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Autore: Signorina Granger    02/06/2017    4 recensioni
[Dedicata a Sesilia Black e a Nene_92, ad un anno dalla pubblicazione di "History"]
“Ho capito molto tempo fa che è questo il tuo modo di dirmi che mi ami. In ogni caso, ancora una volta… buon anniversario, Lizzy.”
“Buon anniversario Black… Abbiamo passato l’infanzia e l’adolescenza con l’ombra di Grindelwald ad incombere su di noi, poi è arrivata la serenità… e quando i nostri figli sono cresciuti il terrore è tornato più forte di prima. E credo che sia davvero cessato solo un mese fa. Ne abbiamo passate davvero tante, eppure siamo ancora qui. Insieme. Lieta di aver trascorso con te gli ultimi 50 anni, Altair.”
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Potevo forse non pubblicare qualcosa ad un anno dall'inizio di History? Ovviamente no... Specialmente se ci sono di mezzo i miei beniamini. 
Buona lettura!

 
2 Giugno 
 
 
2 Giugno 1948
 
 Elizabeth AbbottImage and video hosting by TinyPic
 
Sistemò quasi distrattamente le maniche di pizzo del vestito sui polsi, ripensando alle parole della sua migliore amica: quando lo aveva visto Aerin le aveva chiesto se non avrebbe sentito caldo, ma lei non aveva voluto sentir ragioni sulla questione... e chiunque la conoscesse abbastanza bene sapeva quanto Elizabeth potesse essere testarda. 
 
Sollevò delicatamente gli orecchini dal ripiano della toeletta e li infilò lentamente, continuando a studiare il proprio riflesso nello specchio ovale che le stava davanti. 
 
C'era qualcosa a cui pensava da diverse settimane ormai... e quello stesso pensiero era andato solo ad intensificarsi nel giro di pochi giorni, specialmente da quando si era svegliata, poche ore prima. 
 
"Nelly mi ha detto che mi hai fatto chiamare. È tardi per avere ripensamenti, non trovi?"
 
Elizabeth non si voltò, limitandosi a guardare il ragazzo che le stava sorridendo dalla soglia della grande camera da letto attraverso lo specchio, sollevando leggermente un sopracciglio perfettamente disegnato:
 
"E infatti non ne ho... Aerin è pronta o sta già saccheggiando il buffet?" 
"No, non preoccuparti, è qui fuori insieme a Jane e ad Ian... vuole salutarti prima di andare in giardino a prendere posto." 
 
Elizabeth annuì, guardandolo attraversare la stanza per raggiungerla e appoggiare le mani sullo schienale della poltroncina, chinandosi leggermente per avere il capo alla stessa altezza del suo:
 
"So a cosa stai pensando Lizzy..." 
"Davvero?" 
"Credo di sì. Sei davvero bellissima, e non hai idea di quanto io sia felice per te... direbbe esattamente così. E lo penso anche io." 
 
Elizabeth abbozzò un sorriso e annuì, prima che suo fratello le lasciasse un lieve bacio tra i capelli per poi rimettersi in piedi e porgerle la mano:
 
"Ora... credo che sia il momento di andare, se sei pronta." 
"Immagino di esserlo."
 
Elizabeth strinse la mano di Stephen e si alzò, chiedendosi se lo fosse effettivamente... era come se sentisse la mancanza di qualcosa. 
 
"Sei ancora in tempo per cambiare idea, lo sai?" 
"Grazie Stephen, ma onestamente credo che se cambiassi idea ora i Black non ne sarebbero molto felici..." 
 
"Non parlo del matrimonio Liz! Intendo... è sotto questo stesso tetto, posso benissimo trovarlo e dirgli che hai cambiato idea." 
 
Elizabeth guardò suo fratello osservarla con attenzione, ma scosse comunque il capo: no, non aveva affatto cambiato idea. Chissà, magari un giorno se ne sarebbe pentita, ma in quel momento non aveva voglia di pensarci. 
 
"No, va bene così. Voglio che sia tu ad accompagnarmi... e ora andiamo, o Black mi farà la predica per il ritardo." 
 
Elizabeth accennò col capo alla porta socchiusa della stanza e suo fratello annuì prima di porgerle il braccio, che la ragazza strinse prima di voltarsi di nuovo, lanciando un'ultima occhiata in direzione dello specchio. 
 
Sentiva la mancanza di qualcosa, sì... ma infondo, era così da anni ormai, aveva imparato ad abituarcisi. 
 
Immaginò sua madre sorriderle e dirle le parole che Stephen aveva suggerito poco prima... aveva ragione, probabilmente avrebbe detto proprio così.
Le labbra di Elizabeth si piegarono in un debole sorriso prima di voltarsi verso suo fratello, stringendo la presa sul suo braccio:
 
"Ok... possiamo andare. Sono pronta."

                                                                                                                              *

 
“Figurati... Beh, io me ne vado a letto se il principe me lo permette.” 
“Ma come, non rimani a farmi compagnia?” Altair inarcò un sopracciglio con un luccichio divertito negli occhi, mentre Lizzy si tratteneva dal prenderlo a sberle prima di rispondere in tono pacato:
“No, mi spiace ma per stasera non avrai compagnia... E ora zitto e dormi, Black.” 
Lizzy si girò e fece per uscire dalla camera, mentre un ultimo borbottio sommesso del ragazzo giungeva alle sue orecchie mentre Altair si rigirava sul materasso, mettendosi a pancia in giù:
“Ogni tuo desiderio è un ordine, Lizzy...” 
 
History, Cap. 14
 
 
 
Aveva gli occhi aperti, ma non riusciva comunque a vedere nulla. Niente, neanche un'ombra, le sembrava di essere improvvisamente circondata da mero vuoto... eppure sembrava tutto dolorosamente reale, specialmente il fumo che le impediva di respirare. 
 
Deglutì a fatica, sentendo gli occhi lacrimarle leggermente mentre muoveva una mano quasi come sotto l'effetto di uno spasmo, cercando qualcosa da stringere.
Cercò di nuovo di mandare ossigeno ai polmoni, ma all'improvviso sentiva come le vie respiratorie bloccate e piene di fumo... quella sensazione acre e dolorosa sembrava non volersene ancora andare, tornando a farle visita. 
 
Chiuse gli occhi, non sopportando di non riuscire a vedere nulla mentre, in compenso, sentiva quasi una voce chiamarla, anche se risultava lontana e ovattata. 
 
"Andiamo Liz... respira!" 
 
Altair le aveva messo le mani sulle spalle, tenendola leggermente sollevata per farla respirare meglio, ma Lizzy quando aprì gli occhi, riuscendo finalmente a scorgere qualcosa, si mosse di scatto, mettendosi seduta sul letto con la schiena rigida mentre stringeva convulsamente il copriletto tra le mani, tremando dalla testa ai piedi e respirando affannosamente. 
 
Ci mise un attimo a rendersi conto di essersi finalmente svegliata e di riuscire a respirare, quasi non si accorse che Altair si era alzato per aprire la finestra e far entrare aria nella stanza. 
 
"Stai bene?"     Altair tornò a sedersi accanto a lei e Lizzy annuì con un lieve cenno del capo, continuando a tenere gli occhi fissi sul copriletto mentre le lacrime le rigavano il volto.
 
"Scusami... l'ho sognato di nuovo."
"Non devi scusarti... non è colpa tua. Mi dispiace quando ti succede..." 
 
Altair allungò una mano per accarezzarle i capelli e Lizzy gli si avvicinò di riflesso, lasciandosi abbracciare mentre faceva vagare lo sguardo nella stanza, come a volersi assicurare che non ci fossero candele accese. 
 
Era diventata una specie di mania ormai da anni, prima di andare a letto faceva il giro della casa anche per ben due volte... ma si assicurava sempre che non ci fosse nessuna candela accesa, in qualunque caso.
 
