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Autore: SunHunter    06/06/2017    14 recensioni
[Storia ad OC, Scadenza iscrizioni 16 Giugno 2017]
Dal prologo
« No, Dam,» lo richiamò con una certa urgenza, posando una mano sulle sue, guardandolo con una serietà che non le competeva, « Questo sembrava così reale e so di dirlo molto spesso, ma è diverso. Lei... mi chiamava a sé. Pensi che potrebbe trattarsi di mia madre? Era splendida,» soggiunse abbassando lo sguardo sul libro. V'era tanta tristezza nei suoi occhi chiari che Damien fu tentato di salire sull'Olimpo e lanciare una spazzola contro la divina Afrodite per come aveva trattato la sua piccola amica.
[...]
Per un attimo fu tentato di raccontarle il suo sogno, per allontanare quelle nuvole scure dalla sua mente, ma la visione di quell'uomo dalle vesti scure e dagli occhi malinconici al cospetto delle bambine più brutte che avesse mai visto, aveva un che di spaventoso che non le avrebbe di certo risollevato il morale.
[...]
Il tempo divenne denso come la melassa, sbuffi di fumo si rincorrevano in una danza eterna, annebbiando la vista, rendendo ciechi e patetici, inutili. Solo lui avanzava tra le ombre. Solo il Re poteva indossare la corona.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Gli Dèi, Semidei Fanfiction Interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Immortal
 
I wanna be immortal
Like a god in the sky
I wanna be a silk flower
Like I’m never gonna die
 
