronta l'AI «Grazie signor Stark»

«Dovere»

«Mi dispiace signorina Romanoff, signorina Carter per quello che è accaduto»

«Non fa niente J.A.R.V.I.S.» risposero Sharon e Natasha.

«Certo che hackerare J.A.R.V.I.S...» borbottò Sam incredulo;

«Non dirlo a me. La cosa non è affatto simpatica, semmai troverò questo hacker che ha osato farmi questo affronto lo prenderò a calci o al massimo potrei anche assumerlo!» disse Tony, beccandosi occhiate perplesse da parte dei presenti.

«Resta da capire perché erano interessate alle nostre cartelle cliniche...» ricordò Clint passandosi una mano sul viso stropicciato «Come sta la dottoressa Cho?»;

«L'operazione è andata bene, dovremo aspettare uno o due giorni prima di poterle far visita, al momento è sedata.» spiegò Maria, mentre i presenti annuirono; Sharon, seduta accanto a Natasha le strinse la mano.

«Ne parlavamo prima io e Natasha, stanno cercando qualcosa...» dichiarò il capitano lanciando un'occhiata alla compagna al suo fianco che annuì.

«Non ci resta che capire che cosa vogliono».

«Voglio parlare col prigioniero» esordì James catturando l'attenzione dei presenti, Sharon levò lo sguardo su di lui.

«Ne sei sicuro?» domandò Steve sporgendosi verso l'amico.

Bucky lasciò vagare lo sguardo su Steve, Sam, Natasha e per ultima Sharon e li si fermò.

«Sì».

«D'accordo allora» disse Coulson «Hai il permesso di parlargli. Ma fa attenzione Barnes».


*


The Playground

James percorreva i corridoi con lo stesso passo di una marcia funebre, i suoi occhi però non tradivano nessuna incertezza.

Prima di varcare la soglia, diede un'ultima occhiata al prigioniero dall'apposita vetrata.

La stanza era spoglia e grigia, l'agente dell'HYDRA stava seduto al centro, ben ammanettato, le palpebre abbassate.

Bucky afferrò una sedia e si mise davanti a lui.

«Il tuo nome» chiese con voce atona, sapeva che non stava dormendo. Infatti, il giovane agente sollevò le palpebre di scatto, rivelando i suoi occhi di un azzurro scuro, le sue labbra però rimasero sigillate. Non che James si fosse aspettato davvero una risposta, ma almeno ora aveva la sua attenzione.

«Tu sai chi sono...».

L'altro puntò il suo sguardo su di lui, le labbra si dischiusero e l'espressione si fece incerta.

«Tu sei... il... maestro» mormorò confuso. James capì che la sua mente era una matassa da sbrogliare esattamente come la sua.

«Ti ho addestrato io?»;

l'agente N sbatté le palpebre un paio di volte, era stato addestrato a non dire nulla, a non rispondere ad alcuna domanda, ma lui era stato il suo addestratore e non riusciva a sottrarsi ad un suo ordine.

«Sì... tu... ci... hai addestrato» un brivido lo colse, il terrore di essere punito per aver risposto.

Bucky strabuzzò gli occhi;

«Ci? Quanti ce ne sono come te?» domandò bruscamente, il ragazzo non rispose. La sua bocca si era nuovamente sigillata.

«Maledizione!» urlò il Soldato d'Inverno prendendosi la testa fra le mani. Non riusciva a ricordare.

Continuò a fargli altre domande, alcune sull'HYDRA, sulla donna che era con lui e su quanti altri Winter Soldier ci fossero. Ma nulla, le risposte del ragazzo erano incerte e si riducevano a monosillabi quando decideva di non tacere, Bucky però si accorse che il solo nominare la donna dell'asta dei Belgioioso lo rendeva nervoso, i suoi occhi si dilatavano come un animale colto dagli abbaglianti. Si sentiva frustrato e furioso con se stesso, con il suo passato. James si rese però conto che il fatto che fosse lì di fronte a lui, lo destabilizzava; probabilmente nella sua mente lui era stato l'addestratore, una sorta di punto fisso nella sua esistenza all'interno dell'HYDRA. Forse con il tempo si sarebbe aperto, di sicuro non poteva mollare, la sua famiglia era in pericolo.