"Mi dispiace, ogni volta in cui mi capita ti sveglio." 
"Non importa... spero che ti passi, ma non perché mi svegli, perché ogni volta ho il timore che tu non lo faccia." 
 
Elizabeth non disse niente, appoggiandosi a lui e chiedendosi se, con il tempo, avrebbe smesso di rivivere quella notte e di sentire il fumo nei polmoni. 
Se non altro, a differenza di quella sera, quando le capitava di rivivere le stesse sensazioni sapeva di non essere sola. 
 
 
                                                                                                                           *
 
 
“Altair, io apprezzo le persone che parlano parecchio, dico davvero. Ma con una sfida in corso e un caldo soffocante di certo non mi aiuti! Ma te le porti davvero così le ragazze, a letto? Funzionano veramente tutte queste moine?” 
Elizabeth inarcò un sopracciglio mentre Altair sorrideva, stringendosi nelle spalle:
“Solitamente si, anche se qualche... Esemplare reagisce tirando pugni.” 
“Beh, meno male, altrimenti il genere femminile sta cadendo dentro una fossa, se mi permetti!” 

History, Cap. 14
 
 
 
Elizabeth Black sbuffò sonoramente, maledicendo per la centesima volta da quando viveva in quella casa le dimensioni mastodontiche della villa. 
 
Maledetti Black, perché devono sempre ostentare e ostentare? Una casa più piccola non bastava?
 
Ormai stava girovagando per i corridoi da un po', controllando varie stanze, e non aveva ancora incontrato nessuno... strano, considerando che in quei giorni la casa si era riempita considerevolmente, ospitando improvvisamente un gran via vai di parenti, alcuni sconosciuti persino a lei o ad Altair. 
 
In effetti forse era positivo che non avesse incrociato nessuno... poche ora prima, in mattinata, si era imbattuta un paio di volte in sua cognata e Cassiopea l'aveva rispedita in camera da letto seduta stante, sostenendo che non potesse gironzolare per casa come se niente fosse in quelle condizioni. 
 
Ma dove accidenti li avevano segregati? Nei sotterranei? In cucina? 
 
Stava cominciando ad arrovellarsi su come scendere le scale, mentre continuava a scorrazzare su quella maledetta sedia a rotelle che si muoveva magicamente da sola, quando una voce piuttosto familiare giunse alle sue orecchie, con un tono vagamente esasperato:
 
"Devo dire che ormai di idee strampalate ne ho viste, uscire dalla tua testa... ma questa è veramente degna di nota. Si può sapere, di grazia, dove pensi di andare?" 
 
"Ah, Black. Eccoti finalmente, pensavo che te ne fossi andato... dov'eri finito?" 
"Ti ricordo che al piano di sotto ci sono circa 70 persone, Liz... qualcuno deve pur tenere d'occhio la mia famiglia." 
 
Altair Black sospirò prima di avvicinarsi alla moglie, e l'Auror fece anche per prendere i manici della sedia e riportarla indietro, quando la voce piuttosto seccata di Lizzy lo bloccò:
 
"Non ci pensare nemmeno, io non ci torno in camera! Non sono malata, nel caso non ve ne foste accorti!" 
"No, non lo sei, ma ti devi riposare comunque... e che ci fai qui? Ti sei persa per la decima volta?" 
"Smettila di prendermi in giro, ho smesso di perdermi in questa casa già da un po'... no, veramente stavo cercando di capire dove avete nascosto i MIEI figli." 
 
"Nostri." 
"Beh, in ogni caso voglio vederli! Se metto le mani sulle levatrice che li ha portati fuori dalla stanza ieri... Non mi interessa se l'etichetta dice così, se la tua famiglia non me li fa tenere con me nella stessa stanza commetterò un omicidio di massa." 
 
Altair roteò gli occhi anche se, riflettendoci, non era un'immagine così inverosimile... Lizzy non aveva preso particolarmente bene l'essersi addormentata, la sera prima, senza trovare i gemelli nelle culle quando si era svegliata. 
 
"Cerca di non dare in escandescenza Liz, ora torna in camera... te li porto io." 
"Grazie, ma preferisco fare da me. E giuro che se qualcuno si mette sulla mia strada, lo investo!" 
 
Elizabeth sbuffò prima di chiedere - o forse ordinare - al marito di dirle in quale stanza avessero portato Elnath ed Electra... e ad Altair non restò che sperare vivamente che suo padre o qualcuno dei suoi zii non andassero dalla moglie per cercare di farla demordere. 
 
 
                                                                                                                                  *
 
 
Lizzy stava per chiedere ad Ian di stare con lei quando una lampadina le si accese e un sorrisetto faceva capolino sul volto della ragazza: poteva farsi sfuggire un’occasione simile? 
No di certo.
“Black!” 
Lizzy si stampò un gran sorriso sul volto, praticamente saltellando in direzione del ragazzo che si voltò e la guardo leggermente stralunato, di certo chiedendosi che cosa l’avesse spinta a rivolgersi a lui: 
“Si, cara?” 
Chiamami ancora così e ti rompo il naso per la seconda volta 
“Ti va di stare con me?” 
Altair sbattè le palpebre per un attimo, continuando a guardarla e chiedendosi se per caso non avesse sbattuto la testa o cose simili… Aveva sentito male, probabilmente.
Doveva essere per forza un’allucinazione. 
Lei invece lo guardò come se fosse in attesa, inarcando un sopracciglio: 
“Sei rimasto scioccato?” 
“Forse un po’… Sapevo che non mi puoi stare lontana Lizzy, ma non fino a questo punto.”  

 
“Vi siete finalmente accordati per il nome? Sarebbe anche ora, in fin dei conti.”
 
Antares Black inarcò un sopracciglio, puntando gli occhi sul cugino mentre Lyra era seduta sul letto matrimoniale, tenendo tra le braccia la figlioccia nata appena un’ora prima.
Altair era seduto sul materasso accanto alla moglie e annuì prima di allungare un braccio verso la cognata, che con un sorriso gli restituì la bambina.
 
“Sì Ant… Eltanin. Eltanin Catherine Black.”
 
L’Auror sorrise alla bambina, sfiorandole il capo con due dita mentre la moglie si voltava di scatto verso di lui, guardandolo con gli occhi scuri carichi di stupore. Altair però o non ci fece caso o decise di ignorarla, limitandosi a sorriderle prima di appoggiare il capo contro il suo.
 
 
“Ci avete messo nove mesi a mettervi d’accordo, ma è un gran bel nome.”
 
Lyra sorrise ai due appena prima che la porta della camera si spalancasse, mostrando Cassiopea in piedi sulla soglia con tre bambini davanti e un’espressione vagamente mortificata:
 
“Emh… scusate, ma non sono riuscita a fargli cambiare idea… vogliono vedere la nuova arrivata.”
 
“Ma certo. Su, venite qui.”
 
Altair rivolse un cenno ai due figli e a Libra, scaturendo tre sorrisi mentre i cugini si spintonavano a vicenda per vedere la bambina che il padrone di casa teneva tra le braccia.
 
“Fate piano, non è un bambolotto!”
 
Lyra afferrò prontamente la figlia e la sistemò sul letto accanto a sé, facendo sorridere la bambina con aria colpevole.
 
Altair si sporse leggermente per far vedere Eltanin ai due figli, che iniziarono a fare domande a raffica mentre Elizabeth sorrideva al marito, dicendogli qualcosa in labiale e guardandolo con sincera gratitudine:
 
“Grazie."
 
 
Ovviamente le sarebbe piaciuto chiamare una delle sue figlie con quel nome, ma non aveva potuto farlo per via della tradizione della famiglia del marito… e ovviamente Altair se n’era reso conto.
 
 
                                                                                                                                       *
 
 
"Hai per caso un'idea sul perché i Travers ci scrivano?" 
 
Altair Black, vagamente perplesso per il nome del mittente scritto sulla busta della lettera, ruppe il sigillo di ceralacca rossa per leggere il contenuto della lettera mentre Lizzy, seduta sul divano di fronte a lui, sfoggiava la sua stessa espressione confusa. 
 
