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Autore: TheStoryteller    04/05/2017    2 recensioni
Dieci anni dopo il suo arrivo a Volterra con l'intento di salvare Edward, Bella ha perso ogni memoria del proprio passato e, vampira, è divenuta parte della Guardia dei Volturi. Offuscata da una coltre di menzogne si appresta ad usare i suoi talenti per regalare ai suoi Signori la vittoria di una guerra della quale non conosce davvero le trame, che la condurrà verso i propri ricordi e alla scoperta di una verità antica che sconvolgerà l'intera Corte di Volterra.
"Fuoco ardente che divampa e divora le membra duttili.
Si ciba di sospiri spenti.
Porta con sé ricordi di dolori e gioie, di risa e pianti.
Due occhi amorevoli mi osservano e poi scompaiono nei meandri del sonno eterno.
Chi sei?
La domanda si dissolve nel buio tormentato di una notte senza ritorno"
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Demetri, Edward Cullen, Isabella Swan, Volturi | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
Capitoli:
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Noatak National Preserve (Alaska), 1 settembre 2016
Edward
 
Un sole tiepido di fine estate stava tramontando al di là dell’orizzonte irregolare della foresta, illuminando con i suoi raggi la vecchia e logora stanza che negli ultimi mesi era stata un giaciglio e una prigione. Nell’angolo più remoto, separata da me da una lama di luce fumosa e screziata da un velo di polvere scura, Alice viveva uno stato di catatonia. Sdraiata sul letto, completamente immobile, fissava il soffitto con occhi vuoti. Non parlava, non si muoveva, non si nutriva se non del poco sangue che le somministravamo e soprattutto non riposava, mai.  
La sua mente era dispersa negli sconfinati itinerari del mondo passato e futuro. Il destino di ogni essere umano, mutevole nelle proprie scelte, si mischiava un ingroviglio indistricabile di accadimenti: persone, luoghi, trame, tutto mischiato in un unico pensiero indefinito che non lasciava spazio ad altro. Il tempo, l’intera sua dimensione, si era riversato nella sua testa e aveva spazzato via tutto quello che esisteva prima di sé. 
Poggiai la testa sul muro alle mie spalle e cercai di concentrarmi ancora una volta nel tentativo di ritrovarla in quel labirinto senza fine. 
Soffocai un’imprecazione e sferrai un pugno alla parete, facendola tremare.
Erano mesi che tentavo, ma non ero riuscito a carpire neanche il più piccolo dei pensieri. 
Il rumore di passi per le scale e l’eco di riflessioni ostili mi preannunciarono l’arrivo di Jasper e della sua contrarietà. La situazione tra noi era precipitata dopo la mia partenza con Alice e soprattutto il nostro ritorno. Era fuori discussione adesso che collaborasse con me per consentirmi di realizzare i miei propositi. Non bussò nemmeno prima di entrare. “Controllati, fottuto coglione, o farai cadere tutta la palazzina”. 
Lo osservai sedere sul letto accanto ad Alice e prendere a sussurrarle parole rassicuranti all’orecchio. Le strinse la mano in una stretta gentile e gliela carezzò a lungo cercando di alleviare il terrore che percepiva nel suo animo. “Andrà tutto bene” ripeteva. “Troverò un modo per sistemare tutto”
Lo guardai in tralice senza darmi pena di celare il mio disprezzo. Non c’era davvero nulla che lui potesse fare. Se con le mie abilità non riuscivo a comunicare con Alice nessuno al mondo poteva farlo e comunque… non un vampiro il cui dono era una debolezza più che un’arma. Stava solo perdendo il suo tempo.
“Vorrei che te ne andassi” mi comunicò con un’occhiata aggressiva che ricambiai con un mezzo sorriso. 
“Come vuoi” 
Qualche ora di caccia non mi avrebbe fatto male. Era passata più di una settimana dall’ultima volta che mi ero nutrito. 
Mi scostai dalla parete scrostata che era ormai diventata una sorta di stampella e scesi le scale fino al piano terra. Come ogni sera Kate aspettava Jasper sull’ultimo scalino con lo sguardo serio e la mente persa in quella domanda che si concedeva soltanto quando lui era altrove. “Avrebbe mai dimenticato Alice?”
Già, come se tutti – lei compresa - non conoscessero già la risposta. 