Decise che per quel giorno poteva bastare, aveva tastato il “terreno” e aveva constato che c'erano delle crepe di cui solo lui poteva approfittare. Si alzò e si diresse verso la porta.

«Io non ricordo» disse improvvisamente il prigioniero, Bucky si voltò nascondendo la sua sorpresa e vide negli occhi dell'altro un bagliore di umanità; «Io non ricordo il mio nome» alzò lo sguardo e a James non era sembrato mai così fragile come in quell'istante, poi lo osservò ricomporsi e la sua espressione diventare vuota.

Non appena fuori prese un enorme respiro appoggiandosi per qualche momento alla porta chiusa alle sue spalle.

«Agente Barnes?».

Il supersoldato si voltò verso la voce cortese ed ebbe una sensazione di deja vu.

«S-salve, agente... Holstein, giusto?» domandò incerto.

La ragazza gli sorrise gentile ed annuì;

«Sì, le dispiace seguirmi? C'è una cosa che vorrei mostrarle riguardante il prigioniero...» James annuì e si mosse dietro di lei.

Lasciò che lui entrasse per primo e poi si chiuse la porta alle sue spalle, il sorriso indulgente persisteva ancora sulle labbra.

«Che significa?» domandò brusco, si guardò intorno: era una stanza scarna, priva di finestre, lontano dagli uffici dello S.H.I.E.L.D., un posto isolato. Una trappola.

Il sorriso sulle labbra di Erica Holstein divenne malizioso, quasi ferino.

«доброго утра солдат [Buongiorno Soldato]» disse semplicemente causando, però, la completa paralisi all'uomo che le stava davanti, incredulo.

«Chi sei?» esalò mentre i suoi occhi vagavano su di lei e sull'ambiente che li circondava «Rispondi!».

Ma l'agente Holstein non rispose, si limitò a tirare fuori un quadernetto rosso sangue dall'aspetto consunto e con una stella nera incisa sopra.

Mai come in quel momento James si sentì in pericolo, esposto, nudo non ricordava con chiarezza eppure i suoi sensi scattarono all'erta, i muscoli tesi come corde sul punto di spezzarsi brutalmente.

«Che diav-?»

«желание [brama]» la ragazza pronunciò quella parola con tono curioso e quando vide l'effetto che ebbe sul soldato, ridacchiò sinceramente divertita.

A James sembrò che gli mancasse il respiro, il fiato gli si mozzò di netto ed un'ondata di ricordi gli invase la mente. Spalancò gli occhi «NO!» urlò disperato.

«ржавое [ruggine]»

E Bucky lo sentì quel sapore amaro, tossico pungergli la lingua, pervadergli le narici ed occludergli le vie respiratorie... allungò una mano verso di lei «Basta!»;

«семнадцать [diciassette]»

La testa cominciò a dolergli come mai prima aveva fatto, se la afferrò tra le mani, ed in un attimo era di nuovo lì, alla mercé dell'HYDRA, stretto su quella poltrona, la mente martoriata, serrata fra quelle dannate piastre di metallo;

«рассвет [alba]»

«Fermati!» urlò sofferente, angosciato... i volti delle persone care cominciavano a sciogliersi, liquefarsi davanti a lui, annaspò;

«печь [fornace]»

Il dolore al braccio, gli addestramenti massacranti; James sentì le ondate di dolore sommergerlo come se gli fosse stato rovesciato addosso una colata di lava;

«девять [nove]»

Urlò. Si dimenò e prese a pugni la parete, non vedeva più nulla, le immagini si affacciavano nella sua testa, non capiva più nulla...

«доброкачественной [benevolo]»

Migliaia di cadaveri apparvero davanti a lui, gli occhi rovesciati, martoriati, corpi che lui aveva spezzato, assassinato per loro volere;

«возвращение на родину [benvenuta]»

Sì, era nuovamente tornato all'inferno, al buio senza fine, al freddo degli aghi nelle braccia e degli ambienti in cui veniva tenuto come una bestia, cullato dalle suppliche dei suoi avversari, dai versi strazianti delle sue vittime;

«один [uno]»

Sharon gli sorrise per l'ultima volta, il calore scomparve. Era solo, non c'era più luce attorno a lui, era tornato ad essere la notte senza luna;

«грузовой вагон [vagone merci]»

la caduta dal vagone, Steve che diventava sempre più lontano, lo schianto, il gelo crudele che lo avvolgeva, che gli penetrava nella pelle, nei muscoli fino alle ossa, al cuore... alla mente... e poi il buio.

