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Autore: Heihei    29/04/2017    3 recensioni
Bethyl-AU
Quegli stupidi degli amici di Beth sono determinati a rendere il suo diciottesimo compleanno memorabile, peccato che le loro buffonate la faranno restare bloccata in un brutto quartiere di una città sconosciuta, attualmente pattugliato dall'Agente Shane Walsh. Minacciata sia dagli agenti che dai criminali, dovrà rassegnarsi alla compagnia di un gruppo di zotici, tra cui un certo redneck particolarmente scontroso.
**Questa storia NON mi appartiene, mi sono limitata a tradurla col consenso dell'autrice**
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon, Maggie Greeneunn, Merle Dixon
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IX. Addio contadinella / X. Brutte compagnie

 

 

 

Non era esattamente la doccia fredda di cui aveva bisogno, ma l’acqua del lavandino era tutto quello che aveva a disposizione. Il peggio era che non poteva fingere che tutto il caldo che sentiva fosse solo causato dalla temperatura, anche perché, tra l’altro, l’aria fuori si stava facendo abbastanza umida.
Quella conversazione gli aveva dato sui nervi, si era incazzato e l’aveva aggredita un’altra volta. Stava bruciando dal senso di colpa.
Lei era così ingenua e tutto, dal suo punto di vista, poteva essere così semplice... ma non era stupida. Sapeva guardare a fondo nelle cose. Aveva indovinato su suo padre, dannazione. Aveva capito cosa pensava di Nick, dei suoi nipoti… e di quella rottura di palle del traffico d’armi. Probabilmente, avrebbe potuto scoprire anche altre cose su cui lui non voleva neanche riflettere.
Ingenua o no, una ragazza del genere doveva essere abituata ad aver a che fare con gli stronzi. Si soffermava sui dettagli.
Forse, in un’altra vita, è stata un bravo segugio.
Dopo aver perso alla gara di sguardi con lo specchio, tornò in corridoio e vide suo fratello sulla soglia della camera da letto. La stanza puzzava terribilmente di fumo.
Merle tossì lievemente prima di sorridergli, come se la conversazione di prima non ci fosse mai stata.
“Hai qualche dollaro in tasca, fratellino? Stavo pensando di prendere qualcosa strada facendo, sto diventando matto.”
Strada facendo?”, Daryl aggrottò le sopracciglia.
“Sembra che tutto si sia risolto.” Merle scrollò le spalle e si appoggiò allo stipite della porta, che scricchiolò sotto il suo peso. “Doveva succedere, prima o poi.”
Sentì le voci degli altri provenire dal soggiorno e si voltò in quella direzione.
Ovviamente, suo fratello non ci pensò due volte prima di interromperlo.
“Dovresti salutare la tua amica. E, cazzo, vedi di combinare qualcosa quando ne hai l’occasione.”
Nel vano tentativo di fingere di non averlo sentito, Daryl cominciò a camminare, senza voltarsi a guardarlo.
Arrivò in soggiorno giusto in tempo per vedere di sfuggita la chioma bionda di Beth svanire in cucina. Sentì la porta del retro aprirsi: stava andando a prendere le sue amiche.
“Il tizio della 708 si è arreso. Quel povero bastardo è uscito e l’hanno portato via”, lo informò Andy.
“Non lo definirei proprio povero.” Evan lanciò uno sguardo d’intesa a Nick, che lo ricambiò con un ghigno.
“Non cantate vittoria troppo presto, gli sbirri sono ancora nei paraggi”, li avvertì Jeremiah. “Come sai che quel tizio manterrà la parola?”
“Rilassati, si comporterà bene...”
Nick si zittì non appena vide Minnie e Karen entrare nella stanza. Avevano dell’erba tra i capelli e lo stesso sorrisetto euforico stampato in faccia. Si fiondarono sulla finestra, ansiose di poter uscire.
Beth doveva essere rimasta in cucina. Daryl si sporse quanto bastava per poterla osservare mentre frugava nei mobili e nei cassetti. Tirò fuori una penna e si assicurò che scrivesse facendosi un segno rapido sul polso, poi prese qualcosa su cui scrivere dal tavolo. Aveva appena cominciato a scarabocchiare qualcosa quando Merle fece il suo ingresso in soggiorno, costringendolo a staccare gli occhi dalla ragazza.
“Gli sbirri se ne sono andati?”, gridò.
“Ancora no. Sono lenti”, rispose Nick, sforzandosi di sembrare tranquillo.
“In realtà sembra che ce ne siano di più rispetto a prima”, aggiunse Evan.
“Luke e Leon sono a una ventina di minuti da qui”, disse Minnie a Karen, guardando lo schermo del cellulare.
“Non vi sembra che quei tre... stiano venendo qui?”, chiese Nick, cambiando completamente espressione.
