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Autore: gattina04    28/05/2017    1 recensioni
È un momento tranquillo ed Emma ha tutto ciò che ha sempre cercato e voluto; non c’è niente che possa desiderare, nemmeno il giorno del suo compleanno, ad eccezione di un piccolo insignificante rammarico. E sarà proprio quel pensiero a stravolgere completamente la sua esistenza catapultandola in un luogo sconosciuto, popolato da persone non così tanto sconosciute. E se ritrovasse persone che pensava perse per sempre: riuscirà a salvarle ancora una volta?
E cosa succederà a chi invece è rimasto a Storybrooke? Riusciranno ad affrontare questo nuovo intricato mistero? E se accadesse anche a loro qualcosa di inaspettato?
Dal testo:
"Si fermò e trasse un profondo respiro. «Benvenuta nel mondo delle anime perse Emma»."
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Robin Hood, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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19. Messaggio ricevuto
 
POV Emma
Mentre raccontavamo agli altri ciò che era appena successo non potevo credere che fosse tutto vero. Ero di nuovo nel mio corpo e, anche se non notavo nessuna differenza rispetto a qualche ora prima, sapevo che era così. Mi sembrava ancora impossibile che fosse filato tutto liscio e che fossimo riusciti a risolvere la situazione così facilmente, eppure era la verità. La pura e semplice verità.
Crudelia, nonostante le mie remore iniziali, si era meritata ampiamente l’ambrosia; non le avrei più negato nulla, né avrei potuto provare altro che gratitudine nei suoi confronti. Era stata una parte fondamentale in quella nostra missione e, anche se perseguendo i suoi loschi scopi, mi aveva aiutato come non mi sarei mai aspettata.
Adesso l’unico problema restava tornare a Storybrooke. Tuttavia se ci eravamo riusciti quando avevamo Ade contro, ci saremo riusciti anche allora. Non avevamo nessuno ad ostacolarci e trovare un passaggio per il mondo dei vivi non sembrava poi una cosa così difficile. Avevo appena annullato il mio desiderio, ribellandomi ad un corpo di bambina, e prima eravamo usciti da un fiume di anime perse. Potevamo affrontare di tutto!
«Sono contento che tu sia riuscita a riappropriarti del tuo corpo», mi disse Robin, dopo che ebbi finito di raccontare della nostra piccola avventura. «Però anche noi abbiamo delle novità interessanti».
«Dite sul serio?», proruppe Charlie sempre con quel suo tono esultante.
«Che genere di novità?», approfondì Killian.
«Beh abbiamo scoperto che c’è un modo per poter tornare a Storybrooke. Tuttavia abbiamo bisogno di qualcuno là che ci permetta di passare».
«Ma è meraviglioso!», esultò di nuovo Charlie, dando una pacca sulla spalla a Robin.
Io tuttavia rimasi con i piedi per terra. Avevamo già affrontato molte difficoltà facilmente, non speravo che la fortuna continuasse a girare in quel modo dalla nostra parte. «Spiegati meglio. Raccontaci tutto per filo e per segno».
«In realtà i libri non ci sono serviti a molto», iniziò Robin grattandosi la testa. «Una volta usciti dal locale della Strega Cieca abbiamo deciso di separarci. Joe è venuto qua alla biblioteca e ha iniziato a spulciare alcuni volumi. Io, Artù e Lizzy invece siamo andati nel vecchio covo di Ade e lì abbiamo fatto delle scoperte interessanti».
«Vedete», continuò Artù, «non c’ero più tornato da quella volta con te Hook». Puntò lo sguardo su Killian che annuì leggermente. «Non era un luogo in cui avrei voluto esercitare il mio potere. In questo mio nuovo regno non volevo essere associato al precedente tiranno».
«Questo non ha importanza», proruppe Killian. «Vieni al punto».
«Esiste la possibilità di aprire un portale», buttò fuori Artù tutto di un fiato.
«Un portale?». Non mi ero neanche accorta d aver parlato ad alta voce; tuttavia la sorpresa doveva aver preso il sopravvento. Non era facile creare un portale, era sicuro di ciò che stava dicendo?
«Lo so che sembra assurdo, ma è così», confermò Robin. «Abbiamo trovato un incantesimo, probabilmente è lo stesso che Ade ha utilizzato per aprire il portale che ci ha ricondotti a Storybrooke con lui».
«Aspettate», li fermai aggrottando la fronte. «Pensavo che il portale che abbiamo utilizzato quella volta fosse dovuto al bacio del Vero Amore; il cuore di Ade era tornato a battere, per questo si era aperto il passaggio».
«Beh forse era dovuto anche a quello», confermò Robin, «ma ti sorprenderebbe tanto sapere che Ade ci ha fregato ancora una volta? Forse non era in grado di aprire il portale prima, ma quello che abbiamo trovato è la prova che esiste un incantesimo che ci permetterà di aprire un passaggio momentaneo per Storybrooke».
