Anime & Manga > Yuri on Ice
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Autore: Napee    04/06/2017    4 recensioni
QUESTA OS PARTECIPA AL 1* contest Yuri on ice-Italia Alternative Universe.
PROMPT SVILUPPATO: Divinità greche/egizie/maya/sumere/giapponesi!AU
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Ogni mattino, lo osservava rivestirsi di malavoglia, infilandosi lentamente l’armatura pesante ed i calzari in cuoio, mentre nel suo cuore si agitavano mille sentimenti.
Resta ancora un po'…
Stringimi ancora, ti prego…
Obbligherò il sole a non sorgere più se questo significa non vederti più andare via…
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Sorpresa
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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^^comunicazione di servizio^^
Nella os non sono presenti rapporti sessuali dettagliati, tuttavia vengono utilizzate parecchie imprecazioni e, talvolta, è presente un linguaggio scurrile ^^"
E benvenuti nel mio dilemma... che rating mettere?xD
Ho optato per un arancione, pur non essendone affatto convinta... tuttavia, se ritenete che debba alzarlo al rosso, vi prego di farmelo sapere che provvederò immediasubito a cambiarlo :D
Detto questo, la direzione (?) vi augura una buona lettura.





 
La rete d'oro
 
 
Yuri uscì dall’oceano, camminando nella sabbia calda.
Milioni di gocce salate percorrevano il suo corpo, lambendolo ed accarezzandolo dolcemente come il più premuroso degli amanti.
I capelli biondi splendevano sotto al sole, quasi brillando di luce propria, mentre il giovane si asciugava il corpo sinuoso con cura.
Un po' gli mancava l’oceano, con le sue onde a cullarlo costantemente, con la schiuma e le bolle a fargli il solletico e con milioni di pesci con cui giocare.
Un mesto sorriso comparve sulle labbra perennemente imbronciate del Dio.
Più volte si era pentito della scelta di raggiungere gli Dei Olimpici e divenire uno di loro, più volte aveva contemplato l’idea di tornare nell’acqua e vivere la sua eterna vita come prima, nella spensieratezza. Chissà perché non lo aveva ancora fatto...
La prima volta che l’idea di scappare via aveva carezzato la sua mente, fu la sera stessa in cui Jean Jacques lo costrinse ad unirsi in matrimonio a Yakov.
Quel nerboruto e sgraziato fabbro aveva giocato carte false pur di avere la sua mano e, furbamente, aveva sfruttato l’incolmabile vanità del padre degli Dei, regalandogli un trono d’oro zecchino pur di ottenere ciò che voleva.
Un conato di bile gli chiuse lo stomaco, mischiandosi ad una massiccia quantità di rabbia repressa al sol ricordo di quella sera.
Strinse i pugni conficcandosi le unghie nei palmi. La voce cantilenante di Jean Jacques  pareva volerlo tormentare anche nei ricordi.
 
“Stai facendo innamorare tutti di te… non va bene! Pensa se anche Isabella cadesse ai tuoi piedi!”
 
“Eh?! E chi la vorrebbe mai quella strega a scaldarmi il letto?!”
 
“Come padre degli Dei, ho il dovere di mantenere la serenità sull’Olimpo e tra i miei figli… quindi ho deciso che andrai in sposo a Yakov!”
 
Ed aveva sorriso.
Un sorriso smagliante ed innocente, mentre lo guardava dall’alto del suo prezioso trono lucente.
Una smorfia di rabbia gli rabbuiò il viso, mentre le sue labbra sibilavano un astioso “fanculo!”.
Si diresse verso un cumulo di scogli, sopra il quale aveva abbandonato le sue vesti e lanciò via lo straccio immacolato con cui si era asciugato.
Gli era vietato nuotare nel mare, ma quel divieto altro non erano che inconsistenti parole dette con un po' troppa arroganza e presunzione da parte del Padre degli Dei.
Quella era l’ennesima privazione che gli veniva inferta a causa della sua indole poco incline alla vita di coppia con Yakov.
“Tsé… da qual pulpito!” Bisbigliò fra sé e sé infilandosi la tunica immacolata.
Jean Jacques, colui che poteva vantare uno stuolo di amanti impareggiabile, l’essere meno incline alla vita di coppia nell’universo, lo puniva per non aver ancora consumato il matrimonio.
“Che schifo!” Biascicò a denti stretti, cercando di non riesumare quella volta in cui Yakov aveva provato al allungare le mani.
“Nemmeno se finissi moribondo dopo essermi scolato tutto il vino di Victor!” Gridò frustrato, stringendo i pugni sulla stoffa pregiata delle sue vesti e creando delle grinze  ben poco signorili.
Un rumore di passi, lo distrasse dai suoi pensieri collerici.
Sembravano passi stanchi, strascicati, che provenivano da dietro l’imponente scoglio.
Che fosse un umano?
No… no… era impossibile.
Da quelle parti c’era solo una desolante devastazione dopo che la guerra, l’ennesimo gioco di Otabek, aveva sterminato intere città.
Si nascose dietro lo scoglio, premendoci la schiena contro, per celare la sua seminudità agli occhi dell’estraneo.
Deglutì a disagio finendo di vestirsi  velocemente. Non aveva paura degli uomini, non aveva paura di niente a dire il vero… tuttavia, l’idea di farsi vedere mezzo nudo da uno sporco mortale lo disgustava quasi quanto l’idea di unirsi con Yakov.
I passi si fermarono proprio dietro lo scoglio ed un rumore sordo lo fece sobbalzare per la paura.
Acciuffò i calzari, se li infilò velocemente ed uscì allo scoperto, pronto a dar battaglia a chiunque avesse osato disturbarlo mentre trasgrediva alle regole.
“Senti, tu-…” la voce gli si fermò in gola, incapace di uscire emettendo suoni quanto più simili a parole di senso compiuto.
Il dito a mezz’aria a mo’ di minaccia, i capelli scompigliati ed i vestiti indossati alla meno peggio incorniciavano la faccia stupita e sconvolta del Dio dell’amore e della bellezza.
Otabek, il Dio della guerra, se ne stava in piedi dinnanzi a lui, solo un misero scoglio a dividerli.
Yuri fece impunemente vagare lo sguardo su quel corpo nudo scolpito, forgiato da mille e più battaglie. Qualche schizzo di sangue colorava le cosce muscolose del moro, qualche cicatrice a decorargli l’ampio petto e soltanto la parte inferiore dell’armatura a celargli le parti intime.
La gola del Dio dell’amore si fece improvvisamente secca.
“Yuri? Che ci fai qui?” La voce di Otabek pareva stupita almeno quanto lui.
“I-Io? E t-tu invece?”
“Ho combattuto fino a poco fa ed avevo intenzione di lavarmi via il sangue di dosso. Ma tu piuttosto? Solitamente non vieni fin quaggiù in Tracia...”
Yuri deglutì a disagio, sviando lo sguardo da quel fisico statuario.
“Qui le domande le faccio io!” Berciò il biondo con fare aggressivo.
“Perché diamine non percepisco la tua presenza? Sei un Dio! Dovrei captare qualcosa!”
“Sono esausto e la mia aura si è affievolita. E tu hai annullato la tua, presumo.
Vuoi spacciarti per un mortale per disobbedire a Jean Jacques?”
Yuri ammutolì a disagio, cercando una sorta di via di fuga.
La sua bravata appena iniziata, era già stata scoperta.
“Figurati se vengo a dirlo a te!” Sbottò frustrato, girando i tacchi e facendo per andarsene, ma una mano lo trattenne per il braccio.
“Che diamine…”
“Non dirò niente a Jean Jacques o a Yakov se è questo che ti preoccupa.” Lo rincuorò il Dio della guerra, scrutandolo serio negli occhi, come se cercasse di trasmettergli una sorta di solennità nelle sue parole, una promessa più profonda di quel che in realtà intendesse.
Yuri arrossì lievemente, spaesato da quella situazione.
Un mare di sensazioni nuove gli attanagliarono i polmoni, mentre uno strano sfarfallio andava a torturargli le viscere.
Sviò nuovamente lo sguardo, incapace di sostenerlo ancora in quegli occhi di cioccolato.
Perché Otabek lo faceva sentire così… così…
“Tsè… certo che non dirai niente, stupido Otabek! Almeno finché non ti tornerà comodo!” Berciò Yuri strattonando il braccio, oltraggiato da un simile gesto e dalla confidenza che il moro aveva osato prendersi.
E un bel “chi se ne frega” di quel mare di emozioni che gli facevano palpitare il petto!
“Non avrò interesse nemmeno in futuro.” Sentenziò con quell’aria quasi solenne talmente tanto era seriosa.
“E chi me lo assicura?”
Otabek aggrottò le sopracciglia ed allungò una mano dinnanzi a lui, frapponendola fra loro proprio sopra lo scoglio, e porgendola al Dio.
Yuri lo guardò confuso, sempre più diffidente.
“Hai un complice.” Spiegò il moro accennando un sorriso furbo che fece aumentare terribilmente i battiti del biondo.
Tonante Jean Jacques! Otabek avrebbe trovato il modo di far morire d’infarto un Dio!
Yuri sviò lo sguardo ancora ed un ciuffo ribelle di capelli color grano, gli ricadde sul volto celandone una parte.
“Vedremo quanto vali come complice…” borbottò in risposta, allungando la mano verso la sua e sancendo quel piccolo e tacito accordo.
La mano del Dio della guerra era incredibilmente dura e callosa, probabilmente a causa dell’eccessivo utilizzo della spada.
La sua epidermide era ruvida e poco gradevole al tatto, tuttavia, quando le loro mani si separarono, avvertì un senso di vuoto allo stomaco, come se gli mancasse improvvisamente qualcosa.
“Mettimi alla prova. Allora, che ci fai qui?” Chiese Otabek appoggiandosi allo scoglio con il braccio per sostenersi.
Una posizione dannatamente attraente che metteva in risalto i suoi guizzanti pettorali ed i bicipiti gonfi.
La gola di Yuri si seccò nuovamente.
“Sono venuto per fare un bagno. Non ne posso più di nuotare nei pressi dell’Olimpo ed essere spiato da tutti quei  guardoni maiali.” Spiegò brevemente, sistemandosi i capelli dietro all’orecchio. Lo sguardo perennemente rivolto alla sabbia o agli scogli o al mare, ma mai sui suoi occhi scuri, altrimenti poteva anche salutare le sue capacità comunicative.
Un debole risolino divertito spezzò quel momento di silenzio.
“Immagino non sia piacevole…” disse il Dio della guerra, passandosi una mano fra i capelli.
Yuri si prese del tempo per osservare meglio quello strano comportamento: Otabek non lo aveva guardato in faccia quando aveva parlato, i suoi occhi guizzavano da un posto ad un altro senza trovare pace, mentre quel gesto nervoso andava a mascherare un tiepido arrossamento di guance.
Colpevole.
“Mi hai spiato anche tu.” Non era una domanda.
Un'altra debole risatina. Era nervoso.
“Qualche volta…” confessò quasi subito per poi pentirsene e mordersi le lebbra.
Un gesto istintivo, probabilmente. Sicuramente dettato dal nervosismo. Eppure Yuri si ritrovò a desiderare di poterlo fare lui stesso, leccando e mordendo quel labbro carnoso con ardore durante un bacio appassionato.
Deglutì a vuoto. Lo sfarfallio allo stomaco non accennava ad attenuarsi, il cuore pareva volergli sfondare il petto ed uscire fuori, mentre adesso si aggiungeva anche un vergognoso risveglio fra le sue cosce.
No… no… non era decisamente il momento!
“Q-qualche volta?” Chiese balbettante, con voce tremendamente più roca di quanto si aspettasse.
“Sì, forse due o tre.”
“Ah.”
“Sei piacevole da guardare, ma non sono il tuo fan numero uno.”
“Peccato.”
Quella parola gli uscì di bocca prima che il cervello avesse elaborato davvero cosa rispondere.
Si ritrovò ad arrossire vistosamente sotto lo sguardo prima stupito, poi compiaciuto del Dio.
Un sorrisetto ammaliatore adornò le labbra del moro, togliendo a Yuri tutto l’ossigeno che deteneva nei polmoni.
“Dunque, ti dispiace?” Indagò il moro.
Occhi famelici  scrutavano il Dio dell’amore, occhi colmi di desiderio, occhi felini, occhi da predatore. E lui si sentiva tanto come una sadica preda che non vede l’ora di essere divorata.
“N-no… n-non volevo…”
Con un balzo atletico, Otabek scavalcò lo scoglio e si stagliò dinnanzi a Yuri in tutta la sua maestosità. Le gambe del Dio dell’amore divennero gelatina all’istante.
Solo pochi centimetri dividevano i loro corpi adesso. Inutili, futili centimetri.
“Allora dimmi…” Otabek pronunciò quelle parole soavemente, chinandosi su di lui per poggiare la fronte su quella del biondo.
Yuri ansimò silenziosamente in cerca di ossigeno.
L’odore del corpo del Dio invase le sue narici con prepotenza, inebriandolo, stordendolo, drogandolo.
Ed era odore di sudore, di corpi che si scontrano, di guerra e di battaglie, ma ciò bastò a mandare Yuri in estasi, desiderando, bramando, di poterne sentire di più. Di poter avere di più.
“…che cosa vuoi?” E scese sulle sue labbra, sfiorandole delicatamente come un soffio di vento, lasciandolo in attesa di un bacio che desiderava con tutto se stesso.
Che cosa vuoi?
Le sue parole gli rimbombarono in testa, come una melodia lontana nel tempo, mentre il suo corpo si tendeva a causa delle lievi carezze che il Dio della guerra gli faceva sulla schiena.
Non lo toccava davvero, lo sfiorava soltanto e non abbastanza.
La sua era una sadica tortura mirata a portarlo all’esasperazione.
La sua erezione si fece ormai svettante fra le sue cosce, impossibile da ignorare.
Otabek portò uno mano fra di loro, sfiorandogli leggero l'inguine con i polpastrelli attraverso la stoffa leggera della tunica. Una maliziosa carezza verso l’alto, verso la sua intimità implorante, che lo fece rabbrividire di desiderio.
“Che cosa vuoi?” Ripeté ancora. Stavolta la voce roca per l’eccitazione lo tradì.
Yuri sorrise mestamente, abbassando lo sguardo verso la parte inferiore dell’armatura del Dio guerriero e trovandola  ridicolmente rigonfia sul davanti.
Lo desiderava… cazzo se lo desiderava!
Sfacciato, sganciò la fibbia che teneva insieme il gonnellino metallico e lesto vi intrufolò una mano all’interno, sfiorando l’intimità svettante del Dio.
Yuri tornò a puntare gli occhi cerulei in quelli castani del guerriero. Eccitazione e passione impregnavano l’aria attorno a loro, preannunciando ciò che sarebbe accaduto di lì a poco.
“Voglio scopare, non è ovvio?”
 