“No, sei solo paranoico...”, Jeremiah lo raggiunse accanto alla finestra, ma dovette ricredersi. “Ah, cazzo, hai ragione.”
Il ragazzo indietreggiò, respirando profondamente. Chiuse gli occhi e scosse la testa, come se fosse tutto quello di cui avesse bisogno per tornare in sé.
“Nick, perché non ti siedi e cerchi di calmarti?”, disse poi.
Ora lo sguardo colpevole di suo zio era più che evidente. Stava sudando e Daryl pensò che stesse sul punto di dare di matto.
“Dategli qualcosa da bere”, s’intromise Merle.
Fu Beth ad obbedire, prendendo una birra dal frigo ed entrando finalmente in soggiorno. Qualsiasi cosa fosse stata così determinata a scrivere, non aveva cambiato la sua espressione. Porse la birra a Nick.
“Grazie.”
L’uomo cominciò a muovere compulsivamente la gamba, battendo ripetutamente il piede contro il pavimento. Nello stesso istante in cui Evan gli diede un colpetto per fermarlo, il campanello suonò.
Merle si schiarì la gola, si avvicinò alla porta e girò la maniglia.
“Agente, Agente Speciale, signora”, disse a mo’ di saluto, con una voce così ingannevolmente gentile e smielata che a Daryl venne voglia di scoppiargli a ridere in faccia.
“Vi dispiace se entriamo?”, chiese l’agente federale.
“Prego”, Merle fece un passo indietro.
L’Agente Shane e l’agente federale entrarono in casa a passo lento, cosa che sembrava disturbare molto la donna che li seguiva. Era Maggie Greene, la sorella maggiore di Beth.
Quando entrambi furono abbastanza lontani, Maggie si fiondò in casa, con gli occhi che bruciarono di rabbia non appena entrarono in contatto con quelli della sorella. Per qualche secondo, sembrava che non sapesse che dire, che non sapesse se mostrarsi contenta o arrabbiata. Sibilò qualcosa a denti stretti e scosse la testa.
“Hey Maggie”, sussurrò Beth, imbarazzata. “Sei mancata anche a me.”
Senza degnarla di una risposta, sua sorella si voltò e incrociò le braccia, squadrando l’agente federale dalla testa ai piedi.
“Tutto quello che posso dire è che siete stati dannatamente fortunati che si sia arreso. Non sono ancora convinta che potevate fare una cosa del genere, avrei dovuto controllare.”
“Sarebbe stata solo una perdita di tempo”, la informò l’Agente, quasi totalmente disinteressato a quell’affronto. “Ma, hey, ognuno fa quel che deve.”
L’uomo si voltò verso Beth. “Beth Greene?”
“Sì?”
“Sono l’Agente Speciale Rick Grimes e volevo solo assicurarmi che stessi bene, ho saputo di quel piccolo incidente nei boschi.”
Senza pensarci come avrebbe dovuto, Daryl si mise subito sulla difensiva.
“Non credo che l’FBI si occupi di queste cose.”
Nella stanza calò il silenzio.
Qualcuno si aspettava che almeno le ragazze, ancora strafatte, ridessero per allentare un po’ la tensione, ma persino loro s’immobilizzarono sul posto. Tutti stavano guardando l’Agente Grimes senza battere ciglio in attesa di qualche reazione, fatta eccezione per Maggie e Daryl, che si scrutavano a vicenda. Era evidente che lei stava fremendo dalla voglia di prenderlo a pugni. Forse era la presenza della polizia a trattenerla, o i lividi che gli aveva già procurato l’Agente Shane. In ogni caso, Daryl era abbastanza sicuro che la sorella di Beth lo odiasse.
“Tu devi essere il gentiluomo coinvolto.” L’Agente Grimes studiò volutamente il volto di Daryl, soffermandosi sulla medicazione che aveva sul sopracciglio.
“Non è successo niente”, disse Beth con convinzione.
“Beh, conoscete le regole.” L’Agente annuì, ma si avvicinò pericolosamente a Daryl. Probabilmente, si aspettava che indietreggiasse, ma lui non si mosse di un centimetro. “Io mi occupo di quello che voglio, è così che funziona.”
Rick Grimes era bravo a intimidire la gente. Non staccava gli occhi da quelli di Daryl.
“Davvero, sono stata stupida e lui mi ha solo impedito di disturbare i tuoi agenti… avete frainteso.”
Beth si era messa tra loro. In qualche modo, era riuscita ad attraversare l’intero soggiorno senza che nessuno se ne accorgesse. Non voleva averla troppo vicina, soprattutto sotto lo sguardo di tutta quella gente e con sua sorella maggiore che lo stava scuoiando con lo sguardo.
“Come immaginavo”, disse l’Agente Grimes, senza abbassare lo sguardo su di lei.
Dopo qualche secondo, si decise a staccare gli occhi dal volto di Daryl per rivolgersi al resto dei presenti. “Ci dispiace se questa situazione vi ha creato dei problemi, abbiamo cercato di risolverla il prima possibile.”
“Ci siete riusciti. Buon lavoro, Agenti”, rispose Evan.
