Ve
la ricordate
questa storia? Continua, un capitolo l’anno (ritmi troppo
serrati, vero?). Sono
appena tornata dal Giappone. È stata un’overdose
di Dragon Ball che mi ha dato
la carica per finire il capitolo. Fatemi sapere cosa ne pensate come
sempre. Ho
una ventina di storie da recensire in archivio ma giuro che mi
metterò a
recuperare il tempo perso. Risponderò a tutti! Vi abbraccio!
Hurrem
CAP.
7 – A BRIEF HISTORY OF LIES
“Terra
chiama Bra! Ci sei?”, la riportò alla
realtà Pan, sventolandole una mano davanti agli occhi.
Bra
si rese conto solo in quel momento che il
suo tè si stava raffreddando e non ne aveva ancora bevuto
nemmeno un sorso.
“Scusa…”,
disse portando la tazza alle
labbra.
“Stai
bene?”, le chiese con una premura che
non era da lei, di solito sempre così irruente e poco
empatica. Sicuramente si
comportava così per via di Robb.
Bra
annuì.
“Sono
solo stanca.”, disse roteando il collo
per sgranchirsi le vertebre cervicali.
Pan
si sistemò una lunga ciocca di capelli
corvini dietro l’orecchio e si stravaccò sul
divanetto con il suo caffè ben
stretto in mano. Bra guardò fuori dalla vetrina della
piccola caffetteria che
ormai da qualche anno avevano eletto a loro luogo di ritrovo a Satan
City. Si
trovava in una via laterale e poco frequentata rispetto al Satan
Boulevard ed
inoltre il loro tavolino abituale occupava un angolino riparato e
confortevole,
lontano da occhi indiscreti.
Non
nevicava. Anzi, c’era persino qualche
raggio di sole, nonostante la temperatura non si potesse certo definire
mite.
Satan City sorgeva su di un altopiano più a sud rispetto
alla Città dell’Ovest,
perciò non era esposta alle condizioni climatiche estreme
della sua città
natale e l’inverno appariva notevolmente meno fiabesco. Sul
boulevard poco
distante, folle di turisti si affannavano per gli acquisti natalizi,
fotografavano le impronte lasciate dalle celebrità sulla
Walk of Fame o si
accalcavano all’ingresso dei numerosi casinò per
tentare la fortuna. Era
difficile credere che solo trenta anni prima al posto di quella
città
scintillante ci fosse un deserto.
Un
gruppo di studentesse passò vicino alla
vetrina, guardando all’interno del locale. Bra distolse
subito lo sguardo e
sperò che passassero oltre senza riconoscere lei o Pan.
Quando Pan veniva
assediata dai paparazzi o da persone che le chiedevano una fotografia
da
postare su Instagram, andava rapidamente in escandescenze.
“Non
sarai mica ancora preoccupata per la
scuola, vero? Quanti giorni di lezione hai saltato nella tua vita?
Due?”
Bra
fulminò l’amica e si servì una generosa
fetta di torta di carote.
“Tu
invece? Hai intenzione di andarci, prima
o poi?”
Pan
sbuffò divertita. Frequentava, con scarsa
attitudine, la Satan Orange Star School: un istituto prestigioso quanto
il suo
e che accettava soltanto studenti brillanti e facoltosi. La madre di
Pan in
pratica possedeva la scuola e il padre ci insegnava; non
c’era da meravigliarsi
che non fosse ancora stata espulsa, ma il suo rendimento e le sue
assenze erano
continuo motivo di apprensione e litigi in famiglia.
“Non
ho tempo di andare a scuola. Lo sai
quanto c’è da fare in palestra?”, disse
la mora.
“E
non è forse compito di Ub, pensare alla
palestra?”. Il loro amico, ormai da quando aveva terminato il
suo addestramento
con l’altro nonno di Pan qualche anno prima, era diventato il
fittizio miglior
discepolo di Mr Satan e gestiva la sua più importante e
principale palestra. La
giovane Pan era l’erede designata a sostituire Mr Satan nella
gestione del suo
impero, palestra compresa, ma non riusciva davvero a capacitarsi di
dover prima
terminare gli studi. Fosse stato per lei, avrebbe passato tutta la sua
vita ad
allenarsi con Ub e a combattere contro gli allievi di suo nonno.