Fecero l’amore su quella spiaggia, a ridosso di quell’imponente scoglio che aveva osato frapporsi fra loro.
Le mani del Dio della guerra si mossero gentili sul corpo di Yuri, vezzeggiandolo con premurose attenzioni e torturandolo con una reverenziale delicatezza che mai si sarebbe aspettato.
Il culmine del piacere li colse impreparati, travolgendoli con talmente tanto impeto che i due si ritrovarono a boccheggiare in cerca di ossigeno mentre erano ancora avvinghiati l’uno all’altro, intrecciati in un abbraccio peccaminoso.
 
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Nei giorni seguenti, Yuri si ritrovò spesso a riesumare il ricordo della passione consumata su quella spiaggia con Otabek, e spesso si sorprese ripensando agli occhi con il quale il Dio lo aveva guardato.
Lo sguardo ricolmo di passione con cui l’aveva fissato mentre affondava nel suo corpo fremente gli aveva mozzato il fiato, scatenandogli un turbinio di emozioni nelle viscere. Ed ogni volta che se ne ricordava, il suo corpo rispondeva con una reazione ben precisa, bruciandogli il basso ventre e torturandolo con un’erezione dolorosamente imbarazzante.
Allora portava una mano fra le sue gambe, cercando un sollievo momentaneo che potesse appagarlo abbastanza.
Aveva pensato di cercare Otabek più di una volta, ma il Dio pareva essere scomparso in quei giorni.
Sospirò sconsolato, mentre un brivido d’eccitazione gli percorreva la schiena lascivamente. Esattamente come avevano fatto quelle mani ruvide ma terribilmente gentili…
Si morse il labbro inferiore cercando di resistere alla voglia di toccarsi, ma la sua erezione già svettante richiedeva urgentemente attenzioni.
Fece scivolare una mano dentro la sua tunica pregiata, sfiorandosi la punta della sua intimità e gemendo mentre immaginava che fossero ben altre mani a prendersi cura di lui.
Troppo spesso era costretto a darsi piacere immaginando il Dio guerriero, troppo spesso quel viso perfetto invadeva la sua mente facendogli palpitare il cuore.
Otabek gli mancava ogni giorno di più e stava diventando sempre più complicato fingere che non gliene importasse nulla.
 
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Mila intrecciava mille e più fiori colorati fra loro, nel vano tentativo di riuscire a creare una corona floreale abbastanza bella da regalare a Sara.
Già tre cerchietti profumati giacevano abbandonati sull’erba fresca e nessuno di loro pareva corrispondere agli standard di bellezza ai quali aspirava.
Yuri si stiracchiò le membra intorpidite e si girò supino ad osservare le dita leste ed abili della ninfa mentre intrecciava gli steli.
“Sei particolarmente silenzioso oggi.” Notò lei senza distogliere lo sguardo dal suo lavoro certosino.
“Non sono mai stato di molte parole…”
“Vero, ma sembra proprio che tu abbia perso la lingua. È successo qualcosa?”
Un sorrisetto sghembo adornò le labbra del Dio dell’amore, mentre i ricordi di quel pomeriggio al mare prendevano possesso della sua mente.
Quelle labbra, quelle mani, quegli occhi… diamine se era successo qualcosa!
Aveva fatto una scopata divina con Otabek!
“Nha… niente di che…” mentì spudoratamente senza smettere di sorridere.
Mila staccò gli occhi dalla sua corolla fiorita e si prese diversi secondi per osservare il Dio steso  al suo fianco e quell’espressione decisamente inusuale che aveva sul viso.
In tutta la loro esistenza, mai aveva visto Yuri sorridere spensieratamente. Anzi, il classico broncio indispettito corrugava perennemente la sua fronte, mentre le labbra erano sempre agghindate da una smorfia sprezzante.
“Hai una faccia strana. Ti è capitato qualcosa di bello.”
“Ti ho già detto che non è successo niente.”
“Veramente, le tue esatte parole non sono state queste e, ad ogni modo, la mia non era una domanda.” Puntualizzò lei con un sorrisetto irriverente quanto canzonatorio stampato sulle labbra rosee. Il suo amico si era appena tradito da solo e neppure ne era consapevole.
“Tsé… e sentiamo, che cosa pensi che mi sia successo?” Chiese il Dio dell’amore borbottando con il suo broncio indispettito.
“Non ne ho idea, ma sei particolarmente felice e soddisfatto… hai dormito con qualcuno per caso?”
Yuri sobbalzò seduto, scandalizzato da quella domanda innocente, ma tremendamente pericolosa.
Mila non poteva sapere niente, non doveva sapere niente, eppure qualcosa aveva capito.
Gli si leggeva così chiaramente in faccia?
Si voltò a guardarla, lo stupore e la sorpresa dardeggiavano nei suoi occhi sgranati..
“Ma che ti passa per la testa!” Berciò scontroso passandosi una mano fra i capelli indomabili.
“Sarebbe normale in fondo… dopotutto sei sposato!”
Se possibile, Yuri sgranò ulteriormente gli occhi, strabuzzandoli talmente tanto che parvero uscirgli dalle orbite.
Con Yakov?! Ma che andava a pensare!
“Ma nemmeno morto!” Concluse infine alzandosi dal pavimento erboso e ponendo fine a quella conversazione scomoda ed oltremodo imbarazzante.
“Scusa, scusa… non volevo essere indiscreta, ma dato che io ti racconto le mie notti con Sara, credevo che anche tu-…”
“Io non ho mai voluto sapere quello che fate tu e Sara!”
 
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Otabek lo girò di spalle, sollevandogli i fianchi con urgenza.
Yuri rise divertito da quella reazione. Aveva provocato il Dio fino allo stremo, lo aveva esasperato in inutili preliminari fastidiosamente lunghi e adesso entrambi bramavano dannatamente quel contatto elettrizzante.
Il moro entrò rude dentro di lui, strappandogli un grido di dolore che squarciò la stanza buia.
Un bruciore sconquassante gli attanagliò il fondoschiena, mentre mille e più lacrime gli invasero gli occhi.
Quell’intrusione brutale pareva volerlo spaccare in due e, quando il Dio alle sue spalle iniziò ad affondare nel suo corpo con un ritmo incalzante quanto violento, Yuri gemette mordendosi a sangue le labbra per non gridare nuovamente.
“Otabek… mi fai male…” singhiozzò con voce tremolane, mentre gli affondi continuavano imperterriti senza diminuire.
“Otabek!”
“Taci e lasciati scopare. Non mi servi se devi lamentarti.”
Yuri spalancò gli occhi balzando seduto sul letto.
La fronte imperlata d sudore, il cuore palpitante nel petto ed una sensazione di paura e delusione a torturarlo.
Si passò una mano fra i capelli fradici, scostandoli dal viso con un gesto stizzito ed infastidito.
“Un sogno… era solo un sogno…” ansimò senza fiato, volgendo lo sguardo verso i primi raggi solari che, timidamente, facevano capolino dalla finestra.
Solo un sogno…era solo un sogno…
Dannato Guang-hong Ji! Come osava prendersi gioco del suo inconscio?!
Sbuffò sonoramente e si lasciò ricadere sulle lenzuola zuppe di sudore.
Solo un sogno…era solo un sogno…
Otabek non lo avrebbe mai trattato così… no, assolutamente no!
Il Dio della guerra era gentile, amorevole e delicato e quella volta al mare glielo aveva ampiamente dimostrato prendendosi cura di lui nel migliore dei modi.
Inspirò profondamente ed espirò piano tentando di calmarsi, ma il suo  cuore in tumulto non accennava a smettere di battere furiosamente nel petto, minacciando di sfondargli la cassa toracica da un momento all’altro.
Scostò le coperte con violenza e si diresse nella stanza adiacente, dove le ancelle gli avevano già preparato un bagno caldo e rilassante.
 