L’oltrepassai senza concederle attenzione, ignorando il suo sguardo piantato sulla mia schiena, e uscii nel piazzale innevato. Era appena iniziato settembre, ma la temperatura era già sulle soglie dello zero e l’aria aveva acquisito quella densità che appartiene agli inverni. Mi guardai intorno senza scorgere nessuno, segno che doveva essere in corso la settimanale riunione dei membri della Comunità presieduta da San Carlisle. Se i mormorii che provenivano dal fabbricato dall’altro lato del campo non mi ingannavano, l’ordine del giorno era sempre stabile sul Problema Edward che, a quanto pareva, nessuno riusciva ad ignorare. Gli uomini erano intimiditi dalla mia presenza e un antico vampiro che se non erravo si faceva chiamare Garrett stava loro dando voce, chiedevano il mio allontanamento a Carlisle, che, di tutta risposta, invitava i presenti a avere pazienza e si dichiarava garante delle mie azioni. 
Il fatto che quel patetico teatrino non vedesse ancora diminuita la propria popolarità la diceva lunga sulla noia che soprassedeva su quel campo dimenticato da Dio. 
Stupidi e petulanti vampiri, così deboli da non meritare il sacro dono dell’immortalità… non si rendevano ancora conto che la guerra che – loro malgrado – mi avrebbero aiutato a combattere sarebbe stata l’unica cosa in grado di dare un senso alle loro misere esistenze. Li renderò forti, fieri, intrepidi come mai nemmeno hanno sognato di essere. Dovevo soltanto trovare un modo per comunicare con Alice nonché la giusta leva per indurli spontaneamente ad unirsi alla mia causa. 
Era solo questione di tempo e tutti i pezzi della scacchiera si sarebbero allineati.
Mi lasciai il piazzale alle spalle e tagliai per la zona degli alloggi in modo da imboccare il sentiero che attraverso la foresta conduceva verso il confine orientale della riserva. Questa volta avrei dovuto allontanarmi più del solito se volevo evitare cittadine in cui mi ero già nutrito. L’ultima cosa che volevo era attrarre l’attenzione degli umani. 
Non ero nemmeno a metà percorso quando il riverbero di pensieri ingenuamente trattenuti e il rumore leggero di passi attutiti dalla vegetazione mi preavvisarono la presenza di un goffo inseguitore. Presi a correre più velocemente di quanto fosse necessario e quando fui certo di averlo distanziato feci un balzo verso il ramo più alto di un grosso abete. Aspettai qualche secondo fintanto che una chioma ramata non fece capolino nella piccola radura ai miei piedi. La osservai guardarsi intorno, fare qualche giro nei dintorni nel tentativo di seguire le mie tracce ed infine arrendersi ad avermi perso. Poggiò le spalle al tronco di un abete poco distante da quello che mi aveva dato riparo e si fece scivolare a terra come se fosse esausta. I suoi pensieri adesso circolavano liberi nella sua mente, raccontandomi la sua storia e dando voce alle sue sciocche fantasie. 
Facendo in modo di evitare qualunque rumore passai di ramo in ramo fino a raggiungere l’albero cui era appoggiata. Scesi esattamente dal lato opposto del tronco in cui trovava e sempre nel più assoluto silenzio vi posai la schiena con fare distratto. Eravamo così vicini che nonostante la mia circospezione avrebbe dovuto percepire la mia presenza, ma era talmente persa nei suoi ragionamenti e convinta di essere al sicuro che non si accorse di me fintanto che non le parlai. “Cosa vuoi da me?”
Un sospiro a metà tra strada tra un’esclamazione e un singhiozzo le uscì dalle labbra. Sorpresa, terrore e vergogna le riempirono la mente in flusso di pensieri ingarbugliati. La sentii mettersi in piedi e con una certa diffidenza compiere i pochi passi che le servivano per essermi di fronte. 
Era una giovane ed esile vampira dai lunghi capelli rossi e gli occhi ambrati. L’avevo vista girovagare nei dintorni della palazzina a cui Alice era stata destinata… più di qualche volta a dire il vero. Da una breve panoramica della sua mente ebbi modo di appurare che a partire dal mio ritorno aveva sviluppato una certa ammirazione nei miei confronti. Nei suoi vaneggiamenti mi descriveva come una sorta di eroe maledetto, potente e affascinante, circondato da una perenne aura di mistero. Si trattava comunque di pensieri piuttosto personali che sul momento – ovviamente – non volle palesare. “Ho sentito dire in giro che cerchi vampiri da arruolare per combattere contro i Volturi” disse tutto d’un fiato. “Sono interessata”
Sorrisi storto e mi avvicinai quel tanto che bastava a metterla in imbarazzo. “Sei qui di tua spontanea volontà o ti ha mandato qualcuno?”