“A
proposito di Ub…”, disse la giovane
cambiando discorso, “non vedo l’ora di vedere la
sua faccia quando saprà che
hai mollato quel cretino.”
Bra
alzò gli occhi al cielo.
“Piantala.”
Pan
sorrise. Sembrava divertirsi un mondo ad
insinuare che Ub fosse cotto della giovane Brief. Non sapeva nemmeno
perché
avesse iniziato a sostenere quella tesi, visto che tra lei e Ub non
c’era mai
stato niente di diverso di una solida amicizia.
“Parli
del diavolo…”, fece un cenno col capo,
la giovane Son.
Ub
entrò nella sala guardingo, salvo poi
sciogliersi in un sorriso caloroso quando le riconobbe sedute al solito
tavolo.
Era sempre più vestito del necessario, poiché
pativa terribilmente il freddo; infatti,
indossava un giubbotto adatto alla scalata dell’Everest.
“Sapete,
dovremmo smetterla di vederci in
questi posti da fighettina che vi piacciono tanto. Non possiamo trovare
qualcosa di più virile di una sala da
tè?”
Mentre
lo diceva, aveva già provveduto con la
solita energia a scompigliare i capelli di Bra e a prendere posto sul
divanetto
accanto a Pan, lasciandosi cadere sui cuscini con tanta noncuranza da
far
traballare pericolosamente il tavolino e tutte le stoviglie che vi si
trovavano
sopra.
Bra
sorrise e si passò una mano nei capelli
per sistemarli, senza darci troppo peso. Se Ub avesse fatto la stessa
cosa a
Pan, si sarebbe ritrovato senza mano.
“Sei
in ritardo.”, disse Pan, scontrosa.
Ub
si stiracchiò e si servì una generosa
fetta di torta dal vassoio che si trovava nel centro del tavolo.
“Avevo
da fare in palestra.”, disse con la
bocca piena. “Io devo guadagnarmi da vivere al contrario
delle vostre grazie
sedute a questo tavolo.”
Fece
l’occhiolino a Bra. La giovane sayan lo
stimava molto. Ub proveniva da una famiglia molto povera e aveva
vissuto
nell’indigenza finché non aveva incontrato la
famiglia di Pan: Goku lo aveva
allenato facendone un guerriero formidabile, mentre Satan aveva
provveduto a
sfamare i numerosi fratelli di cui Ub si era fatto carico, dopo la
morte dei
genitori.
“Bra
ha mollato Robb Stark.”, se ne uscì Pan
all’improvviso. Guardava Ub insistentemente per studiarne le
reazioni. Bra
provò l’irrefrenabile impulso di sbatterle la
faccia nella ciotola ormai vuota
di porridge di riso.
Ub
finì in un sorso il suo caffè e posò
lentamente la tazza sul tavolino, poi la guardò
inespressivo.
“Era
ora.”, disse accennando un sorriso.
Pan
le lanciò un’occhiata che significava
certamente: come volevasi dimostrare. Lei incrociò le
braccia stizzita.
“È
meraviglioso che i miei migliori amici
approvino in questo modo le scelte di vita che ho fatto negli ultimi
anni!”,
rispose fulminandoli entrambi.
Ub,
che riusciva a restare calmo e gentile in
molti più frangenti rispetto alle due sayan, rispose
soltanto: “Guarda che te
l’abbiamo sempre detto che quello era un ebete.”
“Attraente…”,
aggiunse Pan. “Ma un vero
imbecille.”
“Tu…”,
disse puntando il dito verso la sua
amica, “… vorrei ricordarti che sei andata a letto
con una specie di troglodita
che avevi conosciuto due ore prima e non hai mai più
visto!”
Pan
alzò le spalle a mo’ di scusa.
“Non
conta nulla. L’ho solo usato per perdere
la verginità. Non che sia stato un granché
comunque, su questo ti do ragione.”
Ub
scosse la testa, rassegnato.