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I giorni passarono e Yuri si ritrovò sempre più spesso a riesumare il ricordo di quella passione consumata sulla spiaggia, sia nei sogni che nei momenti di solitudine.
Inizialmente, l’aveva mentalmente denominata come “La più grande scopata della sua intera esistenza”, scoprendosi eccitato ed euforico all’idea di ripetere l’esperienza. Era stato dannatamente appagante, incredibilmente coinvolgente e non vedeva l’ora di incontrare nuovamente Otabek per potergli strappare via l’armatura di dosso.
Ma il Dio della guerra prendeva il possesso della sua mente non solo per rievocare l’atto consumato insieme. Troppo spesso, Yuri si ritrovava a pensare alle sue mani calde desiderando una nuova carezza gentile sul viso, o ai suoi occhi severi che parevano addolcirsi ogni volta che incontravano i suoi cerulei o alle sue labbra carnose che si aprivano in un sorrisetto irriverente.
Ed ogni volta, uno sfarfallio fastidioso gli torturava lo stomaco, mentre il suo cuore pareva eseguire una capriola  nel petto.
“Sicuramente mi sento così perché non scopavo bene da un po’ di tempo”
“Era solo sesso, niente di più, non ho ragione di sentirmi così”
“Avevo voglia e lui passava di lì per caso… chiunque altro sarebbe andato bene!”
“è solo che il suo gingillo sembrava creato appositamente per incastrarsi fra le mie chiappe”.
Una marea di scuse con cui aveva deciso di abbindolarsi cercando di ignorare il vero motivo di quelle emozioni.
Intrecciò l’ultima ciocca di capelli e portò la treccia indietro, verso la sua nuca, scoprendo il collo niveo e lungo.
Un altro batticuore gli torturò il petto non appena i suoi occhi scorsero un marchio scarlatto che gli deturpava la pelle.
Le sue labbra avevano…
Deglutì senza fiato, ricordando il momento esatto in cui Otabek lo aveva morso sul collo, provocandogli una scossa di dolore che si era persa fra le mille e più di piacere.
Lo stomaco gli si annodò velocemente e quello sfarfallio fastidioso tornò a tediarlo. Si toccò la parte lesa con dita tremanti, sfiorando quei segni con delicatezza e sussultando non appena una punta di doloroso fastidio gli bruciò l’epidermide ingiuriata.
Un tiepido sorriso si dipinse sulle sue labbra.
Una firma peccaminosa, un marchio scarlatto in bella mostra, alla portata di tutti… perché quel morso sul suo collo pareva urlare al possesso? E perché questo rendeva il Dio dell’amore così…felice?
Lasciò la presa sui suoi capelli e scosse il capo, smontando l’elaborata acconciatura che le sue mani stavano costruendo.
Scrutò il suo riflesso nello specchio dinnanzi a lui come se lo vedesse per la prima volta. Le labbra distese un una piega felice, gli occhi sognanti e quelle guance ridicolmente rosse… Che espressione da idiota! Una faccia simile, così stupida ed imbecille, eppure così familiare… Dove aveva già visto un’espressione simile?
Ah, sì! Sul volto dei mortali, dopo che Yuuri li aveva colpiti con le sue frecce dell’amore.
Sgranò gli occhi spaventato da quella piccola rivelazione.
Amore? No… no… non era possibile.
Il Dio dell’amore non può innamorarsi… non ha senso… perché mai proprio di Otabek!?
Strinse i pugni e tornò ad osservare nuovamente il suo riflesso, dove lo specchio gli rimandava un’immagine smarrita di lui.
“Che cazzo mi prende…?” bisbigliò fra sé e sé cercando di riconoscersi in quella copia fedele dinnanzi a lui.
Gli occhi celesti, da sempre battaglieri e fieri, parevano spaventati, quasi intimoriti da quella consapevolezza appena acquisita. Mentre quel morso continuava a svettare impunemente sulla sua pelle, come un simbolo di appartenenza, un enorme segnale che comunicava al mondo i suoi sentimenti.
Si voltò oltraggiato, incapace di osservarsi ancora in quelle condizioni.
Si prese la testa fra le mani, scompigliandosi i capelli dorati in un moto di rabbia e frustrazione.
Perché era successo? Perché proprio a lui?
“Merda, Yuri… non puoi innamorarti solo per una scopata!” biascicò a denti stretti, mentre alcune lacrime pizzicavano i suoi occhi, minacciando di uscire e defluire sulle sue guance.
Strinse i pugni, tirandosi i capelli. Un dolore sordo al petto lo fece ansimare senza fiato.
Solo una scopata…
Lui si stava struggendo per Otabek, mille e più sentimenti lo confondevano, tante domande e nessuna risposta.
Solo una scopata…
Digrignò i denti e si tirò maggiormente i capelli ormai selvaggi. Porsi quella domanda, prendere in considerazione quel dubbio era lo sforzo più doloroso che avesse mai fatto.
E se, per Otabek, lui era solo una scopata?
 
Passarono i giorni ed infine giunse la sera dell’ennesimo banchetto di Jean Jacques, probabilmente per festeggiare l’avvenuto coito con la sua ultima conquista.
Yuri sorseggiò la sua ambrosia pigramente poggiato contro una morbida colonna di nuvola bianca.
Se ne stava in disparte, il Dio dell’amore, con il suo tipico broncio scorbutico stampato in faccia, così in contrasto con l’atmosfera festaiola che lo circondava.
Yakov stava dando fondo alle scorte di vino di Victor, mentre quest’ultimo era impegnato a cercare di portarsi a letto un decisamente troppo brillo Yuuri.
Sara mostrava orgogliosa il bottino della sua ultima caccia che componeva il sontuoso banchetto a chiunque potesse parervi interessato, mentre Michele decantava le doti della sorella a gran voce.
Infine, c’era  Jean Jacques che tentava, con scarsi risultati, di calmare la consorte Isabella, costretta a presenziare ad una festa in onore dell’ennesima fuga romantica del marito.
Sbuffò scocciato tracannando il contenuto del suo calice con ben poca grazia e lo abbandonò su un tavolo lì vicino.
Si sentiva infastidito da tutto quell’inutile baccano e la voglia di mollare tutto ed andarsene dalla festa aveva carezzato la sua mente più e più volte.
Ma una flebile speranza lo ancorava con i piedi di quel terreno vaporoso.
Una disgustosa, quanto irritante, speranza che gli faceva palpitare il petto mentre vagava con lo sguardo per tutta la sala, alla ricerca di due occhi splendidi color del cioccolato.
Trepidante di emozione, colmo di aspettativa e speranzoso di rivederlo anche solo per poterlo ammirare da lontano.
Non lo scorse. Ed il palpitare del suo cuore ebbe un brusco rallentamento.
“…fanculo.” Biascicò a denti stretti staccandosi dalla colonna vaporosa e facendo per andarsene, ma due braccia candide lo trattennero per la vita.
“Yuuuuriiii~” la voce impastata e cantilenante di Victor gli molestò le orecchie giusto un attimo prima che la puzza di vino lo stordisse.
“Lasciami, stupido ubriacone!” Berciò in risposta, cercando di scrollarselo di dosso.
“Sei così cattivo con me… ed hai ragione di esserlo.” la vocetta triste e sconsolata con cui parlò bloccò all’istante il biondo, mettendolo in allarme.
Aggrottò le sopracciglia e si voltò a fronteggiare il Dio del vino, pronto a scoprire cosa avesse combinato.
“Victor, che hai fatto?” Gli prese il viso fra le mani, facendo attenzione a non toccare i grappoli scuri che gli ornavano la testa, e lo  costrinse ad alzare lo sguardo per  guardarlo in faccia.
L’espressione dispiaciuta che il Dio aveva stampata in viso non lasciava presagire niente di buono:  gli occhi erano colmi di lacrime pronte a trasformarsi in un pianto disperato, ma dalla vacuità con cui lo fissava, si poteva intuire che l’alcol avesse completamente soggiogato la sua mente.
“Lo amo così tanto… e lui non mi vuole…” singhiozzò il Dio del vino,  accasciandosi sulla spalla di Yuri e dando il via ad il suo pianto disperato.
“Cosa?! E che centra questo con me?”
“Volevo Yuuri tutto per me… volevo che s’innamorasse anche lui…come quella volta, ma lui non se lo ricorda!”
Yuri sbuffò infastidito per quella situazione in cui era stato trascinato.
Ritrovarsi a consolare il Dio del vino per un amore non corrisposto… se glielo avessero detto, non ci avrebbe mai creduto.
“Per questo gli ho rubato arco e frecce…” bisbigliò Victor al suo orecchio, cercando di trattenere qualche risata birichina.
Yuri aggrottò le sopracciglia e lo guardò di sbieco.
“Che vuoi che me ne importi!” Sbottò il Dio dell’amore, scrollandoselo di dosso.
“Sai qual è il problema? Non ho affatto una buona mira!” E riscoppiò a piangere disperato, mentre Yuri intanto contemplava l’idea di gettarlo di sotto dall’Olimpo per via del suo bipolarismo insopportabile.
“Dovevi pensarci prima, invece di rubare le frecce dell’amore a Yuuri!”
“Quella con il mio nome è andata persa, mentre l’altra ha preso Otabek!” Singhiozzò Victor, biascicando ed impastando le parole fra loro, ma Yuri lo capì perfettamente.
“Cosa?!” Sbottò Yuri afferrando il Dio del vino per il bavero.
“Che diamine hai combinato, razza d’imbecille?!”
“Non l’ho fatto di proposito… non ti arrabbiare che mi fai piangere…”
“Stupido Victor! Ti rendi conto del casino che hai fatto o no?”
“No… cioè, sì… però ne ho una di riserva!” Sorrise vittorioso tirando fuori la freccia dalla tunica.
Yuri gliela strappò di mano prima che al Dio potesse venire la malsana idea di lanciarla per colpire l’oggetto dei suoi desideri.
“La prendo io! Tu hai già fatto troppo casino!”
“No… ridammela!” E riscoppiò in lacrime.
Yuri rimase allibito dal bipolarismo del Dio ubriaco, ma non vi diede troppo peso.
Rigirò la freccia fra le mani, finché non scorse una piccola incisione sulla lunghezza.
Yuri
Il suo nome? Perché c’era il suo nome sopra?
“Lo hai scritto tu?” Chiese al Dio del vino e questo annuì fra le lacrime.
“Se la lancio a Yuuri, lui si innamorerà di me…”
Il Dio dell’amore aggrottò le sopracciglia confuso.
Che cavolo stava blaterando? Non era così che funzionavano le frecce dell’amore!
“Razza di idiota! Non devi scrivere il nome di chi vuoi colpire, ma quello di chi vuoi che si innamori! E lo hai scritto male, il tuo Yuuri ha due ‘u’ nel nome! Ma eri ubriaco o cosa quando le hai rubate?!”
“No… sì… forse un pochino…” e scoppiò a ridere sguaiatamente.
Yuri spezzò la freccia fra le sue mani in preda alla rabbia e se ne andò dalla festa senza dire niente a nessuno.
I passi lesti del Dio dell’amore riecheggiavano nel palazzo  silenzioso.
Il suo umore era così nero che persino le nuvole si spostavano al suo passaggio, impaurite dalla sua furia.
Quello stupido di Victor aveva lanciato le frecce dell’amore a casaccio, senza nemmeno assicurarsi che i nomi fossero corretti!
“Che idiota!” Bisbigliò fra i denti, lanciando via la freccia spezzata su cui era inciso il suo nome.
Fortunatamente l’aveva presa in tempo, prima che venisse scagliata chissà dove e che facesse innamorare di lui chissà chi.
Un problema decisamente fastidioso era stato evitato per un pelo.
“E meno male che non ci ha colpito nessuno con quella…” sospirò sollevato passandosi una mano fra i capelli selvaggi.
 
Quella con il mio nome è andata persa, mentre l’altra ha preso Otabek!
 
No… non poteva essere… certamente non era andata così.
Una fastidiosa idea si faceva strada nella sua mente con prepotenza, mentre un peculiare dolore gli attanagliava il petto, mozzandogli il fiato.
 
E se fosse solo colpa di Victor?
 
Aumentò il passo fino quasi a correre.
Le gambe si muovevano da sole, consumando la strada vaporosa sotto ai suoi piedi.
Le cosce bruciavano per lo sforzo fisico, le caviglie malferme come fatte di gelatina, le mani sudate e la pesantezza nel petto a torturarlo.
 
Se così fosse, allora era stato davvero solo una scopata...
 
“No… no… cazzo, no!” Imprecò mentre una lacrima scendeva a bagnargli la guancia nivea.
Uscì fuori dalla dimora del padre degli Dei con il fiato corto e quando i suoi calzari si scontrarono con il freddo suolo erboso, inciampò sui suoi passi e rovinò a terra.
Il contatto con il terreno fu doloroso, ma al contempo gli fu utile per tornare lucido.
Alcune rocce appuntite gli graffiarono le braccia, altre gli stracciarono la stoffa della tunica pregiata ed altre ancora gli colpirono il viso facendolo gemere di dolore.
Rotolò ancora.
Rotolò a lungo nel fango, imbrattandosi l’elegante vestito, sporcandosi le gambe e l’epidermide chiara e profumata.
Rotolò finché l’aspro pendio della cima del  monte Olimpo non si ridusse e poté finalmente fermarsi in posizione fetale in una piccola radura fiorita.
Tutto il corpo gli doleva terribilmente, ma quello che lo lasciava senza fiato era la straziante sensazione di sconfitta nel petto.
Portò le mani piene di graffi sugli occhi, scacciando via le prime lacrime che, temerarie, avevano osato bagnargli le guance.
Le unghie spezzate zampillavano sangue ed ogni volta che strofinava il suo viso, alcune gocce vermiglie gli insozzavano la pelle.
 