Era una domanda retorica – la risposta era già scandita a chiare lettere nella sua mente fantasiosa, irrimediabilmente bloccata all’età dell’adolescenza – ma volevo divertirmi un po’ con lei. Se fosse stata ancora umana probabilmente sarebbe arrossita, colta nel vivo del proprio orgoglio ferito. Ad ogni modo non indietreggiò, né abbassò lo sguardo. Continuò a guardarmi con i suoi grandi occhi ambrati e un’espressione profondamente risoluta. “Voglio unirmi alla tua causa”
“Cosa ne sai tu della mia causa?”
“Tutti lo sanno” spiegò con voce animata da ingenua ammirazione. “Vuoi vendicare la morte dell’umana che amavi”
Mi feci ancora avanti, inducendola ad indietreggiare fino a che non sbatté la schiena col tronco di un grosso abete poco distante. Le posai una mano a fianco del viso, facendola rabbrividire. Aveva un po’ di paura adesso, ma non abbastanza da indurla a scappare. “E una volta che mi avrai aiutato in questa mia impresa, rendendoti indispensabile ai miei scopi, che cosa dovrebbe succedere? Cadrò in ginocchio ai tuoi piedi e ti pregherò di essere mia?”
Le sussurrai quella domanda – eco dei suoi vivaci pensieri – con una voce calda e insinuante. La sua espressione fu smarrita, ma solo per un momento. “Ti prego di non leggermi la mente” chiese e un velo di collera le indurì i lineamenti acerbi, donandole l’espressione di una graziosa bambina indispettita. “Sei sgradevole, comunque. Lo avevano detto al campo”
Mi lasciai andare ad una risata e mi ritrassi di qualche passo, liberandola dall’imposizione della mia vicinanza. Il tempo dei giochi era finito. “Cos’altro si dice al campo?” le domandai, mettendola alla prova. Avevo bisogno di qualche informazione sugli equilibri all’interno del campo e lei, forse, era in grado di darmela.
“Hanno paura di te e temono che la tua presenza possa destare l’attenzione dei Volturi. Il dottor Cullen cerca di rassicurarli, ma sono sempre più numerosi quelli che pensano sia necessario prendere provvedimenti prima che sia troppo tardi. Fossi in te non me ne andrei troppo in giro da solo per il campo”
Sorrisi storto. I suoi pensieri mi svelarono che credeva davvero di essere preoccupata per me. “Sta tranquilla, ragazzina. Nessuno di loro può farmi niente”
“Ad ogni modo ti ho avvertito. Potrebbero attaccarti”
“Chi li guida?”
“Un nomade di nome Garrett. È uno che parla molto, simpatico e sempre gentile. È molto attivo nella Comunità” 
Mi soffermai un secondo a riflettere. La giovane vampira dal volto piccolo dai tratti graziosi incorniciato da lunghi capelli color ruggine mi guardava con una certa aspettativa. Aveva l’aspetto di una ragazzina di circa quindici anni, gracile e un po’ anonimo. Non aveva particolari talenti, ma poteva comunque rendersi utile in qualche modo. “Qual è il tuo nome ragazzina?”
“Bree”
“Va bene Bree, ho un compito da affidarti”
 
***
 
Volterra, 1 settembre 2016
Bella
 
“Grazie di avermi raggiunto con così poco preavviso” esordì Marcus, alzandosi in piedi e dando sfoggio di vecchia e desueta cavalleria. “Accomodati, ti prego”
La terrazza dell’Osteria del Borgo, una vecchia enoteca a pochi passi dal palazzo comunale, era deserta in quel tardo pomeriggio di inizio settembre. Una pioggia fine e costante scendeva da quella mattina sulle campagne circostanti, incupendo i colori vivaci dell’estate e saturando l’aria di asfissiante umidità. I pochi turisti rimasti in paese se ne stavano ben chiusi nelle loro pensioni al riparo dalle intemperie od erano fuggiti altrove alla ricerca di un meteo più clemente per le loro escursioni. Solo qualche coppia di avventurieri, armata di k-way e di ombrello, girovagava ancora per il centro, godendo dell’ultima ora di luce prima che il tono grigio di quella giornata sfumasse verso la densa oscurità della notte. Nessuno di loro aveva comunque pensato di trovare riparo nell’Osteria appena aperta e, anche se lo avessero fatto, non avrebbero certo scelto di essere sistemati nella veranda esterna, coperta da un vecchio tendone ed esposta al vento. La vista sulla campagna antistante era mozzafiato, ma non valeva il disagio di cenare fuori in una giornata piovosa. 