L’Agente Grimes annuì e cominciò a dirigersi verso la porta, seguito dall’Agente Walsh. Si fermarono più del previsto a perdere tempo sul vano della porta, probabilmente solo per farli cagare sotto.
L’Agente Shane non aveva detto nulla per tutto il tempo, ma Daryl aveva notato la postura rigida e la vena sul collo che era sul punto di esplodere. Infatti, una volta fuori, sembrava aver ritrovato la lingua, perché cominciò ad inveire sonoramente contro il suo collega.
Maggie chiuse silenziosamente la porta e si voltò a guardare sua sorella con le braccia conserte. “Mi hai spaventata a morte.”
Dopo aver tirato un respiro profondo, Daryl liberò i bottoni della sua camicia dai capelli biondi della ragazzina, cercando di recuperare i suoi spazi.
Senza parole, Beth raggiunse sua sorella e l’avvolse in un abbraccio. Anche se Maggie era chiaramente furiosa, ricambiò la stretta, continuando a fissare Daryl oltre la sua spalla.
“Hey, non c’è bisogno di essere così melodrammatici”, Merle disturbò la loro riunione con una risata. “Abbiamo avuto tutti un po’ di seccature stasera, dolcezza, ma tua figlia è stata al sicuro."
Sorella!”, lo corressero all’unisono le due, insieme a Minnie e a Karen.
“Come vi pare.”
“Merle, ha ventiquattro anni...”, gli disse Beth, indignandosi al posto di sua sorella.
Maggie fece un cenno con la testa a Minnie e a Karen, cercando di nascondere la sua espressione disgustata. “Vi serve uno strappo?”
“No, i miei cugini saranno qui tra poco, ce lo devono”, rispose Minnie.
“Okay”, Maggie annuì, chiaramente sollevata per il loro rifiuto, poi si rivolse a Beth. “E meglio andare, la mia Saturn è a un mezzo miglio da qui.”
“Possiamo darvi un passaggio”, s’intromise Daryl.
La maggiore delle Greene indossava un paio di belle scarpe nere dal tacco non troppo alto. Non sembravano scomode come quelle di Minnie e Karen, ma sicuramente non erano il massimo per fare tutta quella strada a piedi. Dal modo in cui le sue labbra si erano curvate, Daryl pensò che stesse per mandarlo al diavolo una volta per tutte, ma, con sua grande sorpresa, annuì.
“Bene, andiamo.”
Beth rivolse un saluto generale a tutti. Nel tragitto verso la porta, sentì Minnie bofonchiare un buon compleanno e le altre voci le fecero eco.
Quando i fratelli Dixon e le sorelle Greene uscirono da quella casa, era chiaro che le cose a Kelly Jo Ave stavano tornando alla normalità. C’era ancora qualche volante in giro, ma bene o male la strada era aperta e le persone potevano finalmente tornare nelle loro case o uscire a seconda delle proprie necessità.
L’Agente Speciale Rick Grimes e L’Agente Shane Walsh erano rimasti esattamente come l’ultima volta che Daryl li aveva visti attraverso la finestra del soggiorno. Anche da una certa distanza, era evidente che si stavano impegnando in una discussione molto accesa.
Daryl si chiese di che matrice fosse il crimine commesso dal tizio della 708 per arrivare a coinvolgere l’FBI e quale affare avesse fatto con Nick prima di costituirsi. Se lui e Merle avessero portato a termine il lavoro, avrebbe potuto strappare qualche informazione a Evan e a Jeremiah per saperne di più, ma, solo al pensiero di quella faccenda, lo stomaco gli si contorse. Non gli era mai successo.
Perché Beth doveva andarsene dopo avergli detto quelle cose?
Non aveva una bella sensazione a proposito già prima di incontrarla, ma tutta quella preoccupazione da parte sua gli stava per far venire un infarto. L’aveva guardato con quei suoi occhioni innocenti come se avesse già immaginato la situazione andare nel peggiore dei modi. Questo fattore in particolare, misto all’insolita insistenza di Merle, non aveva migliorato le cose.
Sei intelligente. Sai nasconderti dalla polizia, prenderti cura di te, ma non sei abbastanza intelligente da rendere la tua vita più semplice lavorando onestamente.”
A dispetto di se stesso, ripensando alla sua espressione incazzata mentre pronunciava quelle parole, si fece scappare un sorriso. E così pensava che anche lui avesse il diritto di farsi una vita? E quindi? Perché il parere di una ragazzina avrebbe dovuto fargli cambiare idea?
Quando raggiunsero il marciapiede dirimpetto, dove lui e Merle avevano parcheggiato la moto nel pomeriggio, si voltò per vederla arrivare. Visibilmente entusiasta all’idea di salire sulla sua moto, quasi saltellava al posto di camminare, con un piccolo sorriso ad illuminarle il volto.
Era troppo tardi. Il parere di quella ragazzina gli aveva già fatto cambiare idea.
