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Autore: laylabinx    16/05/2017    3 recensioni
"Hai detto che stava bene, perché invece non mi hai detto che è stato trasformato in un moccioso?"
In cui Steve viene trasformato nel più adorabile bambino di tre anni e Bucky è totalmente, esilarantemente come un pesce fuor d'acqua.
[ Pre Age of Ultron ]
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Steve Rogers
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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cap 1 trigger

NdA

Ciao a tutti! Alcuni lettori mi hanno chiesto come funziona di preciso l'incantesimo sulla mente di Steve e cosa si ricorda. Secondo la mia idea riesce a riconoscere tutti, però è come se i suoi ricordi fossero stati ringiovaniti insieme a lui; di sicuro ricorda qualcosa ma non riesce comunque a parlarne perché le sue competenze logico/linguistiche sono quelle di un bambino di tre anni. Un po' disorientante ma non troppo, spero!

Laylabinx

 

 

Capitolo 2: Di colori a dita e orsacchiotti



«Oddio, sembra il bambino Gerber1...»

James sospira, trattenendo in gola un ringhio frustrato. Ultimamente gli capita spesso. «Riesci a prendere questa cosa sul serio, non so, tipo per cinque secondi?»

«Amico, Capitan America è stato trasformato in uno dei Cabbage Patch Kids. Non credo di riuscire a essere più serio di così,» risponde l'altro, senza smettere di fissare il piccolo che tiene la mano dell'ex assassino in una stretta di ferro. Steve lo guarda con occhi spalancati, schiacciandosi ancora di più contro la gamba di James. Sembra quasi riconoscere l'uomo che gli sta di fronte ma allo stesso tempo lo vede come un estraneo, qualcuno che non gli è familiare come la persona alla quale si sta aggrappando; dato che per lui James è la cosa migliore al mondo, non lo lascerà andare tanto in fretta.

«Ma è capace di usare il vasino?» chiede ancora l'altro e James inizia a rimpiangere di aver preso quella decisione.

«No, davvero...?!» mormora a bassa voce. Prima di lasciare l'helicarrier Fury gli ha detto di fare comunque tappa alla Stark Tower per recuperare un paio di cose utili a gestire la situazione. A quanto pare la fidanzata/assistente personale/per-fortuna-c'è-lei di Stark ha un nipotino della stessa età di Steve ed è riuscita a farsi prestare dei vestiti della misura del Capitano versione mignon. Non solo, si è offerta di badare a lui per un'ora o più mentre James renderà l'appartamento di Steve a prova di bambino (e per la miseria, è un compito che si sarebbe risparmiato volentieri). Il fatto che non abbia battuto ciglio è indicativo di quanto sia abituata ad avere a che fare con stranezze peggiori quasi tutti i giorni.

James non può che esserle grato. Nonostante lo S.H.I.E.L.D. addestri i propri agenti alla perfezione, il programma risulta piuttosto carente nelle tecniche di gestione e contenimento di qualcuno trasformato nella versione infantile di se stesso. L'unica cosa che gli hanno dato per coprire il piccolo Steve è la t-shirt più piccola che avevano a portata di mano - che pur essendo extra small è comunque tre volte troppo larga per lui e gli cade addosso come un vestito a strascico. Ancora adesso è scalzo e non sembra esserci nulla in grado di adattarsi al suo corpicino rimpicciolito. Pepper Potts invece ha offerto una soluzione accettabile e James ha accettato senza pensarci.

Quello che non aveva preso in considerazione era la possibilità di incontrare un altro membro degli Avengers. Stark è già partito come Fury gli aveva detto, in cerca del responsabile dell'incantesimo insieme a qualcuno di nome Thor. Natasha si è unita a loro per negoziare, perché quando si tratta di persuasione nessuno sembra essere bravo quanto lei.