James Barnes aveva smesso di dimenarsi, il respiro affannoso si era attenuato, i muscoli rimanevano tesi, la testa alta, gli occhi chiusi... E quando arrivò il momento di sollevare le pallide palpebre di Bucky non era rimasto nulla.

«готовый подчиняться [pronto ad obbedire]» disse il Soldato d'Inverno.

«Te l'avevo detto che tu ed io ci saremmo divertiti insieme!» proruppe con tono insopportabilmente infantile quella che in realtà era Sinthea Schmidt. Chiuse il quaderno e si avvicinò all'uomo immobile, gli avvolse le braccia attorno al collo e lo baciò velocemente sulle labbra, senza che lui muovesse un solo muscolo.

Gli poggiò il capo sulla spalla, tracciando con l'unghia affilata il contorno del suo viso, poi si sollevò sulle punte e gli sussurrò lascivamente all'orecchio, gli occhi animati da un perverso divertimento.

«Uccidi Sharon Carter».


*


Antoine Triplett era convinto che prima o poi a Skye sarebbero caduti gli occhi a forza di analizzare quell'immagine.

«Skye ti avverto cominci ad inquietarmi...» berciò spaparanzato sulla sedia con i piedi sul tavolo ed intento a leggere una rivista di fisica.

«Ho promesso a Coulson che ci sarei riuscita, e ci riuscirò!» replicò la giovane legandosi i capelli in una coda alta, senza mai distogliere lo sguardo da quell'immagine maledetta, che ormai imperversava persino nei suoi sogni. Le bastava un frammento...

L'agente di livello 6 ruotò il capo e la fissò, sorrise... Non voleva deludere il direttore o May, la trovava davvero dolce.

«Che c'è?» sospirò l'hacker sentendosi osservata. Trip distolse nuovamente lo sguardo;

«Nulla» rispose schiarendosi la voce.

Il silenzio si dilatò fra loro mentre il tempo passava; Skye strinse lo sguardo ingrandendo per l'ennesima volta lo schermo frantumato del fotogramma, poi esultò.

«Sì! Si vede il riflesso di un occhio!» trillò trionfante.

Antoine saltò giù dalla sedia e le andò incontro incredulo; l'immagine non era nitidissima ma lo vedeva anche lui. Finalmente qualcosa su cui potevano lavorare.

«E' abbastanza per fare un riscontro facciale?» domandò;

la giovane annuì soddisfatta;

«Sì, devo solo renderla più nitida...» spiegò lavorando sul frammento grazie ad un software apposito «E... Invio! Ora non ci resta che vedere se c'è un riscontro!».

Passò qualche secondo, i due agenti erano entrambi tesi e il loro respiro pareva essere rimasto sospeso, poi finalmente il computer dette un risultato. Ma non appena l'hacker lesse il nome dato dal riscontro, sbiancò.

«Oh no. Oh no. Oh no!»

«Skye che succede?» domandò Trip per poi sporsi verso lo schermo e leggere anche lui il risultato.

«Merda! Skye chiama subito il direttore!!».


*


Sharon sentì la porta del proprio appartamento aprirsi e chiudersi con un colpo secco e poi il silenzio. Uscì dal bagno facendo il minimo rumore;

«Jace? James?» nessuna risposta.

Lentamente la ragazza si diresse in cucina ed afferrò uno dei coltelli, tenendosi pronta. Quando si voltò, un sospiro di sollievo lasciò le sue labbra vedendo davanti a sé il proprio compagno.

«James mi hai fatto prendere un col-!» ma non terminò la frase. Un secondo. Un intero secondo le ci volle per rendersi conto di essere stata spinta con violenza contro la credenza, e che a farlo era stato James.