Solo una scopata…
 
Si rannicchiò maggiormente su se stesso, portando le ginocchia sotto al mento ed abbracciandosi le gambe, come se quel piccolo gesto potesse fornirgli una sorta di protezione da tutto quel dolore fisico ed emotivo.
Il ricordo rimbombante di quel pensiero lo fece gemere fra i singhiozzi.
 
Solo una scopata…
 
Portò le mani fra i capelli sporchi di terra e sangue.
Era disperato.
Il ricordo di ciò che era stato lo tormentava alla follia, mentre il dolore al petto non accennava a voler diminuire d’intensità.
Lo amava.
Scioccamente e stupidamente, si era innamorato di Otabek per caso, dopo aver consumato un pomeriggio di passione al mare.
Era stato facile come sorridere e naturale come respirare, tant’è che neppure aveva compreso la forza o l’intensità di quel sentimento che gli faceva battere il cuore. E faceva dannatamente male.
Pianse.
Pianse tutte le sue lacrime, pianse tutta la sua frustrazione, pianse tutta la sua disperazione.
Forti singhiozzi scuotevano le spalle del Dio, facendolo tremare disperato e lasciandolo senza fiato.
Lui amava Otabek con un’intensità ed un ardore incommensurabile, ma l’assenza del Dio, la sua silenziosa lontananza ed il suo insopportabile disinteresse, erano troppo da sopportare per il suo piccolo cuore.
Un sentimento così forte lo aveva investito, travolgendolo completamente e trascinandolo in un vortice violento di emozioni dal quale non sarebbe mai uscito illeso.
“Non può essere stata solo una scopata, non può essere successo per caso a causa di quell’idiota di Victor! C’era amore nelle sue carezze, non solo la passione dovuta alla freccia!” Bisbigliò alla silenziosa notte, pregando che qualche stella udisse le sue parole e scendesse a confortarlo.
Ma nulla di tutto ciò accadde ed il Dio dell’amore trascorse la notte al freddo ed  in solitudine, sognando due  braccia muscolose e quelle mani ruvide che lo avevano cullato gentilmente in quel pomeriggio afoso.
 
Il mattino seguente, Yuuri si trascinò dentro alla sontuosa dimora che condivideva con il suo sposo ancor prima che Michele portasse il sole nel cielo.
Sbirciò all’interno della camera per assicurarsi che Yakov dormisse e sbuffò un sospiro infastidito quando lo trovò mezzo nudo, addormentato sul lettone, abbracciato ad una giara di vino vuota.
Un verso di stizza abbandonò le sue labbra.
Tsè! Lui passava tutta la notte fuori e Yakov non batteva ciglio, anzi si ubriacava schifosamente ad uno dei festini di Jean Jacques.
“Molto meglio così…” bisbigliò fra sé e sé oltrepassando la soglia e dirigendosi verso il lussuoso bagno, dove una vasca d’acqua bollente già lo attendeva per coccolarlo.
Entrò nella stanza e subito il vapore lo investì in pieno viso, facendogli distendere i nervi.
Chiuse gli occhi ed abbandonò la testa all’indietro, godendosi quella sensazione di caldo tepore avvolgente.
Un bagno rilassante non avrebbe risolto le sue pene d’amore, ma sarebbe stato un lenitivo abbastanza efficace da fargli dimenticare di tutto per un paio d’ore.
“Che diamine ti è successo?”
Sobbalzò spaventato udendo quella voce alle sue spalle, mentre il suo cuore aumentava i battiti vergognosamente.
No…non poteva essere…
Si voltò, pronto a fronteggiare il Dio che amava, pronto a vomitargli addosso tutto il suo disappunto, tutta la sua frustrazione e tutto il suo dolore, ma la voce gli morì in gola e dalle sue labbra non volò una mosca.
Otabek era proprio dinnanzi a lui, con i suoi bellissimi occhi dardeggianti di rabbia, con le sue labbra carnose tirate in una linea dritta e con indosso solo una tunica leggera che metteva in risalto i muscoli perfettamente delineati del suo addome.
Una figura così bella, così eterea che Yuri non credeva poter essere vera. Forse era una statua scolpita nel marmo dalle mani abili del più grande scultore della Grecia…
Yuri si limitò ad osservarlo con gli occhi sgranati, vittima di una specie d’incantesimo che gli aveva soggiogato la mente.
“Ti hanno fatto del male? Chi è stato?” Chiese concitato il Dio della guerra, strattonandolo per un braccio.
Quel contatto lo portò nuovamente alla realtà, facendogli sgranare gli occhi.
Otabek era davvero dinnanzi a lui, nel suo bagno, tenendolo saldamente per un braccio, mentre ispezionava il suo corpo martoriato ed una smorfia infastidita gli sfregiava le labbra.
Preoccupazione, svettava nelle iridi del moro, insieme alla rabbia, mentre la stanchezza la si poteva leggere in quelle pesche scure poste sotto ai suoi occhi.
Un flebile sorriso si dipinse sul suo volto. In un certo senso, leggere quelle emozioni negli occhi del Dio e sapere che lui ne era la causa, lo faceva sentire stranamente felice.
“Dove sei stato?” Le sue labbra spaccate ed incrostate di sangue e fango, si mossero da sole, articolando quella domanda.
La sua voce pareva tranquilla e calma, tremendamente in contrasto con il suo carattere di fuoco.
“In guerra, fino a poco fa. E tu invece?”
“Mi sei mancato,  Otabek.”
Non una domanda, non una risposta pungente o volgare, ma una confessione che spiazzò completamente il Dio della guerra.
Otabek si era preparato alle urla, alle grida e persino alle percosse per averlo ignorato per quasi un mese. Si era preparato alle reazioni più disparate, le più violente e si aspettava anche di veder volare qualche oggetto.
Ma mai si sarebbe aspettato una confessione dopo averlo sedotto ed abbandonato.
“C-cosa?”
Yuri sorrise amorevole per la sua reazione confusa e gli sfiorò una guancia con la mano libera.
Una tenera carezza pregna d’amore che voleva trasmettere tutti i sentimenti che agitavano l’animo del biondo.
“Mi sei mancato davvero tanto…”
Otabek parve rilassarsi sotto a quel contatto delicato e chiuse gli occhi per poterselo godere a pieno.
“Anche tu, Yuri… perdonami per averti ignorato per così tanto tempo.”
“Non fa niente” rispose il biondo, avvicinandosi al Dio con fare bisognoso ed urgente.
La mano sulla sua guancia scese sul bavero della tunica, afferrandolo e strattonandolo impunemente senza troppe cerimonie.
Adesso facciamo l’amore, Beka…” bisbigliò frettolosamente sulle labbra del moro, prima di unirle alle sue in un bacio passionale e lascivo, innocente preludio di ciò che sarebbe avvenuto poi in quel bagno circondato dal vapore.
 
Le carezze del Dio della guerra parevano una litania rigenerante per il suo animo ferito, mentre le dolci parole che gli sussurrava all’orecchio erano la rassicurazione che il suo cuore tanto agognava.
Consumarono il loro amore in quella vasca ricolma d’acqua, sussurrandosi promesse e soffocando gemiti l’uno sulle labbra dell’altro.
Il culmine del piacere scosse Yuri fin nelle viscere, lasciandolo senza fiato, in balia di quell’oceano di piacere che lo travolse senza lasciargli scampo alcuno.
Otabek lo baciò in quel momento.
Un bacio irruente e passionale, che soffocò violentemente i gemiti sconnessi del biondo, mentre un “ti amo” abbandonava le labbra del Dio della guerra.
Yuri ansimò in cerca di ossigeno prezioso, stupito e sconcertato dalle parole appena udite.
Gli ultimi affondi di Otabek furono crudeli e febbrilmente urgenti, poi solo un pesante sospiro appagato riempì la stanza.
 
Yuri si lasciò viziare dagli strascichi dell’orgasmo devastante che lo aveva scosso, accasciandosi sul petto del moro e abbandonandosi alle sue carezze gentili ed appena accennate sull’epidermide della sua schiena.
Strusciò il naso nell’incavo del collo del Dio e sorrise soddisfatto quando il suo profumo gli invase le narici.
Non era un sogno, non se lo stava immaginando. Otabek era lì con lui, in quella vasca, a cullarlo dolcemente dopo aver fatto l’amore.
“Mi sei mancato tanto…” Sussurrò sulla sua pelle abbronzata.
“Lo so, lo hai già detto.” Rispose il Dio della guerra, depositando un leggero bacio sulla tempia del biondo.
L’ennesimo sorriso smagliante abbandonò le labbra di Yuri, ormai incapace di trattenere per sé i propri sentimenti.
La felicità dipinta sul suo viso era pressoché impossibile da ignorare e chiunque sarebbe rimasto abbagliato da una tale radiosità, persino il Dio della guerra.
“Ti ho pensato molto in questo periodo…” iniziò Otabek, mordendosi le labbra indeciso se continuare o meno la sua confessione.
Un debole risolino gli arrivò alle orecchie, mentre la schiena del biondo si muoveva in accordo a quel suono.
“Perché ridi?”
“Tu non hai idea di quanto ti abbia pensato io…” confessò Yuri, allungando il collo verso il viso del moro ed unendo le loro labbra in un bacio dolce e gentile.
Quando si separarono, Otabek si prese il suo tempo, osservando gli occhi meravigliosi del ragazzo fra le sue braccia, ammirando con devozione quelle labbra perfette e scrutando con disappunto quei graffi che gli deturpavano la pelle nivea delle guance e della fronte.
“è stato Yakov?” si azzardò a chiedere, incapace di tacere o frenare la rabbia che gli montava al sol pensiero del suo Yuri nelle grinfie di quel fabbro.
“… cosa?” chiese il Dio dell’amore confuso. Che diamine c’entrava Yakov in quel momento?
“è stato lui a…” sospirò, incapace di pronunciare una simile parola. “a farti questo?”
“Cosa…? No!”
“Non mentirmi… ha scoperto che hai usato le frecce dell’amore?”
Yuri corrugò la fronte confuso da quelle parole. Che cavolo stava blaterando?
“Eh?! No…no! Sei fuori strada! Sono caduto e rotolato giù da una scarpata…Yakov non sa niente delle frecce di Victor.”  Sorrise esasperato, capendo la confusione che aleggiava nella mente del Dio.
Si alzò dal suo petto scultorio e gli si sedette in grembo. Le gambe spalancate dinnanzi a lui, le loro intimità a contatto e le braccia intorno alle sue spalle forti.
Una posizione così dolce, eppure talmente provocante ed intima.
“Non ho preso io le frecce di Yuuri. È stato Victor a rubarle per riuscire a portarsi di nuovo a letto quel cotoletto con le ali, solo che quell’incapace non ha capito un cazzo di come funzionano le frecce dall’amore.”
Otabek sorrise divertito da quella confessione.
“E tu come facevi a sapere delle frecce?” Chiese il biondo sinceramente curioso.
Era convinto che Victor avesse confessato solo a lui la sua bravata.
“Una freccia mi ha quasi sfiorato e, quando l’ho raccolta, ho visto che era una di quelle usate da Yuuri. Credevo che l’avessi scagliata tu dato che c’era il tuo nome sopra.” Spiegò il moro brevemente.
“Anche se mi sembrava strano dato che è successo qualche giorno dopo il pomeriggio al mare…”
“Infatti è stato Victor. Credeva che si dovesse scrivere il nome di chi si vuole colpire sulla freccia… e per di più lo ha anche scritto male!”
“Era ubriaco?”
“Quando mai non lo è stato?”
Risero entrambi facendo attenzione a non alzare troppo la voce. Dopotutto, Yakov era ancora in casa che dormiva beato nella camera padronale, ignaro di ciò che si era consumato nel bagno, a pochi metri da lui… ed era meglio che continuasse così.
Yuri si godette il suono della risata del Dio della guerra, trovandola incredibilmente tenera.
Non lo aveva mai sentito ridere di gusto, tantomeno sinceramente divertito per una sua battuta. Non sapeva perché, non se ne spiegava proprio il motivo, ma era felice di poter vedere anche quella parte di Otabek.
Quella parte giocosa e divertente, che ride alle battute fino ad avere le lacrime agli occhi e così in contrasto con l’immagine di sé che dava ai più, sempre severo, austero e musone.
Sorrise estasiato, ammirando i lineamenti distesi e rilassati del Dio sotto di lui e quasi stentava a credere che finalmente, dopo un mese di tempo, erano di nuovo loro due, spensierati ed innamorati come aveva immaginato nei suoi sogni più intimi.
Gli gettò le braccia al collo e lo strinse in un abbraccio tremendamente amorevole che, sperava davvero, di non dover sciogliere mai.
Sussultò leggermente quando anche le mani del Dio gli cinsero i fianchi, stringendolo a sua volta in un’unione intima che mai si sarebbe aspettato.
“Quindi… non sei innamorato di me per colpa di una freccia magica…” bofonchiò a mezza voce, mentre le sue guance si coloravano di scarlatto.
Otabek rise ancora, schernendo i suoi sciocchi dubbi e Yuri si dette mentalmente del cretino.
Certo che era così… gli aveva appena detto di non essere stato colpito!
“Yuri…” lo chiamò dolcemente, con un tono che mai gli aveva sentito e con il quale non gli si era mai rivolto.
Otabek lo scostò leggermente dal suo corpo e gli catturò il viso fra le mani, costringendolo a specchiarsi nei suoi occhi di cioccolato.
Le guance del Dio dell’amore erano teneramente tinte di rosso, mentre le labbra erano incorniciate da un broncio fintamente offeso.
Una visione a dir poco adorabile.
“Ti amo da sempre. Da quando hai lasciato l’oceano, dalla prima volta che ti ho visto…”
Gli scostò una ciocca ribelle che gli era caduta sul volto, occultando quell’occhio ceruleo alla sua vista.
“Amo il tuo carattere scorbutico ed amo quando ti arrabbi… sai, la fronte ti diventa tutta rossa.” Rise dolcemente, coinvolgendo anche il biondo.
“Amo il tuo viso sorridente, amo la tua risata ed amo i tuoi occhi. Mi hanno sempre ricordato gli occhi dei soldati.” Poggiò la fronte contro quella del Dio dell’amore senza mai interrompere il contatto visivo.
Gli occhi azzurri di Yuri traboccavano di lacrime represse dalle quali si poteva facilmente intuire le emozioni che gli stavano scoppiando nel petto.
“Ti amo per quello che sei, ti amo per come sei… e voglio continuare ad amarti.”
Yuri boccheggiò in cerca di ossigeno. Quella dichiarazione lo aveva spiazzato completamente, cogliendolo di sorpresa e lasciandolo senza fiato.
Otabek lo amava… lo amava da sempre… lo amava come non lo avrebbe mai amato nessuno in tutta la sua esistenza.
Calde lacrime di commozione gli bagnano le guance, sfociando ben presto in un pianto impossibile da arginare.
Rise fra le lacrime, felice come non lo era mai stato, neppure nell’oceano.
Quello era soltanto il preludio del loro amore, una dolce anteprima di ciò che lo avrebbe atteso per l’eternità fra le braccia del suo Dio guerriero.
“Ti amo anche io, Beka…” sospirò Yuri sulle labbra del moro, prima di unirle con le sue ancora, ancora ed ancora.
 