Quella conversazione sarebbe rimasta privata… per quanto possibile a Volterra, almeno.
Mi sedetti davanti a Marcus, al di là del tavolo, e lo guardai vagamente incuriosita. Indossava un completo nero elegante con cravatta in tinta e aveva raccolto i capelli con un laccio di cuoio. Per salvare le apparenze aveva ordinato un bicchiere di vino rosso e dei salatini che giacevano dimenticati sulla tovaglia umida per la pioggia. Sedeva in una posa composta, con la sedia e lo sguardo rivolto verso l’orizzonte. 
“Non sono mai stata qui prima d’ora”
Lui fece un sorriso tirato, enigmatico, capace di esprimere un tale senso di malinconia da indurmi a credere che non fosse realmente rivolto a me. “Questo è l’unico posto al mondo in cui credo di essere stato davvero felice” spiegò con un tono assente. “Un tempo era una casa privata”
Non ebbe bisogno di aggiungere altro. La storia di Marcus e Dydime era indimenticata alla Corte di Volterra, un monito della crudeltà di Aro che non aveva mancato di sacrificare nemmeno l’amata sorella all’alto fine di consolidare la sua supremazia. 
Percependo l’inquietudine delle mie emozioni, Marcus sembrò ridestarsi da un sogno e riportò improvvisamente l’attenzione su di me. “Mi dispiace, non volevo sconvolgerti”
“Non lo hai fatto” gli assicurai con un sorriso. 
Annuì, desistendo da indagare ancora sui miei sentimenti. “Sei al corrente del motivo per cui ho voluto vederti?”
 “Vuoi parlarmi di Edward Cullen” tirai ad indovinare e questa volta fu il mio turno di volgere lo sguardo all’orizzonte.
La pioggia scendeva ancora regolare sul panorama al di là del terrazzo, diffondendo nell’aria un brusio ovattato e vagamente ipnotico: grosse gocce scivolavano dal tendone di copertura per infrangersi sulle pietre lise del selciato intanto che folate di vento umido si riversavano sul parapetto minacciando di raggiungerci. Tentai di concentrare tutta la mia attenzione sull’ondeggiare di una fila di cipressi in lontananza e di reprimere quel brivido traditore che mi scuoteva ogni volta in cui mi trovavo a pensare o dire quel nome. Valutai se fosse opportuno usare il mio scudo così da porre un velo sulle mie emozioni e impedire al vampiro seduto davanti a me di avvertirle, ma ritenni che fosse troppo tardi e comunque che non sarebbe servito a molto. Non ero abbastanza potente per raggirare il suo dono…non prima di almeno un paio di centinaia di anni.
“Non puoi combatterlo” disse Marcus dopo un po’ con un tono che mi parve comprensivo.
“Che cosa?”
“Ciò che senti per lui”
Un amaro sorriso mi piegò le labbra. “Oh, capisco. Demetri ha chiesto l’aiuto della cavalleria. Intendi anche tu suggerirmi, una volta che mi sarò infine ricongiunta col mio unico amore, di scappare con lui così lontano da far perdere le mie tracce e non guardarmi mai indietro?” chiesi, sentendo riaffiorare quel fiotto di irritazione che immancabilmente mi bruciava la gola ogni qual volta veniva toccato l’argomento. Trattenni a stento l’impulso di sbattere i pugni sul tavolo. Tutti avevano la presunzione di dirmi cosa avrei dovuto fare, cosa avrei dovuto provare in relazione a quella faccenda, senza curarsi minimamente di quali fossero i miei sentimenti e desideri. Mi trattavano come una bambina a cui si è in procinto di giustificare una brutta azione… come se fossero tutti certi che nel momento in cui avrei rivisto Edward Cullen la mia autonomia di pensiero si sarebbe assopita, destinata a non risvegliarsi più. 
L’espressione di Marcus si fece profondamente grave, anche più del solito. “È questo che Demetri ti ha detto?”