Sharon boccheggiò, non sapeva dire se per il colpo che le aveva strappato via il fiato o per l'incredulità di ciò che era appena successo. Fece appena in tempo a sollevare lo sguardo su James per capire immediatamente che qualcosa nei suoi occhi era cambiato.

Il Soldato d'Inverno si preparò ad attaccare nuovamente e l'agente 13 si scansò appena iniziando ad indietreggiare a carponi. Non stava succedendo davvero.

«James ti prego!» ma lui non sembrava udirla, non sembrava nemmeno riconoscerla.

Bucky caricò il pugno e Sharon si trovò costretta a difendersi, deviando il suo colpo, lui non sembrava conoscere pietà.

«Sono io! Sono Sharon... ti prego fermati!» singhiozzò spaventata lei e si ritrovò nuovamente schiantata contro il muro del corridoio. Si rialzò a fatica e contrattaccò a malincuore, era inutile non riusciva a fargli del male, e lui non era chiaramente in se stesso. I suoi occhi di ghiaccio non trasmettevano nulla, non ardevano nel guardarla come accadeva ogni volta; Sharon percepiva solo gelo provenire dalla figura davanti a lei.

Riparò nella stanza, nella loro stanza ma non appena provò a chiudere la porta il braccio metallico di Bucky la divelse e si ritrovò a terra mentre lui torreggiava come un angelo vendicatore su di lei.

«James-».

Ma James l'afferrò per la gola, con la mano umana, insensibile ad ogni supplica ed iniziò a stringere.

Sharon faticava seriamente a respirare stretta nella gelida morsa del Soldato d'Inverno, poteva percepire distintamente i lividi accendersi dolorosamente sul suo collo, mentre la mano non accennava minimamente a distendere quella presa mortale. Gli occhi dell'agente 13 erano sgranati per lo sgomento, da oltre il leggero velo di lacrime osservava disperata l'uomo che amava tentare di soffocarla, nessuna espressione, solo uno sguardo freddo e vuoto gli deturpava il viso.

«J-James... Ti prego... Amore mio...» singhiozzò. Con un ultimo sforzo di volontà la bionda iniziò a scalciare e colpì il supersoldato allo stinco facendolo mugolare, riuscì a farlo indietreggiare e lo spinse contro la parete, malgrado la mano non le avesse lasciato il collo. Sharon afferrò malamente la lampada sul comodino e gliela ruppe violentemente in testa, facendo crollare a terra entrambi.

Prese un paio di ampi respiri prima che la vista iniziasse ad offuscarsi, le lacrime continuarono a scendere mentre il buio prendeva il sopravvento.


Bucky si risvegliò dopo qualche minuto, la testa gli doleva atrocemente ma il condizionamento era scomparso. Si guardò attorno nel tentativo di capire dov'era: si trovava nell'appartamento che condivideva con Sharon. Non appena scorse il corpo dell'amata a terra a pochi passi da lui, i ricordi gli tornarono violentemente in mente, talmente vividi che ebbe un capo giro.

Subito accorse da lei e con mani tremanti la girò, era svenuta. Osservò sconvolto i lividi sul suo collo esile e si sentì perso.

Che cosa aveva fatto?

La stava per uccidere. Un singhiozzo gli sfuggì dal petto e strinse il corpo privo di sensi di Sharon a sé, cullandolo piano.

Che cosa aveva fatto?

In quel momento comprese che era ancora schiavo dell'HYDRA. Quei codici di controllo, che lui aveva sepolto nei meandri della sua mente, lo rendevano l'essere più pericoloso per le persone che amava.

Che cosa aveva fatto?

Strinse Sharon a sé un'ultima volta, poi la alzò e delicatamente, con una premura che stringeva il cuore, la depositò sul letto e le accarezzò dolcemente i capelli. Raccolse i cocci della lampada e rimise, per quanto poteva, l'appartamento in ordine, poi tornò nella camera da letto. Quella stanza che aveva visto così tanto di loro, e che ora gli faceva male.

James osservò le foto sul suo di comodino, il regalo di Sharon per Natale e il cuore si fece talmente pesante che il dolore minacciò di annientarlo.