I giorni si susseguirono velocemente, scanditi da fugaci saluti o mezze parole nell’attesa dell’oscurità  che avrebbe assistito al loro amore clandestino.
Ogni notte, Otabek lasciava la Tracia e saliva sull’Olimpo dal suo amato, dove un’alcova improvvisata li avrebbe accolti nel loro abbraccio pregno d’amore.
Yuri attendeva la luna trepidante, mentre un piacevole sfarfallio gli attanagliava lo stomaco ed il cuore batteva all’impazzata.
Non appena i loro occhi s’incontravano, l’universo pareva sparire improvvisamente, mentre carezze gentili scaldavano le loro membra bramanti.
“Yura… ho sperato con tutto me stesso che Michele  sparisse il prima possibile per poterti rivedere…” bisbigliò il guerriero scendendo a baciare il collo del suo amato.
Yuri inarcò la schiena, facendo scontrare le loro intimità turgide e portò indietro la testa, abbandonandosi completamente al Dio.
“Oh… Beka!” Uggiolò estasiato da quelle attenzioni, dai morsi voraci e dai baci pieni di una passione che a stento riuscivano a mantenere.
La notte pareva durare pochi effimeri istanti e, già alle prime luci dell’alba,  Yuri iniziava a tormentarsi su quanto sarebbe durata quella stupida giornata prima di potersi riabbandonare fra le braccia del guerriero.
Ogni mattino, lo osservava rivestirsi di malavoglia, infilandosi lentamente l’armatura pesante ed i calzari in cuoio, mentre nel suo cuore si agitavano mille sentimenti.
Resta ancora un po'…
Stringimi ancora, ti prego…
Obbligherò il sole a non sorgere più se questo significa non vederti più andare via…
Milioni di parole si affacciavano sulle sue labbra, infinite frasi d’amore e suppliche gli morivano in gola ogni qualvolta Otabek osava alzarsi dal letto.
“Tornerò domani. Alla stessa ora, come sempre.” Un saluto scarno e distaccato, all’apparenza disinteressato.
C’erano tante cose di Otabek che ancora non sapeva, ancora non si spiegava, ma bastava osservarlo attentamente per riuscire a scorgere un arcobaleno di sentimenti tenuti perennemente nascosti da una coltre d’indifferenza. Bastava osservarlo un po’, porre attenzione in quei gesti meccanici o agli occhi sfuggenti per capire che il Dio stava reprimendo le sue emozioni con forza.
Le labbra carnose ed invitanti erano tirate in una linea dura, con gli angoli che tendevano leggermente verso il basso.
Yuri strinse gli occhi in un’espressione contrariata: c’era sofferenza nell’espressione di Otabek.
La stessa che, ne era certo, macchiava il suo volto ogni mattino quando il Dio guerriero se ne tornava nelle sue terre.
Perché?
Perché se ne andava sempre?
Perché il loro amore durava solo il tempo di una notte?
“Perché stai in Tracia?” La domanda gli uscì dalle labbra forzandole e frantumando quel suo ostinato mutismo che caratterizzava la loro routine mattutina.
“Perché questa domanda?” Chiese a sua volta diffidente.
“Sei un Dio e sei l’unico a starsene da un’altra parte che non sia l’Olimpo.”
“Georgi vive negli Inferi, Ania è costretta a starsene sei mesi con lui e sei mesi con Lilia, Lee Sung-il va in giro ad ammazzare i mortali e Sara vive nel bosco con almeno un centinaio di ninfe…”
“Lo so, lo so… domanda sbagliata.” Lo interruppe il Dio dell’amore issandosi in ginocchio sul letto morbido per poterlo scrutare negli occhi alla stessa altezza.
Il cuore batteva forte e deciso nel suo petto, colmo di trepidante attesa ed un’ infinita aspettativa.
“Riprovo: perché non stai qui, sull’Olimpo, con me?”
Un silenzio assordante cadde fra i due e Yuri iniziò a pensare che forse quello non era il modo migliore per affrontare quell’argomento.
“Non voglio vederti sgattaiolare via ogni mattino come un ladro…” aggiunse sviando lo sguardo a disagio.
Una mano corse sulle lenzuola sporche del loro amore e con esse si coprì il corpo nudo, quasi come se cercasse di proteggersi.
Il mutismo del Dio della guerra lo metteva tremendamente a disagio e l’immobilità del suo viso trasformò l’angoscia di Yuri in terrore.
Rispondimi… cazzo, rispondimi!
Il battito del suo cuore si fece assordante, le mani iniziarono a sudare incessantemente, mentre una peculiare pesantezza al petto gli costrinse i polmoni in una morsa crudele.
“Yura…” iniziò il Dio guerriero con voce addolcita, ma nonostante questo, il biondo non osò alzare lo sguardo.
Il letto ondeggiò leggermente, sinonimo che Otabek vi si fosse seduto sopra.
“Neanche a me piace andare via ogni mattino, ma devo farlo… non voglio che tutto questo possa ritorcersi contro di te.”
“Oh… andiamo, Beka!” Lo fronteggiò con arroganza Yuri, alzando lo sguardo e tuffandosi nei suoi occhi scuri.
“Non crederai davvero che abbia paura di quel fabbro coglione?!”
“No. So che non ne hai, ma io temo comunque per te. Tu sei sposato, tecnicamente… quindi la nostra relazione non può esistere comunque alla luce del sole.”
“Stronzate.” Berciò il biondo, sputando via dalle sue labbra quella parola scurrile come se fosse stato veleno.
“Yura, sei sposato… non possiamo agire troppo liberamente.”
“Credi che l’abbia voluto io questo matrimonio?” Chiese il biondo allungando la mano fino alla coscia muscolosa del Dio guerriero.
Un sorrisetto malizioso gli adornò le labbra, mentre le sue dita sottili correvano sotto al gonnellino metallico.
“Se volessi scoparti sotto gli occhi di tutti, non mi farei problemi a sdraiarti su un tavolo durante uno dei banchetti di Jean Jacques… e questo lo sai bene.”
Otabek gemette fra i denti, mentre le carezze soavi di Yuri gli sfioravano l’intimità già turgida per quelle piccole attenzioni ricevute.
Il ghigno compiaciuto che comparve sul volto del Dio dell’amore non passò inosservato ai suoi occhi.
“Yura…”
“E scommetto che la cosa non ti dispiacerebbe affatto…” sibilò malizioso al suo orecchio, strusciandosi a lui tentatore.
“Fottermi davanti a tutti, davanti a tutti quelli che vorrebbero fottermi a loro volta… e fargli capire che sono tuo e tuo soltanto.”
Ancora una carezza leggera, un timido sfiorare e poi finalmente Yuri prese saldamente in mano l’erezione del suo amato, mentre un sorriso trionfante si allargava sulle sue labbra nel sentire l’effetto di quelle carezze.
“Non me ne fotte un cazzo di Yakov! Io amo te, solo te voglio nel mio letto, sol…” le labbra del Dio guerriero si impossessarono frettolosamente di quelle di Yuri, coinvolgendolo in un bacio rude e passionale, caratterizzato da morsi crudeli e lingue intrecciate.
Otabek strattonò via il lenzuolo leggero che celava l’intimità del Dio dell’amore e lo sdraiò sul letto, sovrastandolo con la sua figura imponente.
Consumarono il loro amore ancora una volta e fra gemiti e mugolii, il sole illuminò ogni angolo della loro alcova.
 