"No, in effetti no. Ma forse è solo l'invito ad una festa..." 
 
"Temo proprio di no."  
Altair parlò con un tono che trasudava una leggera irritazione mentre leggeva velocemente la lettera, prima di ripiegarla e riportare gli occhi chiari sulla donna che lo osservava con cipiglio sempre più confuso:
 
"Non so se lo ricordi, ma i Travers quattro anni fa hanno avuto un figlio." 
 
A quelle parole il volto di Elizabeth mutò piuttosto rapidamente, assumendo un'espressione piuttosto seccata prima che gli occhi della donna cadessero sul tappeto che copriva parte del pavimento, tra i divani dove si erano accomodati lei e Altair, dove sia Elnath che Elettra stavano giocando. 
 
"Ah, certo... fammi indovinare, si tratta di Elly? Anche se ha appena tre anni?" 
"Già." 
 
"Beh, dì loro che va bene." 
 
Elizabeth si alzò, annunciando che sarebbe andata a prendersi una tazza di thè mentre Altair la seguiva con lo sguardo, guardandola con gli occhi azzurri sbarrati e un'espressione profondamente stupita dipinta in volto:
 
"Come scusa?" 
 
L'idea che lei appoggiasse i matrimoni combinati era pressoché assurda... specialmente considerando che Electra era ancora molto piccola. 
 
"Quando sarò morta." 
 
 
                                                           *
 
 
“Non vorrei metterti fretta Lizzy… ma cosa stai aspettando?”    Altair inarcò un sopracciglio e per tutta risposta la ragazza alzò una mano, come a volerlo zittire. 
“Mi sto concentrando…” 
“Stai aspettando che un biglietto urli “se peschi me potrai trasformare Altair Black in un cactus”?” 
“No, in effetti preferirei un rospo.” Lizzy mise la mano nella boccia e pescò un bigliettino, aprendolo sotto lo sguardo quasi ansioso di Altair: l’idea che Elizabeth Abbott potesse avere la scusa di trasformarlo in un rospo non lo allettava per nulla. 
“Mm… peccato, un pappagallo. Ma visto come sei chiacchierone, credo che possa andar bene lo stesso. Tu in cosa avrai il piacere di trasformarmi?” 
Altair sorrise, mostrandole il foglietto che aveva estratto poco prima: un gatto. 
“Grandioso… io li odio, i gatti. Beh, cerca di farmi tornare normale in fretta, ok?”
 
 
 
"Lizzy?" 
 
Altair continuò a salire le scale chiedendosi dove si fosse nascosta sua moglie visto che non la trovava da nessuna parte... era tornato a casa da qualche minuto e ad accoglierlo c'era stato solo un vero e proprio silenzio tombale. 
 
"Liz? Dove ti sei cacciata?" 
 
Si fermò davanti all'ennesimo corridoio ma, svoltato l'angolo, un sorriso gli comparve finalmente sul volto quando vide Elizabeth a qualche metro da lui, tenendo Eltanin per mano e inginocchiata sul pavimento. 
 
"Ah, eccovi qui. Che c'è per cen-" 
 
"FERMO. Aspetta." 
 
Elizabeth gli intimò con lo sguardo di non muoversi e Altair istintivamente si fermò, guardandola però con aria confusa:
 
"Ok... ma perché?" 
 
"Ti ho detto di non muoverti, stai lì!" 
"Ma veramente..." 
 
"Black, fermo o ti trasformo in un rospo!" 
 
Elizabeth lo fulminò con lo sguardo e l'uomo sbuffò mentre la bambina invece, di poco meno di un anno, rise leggermente mentre continuava a tenere gli occhi scuri fissi sul padre e le mani strette in quelle della madre, che le sorrise prima di parlare di nuovo, con un tono decisamente più dolce:
 
"Che aspetti El? Vai da papà." 
 
Lizzy mollò la presa sulle mani della figlia, dandole una lieve spintarella sulla schiena mentre Eltanin rivolgeva un gran sorriso in direzione del padre, allungando le braccia verso di lui mentre iniziava a camminare, barcollando, nella sua direzione. 
 
Altair rimase, per qualche istante, perfettamente immobile come Lizzy gli aveva praticamente ordinato di fare... ma poi sorrise, chinandosi per allungare a sua volta le mani verso le figlia e prenderla quando l'ebbe raggiunto, sistemandosela sulle spalle:
 
"Ma che brava, ora cammini... stai diventando grande." 
 
"Almeno per una volta mi hai ascoltata e sei stato fermo..." Elizabeth sorrise mentre li raggiungeva, facendolo sbuffare leggermente mentre teneva ancora Eltanin sulle sue spalle, ignorando le mani della bambina che gli spettinavano come al solito i capelli:
 
"Che eresie vai dicendo Liz, io ti ascolto sempre... El, hai fame? Si, secondo me ha fame, quindi andiamo a mangiare, anche papà ha fame..." 
 
"Non avevo dubbi." 
 
 
                                                                                                                                           *
 
 
Altair scese velocemente la rampa di marmo, arrivando nell’ingresso quando finalmente fu pervaso dal sollievo: Elizabeth Abbott era appena uscita dalla porta del salotto, il capo chino e gli occhi fissi su un foglio di pergamena dove stava scarabocchiando qualcosa che aveva di certo a che fare con l’Alchimia.
Senza esitare Altair prese a camminare nella sua direzione, non facendo minimamente caso alla presenza di Aerin, Maximilian e Connie che erano appena entrati dalla porta d’ingresso. 
Lizzy, sentendo dei passi che si avvicinavano, alzò gli occhi dalla pergamena per posarli sul ragazzo senza fare in tempo a dire qualcosa o a spostarsi: due secondi dopo sentì i piedi staccarsi da terra… e non era una sensazione: Altair l’aveva effettivamente sollevata e portata alla sua stessa altezza mentre la baciava, una mano tra i suoi capelli scuri e l’altro braccio che la sorreggeva.
History, Cap. 15
 
 
 
Camminava così in fretta da rischiare di travolgere i Medimaghi che le passavano davanti, con le loro divise verdi e impegnati a discutere o a trasportare qualche paziente. 
 
"Scusi..."
 
Non si voltò neanche quando urtò un Medimago e procedette dritta per la sua strada, camminando lungo il corridoio mentre cercava il numero della stanza giusta.
Il quarto piano dell'ospedale era piuttosto affollato, ma non vide traccia di nessuno che conosceva... possibile che fosse stata la prima ad arrivare? 
 
Quando si fermò finalmente davanti alla porta etichettata come "47" si fermò, sollevando un braccio tremante prima di bussare leggermente e aprire la porta, deglutendo a fatica. 
 
Gli occhi di Cassiopea Black finirono col posarsi immediatamente sul letto che le stava davanti, entrando nella stanza e lasciando che la porta le si chiudesse alle spalle mentre sua cognata si accorgeva della sua presenza, sollevando lo sguardo:
 
"Ciao Cassy." 
"Ciao... come sta?" 
 
Si avvicinò alla sedia vuota e ci si lasciò scivolare sopra senza staccare gli occhi da suo fratello, che era privo di sensi mentre Lizzy si era seduta accanto a lui sul materasso, accarezzandogli i capelli e osservandolo a sua volta.
 
"Non si è ancora svegliato."
 
Cassiopea fece vagare lo sguardo sulle braccia del fratello, abbandonate sul lenzuolo bianco, e sulla porzione di petto che riusciva a vedere, trovando un considerevole numero di ferite che erano state recentemente ricucite e di ematomi provocati da incantesimi.
 
"Dove sono i bambini?" 
"Se ne sta occupando Lyra, a casa... e Ant dovrebbe arrivare a momenti." 
 
Cassiopea annuì e spostò gli occhi dal fratello per guardare sua cognata, che teneva ancora gli occhi incollati al viso del marito mentre gli sfiorava una guancia con un dito.
 