«Allora cosa stiamo aspettando?», proruppe Killian.
«Il problema è che non possiamo farlo noi», concluse Artù.
«Cosa?». La mia esclamazione uscì più forte e con un tono più deluso di quanto avessi previsto.
«Scusate ma non avete appena detto che Ade l’ha usato?», convenne Charlie.
«Sì, ma immagino che non abbiamo i suoi stessi mezzi e il suo stesso potere», intervenne Crudelia inaspettatamente, dopo che era rimasta in silenzio anche troppo a lungo per i suoi standard. «Ho ragione, non è vero?».
«Esatto», confermò Artù.
Beh la questione non mi convinceva. «Io ho la magia, sono stata la Signora Oscura, sono uscita da un fiume di anime perse, perché credete che non possa farcela?».
«Oh non è perché non crediamo nelle tue potenzialità», intervenne Robin. «Solo che è necessaria una pozione per creare un portale e, non so cosa abbia usato Ade, ma qua sotto non è rimasto più neanche un ingrediente».
«Abbiamo cercato in lungo e in largo», confermò Artù.
«Abbiamo messo a soqquadro il covo di Ade», intervenne Lizzy, «ma là sotto c’era nascosto solo quel foglio con quello strano incantesimo».
«Aspettate come fate a sapere che aprirà un portale?», intervenni grattandomi la testa. Non volevo mettere in dubbio le loro capacità ma non erano dei grandi esperti di magia.
«Abbiamo consultato la Strega Cieca», mi informò Robin, «per chiederle di cosa si trattasse e poi per sapere dove potevamo trovare gli ingredienti necessari».
«E da quando ci fidiamo di lei?». Non era lei la strega che aveva cercato di cuocere dei bambini in un forno e che aveva anche tentato di farci restare intrappolati nell’Oltretomba per sempre? Certo si poteva dire quasi la stessa cosa di Crudelia.
«Ci possiamo fidare», confermò Artù, «non sarà di intralcio».
«Lei ha trovato il suo mondo qua sotto», confermò Crudelia, avvicinandosi ad Artù. «Pasticcino perché non mi fai vedere l’incantesimo?».
Artù estrasse un foglio dalla giacca e stava per consegnarglielo quando Robin lo fermò. «Aspetta!». Puntò lo sguardo su di me cercando forse di intuire la mia opinione. «Ci fidiamo anche di lei adesso?».
«Sì ci fidiamo», confermai. «Crudelia ci ha aiutati e come le avevo promesso anche lei avrà l’ambrosia e potrà tornare con noi a Storybrooke». Vidi Robin strabuzzare gli occhi ma non aggiungere altro.
Artù invece sbuffo e scosse la testa. «Non mi sorprende che sia stato questo il tuo prezzo».
«Oh mi dispiace tesoruccio», intervenne Crudelia strappandogli il foglio di mano. «Ma l’hai sempre saputo anche tu che quello che c’era tra noi era solo una questione fisica». Rimasi un attimo interdetta intuendo ciò che era stato solo accennato.
Mi voltai verso Killian assumendo un’espressione sbigottita. «Lei e Artù?», sussurrai.
Hook fece spallucce e torno a rivolgere la sua attenzione agli altri. «Allora, visto che fino a questo momento sei stata molto più utile di quanto potessi credere, pensi anche tu che qua sotto non possiamo trovare gli ingredienti per aprire questo dannato portale?».
Crudelia lesse attentamente la lista che doveva essere riportata sul foglio prima di tornare da me e consegnarmelo. «No, non credo. Però hanno ragione su un fatto: noi non possiamo aprirlo, tuttavia a Storybrooke sarebbero più che capaci di farlo».
Ascoltai la sua affermazione e poi mi concentrai sull’incantesimo riportato sul foglio in quella che era una calligrafia ordinata. Non so come avevano fatto a scovarlo nel covo di Ade, ma non importava; l’importante era ciò che quello comportava. Leggendo quelle parole ebbi la certezza che avessero ragione e mi ritrovai ad essere d’accordo con ciò che aveva appena affermato Crudelia. Forse noi non potevamo aprire un portale, ma sicuramente Regina era in grado di farlo. Poteva funzionare, sperando che quell’incantesimo fosse proprio destinato a collegare quei due mondi e non qualche altro magico reame.
«Regina potrebbe aprirlo», confermai. «Dobbiamo solo trovare il modo di comunicare con lei».
«Non sarà un problema», affermò Crudelia. «Sono stata io che ho tolto le cabine telefoniche che permettevano di comunicare con i vivi, so dove le ho nascoste».
«Credevo che le avessi distrutte!», esclamai lanciandole un’occhiataccia.
«Beh ho mentito». Fece spallucce ed estrasse una sigaretta, accomodandosi su una sedia e accavallando le gambe. «La cosa ti sorprende?».