Prologo


Damien riemerse dal sogno come un naufrago alla deriva, boccheggiando alla ricerca disperata di aria per scacciare l'apnea della visione. Era stato uno degli incubi peggiori della sua esistenza e lui di incubi se ne intendeva, vivendo in uno di essi dalla nascita.
Scostò le coperte sudate con un gesto di pura stizza, atterrando sul pavimento con un balzo degno di un gatto. Le corte gambe tozze per poco non lo tradirono quando un calo di pressione lo colpì, facendogli annebbiare la vista. Avrebbe dovuto smetterla con quei colpi di testa. Arrancò verso il bagno, a passi svelti e a piedi scalzi, per poi arrampicarsi sullo sgabello dinanzi al lavandino.
Come ogni mattina fu tentato di dare un pugno allo specchio e come ogni mattina si trattenne. Suo padre non avrebbe approvato e sarebbero finiti a litigare come due sciocchi. Inoltre era stanco di farsi curare dai figli di Apollo. Più vedeva quei modelli di Abercrombie e più sentiva montare dentro di sé un senso di rabbia e inadeguatezza che avrebbero steso un elefante adulto.
Come sempre l'immagine non era cambiata di una virgola. Il suo volto sarebbe potuto anche apparire carino se preso da solo. In fondo gli occhi azzurri come fiordalisi erano stati il vanto di sua madre e il naso non era neanche così tozzo. Il vero problema era l'altezza. Non era semplice essere un nano quando si era un eroe, un mezzosangue destinato a coprirsi di gloria uccidendo mostri e salvando principesse.
Un sospiro carico di livore gli sfuggì dalle labbra sottili e si affrettò a lavarsi il viso per scacciare l'incubo e quei pensieri inutili che maceravano nel suo stomaco come fiotti di vino inacidito.
La Casa Grande era immersa nel rosa chiaro dell'alba, il Sole che si intravedeva appena ad Est mentre nasceva dal mare, qualcosa che aveva sempre avuto il potere di calmarlo.
Ritornato in camera, Damien indossò svelto una maglia arancione del Campo e un paio di jeans con sotto le sue fedeli Sneakers bianche. Il pavimento era un concentrato di fogli e matite, album sparsi senza un particolare ordine e tavolette grafiche in bilico come equilibristi. Se fosse stato un occupante di qualche Cabina, si sarebbe fiondato a ripulire quell'attentato a Temi, ma vivere alla Casa Grande evitava gli spiacevoli incontri con le Arpie delle cucine. Il più delle volte.
Suo padre e il signor D. erano impegnati in un'accesa partita a pinnacolo mentre Seymour, la testa di leopardo, sonnecchiava ancora, facendo le fusa e mostrando le fauci. Un brivido di paura lo attraversò nel ricordare quando il signor D. l'aveva punito per il suo sarcasmo pungente e fuori luogo. Non aveva alcuna voglia di ritrovarsi di nuovo a un centimetro da quelle fauci mortifere.
Sgattaiolò fuori senza farsi notare. Damien era bravissimo a svicolare. Un sorriso amaro gli bagnò le labbra, il sapore acre della sua deformità che gli si agitava come un bolo in gola, qualcosa di acido e corrosivo come il peso di una condanna inattesa e immeritata.
I semidei sembrano ancora riposare tra le braccia di Morfeo perché il Campo era deserto, tranne che per alcuni figli di Apollo, mattinieri come il loro padre divino, e qualche figlia di Demetra che curava l'orto. Damien avanzò tra le Cabine, sperando che non lo notassero, cosa che in effetti nessuno fece. Poteva benissimo essere invisibile. Damien era strano e buffo, diverso. Alcuni ritenevano anche che fosse sbagliato per quel Campo di eroi. I loro sussurri facevano male come i pugnali dei Congiurati, ma lui era Cesare e non avrebbe ceduto sotto i loro colpi meschini. Aveva bisogno di lei e sperava di trovarla nella conca di sabbia.
I ragazzi potevano scacciarlo con un sogghigno divertito, scompigliandogli i capelli come se fosse stato un bambino che voleva giocare alla guerra, e le ragazze potevano anche schernirlo con i loro sguardi colmi di compassione, ma non Margaery Dawson. Lei aveva un dono. Lei vedeva e non guardava, lei cercava e non giudicava. Era una ventata d'aria fresca nel pieno di un deserto torrenziale.
Sentiva le gambe molli al solo pensare alla sua risata dolce e squillante, al suono della sua voce flautata e dei suoi occhi verdi e grandi, gentili e saldi nei propri affetti. Damien si chiedeva cosa avesse fatto di tanto buono nella sua vita precedente per meritare di figurare nella lista.
La trovò nel loro luogo segreto, come aveva sperato e pregato, accoccolata su un tronco cavo, le gambe ripiegate sotto di sé, in quel minuscolo angolo di pace che avevano scoperto durante le loro quotidiane esplorazioni un paio di anni prima mentre sfuggivano a Georgina Kills, della Casa di Ares, intenta a rincorrerli con in mano un paio di lance e la voglia di ucciderli che le infuocava gli occhi porcini. Marge aveva riso per tutto il tempo della fuga mentre Dam le arrancava dietro, le corte gambe tozze che faticavano a reggere il ritmo della semidea. Eppure, nonostante la rallentasse visibilmente, Marge non gli aveva lasciato la mano né aveva dato alcun cenno di timore.
Stava leggendo immersa nel Sole caldo di una mattina estiva, il vestitino vintage che indossava, di un caldo giallo pastello, ampio sui fianchi morbidi, appena mosso da un alito di vento salmastro. Damien non ne fu sorpreso. Margaery leggeva per la maggior parte del tempo. Diceva spesso che era il modo migliore per diffondere amore e bellezza, che i libri insegnavano molto più di qualsiasi altro maestro. A parte Chirone, aggiungeva sempre con un sorriso dolce che gli stringeva il cuore in una morsa di gratitudine dolorosa.
La osservò per un attimo che gli sembrò eterno, come per imprimersi nel cuore e nella mente l'immagine della ragazza più bella che avesse mai conosciuto. Il fascino di Margaery era nelle sue parole e nel suo cuore dolce. Era nel suono della sua voce che cantava storie senza tempo, come Shahrazād. Era nella dolcezza con cui trattava chiunque. Era nella sua curiosità buffa e impacciata per cui tanti la prendevano in giro.
I lunghi capelli scuri, di un castano che sotto quel Sole cocente acquisiva riflessi ramati, erano sciolti sulle spalle strette, ribelli e spettinati come sempre, allergici alla spazzola. Poteva intravedere la piega delle sue labbra sottili e le ciglie chiare che sfioravano gli zigomi appena accennati.
Non poteva vedere i suoi occhi, ma non ne aveva bisogno. Li conosceva meglio dei propri perché affollavano i suoi sogni più inconfessabili. Scosse il capo a quel pensiero, dandosi dello sciocco e dell'illuso, per poi azzerare la distanza che li separava.
« Marge...» la chiamò dolcemente, posando la destra sulla sua che sfiorava gentile le pagine di un tascabile di cui non riusciva a leggere il titolo. Margaery sobbalzò come se l'avesse risvegliata da una fantasticheria e si voltò subito per osservarlo, le gote arrosate e gli occhi luminosi.
« Dam,» replicò con un sorriso sincero, di pura gioia, come se non avesse atteso altro che lui per tutto quel tempo. Damien ricambiò il sorriso con un ghigno da folletto, subito smentito dalla leggera carezza che le posò sul dorso della destra.
« Che stai leggendo?» le chiese interessato, accoccolandosi nello spazio di tronco che lei gli lasciò libero. Damien amava disegnare ciò che Margaery gli raccontava, dar vita su carta alle sue parole d'inchiostro e di vento. Magari quel racconto gli avrebbe dato l'ispirazione giusta per non dormire e sfuggire agli incubi.
« Gabo,» esclamò entusiasta, mostrandogli il fiore rosso sulla copertina di Dell'amore e di altri demoni, « Sai quanto lo amo,» aggiunse quando lui le rifilò un'occhiata di puro scetticismo. Era certo che avesse letto quel libro già una trentina di volta. In un paio di settimane, « Però non leggevo. Sono troppo pensierosa per leggere oggi. Ho sognato,» gli comunicò a voce bassa e preoccupata, mordicchiandosi il labbro inferiore.
« Che novità,» borbottò il ragazzo, voltandosi ad osservare il mare calmo per non vederla. Non era certo che si sarebbe trattenuto dal baciarla, altrimenti. E avrebbe rovinato tutto.
« No, Dam,» lo richiamò con una certa urgenza, posando una mano sulle sue, guardandolo con una serietà che non le competeva, « Questo sembrava così reale e so di dirlo molto spesso, ma è diverso. Lei... mi chiamava a sé. Pensi che potrebbe trattarsi di mia madre? Era splendida,» soggiunse abbassando lo sguardo sul libro. V'era tanta tristezza nei suoi occhi chiari che Damien fu tentato di salire sull'Olimpo e lanciare una spazzola contro la divina Afrodite per come aveva trattato la sua piccola amica. L'aveva riconosciuta in ritardo, sulla soglia dei quattordici anni, come se l'avesse dimenticata, rimossa totalmente dalla propria memoria. Margaery era certa che fosse stato perché non era bella come i suoi fratelli e le sue sorelle, ma Damien stentava a crederci. Lui aveva sempre vissuto con suo padre al Campo e non riusciva a immaginare cosa si potesse provare nell'essere abbandonati dai propri stessi genitori.
Per un attimo fu tentato di raccontarle il suo sogno, per allontanare quelle nuvole scure dalla sua mente, ma la visione di quell'uomo dalle vesti scure e dagli occhi malinconici al cospetto delle bambine più brutte che avesse mai visto, aveva un che di spaventoso che non le avrebbe di certo risollevato il morale.
« Cosa posso saperne io, Roi Adam?» domandò con un sorriso furbo, da birbante e da folletto, tirandole una scherzosa gomitata tra le costole.
Marge rise leggera, guardandolo con tale affetto da scaldargli il cuore, e gli posò un bacio sulla fronte, delicata come una farfalla. La sua risata era calda come la carezza di una madre. Gli Dei soli sapevano come avrebbe potuto resisterle.