"Sono sicura che si sveglierà presto." 
 
In effetti Cassiopea non seppe mai dirsi se pronunciò quelle parole per rincuorare sua cognata o lei stessa, ma smise di pensarci quando vide Elizabeth annuire quasi distrattamente:
 
"Lo so." 
"In che senso?" 
"Me lo ha promesso un mucchio di volte, che non si farà mai uccidere." 

 
                                                                                        *
 
 
Ed ecco che all'improvviso sentì quella voce, la sua voce, chiamarla. "Lizzy!"
La Tassorosso non avrebbe voluto, ma il suo corpo non era più in grado di rispondere correttamente ai comandi. Fu così che si girò a guardare con aria perplessa Altair Black, che era appena ricomparso. Dopo quasi venti ore durante le quali era scomparso nel nulla. 
Dove diamine era stato fino a quel momento? Quel ragazzo aveva la rara capacità di scomparire senza lasciare traccia.
Elizabeth lo guardò con un sopracciglio inarcato, come a volergli chiedere che altro volesse da lei. 
E nel giro di pochissimo si ritrovò nella stessa situazione del giorno precedente: il Serpeverde si era chinato, le aveva afferrato il viso e l'aveva baciata, incurante del pubblico. E Lizzy si era trovata a rispondere quasi con foga, mentre percepiva le braccia del ragazzo spostarsi verso la sua vita.
Quando si staccarono - nessuno dei due capì con esattezza quanto tempo fosse passato - la Tassorosso notò un luccichio strano negli occhi del ragazzo. Quasi... divertito.
"Sai Liz" Iniziò lui con tono leggermente ironico "la prova di ieri di Cantankerus mi ha dato un'idea. E non avrò pace finché non la realizzerò."
Tutti i campanelli d'allarme risuonarono nella testa della ragazza, ma prima di poter minimamente reagire percepì Altair intensificare la stretta e poi puntarle la bacchetta contro.
Poco dopo il giovane Black girava con aria soddisfatta per il cortile di Malfoy Manor trasportando e coccolando una - a suo dire - bellissima gattina dal pelo marrone alquanto soffice, che continuava a soffiare irritata contro di lui, mentre Ian ed Aerin non riuscivano neanche a respirare a causa delle troppe risate.

History, Cap. 16
 
 
Ad Altair Black non era mai piaciuto molto starsene a lungo in panciolle, chiuso dentro una stanza, in silenzio senza far nulla.
Proprio per questo motivo da qualche giorno se ne stava quasi perennemente seduto sul letto con la schiena appoggiata ad un cuscino, sbuffando debolmente e tamburellando le dita di una mano sul braccio opposto, cercando di ammazzare il tempo.
 
Era tornato a casa dal San Mungo da due giorni e aveva sperato che quando sarebbe successo avrebbe finalmente potuto non passare ore perennemente seduto… ma evidentemente si era sbagliato.
 
L’Auror stava percorrendo lentamente un corridoio per andare a salutare i figli al piano inferiore, con un lieve sorriso sollevato stampato sul viso: aveva decisamente bisogno di uscire dalla sua camera… e sicuramente niente l’avrebbe tenuto impegnato come badare ai tre bambini.
 
Stava quasi per dare l’intento per completato quando si bloccò istintivamente, sentendo una voce alle sue spalle chiamarlo:
 
“Altair! Cosa credi di fare?”
“Niente… voglio solo un bicchiere d’acqua.”
 
L’uomo ruotò su se stesso e sorrise alla moglie, che invece gli indirizzò un’occhiata torva prima di avvicinarglisi e prenderlo sottobraccio, parlando con un tono che non ammetteva repliche:
 
“Beh, puoi sempre chiedere ad un elfo… ne abbiamo già discusso, ti devi riposare. E quei tre di sicuro non te lo permetteranno.”
“Ma io non voglio riposarmi, sto benissimo!”
“Beh, non tornerai al Dipartimento prima di dopodomani e per allora dovrai essere tornato come nuovo… perciò vai a riposare.”
 
Altair sbuffò, lanciando un’occhiata alla moglie e trovando Lizzy con un lievissimo sorriso stampato sul volto… o almeno, i suoi occhi scuri ridevano.
 
“La situazione ti diverte, cara?”
“Non immagini quanto. Posso finalmente farti capire come mi sentivo io quando ero incinta e tutti mi trattavano come se fossi in fin di vita… Ma lo faccio anche perché mi preoccupo per te, naturalmente.”
 
Lizzy sorrise, appoggiando il capo contro il braccio dell’Auror mentre questi sbuffava, non osando però replicare.
 
 
                                                                                                                             *
 
 
Quasi senza riflettere Altair prese delicatamente il polso di Lizzy, che quasi sobbalzò ma non ritrasse il braccio, lasciando che il ragazzo glielo sollevasse leggermente per poter vedere meglio i segni.
  “Posso?” 
Lizzy si limitò ad annuire appena con un cenno del capo, dandogli silenziosamente il permesso di sollevare la manica della camicia per poter vedere completamente le ustioni.
Gli occhi azzurri di Altair percorsero l’avambraccio ora completamente scoperto di Lizzy quasi con orrore, seguendo le ustioni che avevano martoriato parte del gomito e continuavano anche sul braccio.
“Ma come…”
“Quando mia madre è morta. Mio fratello non si era svegliato e… beh, l’ho aiutato ad uscire diciamo.”
 
 
 
Elizabeth tamburellava le dita sul ripiano della scrivania, aspettando pazientemente - anche se, in effetti, lei molto paziente non lo era mai stata - che suo marito facesse finalmente la sua comparsa. 
 
Era andata al Dipartimento per chiedergli di pranzare insieme ma le era stato detto che era "impegnato"... lei però aveva piantato le tende nel suo ufficio, decisa ad aspettare invece che tornare a casa e occuparsi dei tre marmocchi. 
 
Quando la porta si aprì la donna esultò mentalmente, sorridendo nel trovarsi finalmente Altair davanti: 
 
"Lizzy! Sei venuta a farmi una sorpresa?" 
"Già... o almeno così pensavo, ma a restare sorpresa sono stata io. Perché intorno al tuo ufficio ronzano sempre un centinaio di sanguisughe?" 
"Le sanguisughe non ronzano, tesoro." 
 
"HAI CAPITO COSA INTENDO." 
 
Elizabeth sbuffò, roteando gli occhi mentre Altair sorrideva, guardandola con aria divertita:
 
"Lizzy, non sarai mica gelosa, vero?" 
"Io non sono affatto gelosa. Mi chiedevo solo perché tutti dicono che ci sono poche donne Auror quando il Dipartimento pullula di idiote che sgambettano dietro ai mariti altrui..." 
 
"Certo, lo vedo, non sei gelosa." 
"No, infatti. Ora muoviti Black, ho fame e ti sto aspettando da un'ora! Hanno provato a mandarmi a casa in tutti i modi, ma io ho piantato le tende e mi sono rifiutata di andarmene." 
 
"Non mi sarei aspettato niente di diverso da te."   Altair sorrise mentre usciva nuovamente dall'ufficio insieme a lei, tenendola a braccetto e facendola sorridere a sua volta.
 