No, in effetti non mi sorprendeva affatto.
«Quindi possiamo comunicare con loro e far sì che ci aprano il portale», tirò le somme Killian.
«Sì, è così», confermò Robin sorridendo.
«Credo che anche questo vi sarà di aiuto», intervenne Artù prendendo qualcosa da dietro ad un tavolo. L’avevo riconosciuto ancor prima che lo appoggiasse di fronte a sé. Era il libro di Henry, o meglio il corrispettivo che si trovava nell’Oltretomba.
«È con questo che sono riuscito a farti avere le pagine», sussurrò Killian osservandolo. Lo sapevo già anche se non me l’aveva mai detto.
«Possiamo far avere ad Henry l’incantesimo», balbettai, sentendo il cuore accelerare.
«Beh sì e potrete dir lui e a Regina cosa fare e quando aprirlo», intervenne Crudelia. «Vi farò una mappa per poter trovare i telefoni». Sentii il cuore battere ancora più forte al pensiero che avrei potuto comunicare con mio figlio, anche se in un certo modo solo a senso unico. Lui avrebbe saputo che stavamo tutti bene e che presto saremo, grazie al suo aiuto, tornati a casa: era quello l’importante.
«Cosa stiamo aspettando?», esultai non riuscendo più a star ferma.
«Infatti», convenne  Charlie alzandosi.
Crudelia per tutta risposta prese un pezzo di carta e, afferrando una penna, cominciò a disegnare quella che doveva essere la mappa destinata a noi. Era ovvio che non avesse voglia di accompagnarci; la sua tolleranza per la nostra compagnia doveva essere arrivata al limite e la cosa era reciproca.
«Beh direi che io e Killian possiamo andare ai telefoni per comunicare con Henry», annunciai. Non era necessario che venissero anche gli altri ed in più era una cosa in cui avrei gradito un po’ di privacy. Il solo pensiero di mio figlio mi faceva salire un groppo alla gola.
Robin sembrò capirlo e fu subito pronto ad accettare. «Noi nel frattempo andremo a recuperare l’ambrosia, adesso non ha più senso aspettare».
«Giusto», convenne Charlie. «Così quando si aprirà il portale potremo passare tutti quanti senza problemi».
«A proposito di questo», intervenne Milah che era rimasta in silenzio fino ad allora. «Ragazzi devo dirvi una cosa». La scrutai attentamente per poi osservare Killian con la coda dell’occhio. La sua espressione era cambiata di colpo e si era fatta seria. Avevo come l’impressione di sapere ciò che avrebbe detto Milah, ma aspettai di sentirlo dire da lei stessa.
Ed infatti le sue parole confermarono quello che già sapevo. «Io non prenderò l’ambrosia».
La reazione fu di sgomento generale. «Cosa?».
«Che diavolo stai dicendo?», proruppe Charlie, più forte degli altri.
«Io non prenderò l’ambrosia», ripeté di nuovo. «Non c’è niente a Storybrooke per me, voglio solo passare oltre, tornare da mio figlio e lui non è là».
Charlie aprì la bocca per ribattere ma non trovò le parole. Allora con mia grande sorprese si rivolse a Killian. Era forse la prima volta che si rivolgeva a lui così apertamente. «E tu non le dici nulla? Tu lo sapevi?».
«Sì lo sapevo», ammise Killian in tono cupo. «E credimi non c’è nulla che io o tu o qualsiasi altra persona possa fare per farle cambiare idea».
«Capisco la tua scelta», intervenne Joe sorprendendo i suoi amici. «Vorrei poterti far cambiare idea, ma so che non ci riuscirei».
Milah le sorrise e allungò una mano per stringere la sua. «Già, non puoi, ormai ho deciso».
«Non…». Lizzy tentò di parlare ma gli occhi le si riempirono di lacrime.
«Starò bene piccola». Milah l’abbracciò facendole appoggiare la testa sulla sua spalla. «Starò più che bene».
«Ti accompagneremo sulla rupe», annunciò Robin serio. «Non starai qui a vederci andar via; una volta che tu sarai passata oltre anche noi potremo tornare a Storybrooke più tranquilli».
«Ma…». Charlie fece per parlare di nuovo, ma io lo fermai.
«No, lasciala stare. È una sua decisione non tua».
«Lo so che ti è difficile capire», intervenne Milah. «Ma è ciò che voglio, è ciò di cui ho bisogno. So che nessuno di voi vorrebbe lasciarmi, ma non troverei la pace tornando in vita». Charlie non protestò oltre; anche se non era d’accordo, accettava comunque la sua decisione.
«Allora è deciso», intervenne Killian. «Io ed Emma andremo ai telefoni e nel frattempo voi potrete recuperare l’ambrosia. Dopo di che andremo sulla rupe per salutarti». Lo vidi rivolgerle uno dei suoi dolci sorrisi di cui di solito ero la destinataria. Tuttavia non sentii la solita fitta di gelosia; la sua decisione aveva cambiato tutto.