“In estrema sintesi, sì”
“Quell’uomo ti ama davvero”
“Chissà perché mi viene da pensare il contrario”. Pronunciai quella risposta con risentimento e ben poco rispetto per il mio compagno che certamente, tra tutti, si trovava nella posizione più difficile. Che cosa avrei fatto io al suo posto? Gli avrei dato la mia benedizione con tanti saluti ai miei sentimenti e dandomi cura di non mostrarmi mai meno che amorevole di fronte alla prospettiva che non sarebbe mai più tornato? No, non ci sarei riuscita. Avrei combattuto – forse lo avrei anche pregato – affinché restasse con me. Forse era per quello che non riuscivo a perdonargli… il fatto che per lui fosse così semplice lasciarmi andare. “Cinque anni insieme ed è tutto quello che ha saputo dirmi, con tanti cari saluti di buon viaggio”
Marcus aveva certamente aveva avuto una panoramica piuttosto dettagliata delle mie emozioni, ma non lo diede a vedere. “Bella, tu non capisci”
“Che mi considerate come una stupida adolescente che appena incrocerà lo sguardo di Edward Cullen tradirà l’unica persona che si è presa cura di lei nei momenti più difficili della sua vita? Lo capisco perfettamente, mi pare” 
“Non è questo il punto” 
“E allora qual è?”
Marcus non aveva dismesso neanche per un momento la sua espressione pacata, come se il mio turbamento fosse niente di più che una piccola increspatura nella superficie di un lago le cui acque sono naturalmente destinate a tornare immote. “Tu, da umana, eri la sua cantante ed è stato il suo veleno a trasformarti”
“E con questo?”
Mi riservò uno sguardo magnanimo che per un momento mi parve colmo di sincera compassione. “Sei sua, semplicemente”
Mi ritrassi istintivamente e indurii lo sguardo, incapace di comprendere davvero di cosa stesse parlando. Lui lo capì e, cercando forse di darmi conforto, mi diede un momento per riprendermi prima di ricominciare a parlare. “Non voglio spaventarti, mia cara, ma devi sapere la verità. Fu Dydime a trasformarmi e riuscì a farlo, forse per la prima volta nella storia del mondo, nonostante io, da umano, fossi il suo cantante”
 
***
 
La pioggia aveva aumentato di intensità e stava cominciando a fluire tra le scanalature della vecchia pietra della terrazza. Il cameriere era uscito per chiederci se non preferissimo essere spostati all’interno piuttosto che restare prede del temporale. Marcus aveva risposto con un sorriso affabile, raccontando di essere un artista a tempo perso e di essere incantato dalla bellezza della campagna bagnata dalla tempesta. L’uomo sulla sessantina lo aveva considerato forse un po’ eccentrico ma aveva assentito e non era tornato lasciandoci nuovamente indisturbati.
“Non so dirti se si trattasse di qualcosa di biologico o di trascendentale, ma non desideravo altro che lei” stava raccontando Marcus col suo sguardo indecifrabile e rivolto al passato. “Era come se fossimo due parti di un unico insieme… era qualcosa di assolutamente irripetibile
“Vorresti lasciarmi intendere che non avevi altra scelta se non quella di amarla?” chiesi con sdegno, scoprendomi incapace di mostrare comprensione per un vampiro che stava rievocando a mio beneficio i dolorosi ricordi di un amore passato e perduto nei secoli. “È abbominevole”
Lui sospirò stancamente. “No, Bella, ti sto dicendo che per me amarla era naturale come respirare. Era così giusto che il solo pensare di non farlo sarebbe stata un’assurdità”
“Per voi, forse, era diverso” obiettai, cercando di mostrarmi ragionevole ma non riuscendo a dissipare dalla mia voce una certa nota adirata. “Forse eravate davvero innamorati, a prescindere dal fatto che tu fossi il suo cantante e che lei ti avesse trasformato”
“Forse” ammise. “Ma ho motivo di credere il contrario”
“Perché?”
“Il suo sangue era l’unica cosa a questo mondo che riuscisse davvero a saziarmi”
Impiegai qualche secondo prima di capire cosa potesse significare quello che stava dicendo. “Ti nutrivi di lei?” chiesi e un profondo senso di inquietudine mi avviluppò, insidioso, lasciandomi preda di una sensazione angosciante.