 
                                                                    *
 
“Mi dispiace.”
Lizzy si strinse appena nelle spalle, abbassandosi la manica della camicia a facendo scivolare il braccio dalla presa di Altair prima di parlare: 
“Non importa… Sono passati due anni dopotutto e poteva andare peggio. E’ solo un braccio e mio padre e mio fratello stanno bene.” 
Lizzy sorrise debolmente, quasi volendo convincere se stessa invece che chi le stava davanti.
Poi abbassò lo sguardo, faticando a reggere il contatto visivo con gli occhi azzurrissimi di Altair che la osservavano con attenzione quasi volendo capire che cosa provasse o pensasse. 
Il braccio di Altair si spostò sulle spalle di Lizzy, attirandola a se e appoggiando la tempia sul suo capo, sfilandole il libro dalle mani e appoggiandolo sul tavolino per poi abbracciarla completamente. Con suo gran sollievo lei non disse nulla e lo lasciò fare, appoggiandosi alla sua spalla e chiudendo gli occhi quasi come se sentisse di potersi rilassare e abbassare le difese con lui. 
“Lo so… Ma poteva anche andare meglio, infondo.”
History, Cap. 16
 
 
 
Ad Eltanin Black era sempre piaciuto parecchio gironzolare per la sua grande casa e aprire tutte le porte che non trovava sigillate... per poi cercare di convincere i suoi genitori di farle vedere cosa nascondessero quelle che effettivamente lo erano. 
In particolare, da tempo cercava di salire di soppiatto in soffitta... disgraziatamente però o sua madre o suo padre la coglievano sul fatto tutte le volte e la portavano via di peso, sostenendo che lì ci fossero cose "per niente adatte ai bambini". 
 
Ci aveva provato anche poco prima, ma sembrava che sua madre avesse una specie di sensore e l'aveva bloccata comunque. 
 
Prima o poi però ci sarebbe entrata, poco ma sicuro. 
La bambina, di appena cinque anni, si fermò davanti ad una porta socchiusa che, ormai lo sapeva, conduceva ad un piccolo salotto dove sua madre amava prendere il thè con le sue zie...  E intuendo che sua madre fosse lì dentro la bambina prese la maniglia ormai un po' arrugginita, aprendo leggermente l'anta per vedere l'interno della stanza. 
 
Un sorriso comparve sul volto di Eltanin nel trovarsi effettivamente la madre davanti... mosse qualche passo avanti per raggiungerla, ma poi si bloccò, gli occhi scuri improvvisamente puntati su qualcun altro. 
 
 
 
Elizabeth era in piedi, la bacchetta in mano, ma il braccio abbandonato lungo il fianco.  Non era difficile, non era neanche la prima volta in cui si trovava in quella situazione... ma proprio non riusciva a staccare gli occhi dal cadavere pieno di sangue, steso sul pavimento di fronte a lei. 
 
Non era una bella vista e forse avrebbe dovuto distogliere lo sguardo, ma proprio non ci riusciva, come non riusciva a pronunciare quell'incantesimo così semplice. 
 
Una voce, piuttosto familiare ma che non avrebbe dovuto sentire in quel momento, ruppe la bolla in cui si trovava, facendola voltare di scatto verso la soglia della stanza:
 
"Mamma..." 
 
Elizabeth si voltò e, con orrore, si ritrovò a guardare la più piccola tra i suoi figli prima di muoversi d'istinto, avvicinandosi alla bambina:
 
"El, che ci fai qui? Vieni, andiamo via." 
"Ma..." 
"Non è niente, andiamo." 
 
Maledicendosi per non aver chiuso la porta Elizabeth sollevò la bambina e uscì dalla stanza, fornendo comunque un'ultima immagine alla figlia del corpo privo di vita abbandonato sul pavimento, prima che Eltanin scoppiasse a piangere. 
 
 
 
Elizabeth Black sbuffò mentre continuava a misurare l'ingresso a grandi passi, chiedendosi perché suo marito ci mettesse tanto a rientrare. 
Continuava a maledirsi mentalmente per non aver chiuso la porta, ma aveva pensato che ci avrebbe messo poco a sbarazzarsi di uno stupido Molliccio... di certo non immaginava di trovarsi davanti a quello spettacolo e di restarci bloccata davanti. 
 
Ci aveva messo un'infinità a far smettere Eltanin di piangere e a convincerla che suo padre stava benissimo... ma El ancora non sembrava del tutto convinta, e Elizabeth moriva dalla voglia che il marito tornasse per dimostrare alla figlia che aveva ragione. 
 
 
"Come mai stai marciando?" 
 
Sentendo la voce di Altair si fermò, voltandosi verso il marito e sospirando quasi di sollievo, avvicinandoglisi e spingendolo verso le scale senza neanche lasciargli il tempo di sfilarsi il mantello:
 
"Ciao... vai da Eltanin, subito." 
"Perché? È successo qualcosa?" 
 
"Diciamo di sì... vai e dille che stai benissimo, per favore." 
"Ha per caso trovato i tuoi progetti per farmi fuori?" 
 
"No Black, tutto il contrario, ha visto il mio Molliccio." 
"Il tuo Molliccio sono io morto?" 
 
Altair si voltò verso di lei senza smettere di camminare, guardandola con perplessità prima che Liz sbuffasse, annuendo con fare sbrigativo:
 
"Sì, ma ora vai per favore, è convinta che tu sia passato a miglior vita e ha pianto per un'eternità..." 
 
 
 
Mezz'ora dopo Lizzy era seduta su un divanetto nel corridoio, appena fuori dalla camera di Eltanin, aspettando che Altair uscisse. Quando Eltanin lo aveva visto gli era corsa incontro con un largo sorriso, abbracciandolo e chiedendogli se ora stesse bene. 
 
Elizabeth sbuffò con impazienza, muovendo nervosamente la gamba che teneva accavallata sull'altra mentre si riprometteva mentalmente che d'ora in avanti avrebbe chiuso la porta a chiave prima di piazzarsi di fronte ad un dannato Molliccio.
In effetti erano passati anni dall'ultima volta in cui si era trovata davanti a quel genere di creatura... quella era stata la prima volta in cui si era trovata davanti a quello spettacolo, e non aveva potuto fare a meno di esitare, chiedendosi come si sarebbe sentita se fosse effettivamente successo. 
 
 
Quando la porta si aprì il flusso di pensieri della donna s'interruppe bruscamente, portandola ad alzare lo sguardo su Altair, che sorrideva mentre teneva Eltanin per mano:
 
"Io ed El abbiamo parlato... e papà sta benissimo, giusto tesoro?" 
"Sei sicuro?" 
 
Eltanin osservò il padre con aria critica, allungando una mano per sfiorargli il braccio e controllare che non avesse nessuna ferita, facendolo ridacchiare:
 
"Certo. Vai a giocare con Elly, così io dico alla mamma di non fare più brutti scherzi, ok?" 
 
"Grandioso, ora passerai la vita a rinfacciarmi l'accaduto... stupido Molliccio." 
"Non dire così Liz, non ti prenderò in giro... anche se, quando mi rimprovererai o dirai che "sei proprio un cretino" "ma perché mi sono innamorata di te?" io potrei uscirmene con qualcosa come "sarà, ma la tua paura più grande resta comunque perdermi"..." 
 
"Ecco, appunto." 
 
Lizzy sbuffò mentre si alzava, con la figlia che si allontanò sorridendo per raggiungere la camera della sorella maggiore e Altair che ridacchiava, prendendola sottobraccio e rivolgendole un sorriso:
 
"Non preoccuparti Liz, non ti libererai di me." 
 