Con loro tre in missione, gli unici rimasti a potersi occupare di Steve sono lui, Pepper e un altro paio di persone che non aveva mai incontrato. Alla domanda sul perché fossero stati esclusi dalla missione, l'uomo che si è presentato come Clint ha risposto molto vagamente.

«Stanno cercando Loki, il fratello di Thor. È uno psicopatico, un megalomane e una drama queen di prima categoria.»

«Quindi questa è opera sua?» chiede James, mentre sente i muscoli della mascella contrarsi.

«Sì,» conferma Clint. «Anche se non penso stesse mirando a lui. Doveva trattarsi di qualche elaboratissimo piano per far tornare Thor bambino e reclamare il trono di Asgard. Thor è riuscito a schivarlo ma...» guarda per un attimo il piccolo Steve e non c'è bisogno di aggiungere altro.

«Capito,» dice James sospirando. «Un dio nordico vendicativo agita in aria la sua bacchetta magica e Capitan America viene trasformato in un bambino. Ottimo.» Passa una mano tra i capelli per il nervoso. «Come mai non ti hanno invitato a unirti alla caccia?»

Clint sorride e si stringe nelle spalle. «Il ragazzone verde ed io eravamo in missione a Barcellona, abbiamo saputo cosa fosse successo solo quando siamo tornati. Poi è meglio che io non mi avvicini troppo a Loki, l'ultima volta ha usato su di me la stessa bacchetta magica e me lo sono ritrovato nella testa.»

«Gli altri hanno pensato che unirmi al gruppo per andare a cercarlo potesse rappresentare un "conflitto di interessi",» continua Clint, facendo un uso esagerato delle virgolette con le dita. «In effetti devo ammettere che avevano ragione. Insomma, non potevo assicurare che non avrei cercato di sparargli a vista.»

«E l'altro tizio?» chiede James, perché è quasi certo di aver visto qualcun altro passare quando è entrato.

«Chi, Bruce? Nah, non ha nessun conto in sospeso con Loki, almeno non che io sappia. Rimane sempre scombussolato per qualche ora dopo che è tornato in sé, quindi non me la prenderei per il benvenuto poco caloroso da parte sua; starà meglio fra un po'. Lui è abbastanza neutrale per quanto riguarda Loki, però Hulk...»

«Hulk?»

«Hulk è una specie di Mr.Hyde per Bruce,» spiega Clint a bassa voce, guardandosi alle spalle. «Bruce in genere è l'equivalente di un maestro zen ma quando si arrabbia... beh, Hulk non è proprio noto per la sua natura pacata e docile. Ha spazzato un pavimento usando Loki come scopettone, immagino che nessuno volesse rischiare che succedesse di nuovo.»

James ha il vago ricordo dei filmati della Battaglia di New York che ha studiato quando ancora stava seguendo Steve come obbiettivo; immagini sfocate di una mostruosa creatura verde fra le macerie e i detriti, che urlava in preda alla furia e distruggeva ogni cosa si trovasse vicino. I ricordi non gli ispirano affatto sicurezza, non è sicuro che sia il caso di lasciare Steve alla Torre mentre lui corre a sistemare il suo appartamento.

«È stato un errore venire qui...» borbotta mentre Steve si stringe di più alla sua gamba.

«Invece no,» lo riassicura una voce che sembra arrivare da uno dei corridoi connessi al salotto. Gira lo sguardo e si accorge di Pepper, che sta camminando verso di loro. «Che tu ci creda o meno, Hulk è sorprendentemente bravo con i bambini,» dice lei con un sorriso. «E Clint lavorava in un circo, anche lui è abituato ad avere a che fare con i piccoli.»

«Non con i piccoli come questo,» replica Clint e strizza l'occhio a Steve.

Pepper gli assesta una leggera gomitata alle costole. «Non preoccuparti, lo terremo sotto controllo finché non sarai tornato.»