“A volte” confessò. “Mi rendeva estremamente forte e in pace con me stesso”
“Perché pensi che sia lo stesso per me?”
“I tuoi mancamenti, Bella. Sei incredibilmente debole e credo che dipenda dal fatto che non esiste sangue diverso da quello di Edward Cullen che possa saziarti”
“Potrebbe essere la mia memoria. Potrei stare iniziando a ricordare” suggerii. “Ho l’impressione che si presentino solo quando la mia mente cerca di afferrare un ricordo”
“Potrebbe essere così, ma potrebbe anche dipendere da altro. Che cosa hai provato quando lo hai visto?”
Malinconia. Rimorso. Pena. Struggimento... tutte emozioni che non potevano appartenermi ma che più probabilmente appartenevano a Lui. Come avevo fatto a percepirle? 
“Non lo so” mentii. 
“È comprensibile che tu non sia pronta per ammetterlo” convenne Marcus in tono improvvisamente basso e e dolce. “Vorrei che tu capissi una cosa: non so che cosa ti abbiano raccontato di Edward Cullen, ma ti assicuro che non ho mai visto un essere così disperatamente innamorato di un umano. Ha fatto tutto quello che era in suo potere per riportarti a casa. Non ti ha abbandonato qui e non si è semplicemente dimenticato di te. Per quel poco che sappiamo ha passato l’ultimo decennio in giro per il mondo tentando di diventare abbastanza forte per abbattere il più potente esercito di vampiri che sia mai esistito e vendicare il tuo nome. È probabilmente l’uomo che io stesso avrei dovuto essere” confessò e una folata di vento si portò via un sorriso stanco e sconfitto. “Quando persi la donna che amavo ne fui completamente annientato e non ebbi la forza di fare nulla. Lo invidio terribilmente e vi invidio perché avete ancora l’occasione di vivere quella pace dell’animo che non proverò mai più” 
“Marcus, io amo un altro”
“Lo so, Bella. E Demetri è il migliore tra gli uomini e meno di chiunque altro meriterebbe di essere ferito, ma la vita non è giusta e lui lo ha scoperto molto tempo fa”
Si riferiva a quando aveva perso la sua giovane moglie nella Francia del XVIII secolo. Una ragazza carina, apparentemente amabile, di cui conservava una piccola miniatura in un vecchio orologio da taschino che era l’unico oggetto a cui tenesse davvero. L’altro ieri glielo avevo rivisto in mano dopo tanto tempo. Mi aveva chiesto di suonare qualcosa al piano ed era andato a sedersi sul portico. Un’ora dopo lo avevo raggiunto. Era seduto sull’ultimo scalino e guardava l’orizzonte, in silenzio, rigirandosi tra le mani l’orologio con fare assorto. Per un momento avevo avuto l’impressione che fosse tanto perso nei propri pensieri da non essersi nemmeno accorto che avevo smesso di suonare e che lo avevo raggiunto. “Lui sa tutto questo?” chiesi e mi resi conto, udendo la mia voce, che il rancore era sfumato in inquietudine.
Marcus annuì. “Lo sa da tempo. Gli ho raccontato tutto anni fa, quando iniziai a notare che vi stavate avvicinando. Le mie parole, come puoi ben immaginare, non bastarono a dissuaderlo da innamorarsi di te”
Tutto all’improvviso mi sentii infinitamente triste. “C’è altro che dovrei sapere?”
Marcus annuii con fare grave. “Prima di partire Aro intende impartirti l’ordine formale di lasciarti catturare durante la spedizione in Nord America. Il tuo compito sarà quello di sfruttare il tuo legame con Edward Cullen per indurlo ad unirsi alla Guardia. Qualora tu non ci riesca sarà tuo compito ucciderlo. È inutile che ti ricordi, a questo punto, che disobbedire ad un ordine comporterebbe per te gravi e irreparabili conseguenze”
“Mi stai dicendo che se non lo convinco ad unirsi alla Guardia o, altrimenti, non lo uccido, sarò processata per tradimento?”