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Michele raggiunse l’Olimpo con il suo carro dorato, mentre un misto d’incertezza e angoscia  lo torturavano.
Per l’ennesima volta, si strofinò le mani sulla tunica immacolata nel vano tentativo di asciugarle dal sudore dettato dal più nero nervosismo.
La consapevolezza di sapere ciò che stava accadendo sull’Olimpo, l’essere a conoscenza del misfatto che si stava consumando sul monte sacro, l’aver chiaramente visto qualcosa di troppo scomodo… come ci si sarebbe tirato fuori?
Avrebbe dovuto dirlo a Yakov?
Dopotutto era lui il diretto interessato… o magari dirlo a Jean Jacques? Alla fine, erano anche affari suoi dato che Yuri aveva trasgredito ad un suo ordine.
Deglutì a disagio, passandosi nervosamente una mano fra i capelli nocciola.
Parlare o tacere?
E se avesse taciuto? Se eventualmente fosse venuto fuori che lui sapeva, probabilmente avrebbe avuto qualche ripercussione da parte del Padre degli Dei.
Eventualmente, con chi parlare?
“Cosa ti affligge?” Una voce che conosceva fin troppo bene lo infastidì.
Si voltò a destra ed a sinistra, ma il suo interlocutore pareva già volato via.
Fastidioso ed invadente come sempre.
Digrignò i denti e si costrinse a lasciar perdere. Aveva problemi più seri a cui pensare e, primo fra tutti, l’aver assistito ad un atto decisamente non consono per essere consumato alla luce del sole.
“È inutile che mi ignori…” la voce tornò a molestarlo nuovamente, ma stavolta il frusciare dei calzari alati tradì la posizione del messaggero divino.
Michele si girò lesto verso destra ed acciuffò Emil per il bavero della tunica turchina svolazzante.
“Smetti di prendermi in giro!” Tuonò il Dio portatore di luce strattonando l’altro sgarbatamente.
Un ghigno divertito quanto irriverente si dipinse sulle labbra del Dio messaggero.
“Questo mi è proprio impossibile!” Lo derise il biondo sfiorandogli la mano che teneva stretta la sua tunica.
Uno sguardo malizioso ed ammaliante cercava ardentemente gli occhi sfuggenti e timidi del Dio del sole, mentre la presa sulla mano si tramutava velocemente in una carezza colma di lascivia.
“Sai bene che non voglio ignorarti…” soffiò  due millimetri dalle labbra di Michele, sperando che quest’ultimo mettesse da parte la timidezza e lo trascinasse in un bacio tremendamente agognato.
“Non mi interessa! Smetti di svolazzarmi intorno!” berciò l’altro spintonandolo sgarbatamente e mettendo fra di loro un po' di salutare distanza.
Emil sospirò sconsolato. Anche quello, non sarebbe stato il suo giorno fortunato.
“Allora dimmi che cosa ti turba e farò il mio meglio per ignorarti.” Tentò un dialogo, più per la voglia di stare ancora con lui che per reale interesse riguardo a fatti non suoi.
Michele impallidì vistosamente udendo quelle parole e, cercando di apparire il più convincente possibile, dissimulò negando.
“N-niente! Non c’è niente che mi turba!”
“Quindi vuoi che continui ad infastidirti…” ammiccò Emil malizioso, giocherellando con una ciocchettina della sua barba dorata.
“No! Non c’è niente davvero! Niente! Non c’è assolutamente niente che ho visto!”
Si morse la lingua colpevole, consapevole di aver detto troppo ed essersi tradito da solo.
“Ma davvero… quindi che hai visto?”
“Niente!”
“Dimmelo!”
“Niente!”
“Dimmelo, altrimenti…” sibilò velocemente ed in un istante fu davanti al Dio del sole, afferrandolo per quelle spalle muscolose che da sempre ammirava da lontano.
Ci fu un attimo di incertezza nei suoi occhi, ma con un “chissene frega!” bisbigliato mentalmente,  si avventò su quella  bocca carnosa tanto bramata.
Fu un leggero quanto fugace sfiorarsi di labbra, prima che Michele reagisse scrollandoselo di dosso con malagrazia.
“Smettila, Emil!” berciò sgarbato, strofinandosi le labbra con l’avambraccio per eliminare ogni traccia di quel bacio clandestino.
Quel gesto spezzò il cuore del messaggero divino, ma il sordo dolore al petto venne prontamente celato dietro una maschera di perenne tranquillità e spensieratezza.
“E tu dimmi che ti prende!”
“E va bene! Ho visto Yuri e Otabek insieme!” Sbottò il Dio del sole,  coprendosi il viso scarlatto con le mani, a causa della vergogna al sol ricordo di quell’abbraccio intimo.
“… quindi?” Chiese Emil confuso.
“Insieme! Proprio insieme…insieme!”
“Continuo a non capire...”
“Tonante Jean Jacques! Come noi pochi secondi fa… ma più intimi!”
“… oh!” Esordì Emil con gli occhi sgranati per la sorpresa.
“Insieme, insieme? Con un letto sotto di loro?” Chiese specificando e l’intensificare del rossore sulle guance di Michele, fu una risposta fin troppo chiara.
Yuri e Otabek… avevano una relazione?!
Da quanto durava? Yuri era sposato… come poteva farla franca sull’Olimpo? Sotto agli occhi di tutti gli Dei? E Jean Jacques? Cosa avrebbe fatto? Come lo avrebbe punito?
Mille e più domande invasero la mente del messaggero divino, mentre un senso d’apprensione gli attorcigliò lo stomaco.
Michele si trovava in una posizione decisamente scomoda.
Che parlasse o che tacesse, avrebbe comunque subito qualche ripercussione… bastava decidere chi fosse un aguzzino migliore fra Jean Jacques o Otabek.
Scrutò il Dio dinnanzi a lui con sguardo reverenziale. Non poteva permettere che finisse nelle grinfie dei due Dei vendicativi.
Non voleva, non poteva permettere che Michele venisse punito! Piuttosto avrebbe preso lui il suo posto!
Sospirò esausto. Ormai aveva preso la sua decisione.
“Scusa Michele, ma devo proprio volare via!” E così dicendo, il messaggero divino scomparve in un batter d’occhi.
“N-no! Emil!” Protestò il Dio del sole, chiamandolo a gran voce nella speranza che tornasse indietro.
Michele sospirò rumorosamente frustrato.
Ecco, il danno era fatto.
Emil ci avrebbe messo davvero poco a spargere la voce che ben presto sarebbe arrivata anche ad orecchie scomode.
In cuor suo, sperava davvero che il suo nome  non uscisse mai dalle labbra di Emil, così ne sarebbe uscito indenne.
 
^^^
 
I giorni passarono velocemente e gli incontri fugaci dei due amanti continuarono a consumarsi ogni notte.
Al calar della sera, Otabek raggiungeva l’Olimpo furtivamente, salendo  sul monte sacro come un ladro, e s’intrufolava nella dimora di Yakov senza fare rumore.
Entrava sempre dalla finestra che dava sul lungo corridoio, camminava passando davanti alla camera del fabbro e, dopo aver udito il suo profondo russare, filava dritto fino all’ultima stanza, dove Yuri già lo attendeva fremente.
Bocche voraci, baci e poi morsi. Mani tremanti, graffi e poi carezze.
Gemiti ed ansiti riempivano presto la stanza buia, scaldando l’aria con la loro passione. Troppo velocemente passavano le ore di buio e Yuri si costringeva sempre ad indossare la sua maschera di perenne strafottenza, ma in verità bramava ogni singolo istante in più che Otabek gli concedeva.
Come un assetato che prega per un sorso d’acqua, Yuri elemosinava piccole attenzioni, gesti dolci o solo qualche ora in più prima che il sole sorgesse ancora.
Era sempre più difficile separarsi dal Dio guerriero e recitare la parte di perfetti sconosciuti, quando, in verità, ogni volta che i loro sguardi s’incontravano, il suo cuore pareva impazzire.
Il suo corpo reagiva alla presenza di Otabek esattamente come quel pomeriggio al mare, ogni volta, ogni singola volta, come se fosse la prima. Con la stessa intensità ed ardore di una fiamma che lo consuma internamente e che pare inestinguibile.  E quella sera, non faceva eccezione.
“Oh… Yura…” gemette il Dio della guerra, scivolandogli all’interno con delicatezza e premurosa attenzione.
S’incastravano alla perfezione, le due divinità, traendo piacere entrambi da quel contatto peccaminoso e proibito.
D’improvviso, mentre le spinte del Dio guerriero lo riempivano, un rumore secco e meccanico ruppe il coro dei loro gemiti.
“Ma cos-…” bisbigliò Yuri un attimo prima che una strana forza li spingesse innaturalmente verso l’alto.
Il comodo e soffice letto, mancò sotto alle loro membra e, al suo posto, una rete d’oro lucente li avvolse come il  cappio al collo di un condannato.
“Yura!”
“Beka!” si chiamarono all’unisono, preoccupati per l’incolumità l’uno dell’altro. Apprensione macchiava le loro voci , trasparendo chiaramente da quell’unica parola pronunciata.
I loro corpi ancora uniti in un abbraccio d’amore, mentre le corde d’oro arrossavano e marchiavano la loro epidermide accaldata.
“Stai bene?” chiese Otabek carezzando una guancia del Dio con fare rassicurante.
“S-Sì… credo. Ma che diavolo è successo? Che sono queste corde?”
“Sono corde d’oro, impossibili da spezzare.” Una voce roca ed impastata dal sonno  rispose, delucidando i dubbi dei due amanti e facendo sorgere un senso d’inquietudine nei loro cuori.
Yakov troneggiava dietro di loro, sull’ingresso della camera del Dio dell’amore, con un’espressione scura in viso.
Occhi dardeggianti sputavano disprezzo e delusione, trafiggendo la schiena del biondo come mille lance mortali.
“Facci scendere, Yakov.” La voce impetuosa di Otabek riempì la stanza e Yuri si ritrovò a tremare di paura.
I due Dei si stavano scrutando come bestie pronte a farsi a brandelli. Una tensione irrespirabile infestava la stanza e, ben presto, la situazione sarebbe degenerata. Era questione di tempo.
“Non credo proprio.” Ghignò il fabbro accomodandosi sul letto sotto di loro. Un perfido sorriso derisorio ad abbellirgli le labbra.
“Yakov…” tentò Yuri.
“Taci, puttana. Usa la bocca solo per fare ciò che ti riesce meglio.” Lo interruppe bruscamente, vomitando insulti e cattiverie pregni di rancore.
Yuri ammutolì colpevole, mentre alcune lacrime invasero i suoi occhi, premendo per uscire.
Puttana.
Dunque era questo che era?
Una puttana?
L’aver assecondato il suo cuore e quei sentimenti che lo ardevano dall’interno l’avevano reso una puttana?
No. Non lo era. Lui amava Otabek più di sé stesso, gli aveva donato anima e corpo ed era pronto a farlo ancora, ancora e ancora.
Gli era sempre stato fedele, il suo cuore non ammetteva nessun altro che non fosse il Dio guerriero.
No. Non era una puttana.
“Non osare parlargli in questo modo, altrimenti…” Tuonò la voce imponente di Otabek, corso in suo aiuto per difendere il suo onore, proprio come il gentile cavaliere che era.
“Tsè… non sei proprio nella condizione di poter fare minacce. Se non sbaglio, sei ancora dentro il mio consorte, fratellino.”
Otabek assottigliò lo sguardo, scrutando il fabbro con rabbia. Stava per ribattere ancora, sfidandolo per ristabilire una situazione paritaria in cui gli avrebbe facilmente cambiato i connotati, ma la voce di Yuri lo precedette.
“Fammi indovinare, ti da fastidio che lui sia dove tu vorresti essere?!” Strafottenza ed irriverenza spiccavano nella voce del Dio dell’amore, assieme ad una sana dose di derisione.
“Da quanto siamo sposati? Anni, secoli ormai! Ed io non mi sono mai fatto sfiorare nemmeno una volta dalle tue schifose mani! E sai perché? Perché è solo lui l’uomo che voglio che mi tocchi! Non m’importa se vuoi lasciarci quassù per tutta la mia esistenza! Preferirei passarla così piuttosto che nel tuo letto!” Berciò con così tanta rabbia che la gola pareva andargli a fuoco.
I due Dei ammutolirono dinanzi a tanta furia. Nessuno si sarebbe mai aspettato una simile confessione, gridata con la rabbia più nera.
Otabek allungò una mano e catturò quella del Dio dell’amore. Un gesto dolce e rassicurante che comunicava silenziosamente un “ti amo” inespresso.
Si scambiarono uno sguardo fugace, ma pieno d’amore, trasmettendosi rassicurazione e sostegno in quella situazione avversa.
“Bene! Allora resta lassù!” Berciò il fabbro abbandonando la camera del consorte.
Anche se non voleva darlo a vedere, quelle parole gli avevano squarciato il petto.
 
Durante il giorno, vi fu un susseguirsi di divinità che si apprestarono a schernire e deridere i due amanti intrappolati.
Grida fomentate, risate sguaiate, insulti e battute volgari riempirono la stanza per ore infinite, molestandogli le orecchie e mortificandoli.
 
“Guarda che fisichino che ha Yuri!”
 
“Com’e stare dentro di lui, Otabek?”
 
“Scommetto che è bollente esattamente come sembra!”
 
“Yuri, dopo Otabek, voglio farmi anche io un giro!”
 