Steve è ancora aggrappato alla gamba dei suoi pantaloni e James inizia a chiedersi se sia il caso di affidarlo a persone che non conosce per niente. Si tratta dei compagni di squadra di Steve, certo, ma è sempre stato fin troppo protettivo nei confronti dell'amico e sente che ora le circostanze richiedono che lo sia anche di più. Purtroppo non gli rimangono molte altre alternative. L'appartamento di Steve dev'essere sistemato a prova di bambino e per forza deve farlo senza avere un bambino intorno. In più, deve liberarsi di tutte le armi che ha addosso e non può improvvisare nascondendole in un cassetto. Entrambe le operazioni vanno portate a termine mentre Steve si trova da un'altra parte. Si lascia scappare un debole gemito, ben sapendo che non c'è molto da scegliere.

Pepper sembra capire quanto sia difficile per lui allontanarsi e gli sorride di nuovo. «Ci prenderemo cura di lui, stai tranquillo.»

James annuisce, controvoglia, e guarda il piccoletto aggrappato alla sua gamba. «Tornerò fra un'ora. Un'ora e mezza al massimo.»

Pepper annuisce a propria volta e si accovaccia a terra in modo da arrivare all'altezza di Steve. «Ehi, cucciolo,» dice in tono dolce. «Cosa ti va di fare questo pomeriggio?»

Steve la fissa con i suoi grandi occhi azzurri, l'espressione sul suo viso è cauta e un po' indeciso. Sembra riconoscerla, com'era successo per Clint, ma non è del tutto convinto. Guarda James per capire cosa sia meglio fare.

«È tutto a posto,» dice James, anche se in verità è altrettanto esitante. «Di lei puoi fidarti.»

Steve tentenna ancora per un secondo prima di staccarsi dalla gamba di James e muove un passo in avanti. Lascia che Pepper gli prenda la mano nella propria, poi si gira. «Vai via?» chiede a bassa voce.

Per James è come essere preso a pugni nel petto. Steve lo sta fissando con quell'espressione da cucciolo che gli riesce tanto bene e lo fa sentire il peggior rifiuto umano al mondo. Prende fiato e annuisce lentamente. «Sì, Stevie, devo andare via per un po'. Ma tornerò in fretta.»

Steve non risponde subito, ancora indeciso se tornare ad aggrapparsi alla sua gamba o restare insieme a Pepper. «Promesso?» sussurra alla fine, con occhioni imploranti.

James posa la mano destra sulla testa di Steve in una carezza leggera. «Te lo prometto, ragazzino.»

Steve sembra convincersi e non oppone resistenza quando Pepper lo prende in braccio. «Vuoi andare a saltare sul letto dello zio Tony?» chiede abbracciandolo. «Andiamo a saltare sul letto dello zio Tony.»

James li osserva allontanarsi e gli occhi di Steve non lo abbandonano finché non esce dalla stanza. È quasi tentato di raggiungere Pepper ma si impone di restare dov'è, impedendosi di cedere al ricatto dello sguardo strappacuore di Steve.

Clint gli appoggia una mano sulla spalla, rendendosi conto di quanto per lui sia difficile. L'ex assassino quasi lo scaccia via in una reazione automatica ma all'ultimo momento riesce a controllarsi. «Non preoccuparti, Barnes,» dice Clint, qualsiasi traccia di scherno assente nella sua voce. «Lo terremo d'occhio per te.»

James sospira e annuisce in assenso. «Datemi un'ora di tempo.»

«Un'ora?! Cavolo, te ne lascio anche un paio! Voglio fare più foto possibile e metterle in un album per Coulson, si sta praticamente prendendo a calci da solo perché non è qui ad assistere alla scena.»

James solleva gli occhi al cielo. «Qualsiasi documentazione fotografica verrà distrutta,» afferma con compostezza intanto che si incammina verso l'uscita. La risata di Clint risuona fin nel corridoio, attutita soltanto dalla porta che si richiude dietro di lui.