Si accostò alla donna che amava, e che aveva rischiato di perdere, pronto a spezzarla con le sue stesse mani insanguinate. Sapeva di non meritarlo ma le diede un leggero bacio sulle labbra, morbide, per lui bellissime. L'ultimo bacio.

Perdonami, amore mio.


Sharon si svegliò di soprassalto. Gli occhi lucidi e sgranati si guardarono intorno, incapace di regolarizzare il proprio respiro.

Bucky non era più nella stanza, si alzò non proprio ferma sulle sue gambe.

«J...a...m...e...s» articolò a fatica, rendendosi conto che la gola le doleva moltissimo. Disperata corse nel corridoio, guardò dappertutto ma di James non c'era più traccia e non seppe il perché, non ne aveva minimamente la certezza eppure lo sentì lo stesso. Lui se n'era andato.

Crollò a terra ed iniziò a piangere inconsolabile, ignorando il dolore alla gola, agli arti... tutto tranne il dolore del proprio cuore, a pezzi.

Nemmeno si accorse della porta che veniva riaperta, della voce allegra di Jace che la chiamava.

Sentì delle mani sulle spalle ed una voce che la chiamava preoccupata e per un folle istante sperò che fosse Bucky; che fosse tornato... da lei. Che avrebbero sistemato le cose. Ma non era così.

Sharon alzò lo sguardo su Jace che la fissava sgomento, quasi terrorizzato. Si coprì gli occhi esausta, sconvolta.

«Se... n'è andato...» sussurrò «Se n'è andato».


*


James si piegò rapidamente in avanti e vomitò, disgustato da se stesso. Si pulì bruscamente con il dorso della mano mentre quella metallica reggeva un cellulare. Chiuse gli occhi, cercando di calmarsi, mentre una dolorosa consapevolezza si faceva strada in lui.

Con rassegnazione digitò un numero e avviò la chiamata. Gli rispose quasi subito.

«Ho bisogno di un favore».

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...Okay, prendiamoci tutti un bel respiro e so che la situazione è brutta... ed effettivamente lo è. Ciò che qualcuno temeva è accaduto! Sin ha utilizzato il quaderno rosso con i codici d'attivazione del Soldato d'Inverno e gli ha dato uno degli ordini più infimi col solo scopo di distruggerlo e fargli comprendere che l'HYDRA ha ancora tanto potere su di lui... Bucky ha disatteso l'ordine, grazie a Sharon, ma ciò gli ha fatto prendere una decisione drastica. Quale sarà la sua prossima mossa?

Passando allo SHIELD, sembra che Skye e Trip conoscano l'identità della talpa... che siano finalmente giunti alla verità? E cosa vuole l'HYDRA dagli Avengers davvero? La situazione non è certo delle migliori, sopratutto per Steve e Natasha il cui ormai segreto è stato scoperto... se vi state chiedendo se la situazione potrebbe peggiorare, la risposta è... forse!
Ho davvero avuto difficoltà... no forse dovrei dire che non avevo per nulla voglia di scrivere questo capitolo, più che altro le ultima sequenze, e spero davvero che non mi ammazzerete per questo (so che potrei meritarmelo, ma pensateci... Poi come farete a sapere come andrà a finire l'intero pandemonio?), perché è un momento tragico, James ha toccato il fondo, certo non per colpa sua e sicuramente la comparsa di N lo aveva già un po' destabilizzato tanto da non fargli vedere il pericolo davanti a lui... Per non parlare della reazione straziante (credetemi per me lo è stato) di Sharon e di Jace... e non pensiamo al povero Stevie. Una volta terminato ho dovuto prendermi una pausa prima di rileggerlo, spero però che nonostante tutto, questo capitolo non vi deluda!

Io vi voglio ancora una volta ringraziare per il vostro sostegno e chiunque venga qui anche solo per dare un'occhiata :) Vi invito, come sempre, a seguire la mia pagina FB "Asia Dreamcatcher" e a contattarmi per qualsiasi dubbio o semplice chiacchierata!
Prima di salutarvi vi do appuntamento tra due settimane: VENERDI' 12 MAGGIO!
Buon Weekend!


   
 
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