“E
non parliamo del caro Ub, vero? Che gran
bravo ragazzo che sei…”
Il
giovane ingollò vistosamente un bolo di
saliva e cominciò a sudare freddo alla vista dello sguardo
rabbioso che Bra si
era messa in volto.
“Non
stavamo parlando di me. Perché mi tirate
sempre in ballo quando non c’entro niente?”, si
lamentò il ragazzo.
“Oh
sì, parliamo di Ub!”, si rianimò Pan,
con
un ghigno perfido. “Parliamo di come sia stato ben contento
di farsi rubare
l’innocenza dalla mangiatrice di uomini più abile
della galassia.”
Bra
sorrise. A Pan, Marron piaceva molto
meno, dopo che aveva scoperto che Ub ci era stato a letto,
più o meno quattro
anni prima. Diceva di ammirarla, ma di credere che non fosse in grado
di
stabilire un limite al suo bisogno patologico di mietere vittime tra la
popolazione sessualmente attiva.
“Perché?
È forse più sconvolgente di stare
per anni appresso ad un cretino come Bra o di scoparsi uno sconosciuto
come
te?”, rispose Ub.
Le
due sayan rimasero sorprese dell’utilizzo
di quel termine volgare da parte del loro amico, di solito sempre
così educato
e misurato. Pan ribatté qualcosa che Bra non
riuscì a capire, improvvisamente
distratta.
“Lo
rifaresti?”, chiese la giovane Brief,
all’improvviso. Non seppe dire perché non fosse
riuscita a soffocare quella
curiosità.
Ub
e Pan smisero di lanciarsi frecciatine e
la guardarono in silenzio.
“Che
intendi dire?”
“Quando
la rivedi… Non ti imbarazza
pensarci?”
Anche
Pan si mise a fissare il giovane,
curiosa della risposta. Ub si prese un attimo di tempo per riflettere.
“All’inizio
non riuscivo nemmeno a guardarla
in faccia.”, ammise candidamente. “… ma
poi mi è passata. Io volevo imparare e
lei mi ha insegnato; ho capito che potevamo essere amici come
prima.”
“Diamole
il premio di insegnante dell’anno,
allora…”, ribatté Pan, disgustata.
“Si
può sapere perché devi essere sempre
così
acida? Non sono l’unico qui che si è preso una
cotta per qualcuno più grande di
lui!”, la rimproverò il giovane.
Bra
trasalì, salvo poi rendersi conto che Pan
era avvampata. Ma certo. Non si riferiva a lei. C’era un solo
modo per far
arrossire Pan…
“Ero
una bambina, Ub. Non fare lo stronzo!”
“Una
bambina, hai detto bene. Infatti, Trunks
non avrebbe potuto fare altro che cambiarti i pannolini, amica mia.
Anche
adesso in effetti, non credo che si accorgerebbe mai che ti sono
spuntate le
tette.”, sogghignò il giovane, perfidamente. Aveva
dovuto imparare a ribattere,
per sopravvivere a quelle due iene delle sue amiche.
Pan
per poco non ribaltò il tavolino. Lei e
Ub presero a battibeccare rumorosamente e per Bra fu facile estraniarsi.
A
Pan la cotta per suo fratello era
effettivamente passata da un pezzo. La differenza
d’età tra loro era abissale.
Con sconforto costatò che era quasi la stessa differenza che
c’era tra lei e
Goten.
Era
stanca, ma non per mancanza di sonno. Quando
qualcosa la turbava, tendeva a dormire poco, come suo padre. Si
rigirava nel
letto senza trovare pace, tutti i sensi in allerta come se qualcosa di
terribile fosse in agguato nel buio. Quante volte da bambina si era
infilata
nel letto dei suoi o di suo fratello nel cuore della notte, solo per
non
sentirsi sola in quelle lunghe ore d’insonnia. E una volta
cresciuta, quanto
spesso aveva trascorso interminabili momenti ad ascoltare il russare
ritmico di
Trunks nella stanza accanto. Come poteva spiegarsi che invece la notte
prima
avesse riposato come mai nella vita? Dopo quello che era successo!