Questo, però, non cambiava la sua decisione. Merle era determinato a farlo ed era già stato tutto deciso, non si sarebbe tirato indietro. Tuttavia, avrebbe potuto pensare di ricominciare daccapo dopo il lavoro.
“Maggie, è tutto ok?” Beth rivolse a sua sorella uno sguardo implorante.
Evidentemente, non era l’unico a preoccuparsi di suo fratello.
Maggie, che non smetteva di guardare apprensivamente la vecchia moto di Merle, sembrava sul punto di dire di no, ma poi annuì e cominciò a salirci.
“Ho sempre pensato che tra noi due, sarei stata io quella con gli amici motociclisti”, disse a bassa voce, nel vano tentativo di farsi sentire solo da sua sorella.
In tutta risposta, il sorriso di Beth si allargò e le sue guance si colorarono di rosso.
“Non prenderla a male, dolcezza, ma credo che dovresti alzare un po’ quella gonna”, disse Merle, facendole l’occhiolino.
Facendo del suo meglio per ignorarlo, Maggie si sfilò le scarpe e, tenendole con una mano, salì sulla moto, aggiustandosi la gonna il più velocemente possibile. Lanciò un’occhiataccia a Beth, che nel frattempo stava tentando di soffocare una risata.
Quando Daryl alzò il cavalletto e accese il motore, Beth si posizionò dietro di lui, avvolgendogli le braccia intorno alla vita. Osservò le sue piccole mani aggrapparsi alla sua camicia e, ancora una volta, il suo petto fu invaso da uno strano calore. Non era necessario che gli stesse così vicina. Teneva la guancia premuta contro la sua spalla e lo stringeva con forza. Forse era per prudenza, forse per paura, ma gli ricordò inevitabilmente il primo abbraccio che gli aveva dato.
Superarono più in fretta che potevano l’Agente Walsh e la sua squadra, allontanandosi dalle case che si trovavano in prossimità dell’inizio del bosco. Raggiunsero il punto in cui la Saturn dorata era parcheggiata prima del previsto e, anche se non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, Daryl avrebbe voluto che quel giro in moto potesse essere durato un po’ di più.
Maggie scese frettolosamente dalla moto di Merle e raggiunse a piedi nudi la sua auto con un rapido e pungente grazie. Beth, invece, appena toccata terra, si voltò verso il maggiore dei Dixon e gli rivolse un sorriso.
“Grazie per aver tenuto d’occhio le mie amiche.”
“Non c’è di che, bambolina”, le rispose ad alta voce, cercando di sovrastare il rombare del motore. Accarezzò il terreno con i piedi e si diede lo slancio per allontanarsi di qualche metro.
Se non fosse stato Merle, Daryl avrebbe interpretato quel suo allontanamento come un semplice gesto di cortesia per dar loro un po’ di privacy per salutarsi, ma, dal momento che era sicuramente Merle, il suo fratello maggiore rozzo e sfacciato, capì che si era allontanato di tutti quei metri perché era impaziente di andarsene. E, tra l’altro, non sembrava essere l’unico: Maggie era già salita in macchina, aveva già acceso i fanali e il motore e probabilmente dopo non molto tempo avrebbe anche cominciato a suonare il clacson, ma Beth era rimasta in piedi accanto alla sua moto. S’infilò la mano nella tasca posteriore dei jeans e gli mostrò il jolly del mazzo di carte di Andy. Senza dare spiegazioni, glielo porse. Daryl riuscì solo a notare con una rapida occhiata che c’era scritto l’indirizzo della fattoria.
“Grazie… per avermi aiutata.”
“Mhmh”, riuscì solo a dire, conservando la carta in una delle sue tasche.
“Per favore, vieni.”
Beth poggiò una mano sul manubrio della moto, si alzò leggermente sulle punte e gli stampò un bacio sulla guancia.
Era stata così veloce che se avesse sbattuto le palpebre non l’avrebbe neanche vista.
Incapace di reagire, riprese a respirare solo quando la vide sparire nell’auto di sua sorella, che schizzò via nell’oscurità di fronte a loro.
Se si fosse permesso anche solo di immaginare come sarebbe stato farsi sfiorare da quelle labbra così morbide, non si sarebbe mai aspettato una sensazione simile. Era come se il sole fosse risorto a schiacciare il buio della notte solo per quella frazione di secondo.
Il fatto che se ne fosse andata in fretta da lì poteva essere solo un bene. Se fosse rimasta un secondo di più, non sapeva che cosa avrebbe fatto.
Nel frattempo, Merle tornò indietro per raggiungerlo, gettandogli qualcosa in piena faccia.
“Un souvenir per te.”
Quando si liberò da quel tessuto aggrovigliato, non ebbe bisogno di osservarlo per capire che si trattava della camicetta strappata di Beth.