 
                                                                                               *
 
 
“BLACK! Prima ti intrufoli qui e poi mangi! Vergognati, come aiuto-cuoco fai veramente pena.”
“Io NON sono un aiuto-cuoco, Liz... Sono uno spiluccatore, tienilo bene in mente.” 
Ian corse nella dispensa per mascherare l’attacco di ilarità che l'aveva colpito dopo la puntualizzazione di Altair, che aveva incrociato le braccia al petto come se avesse detto qualcosa di importanza estremamente rilevante.
Lizzy non disse invece nulla per qualche momento, gli occhi fissi sul bel volto del ragazzo che la osservava a sua volta, quasi in attesa di una sua qualche reazione. 
Quasi senza pensarci e in modo automatico, le mani di Lizzy volarono sulla ciotola della farina, immergendo le dita nella sottile polvere bianca... E due secondi dopo le aveva sbattute con forza davanti al volto del ragazzo, riempiendolo di conseguenza di farina. 
Una risatina echeggiò nella cucina mentre Altair, rimanendo impassibile, si levava dalla bocca e dagli occhi la farina sempre tenendo gli occhi azzurri sulla mora, che sorrise beffarda prima di domandare se la farina fosse di suo gradimento.
“Si, è di mio gradimento... Sai una cosa Liz? Non si è mai sentito di un cuoco che non assaggia ciò che prepara... Serviti pure.”
La mano di Altair volò nella ciotola con la crema al cioccolato prima di spalmarla senza tante cerimonie sulle guance e sulla bocca di Lizzy, sorridendo e cercando di non ridere.
Lizzy, rimanendo impassibile, si passò un dito sul labbro superiore per poi assaggiare la crema:
“Beh, però è buona sul serio! Tu che ne dici, caro il mio spiluccatore?”
Lizzy sorrideva divertita, mentre invece Altair assottigliò leggermente gli occhi prima di parlare in tono serio:
“A dire il vero non saprei... Per darti un giudizio, dovrei riassaggiarla.” 
E senza nemmeno darle il tempo di dire qualcosa o anche solo muoversi il ragazzo l’afferrò per i fianchi, trascinandola verso di lui e baciandola con trasporto.

History, Cap. 17
 
 
"Non fate saltare in aria nulla, mi raccomando!" 
 
Altair agitò una mano in segno di saluto, sorridendo con leggero nervosismo ai suoi figli più grandi, guardandoli spuntare dal finestrino dell'Espresso per Hogwarts. 
 
"Tranquillo papà, faremo i bravi!" 
"Lo spero... dici che faranno esplodere qualcosa?" 
 
Altair inarcò un sopracciglio, guardando il treno allontanarsi mentre la mano di sua figlia Eltanin era stretta nella sua, facendola dondolare leggermente. 
Quando non udì alcuna risposta l'Auror si voltò verso la moglie con espressione confusa, sgranando gli occhi azzurri con stupore nel trovare Lizzy con gli occhi lucidi. 
 
"Liz! Stai piangendo?" 
"Beh? Non mi hai mai vista piangere?" 
 
"Ehm... onestamente credo che l'ultima volta in cui è successo risalga a prima del matrimonio... tieni." 
 
Altair le porse un fazzoletto guardandola ancora con aria stralunata, mentre Lizzy si soffiava il naso e Eltanin sorrideva alla madre, prendendo per mano anche lei:
 
"Dai mamma, ci sono io a tenervi compagnia!" 
"Già, per fortuna ci sei tu El... ma mi mancheranno, quei due demonietti." 
 
"Anche a me. Coraggio, andiamo." 
 
Altair sorrise alla moglie, mettendole un braccio sulle spalle e lasciandole un bacio sulla tempia prima di allontanarsi, tenendo ancora Eltanin per mano.
 
Sicuramente avrebbe sentito la mancanza dei gemelli... ma almeno avrebbe potuto avere un po' di respiro e non dover controllare perennemente che non distruggessero qualcosa. 
 
 
                                                                                          *
 
 
“Oh, andiamo Lizzy... Forse non sarebbe lo stesso, ma a chi importa? A me no di certo, quindi non deve importare nemmeno a te. Probabilmente mio padre non urlerà di gioia perché sperava in altro, ma se la metterà via. Sei una Abbott, sei Purosangue e questo basterà alla mia famiglia... In caso contrario, me la vedrò io con loro.”
“Ma stai scherzando, non devi scegliere tra me e la tua famiglia! Certo sono Purosangue è vero... Ma dimmi Altair, sono abbastanza per la Nobile e antichissima Casata dei Black?” 
Lizzy inarcò un sopracciglio, le ultime parole pronunciate trasudavano sarcasmo da tutte le parti... E questo allargò maggiormente il sorriso di Altair, che annuì appena con un cenno del capo prima di parlare:
“Non lo so Lizzy. Ma di sicuro sei più che abbastanza per me. È vero, non ti chiami Greengrass, Flint, Nott, Burke, Malfoy o Rosier... Ma credimi, è meglio così... Non resisterei due settimane con una di loro, conoscendole.”
 
History, Cap. 17
 
 
Altair Black teneva le gambe accavallate mentre continuava a tamburellare le dita sulla tovaglia ricamata, aspettando con lieve impazienza che sua figlia facesse il suo ingresso nella sala per cenare.
 
Non sembrava essere l’unico della famiglia a pensarla così visto che sua moglie, seduta accanto a lui, rivolse un’occhiata scettica al figlio dopo aver controllato l’orologio:
 
 
“Ma dove si è cacciata tua sorella? Elnath, puoi andare a vedere dov’è, per favore?”
 
Probabilmente il ragazzo era impaziente di cenare almeno quanto il padre perché annuì e non sollevò la minima protesta, alzandosi e facendo per dirigersi verso la porta… ma sua sorella Electra lo batté sul tempo ed entrò nella sala con un sorriso enorme stampato sul viso, tenendo una lettera in mano:
 
“Scusate il ritardo!”
“Eccoti finalmente! Che fine avevi fatto Elly?”
 
“Stavo leggendo una lettera… El mi ha scritto.”
 
La ragazza sorrise e si avvicinò in fretta al suo posto mentre la madre la seguiva con lo sguardo, sistemandosi il tovagliolo bianco sulle ginocchia prima di parlare di nuovo:
 
“Come sta?”
“Benissimo… anzi. Mi ha detto che ha un ragazzo!”        Electra sorrise allegramente, quasi saltellando sulla sedia mentre la madre sgranava gli occhi prima di voltarsi di scatto verso Altair, che si stava quasi strozzando con il vino.
 
“Forse dovevi dirlo quando tuo padre non avrebbe avuto posate a portata di mano… Altair, riprenditi.”
 
La donna sbuffò e si sporse per dare un paio di pacche sulla schiena del marito, che tossicchiò prima di puntare gli occhi chiari sulla figlia quasi con un che di minaccioso:
 
“E da quando, sentiamo?”
“Non saprei… mi ha detto solo questo.”
“E come si chiama, di grazia?”
 
“Emh… Aiden. Aiden Burke.”
 
“Ma Burke non è il nome del Capo degli A- Mamma, mi passi il sale?”
 
Di fronte allo sguardo eloquente della madre Elnath si affrettò a divagare, sorridendo con lieve nervosismo mentre il padrone di casa invece impallidiva leggermente, trattenendosi dal mettersi le mani tra i capelli:
 
“BURKE? Non dirmi che è imparentato con il mio capo!”
“Non so, ma posso sempre chiederglielo…”
 
 
Lizzy intimò con lo sguardo alla figlia di tacere, sporgendosi verso il marito e sorridendogli leggermente mentre posava una mano sul suo braccio:
 
“Tesoro? So che è un duro colpo per te, ma conta fino a 10… e non svenire. Magari non sono parenti stretti e potrai minacciarlo comunque, chissà.”
 
 
                                                                               *
 
 
“Azzardati a ridere e vedi cosa ti succede.”    
Ma non ci riusciva... malgrado la minaccia e il tono secco di Lizzy, Altair rideva sotto i baffi.
“Scusa, ma... Che accidenti era quel “oh, che peccato, sono stata eliminata!” ?” 
“Come cos’era? Era la lamentela di una ragazza affranta dalla sconfitta, non ti pare?”    Lizzy lo guardò con aria innocente, stringendosi nelle spalle per poi piegare le labbra in un sorrisetto. Altair la imitò, scuotendo appena il capo come se non la capisse:
“Sei veramente un personaggio, Lizzy... Farsi eliminare apposta è veramente il colmo.” 
“Solitamente non lo farei mai, ma l'idea di perdere contro di TE non mi alletta per niente. Perdere contro la mia migliore amica è molto più gratificante.” 
 
History, Cap. 18
 
 
2 Giugno 1978
 
 
Elizabeth Black abbassò lo sguardo sulla bambina che teneva tra le braccia, osservando sua nipote dormire dopo essere finalmente riuscita a farla smettere di piangere.
 