Si
era messa a letto con lo stomaco in subbuglio e la
prospettiva di restare a fissare il soffitto, terrorizzata all'idea di
dover
rivedere Goten da lì a pochi giorni. E se il ragazzo avesse
deciso di
raccontare tutto a Trunks? Si sarebbe dovuta seppellire dalla vergogna
per un
secolo!
Appena
appoggiata la nuca sul cuscino, però aveva
chiuso gli occhi ed era scivolata in un sonno tranquillo e ristoratore.
Eppure
non aveva soltanto dormito...
Aveva
sognato Goten per tutta la notte. A volte aveva
soltanto rivissuto ricordi in cui il giovane sayan la faceva giocare,
altre
aveva rivisto le immagini della notte precedente in modo
così vivido che al
risveglio le sembrava ancora di avere l'odore di Goten ben impregnato
nelle
narici. Quel bacio ancora la tormentava, non tanto per la vergogna che
provava
a ripensarci, quanto perché aveva acceso in lei un barlume
di curiosità per
quello che avrebbe potuto seguire. Era assurdo ipotizzare di dare un
seguito a
quel folle gesto; Goten probabilmente non la considerava più
interessante di
una bimbetta di cinque anni, eppure...
Al
risveglio Bra era rimasta a letto con il viso
nascosto nel cuscino ad immaginare le grandi mani di Goten insinuarsi
dove
avevano tentato poche ore prima quelle di Robb e si era sentita
pericolosamente
eccitata. Aveva vissuto a stretto contatto con quel ragazzo per tutta
la sua
vita e sembrava rendersi conto solo ora, spiazzata, di quanto fossero
belli i
suoi occhi neri e gentili, della sensualità della sua
mandibola marcata e di
come la facesse sentire, pensare di appoggiarsi al suo largo torace e
di
sentirlo sovrastarla con la sua altezza. Le sue labbra avevano accolto
quelle
di Goten con una semplicità disarmante. Si
ritrovò a pensare a come sarebbe
stato, in un universo parallelo, poter stare con lui in quel momento,
distesi a
letto, ad esplorarsi con le stesse labbra ma senza vestiti addosso...
Ma
che diavolo mi sta succedendo?
"Stai
bene, Bra?"
Ritornò
immediatamente alla realtà, appena
più accaldata di prima.
“Sì,
certo.”, afferrò la tazza ormai vuota,
tanto per dare l’idea di non essersi completamente persa
nelle sue
fantasticherie.
Pan
e Ub si scambiarono un cenno fugace,
interrogandosi sicuramente sul suo stato d’animo.
“Devo
per caso rompere qualche osso al tuo
amichetto?”, domandò il ragazzo.
Bra
corrugò la fronte indispettita.
“Pensi
davvero che, se ce ne fosse stato
bisogno, non avrei provveduto da sola a farlo??”
I
suoi amici sorrisero sollevati della sua
reazione.
“Allarme
rientrato.”, disse Pan, ridendo. “La
principessina è di nuovo tra noi.”
Bra
abbassò la guardia e ricambiò il sorriso.
In fondo, quei due erano bravi a farla arrabbiare, quanto a calmarla.
“Mi
puoi testare sui riflessi, questo
weekend?”, le chiese Ub, cambiando discorso.
Pan
non le permise di rispondere,
intromettendosi.
“Se
lo fai con lui, devi farlo anche con me.
Te lo chiedo da settimane!”
Bra
alzò le mani, sospirando rumorosamente.
“Va
bene, non vi agitate.”
“Non
è terribilmente ingiusto? Che lei non si
alleni praticamente mai e continui ad essere più veloce di
me e te messi
insieme?”, disse Pan, armeggiando distrattamente con il
telefono.
“Ingiusto?
È un affronto, casomai.”, rispose
il moro, sempre sorridendo.
“Non
è colpa mia.”, rispose Bra come se
davvero loro le stessero muovendo un’accusa.
“Sapete che ci sono nata.”
“Povera
piccola Brief, così sfortunata…”,
commentò Ub, senza malignità.
Pan
si alzò di scatto, afferrando la lunga
sciarpa e avvolgendosela intorno al collo.