Otabek chiuse gli occhi esasperato. Non sopportava quella situazione, non sopportava le parole degli Dei che lo schernivano e tantomeno sopportava le velate offese che venivano rivolte continuamente a Yuri.
Strinse i denti e sopportò. Poteva solo aspettare che gli altri si stancassero dello spettacolo e se ne andassero.
D’un tratto, un singulto soffocato attirò la sua attenzione.
Aprì gli occhi incuriosito ed una maschera di dolore si manifestò sul viso vedendo il suo Yuri con le lacrime agli occhi.
Ostinato ed orgoglioso, non avrebbe mai pianto davanti a tutti. Il suo carattere battagliero gli impediva di compiere un simile gesto, tuttavia le offese e le derisioni l’avevano evidentemente ferito ed i suoi occhi, i suoi bellissimi occhi cerulei, non riuscivano a trattenere il dolore.
Allungò una mano verso la sua guancia, sfiorandogli la pelle con una carezza gentile e delicata.
“Mi dispiace…” bisbigliò abbastanza piano da non farsi sentire dagli Dei, ma abbastanza forte per farsi udire chiaramente da Yuri.
“Mi dispiace per tutto questo… è colpa mia. Se non fossi venuto da te, non sarebb-…”
“No, Beka.” Lo interruppe il Dio dell’amore. Un sorriso malinconico ad adornargli le labbra ed uno sguardo dolce dipinto negli occhi umidi di lacrime.
“Ho voluto tutto quello che c’e tra di noi. Ho desiderato ogni momento e non me ne pento affatto.”
La loro piccola conversazione parve passare inosservata, sovrastata dalle grasse risate degli Dei che non accennavano a diminuire.
Solo un Dio parve cambiare repentinamente espressione.
Le grida fomentate e gli appellativi ingiuriosi e maliziosi verso il suo consorte, iniziarono ad essere decisamente troppo volgari.
C’era chi bramava una notte con lui, chi lo desiderava ardentemente e mille e più creative idee erano state espresse.
Un senso di malessere gli strinse lo stomaco, costringendolo a distogliere lo sguardo dai due amanti appesi.
C’era amore nei loro sguardi, c’era tenerezza nelle loro parole… tutte cose che fra lui e Yuri non v’erano mai state.
Deglutì a disagio, Yakov, cercando di ingoiare quel groppo in gola che pareva strozzarlo.
Tutti quegli Dei, tutti i suoi fratelli e persino suo Padre, non volevano altro che il suo consorte. Bramavano l’idea di stare al posto di Otabek ed ormai, dopo tutte quelle battute, era divenuto abbastanza palese.
Tutti volevano Yuri, tutti lo desideravano, ma solo Otabek poteva averlo. Solo a lui si era concesso.
Gelosia
Cosa avrebbe dato pur di stare al posti del Dio della guerra…
Aveva donato un trono d’oro massiccio a Jean Jacques pur di assicurarsi Yuri, ma  il suo cuore non l’aveva comprato così come sperava.
“Basta così! Tutti fuori!” Berciò infine, iniziando a spintonare gli Dei verso la porta.
“Che ti prende Yakov? Non volevi punirlo a dovere?” Chiese Jean Jacques stranito e confuso da quel comportamento inaspettato.
“È abbastanza. Fuori tutti!” Gridò ancora, spintonando i guardoni molesti ed ignorando le loro grida di protesta.
Basta. Aveva sopportato anche troppo.
In pochi minuti, lo stuolo di Dei uscì dalla porta principale della dimora del fabbro.
Yakov tornò verso la stanza del suo consorte ed azionò uno strano marchingegno composto da leve in ferro, posto dietro l’anta della porta.
Un rumore metallico invase la stanza, mentre un meccanismo complesso  veniva azionato affinché la rete scendesse nuovamente verso il terreno.
Yakov guardò i due amanti scendere a terra, ancora stretti in un abbraccio innamorato, e, con non poca amarezza, si congedò senza fornire spiegazioni.
Lasciarli lassù non aveva più senso ormai.
Yuri era stato offeso, Otabek era stato schernito ed il suo animo era rimasto ferito da quella vendetta dettata dal rancore.
Tornò nella sua fucina, il suo rifugio dal mondo, e continuò il suo lavoro, incurante di quella strana sensazione di sconfitta che gli aleggiava nel cuore.
 
Yuri toccò il pavimento con la schiena ed un brivido freddo gli percorse le membra intorpidite non appena Otabek si allontanò da lui bruscamente.
Sussultò per quella mancanza improvvisa e gli mancò il respiro appena intravide il Dio guerriero rivestirsi in fretta e furia.
“O-Otabek?” Balbettò sbigottito e spaventato.
Un senso d’inquietudine gli attanagliò le membra, costringendolo supino sul pavimento gelido.
Che diamine stava succedendo?
Perché sentiva che sarebbe successo qualcosa di brutto a breve?
“È meglio non vederci per un po'… sai, Yakov potrebbe cambiare idea e metterci di nuovo in quella rete.” Spiegò brevemente il Dio della guerra, mentre si agganciava il gonnellino metallico alla vita.
Occhi sfuggenti, i suoi. Occhi che non incontravano mai la figura del Dio dell’amore.
“P-perché?” Ansimò senza fiato. I polmoni parevano massi pesanti, privi di ossigeno prezioso.
“Tanto ormai lo sanno tutti di noi…”
Otabek sospirò con aria stanca. Le spalle gli si incurvarono pericolosamente verso il basso, creando un’immagine che sapeva tanto di sconfitta.
“Non ci tengo a sopportare ancora una simile umiliazione, Yuri.” Sibilò a denti stretti, trattenendo quella bruciante sensazione che gli infiammava l’animo.
Quelle battute, quelle risate, quelle parole, se le ricordava troppo bene, ben chiare nella sua mente e marchiate a fuoco sulla sua pelle come i segni rossastri delle corde dorate.
“N-Nemmeno io…” ma affronterei di nuovo tutto questo a testa alta, sopporterei qualsiasi epiteto per stare al tuo fianco!
Le parole gli morirono in gola ed il respiro gli restò bloccato nel polmoni.
Cosa intendeva Otabek?
Per quanto non si sarebbero visti?
Giorni? Mesi? Anni?
Lo stava lasciando?
D’improvviso sentì il bisogno di coprire le sue nudità e celarle all’unico uomo a cui aveva consentito di vederle.
Si rannicchiò seduto stringendo le ginocchia contro il petto ed ignorando quel dolore al petto che lo stava dilaniando.
“Qualche giorno fa, parlammo dei rischi della nostra relazione.” Otabek ruppe il silenzio e, vestito di tutto punto, osò spiare di sottecchi i movimenti del Dio dell’amore. Il coraggio di affrontarlo a viso aperto pareva essersi sublimato all’istante e, vigliacco, preferì dargli la schiena.
Già immaginava i suoi occhioni ricolmi di rabbia e lacrime…
“L’idea di giacere con te dinnanzi a tutti mi piaceva… ci ho anche un po' fantasticato, onestamente…”
“Ma?” La voce strozzata di Yuri lo spronò a continuare. Stava soffrendo, stava per piangere… come poteva farlo?
Con che cuore poteva continuare sapendo di ferirlo?
“Ma non mi è piaciuto. Soprattutto per le offese che ti hanno gridato.” Fece una pausa. Strinse i pugni cercando di deglutire quel groppo in gola che gli impediva di concludere la frase.
“E credo che sia meglio finirla qui.”
Un silenzio assordante invase la stanza.
Le orecchie di Yuri iniziarono a fischiare contemporaneamente, provocandogli un capogiro.
Fu costretto a tenersi al pavimento, poggiando un palmo a terra, mentre un nodo allo stomaco gli provocava ingenti e pericolosi conati.
“Finché staremo insieme, subiremo entrambi questo tipo di ripercussioni.
Saremo oggetto di scherno da parte di tutti, tu verrai offeso e deriso e… e chissà per quanto ancora dovremo sopportare battutine e risolini alle spalle!” Otabek si morse il labbro a sangue. Il ricordo di Yuri nella rete d’oro, con gli occhi umidi pareva scolpito nella sua mente.
No, non avrebbe più permesso che i suoi occhi si riempissero di lacrime.
La loro relazione non lo avrebbe più ferito.
Era pronto a rinunciare a lui, al loro amore, pur di non vederlo più soffrire.
Quella sarebbe stata la prima ed ultima volta che la loro relazione si ritorceva contro Yuri.
“Yuri...”
“Vattene.”
Otabek si voltò a guardarlo con gli occhi sgranati. Stupore trapelava dalle sue iridi scure.
“Yuri, ma…”
“Vattene, Otabek.”
Yuri alzò lo sguardo perennemente ancorato al terreno e puntò gli occhi infuocati in quelli di Otabek.
La tensione era calata fra loro, densa, avvolgente e crudele.
L’aria pareva irrespirabile in quel momento, o almeno ad Otabek pareva così.
Non riusciva a comprendere come Yuri potesse sembrare così calmo e distaccato nonostante il ghigno rabbioso che gli deturpava il volto.
Decise di non porsi domande, di non cercare risposte e di non cercare di rabbonirlo.
Sapeva che quelle parole avrebbero avuto un effetto devastante sul Dio dell’amore ed era pronto a prendersi le sue responsabilità e fasi carico di un fardello di rabbia e odio inestinguibile.
Raggiunse la finestra dalla quale era solito uscire. Carezzò il legno scuro con la mano, quasi come un saluto ed uscì come gli era stato ordinato.
 
I giorni passarono lentamente, ormai non v’era differenza fra il giorno e la notte, fra la mattina o il tramonto. Solo lacrime e rimorso scandivano il tempo del Dio dell’amore.
Si avvolse nel lenzuolo candido, una mera coperta che soleva consolarlo nei momenti di fragilità, e pianse ancora una volta.
Chissà da quanto tempo non usciva… chissà da quanto tempo non si lavava…
O meglio, da quando lo sapeva… soltanto, non sapeva dire quanto tempo fosse passato.
Un singulto rumoroso gli scosse le spalle, ma una mano corse lesta a tappargli la bocca per soffocare quel rumore vergognoso.
Non doveva piangere per Lui, non si meritava le sue lacrime ed il suo dolore… non si meritava quel dolore devastante che gli sconquassava il petto.
Un timido bussare attirò la sua attenzione, ma decise di ignorarlo e continuare a rotolarsi nelle sue coperte e piangere.
“Yuri, vorrei parlarti… sono-siamo preoccupati”
la voce del cotoletto alato pareva seria, ma, d'altronde, nonostante le angherie e le parole poco carine che gli rivolgeva, Yuuri era sempre stato dolce e premuroso con lui.
“T-ti ho sentito piangere… non voglio che tu stia male. So cos’e successo, ma vorrei poterti aiutare…”
“Entra.” Disse cercando di apparire minaccioso o scontroso come sempre, ma la sua voce somigliava di più a quella di un gattino mugolante.
Yuuri varcò la soglia silenziosamente e richiuse la porta dietro di sé.
Indugiò qualche secondo e, non appena Yuri si voltò a guardarlo dandogli un qualche permesso per avvicinarsi, non perse tempo e si fiondò al suo capezzale.
“Ciao, è tanto che non ci vediamo.” Esordì il Genio dell’amore cercando di rompere il ghiaccio, ma dallo sguardo scorbutico e scocciato che Yuri gli rivolse, intuì di aver appena fatto un buco nell’acqua.
“Ritenta, cotoletto, ma non tirar fuori cazzate sul tempo o roba simile.”
“No… no… andrò dritto al sodo.” Yuuri prese fiato cercando di raccogliere un po' di coraggio.
Chissà quanto violenta sarebbe stata la reazione del Dio…
“Quanto fa male?”
“Cosa?”
“Il petto… voglio sapere se il dolore è così atroce come dicono.” Disse Yuuri tutto d’un fiato, abbassando lo sguardo colpevole.
“Sì.” Bisbigliò piano l’altro, stringendosi al petto il cuscino sul quale Otabek era solito dormire.
“Anche respirare è diventato difficile…”
“Mi dispiace tanto, Yuri. Vorrei poter fare qualcosa per non farti soffrire più, ma purtroppo non posso… l’unica cosa che posso fare è aiutarti e starti vicino.” Sorrise amichevole, osando persino abbozzare una sorta di carezza confortante sul suo braccio.
Yuri sorrise mestamente, un timido ed impacciato simbolo di riconoscimento per quelle premure che Yuuri stava avendo verso di lui.
D’improvviso, lo sguardo gli cadde sul piccolo anello dorato che svettava al dito del Genio dell’amore.
Non pareva niente di particolarmente raffinato o ricercato. Una banale e comunissima fascetta dorata posta sull’anulare sinistro del moro.
“E quello?” Chiese curioso, ricevendo in risposta un borbottio sconnesso, seguito da un rossore improvviso sulle guance.
“È di Victor, vero?”
“B-Beh… sì… cioè, no! I-insomma… gliel’ho r-regalato io…Oh cieo! Nonsonovenutoaspiattellartiin faccialamiarelazionevolevotirartisuilmorale…” biascicò a mezza voce spostando compulsivamente lo sguardo da un punto all’altro della stanza.
Nonostante Yuri odiasse quando il cotoletto si comportava da perfetto imbecille impacciato, quel giorno, lo trovò tremendamente divertente.
Il suo rossore assurdamente fluorescente, quel continuo balbettio dicendo le cose più strampalate e quel comportamento meccanico ma impacciato, furono un lenitivo essenziale per l’animo del Dio dell’amore.
Una timida risatina si spanse nella stanza, facendo ammutolire il moro e costringendolo a guardare Yuri con uno sguardo dolce ed amorevole.
Le sue intenzioni di farlo stare meglio, di risollevargli l’animo, erano decisamente andate a buon fine.
Sorrise felice e soddisfatto del suo operato.
“Che ne dici di andarti a fare un bel bagno mentre io rassetto un po' la stanza?” Propose il moro, sorridendo cortesemente.
Yuri annuì e, portandosi appresso le lenzuola per coprire il suo corpo, si diresse nel bagno adiacente alla sua stanza.
 