 

● ● ●

 

Se non ci fossero stati Merle e Maggie, se fossero stati da soli, di certo non l’avrebbe baciato sulla guancia. Avrebbe usato tutta la sicurezza che aveva in corpo per gettargli le braccia al collo e per invogliarlo a baciarla proprio come lei avrebbe voluto. Per un istante, quando erano lì, fermi sul ciglio della strada, aveva quasi superato il timore che lui pensasse che era solo una stupida ragazzina con una stupida cotta.
Sarebbe mai venuto alla fattoria? Non poteva saperlo, ma ci sperava.
Il viaggio di ritorno non fu per niente come Beth si aspettava. Aveva pensato che lei e Maggie si sarebbero urlate addosso per i primi dieci minuti e poi avrebbero risolto con il solito è tutto ok. Dopodiché, sua sorella avrebbe preteso un resoconto dettagliato della serata e ne avrebbero riso insieme fino all’arrivo a casa.
Invece, Maggie non mise insieme due parole in croce. Non l’aveva mai vista così, non si era mai comportata in quel modo con lei prima d’ora. Che fosse davvero arrabbiata o solo distratta dai suoi pensieri, in ogni caso, non la degnò di uno sguardo. Beth le raccontò tutto ciò che era successo quella sera senza ottenere nessuna reazione. Maggie si limitò semplicemente ad annuire, a controllare lo specchietto retrovisore e a tenere gli occhi sulla strada.
“Sei avvero così arrabbiata?”, le chiese, mentre parcheggiava la Saturn di fronte alla fattoria.
“No.”
Sembrava sincera, ma non aveva nessun altro motivo per trattarla in quel modo. Era scesa dalla macchina mentre Beth ancora armeggiava con la cintura ed era corsa direttamente a salutare i suoi genitori, Otis e Patricia.
Aveva valutato la possibilità che avrebbe potuto raccontargli tutto, trasformando quella serata in un inferno. Ma, quando entrò in casa, trovò tutto come l’aveva lasciato. Sua madre la strinse in un abbraccio, confessandole che le piaceva la sua nuova camicetta, e, quando le disse che sembrava davvero stanca, Beth colse la palla al balzo per salire in camera sua e mettersi a letto.
Otis disse qualcosa sul perché la serata fosse finita così presto, ma fece finta di non aver sentito, sperando nell’aiuto di Maggie la mattina seguente. Era proprio curiosa di sapere che scusa si sarebbe inventata per spiegare il suo arrivo anticipato.
Finalmente a letto, sentì il vociare del piano di sotto dissolversi lentamente. Prima che la luce del corridoio si spegnesse, vide un’ombra fermarsi fuori la porta. Sapeva che era Maggie. Restò lì immobile per qualche secondo, per poi spegnere la luce. Sentì i suoi passi farsi sempre più lontani.
Il suo sguardo si posò sulla sveglia, le cui lancette stavano per segnare l’inizio del suo compleanno.
Pensò a Daryl. Sembrava che tutto quello che gli aveva detto sul lavoro non l’avesse toccato minimamente. Non voleva neanche ascoltarla, e come poteva biasimarlo? Si erano appena incontrati e già gli aveva chiesto di cambiare. Più ci pensava, più se ne vergognava.
Ciò non toglieva che avrebbe fatto bene a lasciar perdere quello stile di vita. Forse un giorno avrebbe ripensato alle sue parole, avrebbe piantato in asso quegli idioti dei suoi amici e… e poi? Avrebbe rigato dritto? Si sarebbe stabilito?
Lei ci credeva davvero, ma se doveva completamente essere onesta con se stessa, non era quello il motivo principale per cui gli aveva scritto l’indirizzo della fattoria di suo padre.
Sapeva che sarebbe scomparso. Sapeva che si sarebbe fatto uccidere lì in Messico o che magari sarebbe caduto dalla moto, o che semplicemente avrebbe vagato per la Georgia per tutta la vita e non l’avrebbe mai più rivisto. Lei, d’altra parte, non aveva intenzione di restare alla fattoria per sempre. Probabilmente si sarebbe trasferita ad Atlanta, come Maggie.
Vivevano su due pianeti completamente diversi, ma in qualche modo voleva che si incrociassero ancora. L’unico problema era che anche lui avrebbe dovuto volerlo.
Potrebbe volere me.
Scacciò quel pensiero affondando la testa nel cuscino, anche se non c’era nessuno a guardarla. Non si era mai sentita così immatura come in quel momento, stava lasciando che la sua mente viaggiasse troppo lontano, distorcendo la realtà. E la realtà era che lui non aveva mostrato in alcun modo di voler avere qualcosa a che fare con lei, se non per impedirle di fare stupidaggini. Aveva tollerato i suoi abbracci e i suoi interrogatori, ma quando l’aveva baciato era diventato di nuovo una statua. Aveva volutamente evitato di guardarlo negli occhi per paura di vederci del fastidio.
Probabilmente, in quel momento era da qualche parte a penare a quanto fosse contento di essersi liberato di lei, ammesso che addirittura ci pensasse.
Beth si addormentò prima che l’orologio segnasse la mezzanotte. Aveva ancora diciassette anni.

 

● ● ●

 