OOOOO

Gli servono cinquantadue minuti per sistemare l'appartamento di Steve. Non è un'operazione complessa, si tratta più che altro di coprire le prese elettriche e assicurarsi che niente di pesante/appuntito/fragile sia a portata di mano. L'appartamento è più largo di quello di prima, questo ha due camere da letto invece che una sola. A quanto pare Steve si è preoccupato di mettergli a disposizione una camera, nel caso James avesse deciso se e quando tornare. L'arredamento è comunque minimale, come nell'appartamento precedente, e le uniche aggiunte sono un letto e una cassettiera in più nella stanza degli ospiti.

Liberarsi delle armi è stato più facile del previsto: lo S.H.I.E.L.D. gli ha messo a disposizione un deposito a pochi isolati dall'appartamento ed è lì che ha riposto tutta l'artiglieria. Sembra strano andarsene in giro disarmato ma sa che è necessario. Non ha intenzione di mettere Steve in pericolo, il che significa niente armi in casa.

Fa un ultimo giro di controllo prima di ritenersi del tutto soddisfatto. Sollevato all'idea che Steve non corra il rischio di farsi inavvertitamente del male con qualche oggetto, lascia il palazzo e prende un taxi per tornare alla Stark Tower.

Il taxi lo lascia nel parcheggio e deve aspettare che uno degli impiegati gli dia il permesso di oltrepassare il primo checkpoint. Le misure di sicurezza sono state implementate di recente ed è alquanto ironico, considerato che lui stesso ne è la causa: la sicurezza è stata raddoppiata dopo che ha cercato di fare irruzione nella Torre, nel tentativo di uccidere Steve. I controlli all'ingresso sono rimasti meticolosi, anche a mesi di distanza e anche adesso che gli hanno addirittura affidato l'incarico di proteggere uno degli Avengers. Strano come le cose possano cambiare.

Quando entra in ascensore fa scorrere nell'apposito scanner la tessera plastificata che gli ha dato Pepper. Una luce verde lampeggia e serve un codice aggiuntivo per ottenere l'autorizzazione, poi una seconda luce si accende per conferma e la cabina inizia a muoversi verso l'alto. È una gran seccatura, ma è comprensibile che vada mantenuto il massimo livello di sicurezza per tutelare tutti coloro che lavorano e vivono all'interno della Torre.

Appena arrivato, James si trova davanti uno scenario apocalittico: pittura ovunque - sul pavimento, sul muro, spiaccicata sulle gambe delle sedie e dei tavoli. Ci sono impronte colorate di mani e di piedi intorno al tavolo da pranzo e fino in soggiorno, che è nel caos più totale. E al centro della stanza c'è Steve.

È seduto nel mezzo di una cerata ed è coperto di colori a dita dalla testa ai piedi. Ha del blu nei capelli, giallo in faccia, viola e verde sulle braccia e un vasto assortimento di tinte differenti sul resto del corpo. È impegnatissimo a dipingere qualcosa sopra un largo foglio di carta posato a terra. Sfortunatamente, nel suo caso "dipingere" si traduce più che altro con "spalmare tempera ovunque".

«Pensavo che dovessimo fare il cavallo marrone,» dice Clint. Per la prima volta James si rende conto che sul pavimento c'è anche lui, coperto di pittura ma un poco più presentabile rispetto a Steve.

«Cane,» lo corregge Steve senza distogliere l'attenzione dalla quantità di tempera che sta distribuendo sul foglio.

«Cane,» ripete Clint. «Pensavo che dovessimo fare il cane marrone.»

«Arancione,» corregge ancora Steve, anche se qualsiasi cosa stia dipingendo non assomiglia per niente a un cane o mucca e nemmeno a una forma che ricordi un animale. Sembra soltanto un miscuglio di colori.

«I cani non sono arancioni,» replica Clint, ma Steve non si lascia convincere.

«Arancione,» insiste mentre solleva una mano tutta dipinta per sottolineare il concetto.

«Sì, arancione, lo so... però i cani non...»