“Beata te che riesci a fare sonni tranquilli… sai, ultimamente per noi è diventato un po’ difficile.”
 
La donna sorrise leggermente, sfiorando i lisci capelli castani della bambina e ripensando a quando aveva tenuto sua figlia Eltanin tra le braccia a quella stessa età. Era davvero strano l’essere diventata nonna, tutti quegli anni erano passati forse troppo in fretta…  E a volte, da qualche tempo, finiva col chiedersi se sarebbero mai riusciti a ritrovare la serenità di un tempo.
 
Quando sua figlia le aveva chiesto se le andasse di tenere la bambina di appena due mesi non aveva esitato neanche per un attimo prima di rispondere affermativamente: i suoi figli erano cresciuti ormai e prendersi cura di una bambina non le dispiaceva affatto.
 
“Sei sicura mamma? Posso chiedere ad Electra… è il 2 Giugno.”
“Non c’è problema… sai che l’adoriamo.”
 
Quando sentì l’ormai familiare rumore del fuoco provocato dalla polvere volante la donna sollevò gli occhi scuri dalla nipote per posarli sull’uomo che era appena comparso nella stanza, sorridendogli:
 
“Ciao… Come stai?”
“Poteva andare peggio… ma anche meglio.”
 
Altair sbuffò ma poi sorrise nel posare gli occhi sulla moglie e sulla nipote, sedendosi accanto a Lizzy per darle un bacio a stampo.
 
“Al Ministero va tutto a scatafascio e il Dipartimento lo segue ad effetto domino… ma non mi va di parlarne anche a casa, non stasera. Dorme? Peccato, volevo giocarci un po’…”
“Scordatelo, ci ho messo ore a farla dormire!”
 
“Beh, comunque ora è il mio turno…”
Altair si strinse nelle spalle prima di sfilare con delicatezza la nipote dalle braccia della moglie, sorridendo alla bambina che dormiva placidamente.
 
“Ti ricordi quando avevano la sua età?”
“Gia… sembra passato un secolo. E allo stesso tempo, pochi attimi… Siamo diventati vecchi Black, accettiamolo.”
 
“Abbiamo 53 anni Liz, non è poi così grave… e comunque, io sono ancora il più affascinante in circolazione.”
“Certamente, non lo metterei mai in dubbio.”
 
Elizabeth sfoggiò un lieve sorriso, sfiorando il braccio del marito con le dita mentre lo guardava con cipiglio divertito, ripensando a tutte le volte in cui gli aveva sentito pronunciare una frase simile.
Erano sposati da 30 anni ormai e si conoscevano da più di 40… ma forse certe cose erano destinate a non cambiare mai.
 
Altair ricambiò il sorriso mentre continuava a cullare dolcemente la più piccola tra i suoi nipoti, sollevando lo sguardo da Adhara per posarlo sulla moglie prima di lasciarle un bacio sulla tempia, mormorando qualcosa:
 
“E comunque… buon anniversario, amore.”
 
                                                                                      *
 
 
“Oh andiamo Black... Non fare quella faccia, non è successo nulla di grave! Ti assicuro che non mi sono fatto la tua ragazza o cose del genere mentre eravamo nella camer-“ 
Lizzy avrebbe tanto voluto sbattere la testa contro il muro, ancora e ancora. 
Oppure uccidere Ian Nott, zittendolo per sempre. 
Ma perché usava l'ironia proprio nel momento più sbagliato? 
Altair si voltò con calma, forza anche troppa, verso la ragazza, che lo guardò con nervosismo crescente mentre parlava:
“Liz... Perché, di grazia, non hai detto che eravate nella stanza insieme? Quante a te Nott, ringrazia che non devo duellare con te o rischieresti di non arrivare all’ultimo giorno di permanenza qui con quello che hai detto.” 
Ian spostò gli occhi scuri su Lizzy, guardandola quasi con esasperazione: come potenza sapere lui che l'amica non aveva detto ad Altair che erano stati insieme nella stanza e poi lui l'aveva lasciata lì? 
Elizabeth ebbe il buonsenso di trascinarsi Altair – con fatica, visto che lui sembrava aver tutta l'intenzione di fare quattro chiacchiere con Ian su cosa avessero o non avessero fatto in quella camera – lungo il corridoio, capendo che era proprio il caso di raccontare per filo e per segno cos'era successo e perché si erano imbucati bella camera di Cantankerus per “prendere in prestito” Sacre 28. 

History, Cap. 18
 

2 Giugno 1948

Altair Black
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Si stava sistemando il nodo della cravatta nera quando sentì bussare alla porta, voltandosi mentre sua sorella entrava nella stanza, sorridendogli:
 
“Ciao… posso?”
“Certo. Ma tu non dovresti essere altrove ora? O forse ti ha mandato Lizzy a controllare che non me la dia a gambe?”
“Non lo faresti mai… no, non mi manda la sposa, sono venuta a salutarti e a chiederti se sei pronto.”
 
Cassiopea sorrise, avvicinandosi al fratello per abbracciarlo mentre Altair annuiva:
 
“Immagino di esserlo. Avresti mai detto che mi sarei sposato secondo la mia volontà? E’ abbastanza raro, per persone come noi.”
“Vero… ma sei così testardo che non avevo dubbi a riguardo. E sono davvero felice per te, Altair. Spero solo di avere la tua stessa fortuna…”
“Non ti sposerai con qualcuno di stabilito dai nostri genitori… hai la mia parola. Ora, forse dovrei andare o rischio di arrivare dopo la sposa. Come sto?”
 
Altair sorrise alla sorella minore, allargando leggermente le braccia mentre Cassiopea sorrideva, annuendo con un lieve cenno del capo:
 
“Bellissimo, ma questo già lo sai.”
 
                                                                                         *
 
“Non ho mai capito come hai fatto a colpirmi quella volta... Sei molto più bassa di me!” 
A quelle parole Lizzy sorrise, strizzandogli l'occhio:
“Cosa credi, Black? Sono piena di risorse, io.”
“Lo so, è per questo che ti adoro. Ma seriamente, mi mancherà non vederti ogni giorno, con le tue occhiatacce glaciali seguite da un abbraccio. Io ti mancherò?” 
“Oh beh, come hai detto tu ‘manchi a tutte’, quindi datti da solo una risposta.” 
Lizzy lo guardò inarcando un sopracciglio, facendolo sbuffare leggermente per poi darle un bacio sulla guancia:
“Che t'importa se manco alle altre? Tanto a me manchi solo tu quando non ci sei...” 
“Ti conviene tesoro, ti conviene davvero.” 

History, Cap. 19
 
 
2 Giugno 1998

 
Sollevò la tazza e se la portò alle labbra, bevendo un sorso della bevanda calda aromatizzata che tanto amava.
Da sempre si ostinava a bere il thè nel tardo pomeriggio anche quando faceva caldo… Altair e suo fratello le chiedevano da anni come ci riuscisse ma lei non ascoltava mai nessuno dei due… Amava il thè e lo beveva sempre, incondizionatamente dalla stagione, come ricordava di aver visto fare anche sua madre prima di lei.
 
Il cielo era chiaro, sgombro da nuvole… non faceva poi così caldo, ma trattandosi dell’Inghilterra non avrebbe potuto aspettarsi niente di diverso. Anche cinquant’anni prima, il giorno del suo matrimonio, non aveva fatto poi così caldo.
Era seduta su una sedia bianca decorata con arzigogolati ghirigori, posta sul prato accanto ad un tavolino circolare e altre due sedie, dove nella bella stagione prendeva il thè ormai da decenni.
 
Quel giorno lei e Altair festeggiavano mezzo secolo di matrimonio… e di conseguenza praticamente mezza comunità magica era stata invitata a casa loro per il pranzo. Ormai erano le 17 passate e quasi tutti se n’erano andati da poco… ma qualcuno era rimasto.
 