Se avesse detto a Merle del lavoro che Beth gli stava offrendo, non avrebbe voluto neanche ascoltarlo. Le probabilità di un eventuale rifiuto da parte sua erano altissime, ma, d’altro canto, quella poteva essere la sua unica occasione per rivederla.
Non doveva importargli così tanto, vederla gli avrebbe creato solo altri problemi, ma era come se non riuscisse a pensare a nient’altro di così bello. Tra l’altro, non era mai stato quel tipo di uomo.
Perché diavolo l’aveva baciato?!
In realtà, l’aveva a malapena sfiorato, ma riusciva a sentire ancora le sue labbra premute contro la sua guancia. Avrebbe preferito che non si fosse fermata lì. A tratti, cominciò a desiderare di essere quel tipo di uomo.
Quella notte e la mattina seguente non aveva parlato molto con suo fratello, ma lui non sembrava preoccuparsene più di tanto. Merle, infatti, parlava abbastanza per entrambi e Daryl lo lasciava fare. Almeno c’era qualcosa a riempire l’aria oltre al fumo delle sigarette e all’odore di whiskey.
Sembrava in fibrillazione. Camminava avanti e indietro per la loro baracca, straparlava e, in quei pochi minuti di silenzio, tossiva.
Daryl, invece, se ne stava steso sul loro vecchio divano ad ascoltarlo, con una mano a proteggergli gli occhi dalla luce del sole.
“Fumi troppo quando sei stressato, fratellino.”
Merle gli sfilò la sigaretta che gli pendeva dalle labbra per rubargli qualche tiro. Si sedette sul bracciolo del divano, accanto alla testa del fratello, e si appoggiò allo schienale.
“Sei pronto per stasera o no?!”, gli chiese bruscamente, con una nota di preoccupazione nella voce.
“Non dobbiamo farlo per forza”, mormorò Daryl, “è una stronzata. E poi, quelli ti stanno sul cazzo quasi quanto stanno sul cazzo a me.”
“I loro soldi sono a posto.” Merle gli rivolse un sorriso che si trasformò in un colpo di tosse non appena espulse una nuova nuvola di fumo.
“Ma potremmo fare qualcos’altro.”
“Ah sì? E cosa?”
Daryl esitò per qualche secondo, ma poi tirò fuori la carta di Beth dalla tasca. Era stropicciata, ma l’indirizzo che aveva scritto intorno alla sagoma del jolly era ancora perfettamente leggibile. Suo fratello, con la fronte aggrottata e la bocca semiaperta, gliela strappò da mano e cominciò a studiarla.
“...Che cazzo è?”
“Il padre della ragazzina cerca qualcuno che gli dia una mano alla fattoria… quanto tempo è passato dall’ultima volta che abbiamo fatto una cosa del genere? E poi, una paga regolare non sarebbe per niente male.”
Merle si raddrizzò per poterlo guardare meglio.
“Cazzo, fratellino, non pensavo che il tuo dannato culo le piacesse così tanto.”
Ridendo sguaiatamente, scivolò via dal bracciolo del divano e, dopo un’ultima boccata, lanciò il mozzicone ancora acceso verso un angolo qualsiasi della casa.
“Sai, non è proprio una cattiva idea”, sghignazzò, passandosi la carta tra le mani. “Potrebbe anche andare bene… peccato che il vecchio fattore a un certo punto ti caccerà a calci in culo dalla sua proprietà per esserti scopato sua figlia. Era da anni che non sentivo una storia del genere… è un classico. Sì, perché no? Magari dopo il lavoro con Jer e i suoi uomini.”
Gli rilanciò la carta, che atterrò sul pavimento polveroso.
Daryl, ignorando tutte quelle divagazioni, preferì soffermarsi sulle sue ultime parole.
“Perché dopo?”, chiese con un sussulto, mettendosi a sedere. “Perché non ci dimentichiamo questa storia delle armi?”
Merle si voltò con un’espressione di evidente disagio. “Dobbiamo farlo. Ci servono quei soldi.”
Finalmente, aveva fatto centro. Ci sarebbe potuto arrivare anche prima se non fosse stato troppo distratto da Beth Greene e da tutto quel casino con gli sbirri.
“Sei in debito con qualcuno?”
Continuò a fissarlo, in attesa di una reazione.
Dopo un respiro profondo, Merle tornò rigido e sicuro come sempre, e cominciò a parlare di quella faccenda come se fosse successa a un’altra persona un sacco di anni prima.
“Più o meno. Ti ricordi quando un paio di mesi fa, dopo il lavoro, non ci siamo visti per circa due settimane? Beh, potrei essere andato a farmi un giro ad Atlantic City.”
“Atlantic City?”, ripeté Daryl, confuso. “Ma tu non giochi d’azzardo.”
“Beh, a quanto pare, l’ho fatto”, rispose con una smorfia. “E avevo davvero bisogno di farmi… molto più di quanto immagini. Ad ogni modo, mi hanno prestato dei soldi e devo restituirli il prima possibile.”
Daryl si prese la testa fra le mani, strofinandosi gli occhi con i palmi.
“Avrei potuto dirtelo, lo so.”
Per assurdo, sembrava quasi che Merle gli stesse chiedendo scusa. E ancora di più per assurdo, Daryl quasi accettò le sue giustificazioni.
“Già, magari.”
Dopo aver tirato un respiro profondo, si liberò il viso dalle mani. La prima cosa che vide, abbandonato sul pavimento tra i suoi piedi, fu il jolly su cui Beth gli aveva scritto l’indirizzo della fattoria. Alzò rapidamente la testa per affrontare suo fratello.
“Non provare a guardarmi in quel modo”, ringhiò Merle, “anche tu hai preso della roba, fratellino, e non puoi guardarmi così solo perché hai gusti diversi dai miei. Quindi, anche se non hai mai toccato la meth o la coca, devi levarti quella fottuta espressione dalla faccia. Non ho mai perso il controllo, ho solo avuto una nottata del cazzo!”
Daryl annuì, ma non gli staccò gli occhi di dosso. Se si sentiva in colpa per averlo trascinato in quel dannato casino, era un problema suo e non aveva alcuna intenzione di rassicurarlo. Si chinò per recuperare il jolly e se lo rimise in tasca.
“Allora lo faremo. Hai un’altra sigaretta?”