«Arancione!»

«Va bene, come vuoi,» si arrende Clint con un sospiro, senza traccia di reale frustrazione. Sembra aver capito che fare discussione con un bambino di tre anni è insensato.

James è rimasto a fissarli per almeno un minuto buono; non appena Steve si accorge di lui salta in piedi. «Bucky!» esclama prima di prendere la rincorsa e lasciarsi dietro una scia di impronte multicolore.

Questa volta James è più preparato a prenderlo al volo. «Ehi, a quanto pare ti sei divertito un bel po' intanto che non c'ero.» Guarda Clint con un'espressione che mescola stupore e rimprovero. «Ma che diavolo...? Sono stato via solo per un'ora.»

Clint si stringe nelle spalle poi si alza per arrotolare la cerata. «Stavamo pitturando.»

«Sì, lo vedo. Sembra che Picasso gli abbia vomitato addosso.»

L'arciere minimizza, sollevando gli occhi al cielo. «Rilassati, Barnes. È lavabile.» Solo a quel punto si rende conto dello stato in cui è ridotto il soggiorno e fischia tra le labbra. «E per fortuna! Tony mi ammazzerebbe se restassero delle macchie.»

«Pepper non è qui?»

Clint ripulisce le mani sporche di tempera sulle gambe dei jeans. “Conferenza via Skype fuori programma. Dato ma che Tony è impegnato a giocare a Galaxy Quest tocca a lei gestire la baracca. È abituata a farlo comunque, ma...»

«Di bene in meglio,» interrompe James in un borbottio intanto che Steve continua ad aggrapparsi alla sua gamba. «Beh, non posso portarlo a casa conciato così. C'è una vasca da bagno, da qualche parte?»

«Uhm, sì,» risponde Clint dopo averci pensato un istante per ricordare esattamente dove. «La quinta porta sulla sinistra, in fondo,» spiega indicando uno dei corridoi alle spalle di James. «È una Jacuzzi ma dovrebbe andare bene lo stesso.»

James annuisce e posa la mano sulla testa di Steve. «Andiamo, devi lavarti.»

Il bambino protesta a pieni polmoni con un "no!" risoluto e cerca di scappare, ma James lo batte sul tempo e gli passa il braccio di metallo intorno alla vita.

«Mozione respinta,» commenta caricandosi il piccolo in spalla. Steve si dimena e cerca di sfuggirli, eppure continua a ridacchiare felice per tutto il tragitto fino alla stanza da bagno.

Le dimensioni ricordano il primo appartamento che i due dividevano a Brooklyn, solo che i pavimenti sono in marmo lucido, i lavandini sono coordinati e la vasca idromassaggio è grande abbastanza da ospitare quattro persone. James può immaginarsi le storie che avrebbe da raccontare e decide che non è poi così grave rischiare di sporcarla per togliere la pittura di dosso a Steve.

Lo rimette a terra e chiude a chiave la porta; subito Steve si dirige verso la maniglia in un goffo tentativo di evasione, anche se gli mancano diversi centimetri per riuscire a toccarla.

«Spiacente,» dice James con un sorriso. «Devi essere alto almeno un metro per uscire da qui per conto tuo.» Poi fa un cenno in direzione dell'idromassaggio. «Forza! Prima finisco di darti una ripulita e prima andiamo a casa.»

Steve rimane immobile. «Senti, piccoletto, possiamo risolvere il problema con le buone o passare alle maniere pesanti, ma ti assicuro che non ti conviene. Fai il bagno e... non so, ti darò un biscotto.»

Steve pare riflettere sull'offerta e accetta, trascinandosi senza molto entusiasmo fino alla vasca. James si inginocchia e gli ripulisce una guancia da uno sbaffo giallo e viola proprio sotto l'occhio. «Per fortuna Pepper può prestarti qualcosa da mettere,» dice, ipnotizzato dalla maglietta dello S.H.I.E.L.D. imbrattata di tempera. «Fury non era riuscito a trovare altro.»