Un lievissimo sorriso increspò le labbra di Elizabeth mentre seguiva sua figlia Electra camminare sull’erba a qualche metro di distanza, tenendo tra le braccia il piccolo di casa, suo nipote Pollux, per cercare di farlo dormire un po’.
 
Vent’anni prima Elizabeth Black aveva tenuto sua nipote tra le braccia e si era chiesta come quegli anni fossero passati tanto in fretta… e si ritrovò a farlo di nuovo, osservando sua figlia tenere il pronipote in braccio, consapevole che probabilmente Electra stava facendo gli stessi pensieri che avevano attraversato lei anni prima.
 
Era recentemente diventata bisnonna… e sì, era ufficialmente diventata vecchia. Ma era bello vedere un nuovo arrivato in famiglia… specialmente quando ne aveva appena perso uno.
Molti anni prima aveva seppellito sua madre… e al tempo le avevano detto che non era giusto, che era successo troppo presto.
Aveva sperato che di lì in avanti non avrebbe dovuto sopportare altri lutti tanto devastanti… ma così non era stato, e se a 18 anni aveva perso sua madre a 73 aveva perso suo figlio; aveva sempre pensato che dovessero essere i figli a seppellire i genitori, e non viceversa… lei l’aveva fatto troppo presto con sua madre, e non avrebbe mai voluto vedere suo figlio dentro una bara.
 
Elizabeth bevve un altro sorso di thè, incurante della temperatura forse troppo alta: non sapeva perché ma la faceva sentire sempre stranamente bene… le dava una sensazione familiare.
Guardò il bambino di appena tre mesi e sorrise, augurandogli di non vivere mai quello che lei, i suoi genitori e i suoi nonni avevano vissuto.
 
Era passato un mese: esattamente un mese prima circa venticinque anni di terrore erano definitivamente cessati, portandosi via la paura e moltissime persone con lei.
Era passato un mese, ma ancora una volta il tempo le stava giocando brutti scherzi e le sembrava molto di più e molto meno insieme.
Sospirò, appoggiando la tazza ormai praticamente vuota sul piattino mentre qualcuno le metteva una mano sulla spalla, portandola a sollevare lo sguardo e incrociando così il familiare sorriso di Altair Black.
 
“Perché ti nascondi qui?”
“Non mi nascondo… volevo solo un po’ di tranquillità. E il mio rito del thè è inviolabile, dovresti saperlo ormai.”
 
La donna si strinse nelle spalle mentre il marito prendeva posto accanto a lei, posando a sua volta gli occhi sulla figlia e sul pronipote.
Per qualche istante i coniugi rimasero in silenzio, entrambi occupati a pensare un po’ a tutti gli anni che erano passati e un po’ al posto vuoto che occupava una gran porzione delle loro menti e dei loro cuori da settimane.
 
“E’ stato strano, non trovi?”
“Molto… nelle ultime due settimane non mi era mai mancato come oggi.”
 
Altair annuì prima di posare di nuovo gli occhi chiari sulla moglie, sorridendole come a volerla consolare mentre la donna teneva gli occhi su un punto indeterminato davanti a sé.
 
“Anche a me. Avrei voluto che ci fossero tutti oggi…”
“Poteva andare peggio… Noi abbiamo perso Elnath, ma alcune famiglie si sono ritrovate dimezzate nell’arco di un anno.”
 
Elizabeth annuì, mormorando che lo sapeva mentre appoggiava la tazza sul tavolino, permettendo ad Altair di prenderle la mano.
 
“Ti ricordi quando era piccolo e diceva di voler diventare un Auror come me?”
“Certo… e alla fine ci è riuscito davvero, come sua sorella. Entrambi con teste dure come il marmo, non mi sarei aspettata niente di diverso.”
 
Elizabeth sorrise appena, ripensando a tutte le liti che aveva dovuto arbitrare tra i gemelli, anni prima. Ma nonostante avessero litigato dalla nascita senza quasi mai smettere di farlo Electra aveva vissuto il lutto quasi peggio rispetto ai genitori.
 
“Immagino che dovremmo esserne fieri fino alla fine… Se non fosse stato per lui Elaine sarebbe morta.”
“Lo sono infatti. Di tutti e tre... e anche di te.”
 
Altair sorrise, puntando a sua volta gli occhi sulla figlia che passeggiava in mezzo al cortile prima di parlare di nuovo:
 
“Ti ricordi il giorno del nostro matrimonio? Ci avresti mai immaginati in questa situazione, al tempo?”
“Credo di sì… vecchi, seduti in giardino, a pensare alla nostra grande e felice famiglia mentre tu continui a blaterare e ad essere egocentrico... e io continuo a rimproverarti e a prenderti in giro.”
“Ho capito molto tempo fa che è questo il tuo modo di dirmi che mi ami. In ogni caso, ancora una volta… buon anniversario, Lizzy.”
 
Buon anniversario Black… Abbiamo passato l’infanzia e l’adolescenza con l’ombra di Grindelwald ad incombere su di noi, poi è arrivata la serenità… e quando i nostri figli sono cresciuti il terrore è tornato più forte di prima. E credo che sia davvero cessato solo un mese fa. Ne abbiamo passate davvero tante, eppure siamo ancora qui. Insieme. Lieta di aver trascorso con te gli ultimi 50 anni, Altair.”


 
 “Oh sì, non vedo proprio l'ora... Così tuo padre può congratularsi con me per i “deliziosi marmocchi che ho sfornato”. Mi vede come una specie di macchina per dargli nipoti, ho idea.” 
“Beh, guarda il lato positivo. Da quando sono nati i gemelli ti vede molto più di buon occhio!” 
“Certo, perché ho avuto un maschio! Se fossero nate due femmine sta’ pur certo che avrebbe pagato qualcuno per togliermi di mezzo, così il suo prezioso figlio avrebbe potuto sposare qualcun’altra di suo maggiore gradimento..” 
Altair non disse nulla alle parole di Lizzy, continuando ad intrattenere Eltanin con la sua barba mentre rifletteva seriamente su quanto detto dalla moglie:
“In effetti non è un’ipotesi da escludere... Ma non preoccuparti, in quel caso l’avrei sistemato personalmente. E poi sappiamo entrambi che toglierti di mezzo non è tanto facile...” 
“Speravo in una risposta del tipo “ma no Lizzy, non potrei mai sposare un’altra, che vai dicendo...”, ma va bene anche così. Voi due, finitela! Ci sono due scope giocattolo, quindi ne avete una a testa!” 
Altair sorrise, vedendo i gemelli esultare prima di lanciarsi di nuovo tra i regali per trovare la scopa scomparsa mentre Lizzy si alzava e gli sfilava Eltanin dalle mani per aprire qualche regalo insieme a lei. 
Gli occhi dei Signori Black si incrociarono per un attimo e Lizzy sorrise appena, cogliendo il messaggio negli occhi azzurri del marito: certo che non avrebbe mai sposato nessun’altra, non doveva avere alcun dubbio su questo. 

Lizzy sedette sul tappeto con la figlia più piccola accanto, aiutandola a scartare un regalo mentre Altair si godeva la scena con un sorriso stampato in volto: la famiglia dov'era cresciuto non era mai stata minimamente unita come quella che si era costruito... E non poteva che   esserne felice.                                                                                          








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Angolo Autrice:

Sì, lo so, è di una lunghezza vergognosa... ma mi piaceva l'idea di mettere frammenti vecchi tra un paragrafo e l'altro e si è allungato parecchio di conseguenza. 
Grazie ancora una volta a Nene e a Sesilia per avermi inviato questi due, un anno fa, anche se sono passati mesi continuano ad essere la mia coppia preferita tra quelle che ho creato... anche se, riflettendoci, sono gli unici per cui non abbiamo mai trovato un nome, paradossalmente. 
 
Spero che vi sia piaciuta, a presto!

Signorina Granger 
   
 
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