 

● ● ●

 

Ebbe la sensazione di aver fatto un bel sogno, ma non lo ricordava. Cercò di aggrapparsi a quella piacevole sensazione ormai lontana ad occhi chiusi, mentre ascoltava il resto della casa smuoversi dal sonno e gli uccelli che avevano già cominciato a cantare. La luce del sole le batteva sulle palpebre, ma non aveva intenzione di aprirle. Restò in quello stato di trance finché non sentì qualcuno bussare alla porta, venuto a ricordarle che era il suo compleanno.
Maggie era già vestita, le rivolse un sorriso assonnato mentre richiudeva la porta alle sue spalle.
“Buon compleanno!”
Si sedette accanto a lei, avvolgendole la vita con un braccio.
Beth ricambiò il sorriso, ma non disse nulla. Si sentiva ancora un po’ a disagio per il silenzio gelido che le era stato rivolto la sera prima, e anche lo sguardo di sua sorella sembrava dire lo stesso. Magari, alla fine, si sentiva in colpa. Quindi decise di rompere il ghiaccio.
“Vieni in chiesa?”
Maggie fece una smorfia. “Non lo so.”
“Faresti felice papà, e poi… è il mio compleanno, ed è meglio che papà sia di buon umore!”, rispose, sbattendo le ciglia.
Lo sguardo di Maggie si allacciò al suo per qualche secondo e fallì miseramente nel suo tentativo di mantenersi seria, accennando una risata.
“Hai vinto, verrò. Però non ho un vestito adatto.”
“Il completo da avvocato di ieri andrà bene”, disse Beth dolcemente.
“Non sono un avvocato”, rispose sua sorella con un sospiro di sollievo, “grazie a Dio… anche se l’ho fatto credere alla polizia e all’FBI”, ammise in un sussurro, per poi ridere di nuovo.
“Che cosa?!”
Beth aveva alzato la voce più del previsto, ma Maggie continuò a sorridere. “Ssh!”
“Hai mentito?!”
“Non proprio. Ho solo detto che stavo tornando dall’ufficio, il che era vero. Poi ho fatto il nome di Andrea e loro evidentemente hanno pensato che fossi lì a rappresentarla o che lavorassi con lei, ma non ho mai detto esplicitamente di essere un avvocato”, fece le spallucce.
“Questo è comunque mentire”, ribatté Beth.
“Tecnicamente… è raggirare”, ammise, mordendosi il labbro. “Ma ero in ansia per te. Volevo tirarti fuori da lì il prima possibile e, se non avessi fatto così, non mi avrebbero mai presa sul serio.”
Per qualche interminabile minuto non dissero niente. Maggie tracciava con le dita il motivo floreale della coperta, mentre Beth era concentrata ad ascoltare i rumori provenienti dalla cucina e a vedere qualche vago movimento dalla finestra, segno che già avevano cominciato a lavorare.
Quando posò di nuovo lo sguardo su sua sorella, notò che il suo sorriso stava iniziando a svanire lentamente e scorse nei suoi occhi la stessa apprensione che li aveva tormentati la scorsa notte.
“Mi dispiace di averti fatta spaventare così tanto”, disse Beth.
E, forse per la prima volta, le dispiaceva davvero. Non avrebbe dovuto coinvolgerla, sarebbe andato tutto bene senza chiamarla.
“Beth, posso dirti una cosa?”, Maggie la guardò intensamente, “Prometti che non ti arrabbierai?”
“Uh...sì”, rispose, senza neanche prendersi del tempo per pensare se avrebbe dovuto preoccuparsi di quello che doveva dirle o no.
“Le tue amiche sono veramente stupide. Non le sopporto.”
Lo disse con una tale serietà che Beth scoppiò di nuovo a ridere, contagiando in pochi secondi anche lei.
“Dico sul serio, sono delle complete idiote”, continuò, cercando di trattenere le risate, “non ho mai capito perché te la fai con loro.”
“Ti ricordi dei tuoi amici del liceo?”
Maggie arrossì lievemente e, tentennando, annuì. “Già, erano degli imbecilli anche loro, lo ammetto.”
Beth si strinse nelle spalle. “Non ti so dire, sai com’è. Viviamo in una piccola cittadina, c’è poca gente, ci conosciamo praticamente da sempre...”
“Ma tu stai crescendo… e loro no.”
Contraendo le labbra, annuì lentamente, mentre Maggie prese a guardarsi le mani, ancora strette sulla sua vita.
“Scusami per ieri sera. Ho avuto un sacco di pensieri per la testa ultimamente e il fatto che tu fossi bloccata in quel covo di drogati era già strano e difficile da metabolizzare di per sé… e poi quando hai baciato quel tizio, Daryl, credo di aver perso leggermente il controllo.”
“Sulla guancia.”
Il suo viso si colorò di un rosso sempre più intenso, tradendola.
In tutta risposta, Maggie le lanciò un’occhiata colma di disappunto, accentuata da quel sorrisetto che faceva ogni volta che la capiva al volo. E Beth, nelle gare di sguardo con i suoi fratelli, perdeva sempre.
“Lui ti piace, non è vero?”
Non era una vera domanda, ma un’osservazione, e Beth non riuscì a raccogliere un po’ del suo buonsenso per mentirle subito, così si limitò a fare una sorta di scrollata di spalle.
“E’ molto più grande di te.”
“Già, me ne sono accorta”, ammise atona, cominciando a torturarsi il labbro inferiore quando un piccolo dettaglio che non aveva riferito a sua sorella sulla via del ritorno in macchina le riaffiorò in mente.
Come se fosse stata in grado di percepirlo, Maggie aggrottò le sopracciglia. “Che c’è?”
“Gli ho detto di venire alla fattoria.”
Non aveva specificato cosa ci facessero lui e Merle in quella casa, le aveva solo confessato che erano coinvolti in qualche affare illegale. Aveva promesso a Daryl che non avrebbe parlato a nessuno del traffico d’armi, e così aveva fatto, ma si era sentita in dovere di accennare almeno a quel particolare.
“Gli ho chiesto di lavorare qui.”
Sua sorella scosse la testa, implorandola con lo sguardo. “Ti prego, Beth… dimmi che non è vero.”
“Perché? Se non dovesse riuscire a trovare un lavoro legale, finirà col fare qualcosa di… pericoloso con Merle.”
Maggie non aveva alcuna voglia di litigare. La sua risposta fu ferma e autoritaria, ma anche tranquilla e venata di una certa compassione.
“Non puoi salvarlo.”