«Diremo ad Henry di aprire il portale domani sera a mezzanotte», affermai. «In questo modo avranno il tempo di prepararsi e noi potremo fare le cose con calma».
«Se avete finito con i convenevoli», si intromise Crudelia, «qua troverete le cabine telefoniche. Non sarà facile trovarle ma grazie alla mia mappa non dovreste avere problemi». Mi consegnò il foglio sul quale aveva scritto le sue indicazioni e nello stesso istante Killian prese il libro delle favole di Henry. Grazie a quei due semplici oggetti avevamo la possibilità di svolgere, insieme, quel piccolo compito che ci avrebbe consentito di tornare finalmente a casa.
 
Come aveva annunciato Crudelia, trovare i telefoni grazie alle sue indicazioni non fu difficile. Ovviamente senza di esse non saremmo mai riusciti a scovarli, ma visto che l’avevamo dalla nostra parte, quello che ci aspettò fu solo una semplice passeggiata.
All’inizio io e Killian non parlammo molto. Camminavamo mano nella mano, ma nessuno dei due aveva molta voglia di chiacchierare; io perché presto avrei contattato mio figlio e morivo dalla voglia di riabbracciarlo, Killian forse per via di Milah.
«Stai bene?», gli domandai scrutandolo attentamente.
«Sì». Era solo un monosillabo, ma ebbi come l’impressione che non fosse quello giusto.
«Sul serio?». Sapevo quando mi mentiva e non era solo dovuto al mio superpotere.
«Beh starò bene», tagliò corto. «Staremo tutti bene».
«Ne vuoi parlare?». Conoscevo già la risposta ma era mio dovere chiederglielo.
«No ti prego». E fu così che ci ritrovammo a camminare in silenzio, seguendo le indicazioni di Crudelia, fino a quando davanti a noi non comparve la cabina telefonica tanto attesa.
«Eccola qua», sospirò Hook fermandosi.
«Già. Secondo Crudelia funziona ancora». Non era messa bene, ma ormai mi fidavo della sua parola. Sarebbe rimasta un’alleata fedele almeno fino a quando non fossimo tornati tutti a Storybrooke.
«Vuoi entrare da sola?», mi domandò passandomi il pollice lungo il dorso della mano.
«No, facciamolo insieme». Quel momento con Henry era qualcosa che volevo condividere con lui. In fondo erano loro due gli uomini più importanti della mia vita.
«D’accordo». Aprì la porta della cabina e mi fece entrare, richiudendosela poi alle spalle.
Sospirai estraendo il foglio con l’incantesimo dalla tasca dei pantaloni. «Credi che riuscirà ad averlo?». Non faceva parte delle pagine del libro, forse poteva non funzionare. Senza di quello sicuramente non saremo tornati a casa: era una parte fondamentale.
«Funzionerà amore». Killian prese il libro delle favole e lo aprì in un punto imprecisato. Ci misi dentro il foglio con l’incantesimo e lasciai che lui lo richiudesse. «Devi solo crederci Swan. Abbi speranza».
«Sembri quasi mia madre», tentai di alleggerire la tensione. Tuttavia il nodo che avevo in gola era grosso come un pallone.
«Beh presto la riabbraccerai e anche Henry. So che funzionerà».
«Non vedo l’ora». Mi mancava la mia famiglia, non quanto mi era mancato Killian, ma era un sentimento altrettanto forte.
«Stiamo per tornare a casa tesoro, ci stiamo riuscendo. Noi ci riusciamo sempre». Killian mi strinse forte a sé, premendomi contro il suo petto.  
 «Vorrei non doverci riuscire tutte queste volte». In momenti come quello non ne potevo più di lottare; avrei desiderato solamente un po’ di tranquillità.
«Beh l’importante è che vinciamo sempre noi». Mi accarezzò la testa con l’uncino e mi dette un bacio sulla fronte. «Allora che aspetti Swan? Sono sicuro che anche tuo figlio non vede l’ora di riabbracciarti». Aveva ragione; non avevo più nulla da temere né più tempo da perdere. Rimaneva solo una cosa che ci impediva di tornare a casa; allora cosa stavo aspettando?
Con mano tremante afferrai la cornetta in modo da poter comunicare finalmente con mio figlio.
 
POV Henry
Mi rigirai nel letto cercando di scacciare la voce che tentava di riscuotermi dal mio torpore.
«Henry? Henry? Mi senti». Si certo che sentivo, non ero mica sordo! Cercai di mugolare qualcosa in protesta, ma ero ancora troppo assonnato per poter articolare anche un semplice suono.
