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Autore: Mayth    25/05/2017    1 recensioni
Riusciva a controllarsi alla perfezione, qualora Sirius non fosse nelle vicinanze.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Che dire, da sempre sono una fan, sebbene non ho mai voluto postare nulla che riguardasse l'universo di Harry Potter, ma alla fine ho infranto questo (inutile) voto e cosa faccio? Opto per la semplicità. Perché Lupin e Sirius sono l'ammmmore. Ovviamente, i personaggi non mi appartengono – o avrebbero avuto decisamente molto più spazio, – l'ambientazione nemmeno: è tutta opera della zia Jo. 
 

Trying not to fall (ultimately falling too hard)

C'è che Remus non aveva mai pensato a quelle cose, nonostante non fosse un mondo a lui lontano o sconosciuto. D'altronde, quando non s'immergeva nella realizzazione di un nuovo guaio, James passava gran parte del suo tempo a parlare dei lunghi capelli di Lily, dei suoi occhi verdi come la giada, della sua voce, del suo sorriso. Una volta era stato capace di parlare per tre ore ininterrotte del modo in cui lei camminasse, finché Sirius, disperato, non lo aveva colpito con un incantesimo ammutolente per cercare di riacquistare un po' di pace e silenzio.
 
Quindi sì, Remus era più che consapevole che i ragazzi della sua età avevano per la testa due cose in particolare: il Quidditch e le ragazze.
 
Solo che a lui del Quidditch gli era sempre importato poco o nulla, giusto il tanto che bastava a fargli tirare fuori aria dai polmoni per incitare James alla vittoria, sicché aveva il sospetto che fosse più una questione di amicizia e euforia indotta che vero e proprio interesse per lo sport. E le ragazze, be', indubbiamente ce ne erano di carine, e alcune avevano labbra che parevano fatte apposta per essere baciate. Ma tutte loro danzavano nei corridoi come dei fiori primaverili e Remus era certo che se anche solo una lo avesse visto, realmente visto, con le sue cicatrici e le occhiaie e tutte quelle fughe e menzogne mese dopo mese, se una di loro si fosse trovata di fronte al mostro, benché la sua coscienza di ragazzo non si fosse annebbiata, non avrebbe esitato ad urlare e fuggire. Magari denunciandolo.
Non si era mai considerato particolarmente cinico, ma Remus si fidava solamente dei suoi amici. Chi altro, in fondo, avrebbe mai speso tante forze e energie per trovare una soluzione a un problema senza speranza; chi avrebbe mai desiderato scorrazzare fra gli alberi della Foresta Proibita con un lupo mannaro? Nessuno, tranne i suoi strambi e impossibili amici.
 
Era stato così fortunato a incontrarli. Così grato. Loro erano tutto ciò che di buono aveva mai avuto, e quindi a chi importava dell'amore, dell'effusioni e di pelle candida come le nuvole? Di certo non a lui. Remus aveva ben altro, e tanto gli bastava.
 
E così era arrivato al quinto anno con la convinzione che l'amore sarebbe stato qualcosa di adulto, magari concepito dopo quell'orrenda guerra alle porte. Forse romantico, forse conveniente. Non spendeva troppo tempo a pensarci.
 
Eccetto.
 
Eccetto che talvolta credeva che il suo cuore potesse scoppiare o che stesse subendo un attacco cardiaco ogni qualvolta i suoi occhi sfioravano i suoi. Ogni volta che lui gli rivolgeva quel mezzo sorriso storto che raccontava di per sé guai in vista. Quando gli si sedeva accanto, anche se James aveva lasciato deliberatamente una sedia libera alla sua destra. O quando si allungava per scompigliargli i capelli con quelle dita affusolate e mormorare, con quell'accento da ragazzo pomposo qual era: “Tutto bene, Lunastorta?”
 
Remus, sotto sotto, sospettava che non fosse solamente amicizia. O gratitudine. O, perché no, forse anche ammirazione. Perché quando a James o Minus capitava di dargli una pacca sulla spalla, o di afferrarlo per un gomito e scaraventarlo in qualche nuovo passaggio segreto, le sue guance non si arrossavano prepotentemente e le gambe non gli si ammollavano.
 
Riusciva a controllarsi alla perfezione, qualora Sirius non fosse nelle vicinanze.
 
Sente ancora, se si ferma a pensarci con la dovuta attenzione, la fitta al petto nel momento in cui Sirius si era girato, mentre stavano marciando rapidamente verso il castello, postumi di una nottata di corse e col principio di una risata ben stampato sul volto, e gli aveva chiesto: “Non hai mica la febbre, vero? Sei rosso come un orclumpo”, e.
E Remus aveva capito. Semplicemente capito. Ecco, che non sarebbe stato tutto così futuro come credeva.
  
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