“Vado
in bagno e schiodiamo da qui, ok? Mi
sono rotta.”
Bra
era abituata alla sua risolutezza e
mancanza di tatto. Si accinse a riporre in fretta tutta la sua roba
nella borsa
per andarsene.
“Non
avere fretta, Bra.”, le disse il giovane
Ub.
Bra
chiuse la zip della borsa e se la mise in
grembo.
“Lo
sai che uscirà da qui come un uragano e
dovremo starle dietro per non farci seminare tra la folla,
no?”
Ub
sorrideva, ma aveva anche un’aria seria
che fino a poco prima non aveva notato.
“Intendevo
dire… che troverai la persona
giusta per te. Ti meriti molto di più, di un Robb Stark
qualsiasi.”
Bra
lo fissò qualche istante, gli enormi
occhi azzurri dietro i quali potevano leggersi i mille pensieri che le
attraversavano la testa in quel momento.
“E
se lasciando Robb mi stessi cacciando in
un guaio ancora più grande?”, chiese lei, dando
voce ai suoi timori.
Ub
le prese la mano e Bra gliela strinse di
rimando.
“Io
credo che tu sia troppo intelligente per
cacciarti in un guaio.”
Sentì
il ricordo dell’odore di Goten colpirla
violento come uno schiaffo. Si immaginò nuda e bellissima
come non si era mai
vista, davanti a lui, e non arrossì come avrebbe dovuto.
Troppo
intelligente per cacciarsi in un guaio.
Lei ne dubitava.
Ub
era tornato in palestra subito dopo pranzo
e si erano dati appuntamento per venerdì sera alla Capsule
Corporation, dove
avrebbero sfruttato la Gravity Room per allenarsi e poi avrebbero
guardato film
horror e chiacchierato, fino ad addormentarsi sul divano
all’alba, come al
solito. Bra e Pan passeggiavano pigramente con il viso seminascosto
nelle
sciarpe per il freddo ormai pungente. Bra aveva approfittato della gita
fuori
porta per comprare alcuni regali di Natale.
“A
che ora devi tornare a casa?”, chiese la
giovane Brief all’amica.
Pan
sbuffò.
“Non
credo che ci tornerò.”, rispose.
Bra
si fermò. Non perché fosse strano che lei
restasse fuori casa. Veniva spesso a dormire alla Capsule Corporation,
ma il
modo in cui l’aveva detto le era sembrato strano.
“Va
tutto bene?”, chiese la giovane.
Pan
accennò un sorriso, forse forzato, e la
prese sottobraccio.
“Certo,
che domande! È solo che l’aria si è
fatta un po’ pesante a casa ultimamente. Preferisco stare
alla larga.”
Bra
immaginò si trattasse del solito problema
del suo scarso interesse per lo studio. Avrebbe voluto farle una
ramanzina
sull’importanza di ricevere un’istruzione o
quantomeno di presenziare alle
lezioni, ma sapeva che non avrebbe sortito alcun effetto su Pan.
“Dovresti
stringere i denti un altro po’.
Questo è il nostro ultimo anno, dopotutto.”
“La
scuola non c’entra. Oh! Ci prendiamo una
cioccolata calda con i marshmallows?”, disse lei troncando
improvvisamente
discorso e trascinandola verso una vetrina scintillante dalla quale
proveniva
un delizioso profumo di zucchero filato.
Bra
le andò appresso senza opporre
resistenza.
“Solo
se posso metterci dentro gli amaretti
senza che tu faccia la solita faccia disgustata di sempre!”,
disse Bra ridendo.
Nonostante tutti quei problemi che sembravano affollarle la testa, i
pomeriggi
passati con Pan erano ancora la cosa che la rendeva più
felice al mondo.
Il
sorriso scomparve gradualmente dal viso di
Pan per lasciare il posto all’incredulità mentre
fissava stupita un punto alle
spalle di Bra.
“Che
diavolo ci fa tua madre a Satan City?”