«Ragazzino devi ascoltarmi». Era esattamente ciò che non volevo fare, anzi avrei continuato a dormire piuttosto volentieri. Avevo troppo sonno per riuscire a prestare attenzione.
Avere due mamme alcune volte era una vera scocciatura, soprattutto quando venivano a svegliarti senza un motivo plausibile. La scuola non si poteva di certo definire tale.
«Io e Hook stiamo bene non devi preoccuparti». “E chi si preoccupa?”, avrei voluto rispondere, ma non riuscivo ad articolare una parola figuriamoci una frase intera.
«Lui mi ha trovata, stiamo per tornare a casa». Erano frasi senza senso, soprattutto quando io non avevo nessuna voglia di ascoltarle; sembrava quasi volesse imitare la nonna con il loro “io ti troverò sempre” solo per farmi dispetto.
«Sappiamo come poter tornare a casa ma ci devi aiutare». Che assurdità! Eravamo a casa: io ero nel mio letto e lei stava disturbando il mio sonnellino. Mi rigirai, tirando le coperte sopra la mia testa e rifiutandomi di dare un senso alle frasi sconclusionate di mia madre.
«Abbiamo bisogno di te e di Regina, non possiamo tornare a Storybrooke altrimenti». La sua voce era come un ronzio nella mia testa, non avrei voluto prestarle attenzione, ma era impossibile; era come una zanzara fastidiosa che non riuscivo ad ignorare.
«So che ti sembrerà assurdo quello che sto dicendo. Ma dovete aprire un portale, troverai l’incantesimo Henry; sono sicura che lo troverai».
«Il libro ragazzino. È sempre quella la chiave». Hook: ora ci si metteva anche lui? Avrei dovuto ricordargli che ero grande abbastanza da decidere quando chiedergli o meno consiglio. Dovevamo fare proprio una bella chiacchierata una volta che fossi stato lucido e sveglio.
«Devi aprire il portale domani sera a mezzanotte Henry», continuò mia madre. «Devi dire a Regina di farlo domani a mezzanotte, così noi potremo tornare». Mugolai continuando a non capire di cosa diavolo stesse parlando; tuttavia non volevo aprire gli occhi. Continuavo ad essere troppo assonnato per cercare di dare un senso a quel loro farneticare, soprattutto quando c’erano di mezzo portali ed altre assurdità del genere.
«Contiamo su di te ragazzino», proseguì Hook. «Emma ormai non ci resta più molto tempo». Stava parlando ancora con me?
«Ti voglio tanto bene Henry», sussurrò la mamma, la voce commossa come non l’avevo mai sentita. «Mi manchi tanto».
Cercai di mettere in fila una parola dietro l’altra per riuscire a risponderle e a farle sapere ciò che anch’io provavo. «Ti voglio bene anch’io mamma».
 
Mi svegliai di soprassalto, facendo un balzo sul letto. Il cuore mi batteva all’impazzata mentre il mio cervello cercava di capire se quello che era appena accaduto fosse stato un sogno o la realtà. Ma forse era stato un po’ di tutte e due e non c’era modo di scoprirlo.
Ciò che era certo era che mi trovavo nella mia camera a casa di Regina, sul mio letto dove ero crollato stanco e arrabbiato dopo ore di inutili ricerche. Il fatto che Hook non mi avesse portato con se mi aveva mandato su tutte le furie e lo stesso era accaduto a mia madre quando aveva scoperto cosa avevo tentato di fare. Tuttavia ciò non mi aveva fermato da continuare a cercare di dare una mano. Non che fino a quel momento forse servito a molto.
Ma adesso quel sogno sembrava molto di più che un semplice frutto della mia immaginazione. Avevo come la sensazione che avrebbe potuto essere la chiave di tutto.
Cercai di ripercorre ciò che la voce di Emma mi aveva suggerito: lei e Hook stavano bene, ma avevano bisogno di me? Avevano parlato di un portale? Non riuscivo a ricordare con esattezza cosa avessero detto. Avevo solo tre parole continuavano a ronzarmi nella testa: un portale, domani a mezzanotte, il libro. Erano vocaboli sconclusionati che si affacciavano nella mia mente. Accidenti, perché non avevo prestato più attenzione?
«Un portale, domani a mezzanotte, il libro», ripetei grattandomi la testa e chiedendomi per l’ennesima volta se fossi diventato matto. Forse la stanchezza mi aveva dato alla testa e vedevo possibilità anche nei sogni più assurdi che non avevano nessun senso logico. Possibile che iniziassi ad immaginarmi connessioni anche in qualcosa che in realtà non potevo controllare?
Scossi la testa e ritornai ad esaminare una alla volta le tre parole ad alta voce. «Un portale: se l’avessi saputo aprire non sarei certo qui adesso. Domani a mezzanotte: che cosa diavolo potrebbe succedere domani a mezzanotte? Non sono un indovino, però sembra un appuntamento da apocalisse. Un libro: d’accordo, ma che libro?». Proprio mentre pronunciai quell’ultima domanda la risposta mi si affacciò alla mente. C’era solo un libro che risolveva tanti problemi quanti ne creava. Se quelle parole avevano un significato, sicuramente avrei trovato la risposta in quel vecchio volume che mi trascinavo dietro da anni.