Sporge un braccio oltre il bordo di ceramica, raggiunge il rubinetto per iniziare a far scorrere l'acqua e portarla a una temperatura accettabile. “Braccia in su.»

Steve obbedisce, dandogli modo di sfilare la t-shirt dalla testa. Rimane nudo e indifeso davanti a lui, i piedini tremanti sulle piastrelle fredde. James si interroga su quanto la situazione dovrebbe sembrargli imbarazzante, però Steve è sporco di pittura e non può lasciarlo in quello stato. Comunque sono cresciuti insieme (stando a quello che ricorda) ed è abbastanza sicuro che almeno una volta sia capitato a entrambi di spogliarsi davanti all'altro. Fine della discussione.

«Ok, eccoci qui,» sussurra intanto che solleva il bambino da terra e lo sistema nella vasca.

I colori vengono via dalla pelle di Steve abbastanza facilmente. La tempera impastata tra i capelli però è resistente e James deve arrendersi all'idea che non basterà solo l'acqua. Allunga una mano alla ricerca della cosa più simile a uno shampoo - è al profumo di menta marocchina o simile, un particolare pretenzioso che fa nascere in lui la voglia di prendere a pugni Stark per principio. Ma alla fine poco importa, gli serve qualcosa per lavare via la pittura.

Se ne versa una piccola quantità sulla mano destra e inizia a distribuirla sui capelli di Steve. «Chiudi gli occhi,» ordina per evitare che la schiuma finisca dove potrebbe dare fastidio. Steve obbedisce subito, strizzando insieme le palpebre. È straordinario come Steve si fidi di lui senza riserve, senza esitazione o senza fare domande. James sospetta che potrebbe dipendere dal fatto di essere tornato bambino e ingenuo, ma in fondo sa che dipende da qualcosa di più profondo.

Steve si è sempre fidato a quel modo, anche quando erano ragazzini. Se lui gli avesse proposto di seguirlo fino in capo al mondo o di saltare in un barile pieno di piranha, quasi sicuramente Steve avrebbe accettato. A James fa male constatare quante volte abbia rischiato di perderlo e, di recente, addirittura per causa sua. Questa volta lo proteggerà a costo della vita, se necessario.

Con l'aiuto dello shampoo i capelli di Steve tornano puliti e l'acqua si tinge di sfumature bluastre, che mischiate al resto dei colori lasciano nella vasca una brodaglia verde-marrone decorata da bollicine iridescenti.

James toglie il tappo e fa uscire Steve prima di avvolgerlo in un asciugamano tanto grande da poter essere considerato un lenzuolo. Con un'occhiata alla maglietta abbandonata sul pavimento realizza che si è dimenticato di portare in bagno dei vestiti ed è costretto a prendere Steve in braccio per riportarlo in soggiorno.

Clint a quel punto è riuscito a tirare a lucido gran parte della stanza, i colori a dita sono nascosti al sicuro e la cerata è scomparsa. Alza lo sguardo quando li vede arrivare e sorride al piccolo Capitano, ancora avvolto in nient'altro che un asciugamano. «Direi che hai trovato il bagno.»

«Sì,» risponde James mentre pesca un cambio dalla pila di indumenti che Pepper gli ha messo a disposizione. «Anche se non sono per niente sicuro che Stark approverebbe.»

Clint toglie l'ultimo sbaffo viola dal muro con uno straccio. «Se ne farà una ragione. Credimi, in quell'idromassaggio è successo ben di peggio.»

«Risparmiami i dettagli,» replica James. Mette a sedere Steve su una sedia e prepara la maglietta che ha in mano. «Va bene, campione. Di nuovo braccia in su.»

Ancora una volta, Steve obbedisce e James gli infila la t-shirt.