Il contatto con l’acqua calda fu un vero e proprio toccasana e Yuri si prese tutto il tempo per concedersi una vera e propria coccola.
Acciuffò gli oli profumati che sostavano a bordo vasca e con essi si deterse il corpo, massaggiandosi l’epidermide dolcemente come…
Un groppo in gola gli impedì di respirare al sol ricordo delle mani gentili di Otabek.
Si guardò intorno spaesato, quasi non riconoscendo la stanza del suo bagno.
In quella stessa vasca, lui e Otabek avevano rifatto l’amore dopo quasi un mese di separazione.
Volse il capo verso la porta ed il ricordo di un altro rapporto avvenuto contro di essa gli torturò la mente.
Raccolse le ginocchia al petto con un gesto brusco e violento che fece fuoriuscire un po' d’acqua calda.
“No… no…” bisbigliò fra sé e sé mentre i ricordi si facevano spazio prepotentemente nella sua mente.
Un brivido gli corse lungo la schiena, seguendo una scia immaginaria che il suo corpo ricordò all’istante.
Dapprima, il brivido nacque alla base della nuca, leggero ed effimero come un soffio di vento.
Poi scese seguendo la sua colonna vertebrale. Vertebra per vertebra, millimetro dopo millimetro, fino a concretizzarsi e morire sull’osso sacro. Esattamente come avevano fatto mille volte le mani di Otabek.
Un gemito gli forzò le labbra, echeggiando nella stanza come la più disonorevole delle offese.
“Yuri, tutto bene?” La voce apprensiva e preoccupata del cotoletto, giunse presto alle sue orecchie accompagnata da un leggero bussare.
“S-sì… no… non lo so.”
“Vuoi che entri?”
“N-no… va bene così. Ho quasi finito.”
“Va bene, ma sono qui se hai bisogno di me.”
Yuri sorrise alla stanza vuota, grato per l’amicizia che condivideva con il Genio dell’amore.
Poggiò il capo sul bordo della vasca, mentre calde lacrime gli bagnavano le guance.
Rivivere i momenti d’amore con Otabek era stato devastante ed umiliante allo stesso tempo.
Il suo cuore sanguinava terribilmente, eppure non smetteva un attimo di battere all’impazzata al sol ricordo di quegli occhi scuri di cui si era innamorato.
Portò una mano sul petto e percepì all’istante il pompare forsennato di quell’organo che pareva avere vita propria.
Sospirò rassegnato. I suoi sentimenti non erano mutati neppure di una virgola nonostante la brusca separazione, la rabbia ed i giorni di dolore.
“Devo risolvere questa cosa… non posso continuare così.”
 
Si vestì con una tunica leggera e, senza neppure congedare o ringraziare Yuuri, uscì di casa e scese l’Olimpo a grandi passi, deciso come non mai a raggiungere la Tracia.
In poche ore si ritrovò sulla stessa spiaggia di molto tempo prima, quella sulla quale lui e Otabek avevano fatto l’amore per la prima volta.
Passeggiò sulla sabbia calda, lasciando che gli solleticasse leggermente le piante dei piedi, mentre la risacca del mare gli carezzava le caviglie sottili.
Sentiva che quella era la casa di Otabek. Lui era ovunque: negli scogli aguzzi, nei ciottoli trasportati dal mare, nelle aspre onde che s’infrangevano violente e persino nell’aria fresca e frizzante.
Tutta la natura gli parlava di lui, di loro, di quanto gli mancasse
E fu quasi una coincidenza trovarselo davanti.
Le gambe muscolose pregne di sangue dei nemici abbattuti, le mani callose piene di tagli e ferite e l’armatura intatta  costellata di schizzi scarlatti.
Yuri balzò sorpreso, sventolando i calzari come se fossero armi contundenti, ed Otabek lo guardò stupito e divertito allo stesso tempo.
“Yuri...” carezzò il suo nome con dolcezza, come se pronunciasse una preghiera accorata.
“Ho capito che sei uno stronzo.” Esordì il biondo, mantenendo una salda ed irremovibile distanza di sicurezza.
Cavolo se gli sarebbe saltato volentieri addosso…
“…grazie?”
“Taci. Non interrompermi.” Lo zittì il biondo, scagliandogli contro uno dei suoi calzari.
Otabek schivò il colpo e raccolse il saldalo con una smorfia di divertimento dipinta sul volto.
“Ho capito anche che sono irrimediabilmente innamorato di te. E questa cosa mi fa incazzare.
Per come mi hai trattato, per come te ne sei andato… non meriti che io sia stato male per te!”
“Sei stato male anche tu?”
L’altro saldalo fu scagliato contro il suo petto, ma Otabek lo acciuffò al volo.
“Silenzio!” Berciò il Dio dell’amore sfoggiando il suo tipico broncio arrabbiato.
“Ci sono milioni di persone che meriterebbero i miei sentimenti più di te! Hai giocato con me e, alla prima difficoltà, sei scappato con la coda fra le gambe!”
“No! Non sono scappato, Yuri!”
“Taci, ho detto” stavolta, in mancanza di sandali, lo schizzò con l’acqua di un’onda che veniva richiamata in mare.
Otabek alzò un sopracciglio, dubbioso e stranito da quella reazione.
Davvero doveva tacere assolutamente? O quella era solo una scusa per lanciargli cose addosso?
“Sei una persona orribile! Ti sei rintanato quaggiù per tutto questo tempo, mentre io stavo ancora a piangermi addosso.
Sai cosa ti dico? È un bene che sia finita, perché sei uno stronzo troppo stronzo per meritarsi qualcuno che lo ama con tutto il cuore!” Gridò a squarciagola, mentre il peso sul cuore andava man mano a sublimarsi.
Sfogarsi era decisamente servito ed ora stava meglio con sé stesso, tuttavia la vicinanza di Otabek aveva risvegliato quel fastidioso ed insistente sfarfallio allo stomaco.
Si costrinse ad ignorarlo. Non voleva cedere. Gliene aveva cantate quattro ed ora era pronto ad andarsene.
“Ridammi i sandali.”
“No.”
“Otabek!”
“Prima ascoltami, ti prego…”
Yuri sbuffò annoiato, tuttavia fece un cenno d’assenso con il capo.
“Ho sofferto anche io, Yuri, in questi giorni sono andato in guerra a ammazzare i mortali pur di non pensare a te… a noi… a tutto quello che avevamo e che ho buttato alle ortiche.
Non credere che l’abbia fatto per codardia o perché non ti amo…anzi, i miei sentimenti sono forti e travolgenti quanto i tuoi…”
“Ma sei fuggito…”
“No. Mi sono allontanato per evitare che la nostra relazione ti ferisse ancora.
Quelle offese, quelle risate… sono state sufficienti e non voglio che nessuno si rivolga a te così. Mai più.” Prese fiato, raccogliendo tutto il coraggio che possedeva.
Strinse i pugni ed affrontò la Tigre a testa alta, fiero ed orgoglioso nonostante il responso.
“Quindi permettimi di rimediare e di proteggerti davvero stavolta. Torna con me, Yuri. Stavolta non mi allontanerò mai più, a meno che non sia tu a volerlo…”
Yuri osservò il Dio dinnanzi a lui titubante e a disagio nell’attesa di una risposta.
L’emozione e l’ansia per l’attesa trasparivano chiaramente dai suoi occhi scuri, mentre il labbro inferiore era torturato dai denti in un gesto dettato dal più nero nervosismo.
Il Dio dell’amore sorrise dolcemente. Come mai avrebbe potuto rifiutare?
Il suo cuore ed il suo corpo bramavano un contatto con il Dio guerriero, era inutile negarlo o trattenersi.
Si avvicinò ad Otabek con passi lenti, cercando di ignorare il suo cuore che cozzava impazzito contro la cassa toracica per l’emozione.
Allungò la mano e sfiorò la sua guancia dolcemente, prendendosi tutto il tempo per saggiare quella pelle morbida ma resa pungente dalla barba incolta.
Quanto aveva desiderato toccarlo di nuovo?
Un altro sorriso affiorò dalle sue labbra non appena Otabek poggiò la propria mano su quella di Yuri, intensificando il contatto.
Trasportò la mano del Dio dell’amore fin sulle sue labbra e vi depositò amorevolmente un bacio sul palmo.
“Mi sei mancato da impazzire, Yura…”
“Anche tu, Beka…”

 
 
 
Buonasera! :D
Non potete nemmeno immaginarvi da quanto io avessi in cantiere una Olimpo!Au... probabilmente si parla di MESI e quando ho visto il prompt disponibile, non ho saputo resistere *^*
Mi pare comunque doveroso fornirvi alcune spiegazioni:
 
1- non c'è un motivo specifico per cui un dato personaggio ha "interpretato" (sì, non mi è venuta una parola migliore -.-") una determinata divinità. Semplicemente sono andata a gusto personale :D
Yuri!Afrodite, Otabek!Ares, Yakov!Efesto, Victor!Dioniso, Yuuri!Eros, Jean Jacques!Zeus, Isabella!Era, Emil!Ermes, Michele!Apollo, Sara!Artemide (e sono fratelli davvero *^* non l'ho fatto di proposito, GIURO!), Mila!Ninfa, Guang-Hong Ji!Hypnos, Lee Sung-il!Thanatos (e solo il tonante Jean Jacques sa quanto shippo questi due! sia le divinità che i personaggi *^*), Georgi!Ade, Ania!Persefone, Lilia!Demetra... e mi sembra di averli elencati tutti. Se me ne fossi dimenticato qualcuno (cosa assolutamente probabile!), fatemelo notare che provvederò ad aggiungerlo nelle note.
 
2- Nelle prime pagine, si scopre che Yuri non vuole nuotare sull'Olimpo perché viene continuamente spiato. In teoria, doveva essere un riferimento al mito di Afrodite ed Erimanto... in pratica, è una pallida rivisitazione decisamente troppo personale perché mi serviva una scusa per far scendere Yuri in Tracia ^^"
 
3- Ho fatto varie ricerche sulla trappola che Efesto tende ai due amanti. Mille blog parlano di catene, altri mille di fili dorati sottilissimi, altri mille ancora di corde... l'unica cosa che avevano in comune era il colore -.-"
Dopo aver cercato per tre giorni, in preda ad momento di rabbia verso le milioni di interpretazioni, ho rispolverato i miei appunti delle medie e ci ho trovato la parola "rete". E "rete" fu -.-" Non sarà la più corretta o la più accurata, ma lo è per la mia sanità mentale :D



L'ho già scritto, ma è sempre bene ricordarlo:
 
QUESTA OS PARTECIPA AL 1* contest Yuri on ice-Italia Alternative Universe.
PROMPT SVILUPPATO: Divinità greche/egizie/maya/sumere/giapponesi!AU

 
Se siete giunti fino a qui senza addormentarvi, sappiate che siete delle belle persone ed io vi voglio tanto bene :)
Un bacione! <3
  
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