Bra
si girò di scatto. Vide sua madre
attraversare il corso di gran carriera, un cappello di lana in testa a
mascherare i capelli turchini e l’aria di avere qualcosa da
sbrigare di
nascosto e in tutta fretta. Quell’immagine le pareva talmente
surreale che le
impedì di reagire come avrebbe voluto, in altre parole
nascondendosi per
evitare la temibile sfuriata per aver saltato la scuola senza avvisare.
Ma sua
madre sembrava troppo distratta da altri pensieri per accorgersi di
lei,
imbambolata in quell’angolo a fissarla. Lei e Pan restarono
in silenzio a
osservarla raggiungere l’ingresso di un elegante edificio,
dove venne raggiunta
(e qui il cuore di Bra le balzò in fondo alla gola in un
istante) da un uomo
alto e brizzolato avvolto in un costoso cappotto scuro, che le
posò una mano
sulla spalla delicatamente per salutarla. Bulma lo abbracciò
come se lo
conoscesse da sempre.
Bra
sussultò. Non serviva avere l’istinto
affinato di un sayan per capire che c’era qualcosa di
sbagliato in quello cui
stava assistendo. Vide l’uomo invitare sua madre a precederlo
nell’atrio e
avvolgergli un braccio attorno alla vita mentre sparivano alla sua
vista.
“Lo
conosci?”, chiese Pan, cauta.
“No.”,
disse Bra e si diresse senza quasi
accorgersene verso il lussuoso palazzo.
“Bra!
Aspetta!”, la seguì Pan. “È
una pessima
idea!”
La
giovane Brief si fermò di fronte
all’ingresso, dove fu raggiunta da un portiere in uniforme.
“Desidera
qualcosa, signorina?”
Bra
dovette lottare contro l’istinto di
scaraventarlo fuori dalla sua traiettoria e di irrompere come un treno
dentro
l’edificio. Espirò lentamente e a lungo prima di
parlare. Riuscì a controllare
il tremore della sua voce, ma non quello delle mani che teneva chiuse a
pugno lungo
i fianchi.
“Per
cortesia, signore, potrebbe dirmi cosa
ospita quest’edificio?”
L’uomo
rimase sorpreso della richiesta,
nonché di quanto carina fosse quella ragazzina,
così rispose senza farsi troppe
domande.
“Beh,
signorina… Ci sono molti studi di avvocati,
qualche studio medico e un centro benessere molto rinomato…
ma riservato agli
adulti.”, si affrettò ad aggiungere forse
scambiando l’interesse delle due
ragazze per desiderio di visitare proprio quel posto.
“Riservato
agli adulti?”, domandò Bra, più a
Pan che all’uomo.
Pan
alzò le spalle.
“Forse
quello era un suo avvocato…”, disse la
mora, ma a Bra dava proprio l’impressione che stesse cercando
di sdrammatizzare
senza crederci più di tanto.
“A
Satan City?!”, disse Bra incredula e
nervosa.
Dimentica
del portiere alzò lo sguardo sui
piani alti dell’edificio. Sarebbe bastato così
poco per spiccare il volo e
sfondare una finestra. Come avrebbe reagito sua madre a vedersela
comparire
davanti all’improvviso? Strinse i denti.
Sei
una
sayan.
Papà.
Stava
per farlo, bastava darsi una spinta. Ma
poi si vide con gli occhi dei passanti. Un fenomeno da baraccone
volante da
fotografare e sbattere sui social network.
“Andiamocene
via.”, disse a Pan.
Non
aveva mai avuto tanto freddo in vita sua.
"3
settimane?”
Kari
si era
seduta sul letto con il lenzuolo avvolto attorno al seno e si stava
legando i
lunghi capelli fulvi sopra la nuca.
"Dopo
le feste, Trunks..." Ripeté lei girandosi a guardarlo.
Solo
cinque
minuti prima il sayan si era abbandonato sui cuscini assaporando la
sensazione
di beatitudine di avere finalmente il corpo caldo e morbido di Kari
addosso, e
ora la notizia che la ragazza sarebbe presto ripartita l'aveva
prepotentemente
scaraventato dal paradiso sulla Terra.
Lei
si chinò
su di lui e gli posò un bacio sulle labbra.