«Ecco fatto. Molto meglio che restare coperti di pittura, vero?» dice con un sorriso, imitato da Steve. «Riesci a metterti in piedi, così infiliamo i pantaloni?» Steve annuisce e poi si alza, reggendosi alla spalla metallica di James.

Clint osserva tutta la scena, l'ex assassino intento ad allacciare i pantaloni alla miniatura di Steve Rogers. «Non mi aspettavo che fossi così bravo con lui,» commenta nel vedere che James tiene un braccio sempre stretto alla vita del bambino.

«Una sola parola in più, Barton...»

«No, dico sul serio,» continua Clint ignorando l'occhiataccia di fuoco che James gli rivolge. «Cioè, sei grande e grosso e minaccioso, di certo in una rissa da bar finiresti per darmele di santa ragione... ma ti riesce bene prenderti cura di lui.»

«Mi sono sempre preso cura di lui,» risponde James quasi in automatico, perché le parole gli escono di bocca prima che possa pensarci. Non importa che sia enorme o minuto, Capitan America o lo scheletrico ragazzino di Brooklyn, James si è sempre preso cura di Steve.

«Si nota,» dice Clint. «È come vedere mamma orsa che protegge i cuccioli. Solo che al posto degli artigli hai un braccio di metallo e abbastanza armi da bastare per un esercito.»

«Non c'è niente di male nel prendere qualche precauzione,» ribatte James intanto che finisce di vestire Steve. Gli strofina i capelli con l'asciugamano finché Steve lo colpisce alle mani e protesta con un mugugno infastidito. «D'accordo, d'accordo, ne hai abbastanza.»

«Andiamo a casa?» domanda Steve, gli occhioni blu spalancati a guardare James.

«Sì, andiamo a casa. Dì ciao allo zio Ruota di Scorta.»

Clint sbuffa nel sentire il nomignolo. «Molto maturo, Barnes.» Si china sul divano e rovista un po' tra i cuscini per cercare qualcosa. «Quasi mi dimenticavo di dare questo a Steve.»

Gli mette tra le braccia un animale di peluche che ha tutto l'aspetto di un orso con indosso una maschera nera e un'uniforme blu. È adorabile, tenero e stranamente familiare, tanto che James si adombra per un attimo. «Che cavolo sarebbe?»

«Stai scherzando?» chiede Clint, sorpreso. «È un Bucky Bear2! Erano la moda del momento quando siete diventati famosi, durante la guerra. Ormai sono articoli da collezione.»

James inorridisce. «Mi stai prendendo per il culo?! Quello dovrei essere IO? Mi hanno trasformato in un fottuto peluche?»

«Ehi, linguaggio!» lo riprende Clint sogghignando. «Sì, ti hanno fatto diventare un peluche. Prendilo come un complimento, a molti altri veterani hanno solo dedicato alberi o panchine nei parchi.»

«Come è arrivato qui?»

«Coulson.»

«Ovvio,» borbotta James.

Clint si stringe nelle spalle. «Ormai non mi stupisco più. Coulson è uno dei più grandi fan di Capitan America mai esistiti, probabile che abbia un intero stock di peluche nascosti da qualche parte.»

«È inquietante.»

«Più che altro devoto. Comunque a Steve piace.»

In effetti Steve è già affezionato all'orsetto come se fosse la seconda cosa migliore al mondo e lo stringe a sé con una mano mentre con l'altra si aggrappa ai pantaloni di James, che sospira sconsolato. «Maledizione...»

Clint si limita a sogghignare di nuovo. «Passate una buona serata, tutti e due!»

«Coulson è un uomo morto,» mormora James sottovoce, prendendo Steve per mano e incamminandosi verso la porta.

 

 

 

1. Logo della Gerber Products Company, compagnia che dal 1928 produce omogeneizzati e altri prodotti per l'infanzia. [NdT]

2. Bucky Bear appare nel fumetto "A-Babies vs X-babies" nel 2012. [NdT]

 

 
Capitolo originale dell'autrice

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