“Esattamente”
“Ma lui non si unirà mai alla Guardia, non dopo quello che gli ha fatto Aro e, se è vero quanto mi hai detto fin ora, io non sarò mai in grado di ucciderlo”
“Anche se decidessi di voler tentare, Edward sarebbe comunque troppo forte per te. Non sei in grado di fargli alcun male, a meno che, ovviamente, lui non te lo consenta”
Un senso di irreparabilità mi si posò addosso come un velo impalpabile fatto di paura e stordimento. Adesso le parole di Demetri, i suoi consigli, la pena dietro il suo sguardo acquisivano il loro vero significato. “Sono condannata”
“Non se fai perdere le tue tracce e non metti mai più piede a Volterra” 
“Mi troverebbero comunque prima o poi. Non si può fuggire per sempre”
“Prima o poi” convenne Marcus. “Ma avresti del tempo”
“E per cosa? Per scappare dalla morte?”
“Per vivere
 
***
 
Noatak National Preserve (Alaska), 2 settembre 2016
Edward
 
Quando tornai al campo dalla caccia era quasi l’alba. Il buio della notte stava lasciando lentamente spazio alle luci del mattino. La zona destinata all’addestramento era stranamente deserta. Nessuno sembrava essere in giro in quella zona normalmente parecchio popolata. 
Sorrisi storto mentre un vociare di pensieri concitati mi preannunciò la presenza di un gruppo composto da una decina di vampiri, pronti a scagliarsi contro di me una volta che avessi raggiunto il centro dell’ampio spiazzo acciottolato. I penosi tentativi di tenere a freno i loro pensieri così da potermi cogliere di sorpresa stavano naufragando miseramente. Una mandria di bisonti impauriti avrebbe probabilmente fatto meno chiasso dei loro elementari ragionamenti. Avrei potuto cambiare distrattamente strada, allungare un po’ il percorso passando dal viottolo che conduceva sul retro della palazzina cadente usata come dormitorio e così evitare inutili perdite di tempo… ma avrebbe significato perdersi tutto il divertimento. Avanzai allora, dritto e apparentemente inconsapevole, verso il punto in cui mi volevano. Era una follia pensare di attaccarmi in quel momento, appena tornato dalla caccia e con le vene ancora colme di caldo sangue umano. Ma chi ero io per impedirglielo? Avrebbe reso tutto ancora più interessante
Quando arrivai nel punto designato un gruppo variamente composto mi circondò. C’erano un paio di donne, qualche ragazzo e soprattutto uomini. Mi soffermai appena un secondo a registrare che Garrett non era presente. Dai pensieri di un vampiro alle mie spalle registrai che aveva approvato l’aggressione, ma aveva preferito non presentarsi – o meglio, non compromettersi.  
Per il resto nessuno di loro era dotato di talenti. Il tutto si sarebbe quindi risolto molto velocemente. 
“Fatevi da parte” intimai. 
“Chi ti credi di essere?” domandò un ragazzo, facendo la voce grossa. 
“Credi di poter arrivare qui e darci ordini? Non riconosciamo la tua autorità” aggiunse un altro.
“Sei una calamita per Volturi. Dovresti tornartene da dove sei venuto. A noi non importa nulla della tua stupida umana morta” concluse un terzo. 
Decisi chissà perché che avrei iniziato proprio da quest’ultimo. “Come volete” Ad una velocità che nessuno di loro era in grado di registrare mi portai alle spalle del vampiro e lo colsi alle spalle, rompendogli il collo con un gesto pratico e lasciandolo scivolare a terra. Si sarebbe ripreso tra un paio d’ore. 
I due vampiri al suo fianco si scagliarono allora verso di me. Mi abbassai, distendendo la gamba e falciando le loro. Caddero rovinosamente a terra intanto che un altro paio si facevano avanti. Intrapresi un corpo a corpo con uno di loro, scagliando l’altro lontano con un calcio ben assestato. Dopo aver parato un paio di ganci ed un montante le ossa del mio aggressore sembravano ridotte in poltiglia. Non era in grado di resistere ai miei colpi, non con la sua dieta, non senza addestramento. Feci un balzo indietro e anticipai le mosse di altre tre vampiri che scoraggiati dalla cattiva sorte dei loro predecessori avevano deciso di abbandonare ogni remora e attaccarmi in gruppo. Si erano scagliati verso di me e stavano per raggiungermi quando chiusi gli occhi e cercai il minimo di concentrazione che mi serviva per la mia magia. Dalla mia persona si irradiò un’onda d’urto che gli scaravento lontano un paio di metri. Mi voltai per affrontare i tre vampiri che restavano, ma non ne ebbi modo. Tra di noi si frappose improvvisamente la figura vigorosa di un vampiro dall’altezza eccezionale e le ampie spalle. Appresi che era stato attirato dal trambusto ed era accorso, sperando di evitare incidenti. Ad ogni modo aveva avuto l’incarico di trovarmi. “Qui abbiamo finito” comunicò ai miei nuovi amici – quello coscienti, almeno – con una voce tonante che non lasciava spazio a obiezioni. “Portate via i vostri alla svelta e non saranno presi provvedimenti” concluse. Poi si voltò verso di me. “Quanto a te” mi disse. “Se hai finito di dare spettacolo, Jasper vuole vederti”.
