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Autore: Soraya Ghilen    12/05/2017    1 recensioni
“Sei tornato” disse una voce che Derek conosceva fin troppo bene. Si girò piano, quasi con la paura che una una sua mossa azzardata avrebbe spinto l’altro a fuggire come una gazzella spaurita. E lo vide, dopo cinque anni posò di nuovo i suoi occhi su di lui.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stiles Stilinski aveva poche certezze, nella sua giovane vita: 

Beacon Hills era un posto in cui la cosa davvero bizzarra era vivere la normalità per più di tre giorni di fila;

Theo Reaken era un gran bastardo e meritava di restare nell’inferno in cui sua sorella l’aveva trascinato;

Scott aveva una sfiga assurda con le ragazze;

il Noghitsune gli aveva tolto quel minimo di sanità mentale che era sopravvissuto alla morte di sua madre:

suo padre;
Derek Hale non sarebbe mai tornato a Beacon Hills. 

Non c’era da stupirsi se, dunque, quel venerdì pomeriggio il licantropo fosse l’ultimo essere sovrannaturale che si aspettava di trovare sul suo cammino. Derek. Non lo vedeva da cinque anni. Non incrociava il suo sguardo verde bosco da tanto, troppo tempo e mai, mai avrebbe creduto che rifarlo gli avrebbe fatto così male, come una coltellata. Cosa avevano visto quegli occhi mentre era lontano? Chi aveva avuto il privilegio di essergli accanto durante le lunghe notti di luna piena? Quali pericoli aveva affrontato? Quale branco, adesso, era diventato il suo? O, forse, il suo branco erano ancora lui, Scott e Isaac, benché lontano?
“Sei tornato” disse, nuovamente, non muovendosi dall’uscio della porta scorrevole. Non sapeva cos’altro dire. Derek era lì, era davvero lì, e non diceva assolutamente nulla. Se ne stava fermo, a osservare il suo volto come se lo vedesse per la prima volta in quel momento.
“Si” rispose il lupo, con voce debole “sono tornato”
“Perchè?” chiese l’umano, a bruciapelo, sperando di coglierlo così di sorpresa da costringere l’altro a dire la verità.
“Mi mancava questo posto” disse il moro, con semplicità. Stiles non seppe dire se stesse mentendo o meno. Voleva credergli, questa era l’unica cosa certa, il che faceva di lui un povero umano disperato, pronto a credere a tutto.
“E, dunque, hai pensato di onorarci con la tua presenza” disse, allora, incrociando le braccia al petto, regalando all’uomo davanti a lui uno sguardo carico di accusa. Lo stupore completamente scomparso dai suoi occhi nocciola “Dopo cinque anni hai deciso di venire a controllare se siamo ancora tutti vivi. Ben fatto, Derek, mi complimento per l’operato” si interruppe per inumidirsi le labbra “Scommetto che, quando ripartirai, ti sentirai con la coscienza pulita per i prossimi cinque anni, se non di più” era un fiume in piena e Derek se lo aspettava “Quindi te lo richiedo: perché sei tornato?”
“Te l’ho detto” disse il lupo, ritornando ad occuparsi del suo letto “mi mancava questo posto” disse, cercando di non badare a quanto fosse fastidioso il mutamento dell’odore dell’umano. Era sbagliato, su di lui. Ricordava che, ovunque il ragazzo andasse, lo seguiva un aroma di autunno, miele e legno, con una nota acidula di arancia, tipica dell’adolescenza. Non si stupiva di non avvertire più quell’ultima; quello che aveva di fronte non era un liceale, un teenager, ma un uomo, fatto e finito. Non aveva nemmeno più il tic alla gamba. Se ne stava fermo e composto sulla porta di casa, senza muovere un muscolo, perfettamente padrone di se “Cosa ti è capitato, Stiles?” non poté evitarsi di chiedere spiegazioni anche se era sicuro non sarebbero mai giunte.
“Intendi dopo che uno spirito malvagio mi ha posseduto e tu te la sei data a gambe levate? Dopo che la ragazza del mio migliore amico è morta a causa mia?” silenzio, forse per riprendere controllo “Sono successe troppe cose per poterle riassumere, Derek, quindi fai la vera domanda e leviamoci ogni pensiero. Non sei uno che bada ai convenevoli, tu”
“Cos’ha il tuo odore?” se era la domanda secca che voleva l’avrebbe avuta.
“Non è un argomento da venerdì pomeriggio, credimi”
“Sei tu che hai voluto che facessi una domanda precisa” precisò, allora, Derek.
“Forse avrei fatto meglio a parlare del tempo o dei programmi per il Natale” cercò di ironizzare l’umano.
“Forse” acconsentì il lupo.
“Ho ucciso un uomo” disse, dopo un lungo, assordante silenzio il più giovane, che non si era mosso dalla porta d’ingresso “e, benché fosse legittima difesa, la cosa non mi è affatto dispiaciuta” spiegò il figlio dello sceriffo “Meritava di fare la fine che ha fatto, ha minacciato mio padre e ha provato a uccidermi” continuò “il che giustifica la legittima difesa” parve riflettere tra se. Derek sapeva che quanto appena raccontato dal ragazzo, in parte, era riconducibile al suo cambiamento, ma non poteva essere stato solo quello. Per quanto desiderata, la morte di un solo essere umano non incide sull’anima e sul fisico di nessuno fino a quel punto.