Peccato che quel libro non l’avessi subito a portata di mano, in modo tale da togliermi immediatamente ogni dubbio. Purtroppo l’avevo lasciato dalla nonna, così che lei potesse nuovamente consultarlo alla ricerca di una risposta che sicuramente non conteneva. O forse mia nonna l’aveva voluto tenere solo per leggere le loro storie alla piccola Emma. La seconda ipotesi mi sembrava la più probabile.
Con un sospiro mi alzai dal letto e mi precipitai di sotto pronto ad andare al loft. Ero in punizione, ma per fortuna mia madre non c’era e quindi potevo uscire liberamente. Ero sicuro che avrebbe applicato un coprifuoco con i fiocchi quando saremo riusciti a risolvere quell’intricata faccenda, ma per il momento la cosa tornava a mio vantaggio.
Mi incamminai verso casa della nonna con passo spedito, cercando di farmi tornare in mente altri particolari interessanti di quel sogno. Tuttavia era piuttosto confuso e non riuscivo a ricordare niente di più.
Quando arrivai al loft mi sorpresi di trovare un gran caos. Oltre ai nonni c’erano anche la mamma e Zelena. Non si stupirono molto quando mi videro arrivare e varcare la porta come se nulla fosse.
La mamma mi lanciò un’occhiataccia, ma non disse niente e continuò ad ascoltare ciò che diceva la nonna mentre andava freneticamente su e giù per la stanza.
«Te l’ho detto Regina. Eravamo sul letto tutti e tre, stavamo parlando ed è successo in un istante».
«Un attimo prima c’era e quello dopo era sparita», intervenne il nonno.
«Beh una bambina non sparisce così», puntualizzò Zelena. Mi fermai ad ascoltare per tentare di capire ciò che stavano dicendo, ma poi mi ricordai del libro e del motivo per cui ero lì. Poteva essere successo di tutto ma se io avessi avuto ragione, se quello che avevo sentito non era un sogno, potevo avere la risposta a tutti i loro problemi.
«Beh questo lo so anch’io», continuò la nonna. «Ma magari ha usato la magia… potrebbe essersi materializzata chissà dove!».
«Non è così che funziona, ci vuole allenamento», rispose la mamma.
«Nonno dove è il libro delle favole?», intervenni approfittando di un attimo di silenzio.
«Non è il momento Henry», mi zittì. Beh era sicuramente il momento!
«Nemmeno la strega più dotata riesce a fare una cosa del genere a quell’età», confermò Zelena.
«Nonna il libro!». Anche il mio secondo tentativo non andò a buon fine.
«Henry non dovresti essere a casa?». Percepii gli occhi di mia madre puntati addosso anche senza guardarla; inoltre il tono della sua voce non poteva essere più esplicativo. Quando mia madre lo usava significava che era meglio lasciare stare e non intromettersi. Alzai gli occhi al cielo e mi allontanai prima di essere in qualche modo fermato, continuando così a cercare ciò di cui avevo bisogno. Mi diressi verso il piano cottura, guardando sulle sedie e sopra le mensole. C’era il bollitore e alcune tazze sul tavolo, ma del libro lì non c’era traccia.
Senza prestare attenzione agli altri e alla conversazione che si era fatta più concitata mi diressi verso la vecchia camera della mamma. Anche lì però non c’era traccia di quel maledetto volume: eppure non era neanche piccolo, si sarebbe dovuto vedere bene! Se solo la nonna mi avesse prestato un attimo di attenzione!
Stavo scendendo di nuovo le scale quando notai la vecchia copertina logora spuntare da sotto il cuscino, sul letto dei nonni. Scesi gli ultimi tre scalini con un solo balzo e corsi ad afferrarlo. Percepii la tensione allentarsi mentre lo prendevo e lo portavo sopra il bancone; tuttavia allo stesso tempo sentivo che quello poteva essere un momento cruciale. Era un momento di svolta: potevo avere ragione oppure potevo essermi sbagliato ed essermi lasciato trasportare dalla mia fin troppo vivida immaginazione.
Lo aprii con mani tremanti ed iniziai a sfogliarlo, una pagina dietro l’altra, ma non c’era niente di diverso; erano sempre le solite storie, le stesse illustrazioni che ormai conoscevo a memoria. Lo richiusi con un tonfo emettendo un sospiro di delusione e fu allora che lo notai.