Trunks
le
affondò le mani nei fianchi e la attirò a
sé.
"Sei
appena tornata." Gli fece notare.
"Non
farmi sentire in colpa, ti prego."
Lo
supplicò
la giovane, strofinandogli il naso sul mento.
"Sai
quanto tengo a questo progetto, non posso rinunciarci adesso.
L'ospedale e la
scuola che stiamo costruendo saranno pronti tra poco, devo assicurarmi
che
tutto sia fatto nel modo giusto."
Trunks
le
prese il viso tra le mani seccato.
"Non
puoi chiedermi di non vederti per altre tre settimane. Non possiamo
continuare
così."
Lei
si
divincolò con gentilezza e si sollevò sui gomiti.
Anche quando era contrariata,
non perdeva mai la calma. Non avevano mai davvero litigato e Trunks era
praticamente certo che lei non conoscesse sentimenti come la rabbia e
la frustrazione.
Era solo uno dei tanti motivi per cui era perfetta per stare accanto a
lui, che
invece s’infiammava per un nonnulla.
"Sai
bene che fino a Febbraio sarete presi con le chiusure di bilancio. Non
ti
accorgerai nemmeno della mia assenza."
Trunks
sospirò infilandole una mano nei morbidi capelli e
liberandoli dall'elastico
che li teneva imbrigliati.
"Vuoi
scommettere?"
Disse
attorcigliandosi una ciocca ramata attorno alle dita.
Lei
gli
prese la mano nella sua e se la appoggiò sulla guancia
leggermente arrossata
dal calore della stanza. Lo guardava sempre così, con le
iridi verdi che
splendevano tra le palpebre socchiuse e il sorriso dolce costellato di
lentiggini. E lui perdeva il senso della realtà, abbagliato.
"Dovresti
vedere i sorrisi di quei bambini, Trunks. Non c'è niente di
più bello al mondo,
credimi..." Disse lei con un filo di voce, riferendosi ai piccoli
orfani
della sua missione umanitaria.
Trunks
la
sollevò e la fece sdraiare sul materasso, portandosi sopra
di lei. Si tirò su
per poterla ammirare in tutto il suo etereo splendore.
I
seni
grandi e perfetti, il ventre piatto e i fianchi morbidi che declinavano
nelle
cosce lunghe e tornite...
"È
chiaro che non ti sei mai vista con i miei occhi..."
Lei
arrossì
appena, dietro il sorriso accennato e si coprì il seno con
le braccia. Lo
faceva impazzire ancora di più, il fatto che dopo ben sette
anni insieme, lei
ancora provasse un timido imbarazzo a stare nuda davanti a lui. Non
poteva
essere più diversa da Marron.
Marron
e la
sua totale assenza di pudore e misura. Marron con i suoi occhi freddi e
le sue
anche ossute; il suo corpo fragile rivestito di sola pelle e nervi
sempre tesi.
Marron che era la sua migliore amica e la sua peggior nemica da prima
che Kari
entrasse nella sua vita; la stessa che la sera prima aveva chiesto con
la voce
rotta dai gemiti di piacere di spingere più forte dentro di
lei, di farla
godere di più...
Ecco
di
nuovo la bile in fondo alla gola, quel gusto amaro sulla lingua che
sporcava il
suo momento di pace interiore.
Ho
fatto
sesso con Marron...
Rimase
incerto per un istante, indeciso sul dirglielo veramente. Ma poi
capì che lo
avrebbe fatto per le ragioni sbagliate: per scaricarsi la coscienza e
per
convincerla a non partire. Egoista fino all'ultimo.
"Dovremmo
fare una doccia e vestirci..." disse lei stropicciandosi gli occhi.
"Stai
scherzando, vero?", rispose Il sayan, corrugando la fronte.
"Perché?",
chiese la giovane curiosa.
Trunks
sorrise. Con una mano s’insinuò tra le ginocchia
della ragazza e risalì lungo
le cosce provocandole un sussulto.
"Chiariamo
una cosa, signorina Van der Berg... Lei dovrà anche
costruire ospedali e pozzi
dall'altra parte del mondo, ma non c'è assolutamente nessuna
possibilità che io
la lasci uscire da questo letto prima di Capodanno!"