“E cos’altro hai fatto, mentre ero via?”
“A parte l’omicidio, dici?” chiese il giovane, facendo finta di valutare una corretta risposta “direi nulla di che. Mi sono concentrato sulla scuola, sullo sport e sai che sono stato anche con Lydia, per circa un anno e mezzo” disse, con tono di sufficienza, come se l’essere stato con la ragazza dei suoi sogni non avesse alcuna importanza “La normale vita di un killer” concluse, cercando di suonare ironico, con scarsi risultati.
“Stiles” disse Derek, con tono ammonitore.
“Cosa?”
“Tu sei stressante, logorroico, tendente ad atti suicidi o, almeno, masochisti e hai dei tic talmente violenti da stizzire chiunque hai attorno o, almeno, li avevi”  ironizzò il lupo mannaro, invitandolo con una mano a fare un passo avanti per incrociare, poi, le braccia all’altezza del petto, sgualcendo leggermente il tessuto nero della maglia a mezze maniche “sei tante cose, ma non sei un assassino” il ragazzo sorrise, amareggiato, posando le proprie mani sui fianchi magri, fasciati dal tessuto leggero della felpa primaverile che indossava “e, hai ragione, io sono stato lontano un considerevole lasso di tempo, ma ci sono cose che non cambiano e tu, Stiles, sei una di queste”
“Tu non sai di cosa parli” sospirò l’umano, passandosi due dita sugli occhi, in un evidente segno di nervosismo “Io lo volevo morto” continuò “desideravo la sua morte più di ogni altra cosa”
“Io ho provato lo stesso per Peter molte volte eppure se ne va ancora in giro” riuscì a strappare all’altro una debole risata che, però, morì subito “C’è differenza tra il volere la morte di qualcuno e commettere un omicidio, non credi?” il ragazzo parve colpito da quelle parole e, poi, gli spiegò anche il perché “ Mio padre ha detto la stessa, identica cosa”
“Tu non sei un assassino, Stiles, e il tuo odore è cambiato perché ti sei convinto del contrario, probabilmente”
“Non è questo il motivo” rispose Stiles, grave, posando sul divano la borsa che si era portato dietro. Derek non poté fare a meno di sbirciarne il contenuto: prodotti per fare le pulizie. Era lui che, per cinque anni, era andato a pulire casa sua. Stiles. Alzò i suoi occhi verso il volto pallido del ragazzo. Dentro solo un mare di perplessità “Non potevo lasciare questo posto a se stesso, non era giusto” spiegò, con fare evasivo.
“Dimmi il motivo” Derek fiutò qualcosa di nuovo nell’aria del loft. Nervosismo. Preludio di una fuga. Stiles era sempre stato bravo a tirarsi fuori da situazioni scomode e lo avrebbe fatto anche quella volta.
“Non oggi” rispose, infatti “Ti ho detto gia troppo per un solo giorno di presenza dopo cinque anni passati altrove” si rimboccò le maniche viola della felpa, per poi sferrargli un giocoso pugno sulla spalla destra e Derek non poté evitarsi di sbuffare una leggera risata “Ci vediamo presto Sourwolf”
“Immagino di si , ragazzino” gli rispose, mentre lo guardava camminare verso la porta sulla quale aveva sostato per quasi venti minuti. Poi notò che aveva lasciato il borsone nero sul divano “Dimentichi i tuoi detersivi, ragazzino” gli disse.
“Tienili tu” gli rispose, senza fermarsi, quasi arrivato alle scale “Credo serviranno più a te, in questi giorni” e se ne andò, così come era arrivato, come non aveva mai fatto. Se ne era andato, pensò Derek, lasciandosi dietro un’aura di mistero che non gli era mai appartenuta, se non una sola volta. Derek si augurò di aver collegato male le poche cose che era riuscito a carpire al ragazzo. Se lo augurò con tutto il cuore. 

 

 

Note dell’autrice: eccoci qui con un nuovo capitolo, pubblicato troppo presto per essere decente, ma ho deciso di sfruttare l’ispirazione, finché c’è. Bene, allora, Stiles è parecchio cambiato in cinque anni e la cosa lascia Derek perplesso e, forse, anche un pochino preoccupato, ma cercherà di non dare peso alla cosa, ve lo preannuncio. Spero di non aver stravolto troppo i personaggi, se così fosse chiedo umilmente perdono.
Aspetto i vostri pareri, come sempre. Ringrazio tutti quelli che hanno letto il capitolo precedente che hanno messo la storia tra le seguite e le preferite e, in anticipo, anche quelli che leggeranno il seguente, prodotto di troppo stress e stanchezza.
Vi aspetto il prossimo capitolo.
Spero che questo vi piaccia.

A presto.
Soraya!

  
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