Nell’angolo in basso a destra sporgeva un foglio. Sembrava una carta diversa da quella del libro e non c’era ragione perché quella pagina si trovasse lì. Io non ce l’avevo messa ed ero certo che non l’avesse fatto nemmeno la nonna. La estrassi non stando più nella pelle e quello che mi ritrovai davanti fu un foglio di carta scritto con una calligrafia che non riconoscevo.
Lessi le parole riportate là sopra e pensai che si trattasse di un elenco di ingredienti senza senso, quando all’improvviso ricollegai il tutto, o forse semplicemente ricordai. Doveva trattarsi di un incantesimo, quello per creare un portale. Questo significava che non mi ero immaginato tutto: la mamma era riuscita davvero a comunicare con me per poter consegnarmi quel foglio e in modo tale che potessimo creare un portale che li avrebbe ricondotti a casa. Lei e Hook stavano bene, erano insieme, ce l’avevano fatta ancora una volta, e presto grazie al nostro aiuto sarebbero tornati a Storybrooke.
La mamma mi aveva dato tutto ciò che mi occorreva sapere: l’incantesimo per creare il portale era là di fronte ai miei occhi e, in più, mi aveva anche detto quando aprirlo. Tutta la rabbia che provavo nei confronti di Hook svanì in un istante; sia lui che Emma si erano fidati abbastanza di me da mettere nelle mie mani la loro salvezza. Non avevano comunicato con nessun altro, ma si erano basati sulle mie capacità; sapevano che io avrei capito tutto. Era una prova di fiducia maggiore di quella che mi sarei mai aspettato. Non mi restava altro che comunicare le mie scoperte agli altri. Qualsiasi cosa fosse successa da sconvolgerli tanto, non avrebbe più avuto importanza una volta ascoltato le mie novità.
Per questo tornai a prestare attenzione alla conversazione che si stava svolgendo intorno a me.
«Se le è successo qualcosa Regina?», stava dicendo la nonna, portandosi una mano tra i capelli. «Se è per questo che è sparita?».
«Non lo so». Per una volta anche la mamma non sapeva come risponderle.
«Come facciamo a capire cosa è successo?», continuò l’altra.
«Ci deve pur essere qualcosa che possiamo fare?», intervenne il nonno.
«Dovremo chiedere a Gold, anche se la cosa non mi piace». Il tono di mia madre faceva intuire quanto poco l’allettasse l’idea.
«Regina, Emma è sparita! È letteralmente scomparsa, non ho paura di chiedere al Signore Oscuro. Farei di tutto pur di sapere se mia figlia sta bene».
«La mamma sta bene», intervenni in un tono abbastanza forte da farmi sentire. Tuttavia non fu sufficiente per attirare la loro attenzione.
«Sì lo so Bianca.», rispose la mamma come se non mi avesse sentito. «Gold forse ci darà delle riposte».
«Gold non è necessario», tentai di nuovo in un tono più alto. Ancora una volta non fui considerato.
«Immagino che sia l’unica cosa da fare», continuò il nonno. «Dobbiamo sapere se le è successo qualcosa, sia alla bambina che alla vera Emma».
«Beh se almeno avessimo contatto con il pirata…», commentò Zelena. Se solo mi avessero dato ascolto! In occasioni come quelle odiavo il fatto che mi considerassero ancora un ragazzino.
La frustrazione fu tale da farmi infuriare e per tutta risposta mi ritrovai a strillare. «Fate silenzio!».
Il mio urlo improvviso li fece zittire, facendoli voltare tutti quanti verso di me. «La mamma sta bene. È quello che sto cercando di dirvi da quando sono arrivato».
Fu come se mi ascoltassero per la prima volta. Mi rivolsero uno sguardo confuso, non sapendo come interpretare le mie parole, e non seppero come rispondere.
Fu la nonna la prima a riprendersi. «Cosa? Come fai a saperlo?». Si avvicinò a me con gli occhi colmi di speranza, dandomi così la possibilità di spiegarmi.
«Prima ho fatto una specie di sogno, solo che non è stato propriamente un sogno. Emma ed Hook hanno trovato un modo per comunicare con me».
Vidi la sorpresa dipingersi sul volto di tutti, ma nessuno si azzardò ad intervenire e per questo continuai. «Ho sentito le loro voci; la mamma mi ha detto che loro due stanno bene e mi ha chiesto di aiutarla».
«Aiutarla? In che senso?», mi domandò il nonno grattandosi la testa e assumendo un tono preoccupato.
«Sì. Ha detto che dobbiamo aprire un portale per permettere loro di tornare indietro».
«Un portale?», intervenne Zelena. «Non è una cosa facile se non hai intenzione di utilizzarlo».
«Lo so e perciò mi hanno dato questo». Mi alzai e consegnai a mia madre il foglio che avevo appena trovato.
«Era nel libro. Sono stati loro a mandarmelo». Regina lo prese e lo studiò attentamente. «Ha detto che dobbiamo aprirlo domani a mezzanotte».