Allentai la tensione e voltai le spalle a Emmett, il cui sguardo e i cui pensieri mi seguirono fintanto che non raggiunsi la palazzina. Anche lui adesso aveva paura di me.
 
***
 
Raggiunsi velocemente la stanza di Alice e lì trovai Jasper, seduto dove lo avevo lasciato al suo capezzale. L’ostilità sembrava avere momentaneamente abbandonato il suo volto, lasciando spazio soltanto a… speranza. “Lo sento, Edward. Lei è qui, da qualche parte”
Le loro mani erano unite sul copriletto, come un tempo, prima del dubbio sui sentimenti di lei e la collera di lui. Gli costava chiedermi aiuto, ma la gioia di poterla ritrovare era qualcosa che andava in Jasper al di là dell’orgoglio ferito.  Nessuno, del resto, avrebbe potuto comunicare con lei, se non io. Anche lui in fondo lo sapeva. Per un momento avvertii il desiderio che ci lasciasse – non avrei saputo spiegarne il perché – ma mi astenni dal chiederglielo. 
“Che cosa è successo là fuori?”
“Niente di importante”
“Sei ferito?”
Negai e mi avvicinai al letto, silente, cercando di scacciarmi dagli occhi il ricordo dello sguardo cieco di Diana e della malinconia che l’aveva accompagnata per tutta l’esistenza. Jasper non poteva saperlo, ma era quello il destino che attendeva Alice… un destino che non le spettava e che mi ero coscientemente scelto. La vendetta o l’oblio. Non ero nemmeno sicuro che mi importasse quale delle due alternative si sarebbe concretamente realizzata. Poco importava, conducevano ambedue alla pace. 
Mi attardai un momento a guardarla, ignorando Jasper e le sue aspettative. Il viso piccolo e raffinato contornato da capelli castani che ormai le arrivavano fino alle spalle, il collo e le spalle sottili, il corpo magro coperto da un lenzuolo candido. Non sarebbe dovuta andare così. Lei non avrebbe dovuto sacrificarsi, non a quel prezzo. Era la sua espiazione e se si era spinta a tanto era solo colpa mia. Avrei dovuto sapere che avrebbe fatto qualunque cosa per salvarmi. Non era la prima volta che lo faceva. A qualunque costo. 
“Riesci a sentire i suoi pensieri?”
La voce di Jasper mi provocò un vago senso di fastidio. Quel momento non lo riguardava, era qualcosa che apparteneva soltanto a noi due. Lui non sapeva e non capiva, non ancora almeno. “Potrebbe volerci del tempo” mentii, sperando che se ne andasse. 
“Ho tutto il tempo del mondo” disse, invece, prendendo a carezzarle la fronte.
Non è te che aspetta, avrei voluto dirgli, ma improvvisamente mi resi conto di quanto fosse crudele e tacqui. Per il resto, non esitai oltre. Mi sedetti sul ciglio del letto e presi la mano di Alice, con delicatezza, preparandomi ad usare il mio potere. Mi ero appena nutrito e sentivo che le mie capacità erano al massimo. Mi concentrai e impartii alla sua mente l’ordine di bipartirsi in due emisferi separati, l’uno che racchiudesse il suo dono e l’altro la sua sola persona. 
Lei rimase immobile e i suoi pensieri silenziosi.
Mi concentrai ancora più intensamente, sentendo pian piano le forze defluire. Il disordine della sua mente si riversò nella mia, destabilizzandomi sempre più e dandomi l’impressione di stare smarrendo la via per la ragione. 
Andiamo, Alice. 
Torna da me. 
Attesi, paziente, per secondi, minuti, ore, perso nei meandri di un tempo senza fine. 
Soltanto quando fui di nuovo allo stremo, un attimo prima di perdere i sensi, percepii un flebile pensiero emergere dal suo subconscio. “Siete in pericolo. Loro stanno per arrivare
   
 
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