 

● ● ●

 

Le sirene ormai erano lontane. Il rumore della pioggia battente risuonava nelle sue orecchie più forte di ogni altra cosa, fatta eccezione per il suo battito impazzito.
Era il pieno della stagione delle piogge, l’acqua proveniva da ogni direzione, gli colpiva il viso, inzuppava ogni centimetro dei suoi vestiti e infangava il terreno sotto i suoi piedi. Ma era riuscito a seminarle.
Per fortuna, gli sbirri non avevano i cani e la pioggia avrebbe cancellato presto le sue tracce. Per l’ennesima volta, poteva riuscire a essere un fantasma.
I suoi piedi continuarono ad affogare nel fango fino alla fine del bosco, dove si fermò davanti a un fosso. Era zuppo d’acqua, ma non vedeva altra via d’uscita. Così, dopo essersi preparato psicologicamente per il tempo di un mezzo battito cardiaco, si stese sul terreno e cominciò a strisciare. L’unica cosa positiva era che, ricoperto da tutta quella melma di erba e fango, nessuno l’avrebbe notato. Infatti, le volanti stavano andando nella direzione opposta, dritte verso il luogo del delitto da cui lui stava fuggendo.
Anche se ne aveva bisogno, non si fermò a riprendere fiato. Aveva i polmoni in fiamme. Era uno di quei momenti in cui realizzava di fumare troppo. Avrebbe dovuto prendere seriamente in considerazione l’idea di smettere. Si toccò la cintura per controllare se avesse ancora la pistola, sperando che non gli fosse caduta durante la sua folle corsa.
La sua moto e quella di Merle erano a mezzo miglio da lui, nel punto in cui avevano incontrato Evan e Jeremiah poche ore prima, ma, quando arrivò, il suo cuore saltò un battito non appena notò che erano ancora gli unici due veicoli parcheggiati là fuori. La tavola calda era deserta, doveva aver chiuso da parecchio e non sembrava che ci fosse qualcuno ad aspettarlo.
Anche se era del tutto inutile, non poté fare a meno di gridare il nome di suo fratello. Lo fece per altre due volte, ma sapeva di essere più solo che mai sotto quella tempesta. Era scappato subito quando le cose avevano cominciato a mettersi male, ma, a quanto pareva, era stato l’unico.
Merle non era veloce come lui, ma era più fottutamente forte, furbo e violento. Magari Daryl si sbagliava, magari suo fratello non sarebbe finito di nuovo dentro.
Anche se voleva andarsene il più lontano possibile da lì, si sedette sul portico della tavola calda. Pensava di essere abbastanza a riparo, finché un getto d’acqua proveniente dal tetto non gli schiaffeggiò la faccia. La tempesta si era placata e l’aria era tornata a essere fresca e umida. Lo aspettò fino all’alba.
Fu l’inizio del primo turno alla tavola calda a spingerlo ad andarsene, anche se nessuno gliel’aveva chiesto esplicitamente. Sembrava un criminale senzatetto come non mai. Giunse alla conclusione che forse Merle era davvero stato arrestato di nuovo e quella volta non sarebbe durata poco. Oppure, era ancora per strada e per qualche ragione non era riuscito a tornare lì. C’era anche la possibilità che fosse rimasto ferito, oppure che…
Non volle pensarci per più di una frazione di secondo, che già era bastata a farlo crepare di paura. Decise di tornare con la moto di suo fratello e di lasciare la sua lì. Era messa meglio e poi, se le fosse successo qualcosa, Merle l’avrebbe ammazzato. Accese il motore e se ne andò, sperando che il giorno appena cominciato gli riservasse un destino migliore.

 

 

 

 

Nota d’autrice:
Lo so, non ho specificato cos’è successo a Daryl e Merle, ma lo farò venire a galla nei capitoli successivi. Per adesso, pensate solamente che Daryl è solo con l’indirizzo della fattoria in tasca. Fatemi sapere cosa ne pensate!

   
 
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