Restammo tutti i silenzio mentre lei continuava a leggere, finché non fu lei stessa a parlare. «Henry ha ragione. È un incantesimo per creare un portale e nella mia cripta dovrebbe esserci tutto il necessario. Davvero l’hai trovato nel tuo libro?».
«Sì, prima non c’era ne sono certo. È stata lei a mandarmelo, un po’ come quando lei stessa trovò le pagine per sconfiggere Ade. Hook riuscì a fargliele avere e sono sicuro che adesso hanno usato lo stesso metodo».
«E l’hai vista?», intervenne la nonna, l’emozione e la speranza fin troppo chiare nella sua voce.
«No, ma l’ho sentita. Nonna sta bene, sta tornando da noi ed Hook è con lei».
«Per questo la baby Emma è scomparsa», continuò mia madre. «Probabilmente Emma sta agendo dall’Oltretomba ed è riuscita a riappropriarsi del suo corpo; questo spiega tutto».
«Dio! Sembra quasi impossibile». La nonna prese posto su una sedia portandosi una mano alla bocca. «Non pensavo che sarebbero riusciti a comunicare con noi».
«Si tratta di Emma», replicò il nonno. «Sapevo che avrebbe trovato un modo, lei lo trova sempre». In effetti conoscendo la mamma era ovvio che si sarebbe salvata da sola e sarebbe tornata da noi. Era la Salvatrice e non si sarebbe mai arresa, nemmeno di fronte alla più grande difficoltà; era l’eroina della mia storia. In più Hook era partito per raggiungerla e sapevo che era abbastanza testardo da poterci riuscire.
«Presto torneranno da noi», affermai. «Domani sera a mezzanotte».
«È tipico di Emma», sorrise Regina. «È sempre stata capace di badare a sé stessa. Col senno di poi mi sembra logico, se non ovvio, collegare la scomparsa della bambina a qualcosa che ha fatto lei. Non sarebbe stato da  Emma rimanere con le mani in mano».
«Sì però adesso tocca a noi: dobbiamo aiutarli a tornare. Ci riuscirai, non è vero mamma?». Era tutto nelle nostre mani, o meglio in quelle di Regina e nelle sue capacità magiche.
«Sì certo». Mi passò una mano tra i capelli per tranquillizzarmi. «Per questo sarà bene che mi metta subito al lavoro».
«Grazie Henry», intervenne la nonna stringendomi la mano. «Non so cosa faremmo senza di te».
Le sorrisi e le dissi ciò di cui lei aveva bisogno, ciò di cui entrambi avevamo bisogno. «Domani sera la riabbracceremo».
Proprio mentre pronunciavo quella frase, mi tornarono alla mente l’ultime parole che la mamma mi aveva rivolto in quella specie di sogno. Ti voglio tanto bene Henry. Il tono che aveva usato era così poco da Emma, ma così tanto da mamma invece. Era una parte di lei che nessuno di noi era abituato a vedere, eppure c’era anche se ben nascosta. Non era più la donna che avevo portato da Boston, quella che mi aveva abbandonato per darmi un futuro migliore. Non l’avevo mai considerata tale perché sapevo che ciò che aveva fatto l’aveva fatto per me; eppure era cambiata ed era diventata esattamente colei che non pensava di potere essere: una mamma, la mia mamma.
Dal tono che aveva usato nel sogno, sembrava che le avventure che aveva vissuto là sotto avessero fatto uscire quel suo lato vulnerabile che solo io ed Hook riuscivamo a comprendere e a rassicurare. Ero felice che almeno lui fosse con lei, in modo tale da stare al suo fianco durante quelle pericolose avventure. Beh di certo avrei voluto esserci anch’io, ma se mi avesse portato con sé non avrei avuto modo in quel momento di aiutarli per farli tornare a casa.
Mi manchi tanto, aveva detto. Mancava tanto anche a me ed era stato proprio il non poter far nulla per aiutarla ad uccidermi. Ma adesso lei mi aveva tolto da quella terribile situazione; si era fidata di me e mi stava dando, ci stava dando, la possibilità di salvarla e di poterla riabbracciare al più presto. Adesso era tutto nelle nostre mani e non avremo fallito; solo poche ore e quell’incubo sarebbe finalmente finito.


 
Angolo dell’autrice:
Buonasera! Ce l’ho fatta anche stavolta per un soffio!
Beh devo dire che questo capitolo è un po’ di passaggio ed è per questo che è stato difficile scriverlo, visto che non vedo l’ora di poter buttare giù il prossimo.
Comunque sia, stiamo arrivando alla fine di questa storia; penso che ci saranno altri quattro capitolo circa. So già che, una volta finito, mi mancherà poter scrivere questa storia settimana dopo settimana e poter leggere i vostri commenti.
Per ora comunque grazie come sempre a tutti quanti!
Un bacione e a domenica prossima!
Sara
 
  
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