Kari
rise e
provò a protestare, ma dovette arrendersi presto al fatto
che Trunks Brief
otteneva sempre e senza il minimo sforzo, tutto quello che voleva.
Bulma
attraversò il lungo corridoio al buio, mordendosi il labbro
inferiore con
forza, come tutte le volte che qualcosa la turbava. Aveva tolto le
scarpe alte
per potersi muovere più velocemente. Era stato tutto
calcolato alla perfezione,
ovviamente, ma aveva comunque accumulato una decina di minuti di
ritardo sul
programma stabilito e doveva assolutamente fare una doccia per
togliersi di
dosso gli odori di quella giornata, prima che Vegeta uscisse dalla
Gravity Room
e che Bra rientrasse a casa. Spalancò la porta della sua
camera e gettò le
scarpe in un angolo, ma prima che potesse togliersi l’abito
di dosso per
chiuderlo nella busta della lavanderia,
s’immobilizzò terrorizzata.
“Esattamente,
donna… Quanto pensi che io sia stupido?”
Anche
nel
buio, gli occhi di Vegeta lanciavano fiamme d’ebano nella sua
direzione.
Non
c’era
più nulla da fare. Non riuscì nemmeno a mettere
in fila due parole per cercare
di spiegarsi. Sentì le gambe farsi all’improvviso
troppo pesanti e cadde in
ginocchio sul pavimento. Non avrebbe fatto alcuna differenza. Non
poteva fare
pena al principe dei sayan… nemmeno se negli ultimi trenta
anni era stata sua
moglie.
Affondò
il
viso nelle mani e chiuse gli occhi stanchi.
Fine
capitolo.
Che dire? Spero che vi piaccia questa BREVE STORIA DELLE BUGIE (e Brief
ci
stava proprio bene nel titolo visto che qui le bugie le dicono
soprattutto
loro!). Mi scuso, come sempre, se c’è voluto tanto
per pubblicare questo
capitolo. Non ha senso accampare scuse, ma sappiate che ho voluto
impegnarmi a
fondo, visto che mi trovavo tra un viaggio epico appena finito e un
immane
trasloco da affrontare e non potevo arrivare all’autunno
senza aggiornamenti.
Che
dire di
quello che sta capitando in questa storia? Vi riporto le risposte che
ho dovuto
dare alle mie beta-tester di fiducia quando hanno letto il nuovo
capitolo… (Non
prendetele troppo seriamente!).
·
Bra
è troppo tranquilla e insicura per essere figlia
di Bulma.
Ne siete
sicure/i? Credo che abbia anche un padre non troppo loquace e che ha
dimostrato
più volte di essere facile allo sconforto. E poi, forse non
sono stata molto
brava a rendere l’idea, ma Bra è molto
più di quello che appare per ora. Bra è
una bomba ad orologeria pronta ad esplodere.
·
Ub
e Marron sono stati insieme???
In effetti non proprio. Ub aveva una cotta per Marron,
che ha tre anni più di lui. Hanno fatto sesso. Ub era
vergine. Sono rimasti
amici. Stop. Tutti lo sanno, qualcuno non ha gradito. Ho intenzione di
inserire
un passaggio in cui Trunks e Goten fanno i bulli con Ub rimandando
all’accaduto
alla prima occasione. Nella mia testa è esilarante! J
·
Ma
Trunks è un vero bastardo!
Ma scusate… sapete da dove viene, vero? Sapete di
chi è figlio? Non è colpa sua! È solo
l’uomo più ricco, bello e potente del
mondo. Per me è pure troppo buono. J
·
Almeno
la ragazza di Trunks potevi farla stronza e
facile da odiare.
Troppo facile.
·
Bulma
che tradisce Vegeta??? Sei pazza??
No comment. Labbra cucite. No, non mi comprerete
offrendomi incenso, mirra e oro, né tantomeno col cibo.
Aspettate e vedrete.
Prossimo
capitolo: Goten e l’improbabile coppia Marron &
Vegeta.