La spelonca cava si apriva dinanzi a lui, come inchinandosi al suo cospetto, un antico cenno di deferenza per un Re fantoccio, dilaniato e perduto, facendosi beffe di quella nobiltà decaduta che un tempo aveva osannato.
Granelli di sabbia nell’aere, tutto ciò che era rimasto della sua corona vuota.
Avrebbero pagato per le loro colpe e i loro sotterfugi. Avrebbero pagato per la codardia bieca di un trucco da giullari.
Sarebbero stati relegati nel Tartaro cui appartenevano, esseri striscianti che non meritavano compassione né giustizia.
Il tempo divenne denso come la melassa, sbuffi di fumo si rincorrevano in una danza eterna, annebbiando la vista, rendendo ciechi e patetici, inutili. Solo lui avanzava tra le ombre. Solo il Re poteva indossare la corona.
Le tre sorelle, le bambine vetuste che tutto vedevano e tutto conoscevano, erano accoccolate sui loro troni d’ossa, chine sui loro fili intessuti con tale maestria da abbacinare lo sguardo. Erano le vite dei mortali, quegli esseri fragili sui quali avrebbe banchettato con gusto una volta ripresosi tutto ciò che gli spettava di diritto.
Tremate, figli miei. È tempo che paghiate i vostri debiti.”




Angolo autrice
Hallo Leute.
Domani ho un esame di tedesco e dovevo rendervi partecipi della mia gioia. Si fa per dire.
Benvenuti in questa interattiva, spero che il prologo vi sia piaciuto. Io ho adorato scrivere l'ultima parte.
La canzone iniziale è di Marina and the Diamons (Immortal), qualcosa che vi consiglio di ascoltare se già non la conoscete. Inoltre Gabo è Gabriel Garcia Marquez e Roi Adam è il più famoso menestrello mai esistito. Shahrazād è la protagonista di Mille e una notte.
Per questa storia mi serviranno 14 eroi, compresi i miei due bambini. Essi dovranno essere i protettori delle divinità olimpiche che incontreranno qualche amara difficoltà nel corso della storia:
  1. Zeus;
  2. Era;
  3. Poseidone;
  4. Demetra;
  5. Ares;
  6. Atena;
  7. Apollo;
  8. Artemide;
  9. Efesto;
  10. Afrodite;
  11. Ermes;
  12. Dioniso;
  13. Ade: Occupato (Damien McCann)
  14. Estia: Occupata (Margaery Dawson)


I protettori non devono essere necessariamente figli della divinità cui sceglierete di affidarli, anzi sarebbe meglio che non lo fossero, ma dovranno avere un legame, una caratteristica che possa accomunarli. Può essere un tratto del carattere così come lo è per Margeary/Estia (gentilezza disinteressata) o per Damien/Ade ( senso di inferiorità). Vi prego, non fiondatevi tutti sulla stessa divinità.
La storia è ambientata circa 20 anni dopo le vicende della seconda saga, ma non saranno presenti i nostri eroi preferiti né la loro progenie.
Potete propormi tutti gli OC che desiderate e le schede vanno mandate esclusivamente per messaggio privato, magari indicandomi il nome del vostro OC così da non fare confusione. Nella recensione, oltre a un apprezzatissmo commento sul capitolo (vi prego, fatemi sapere cosa ne pensate), potete specificarmi sesso, età, discendenza divina e divinità cui vorreste fosse affidato. Non accetterò figli di divinità vergini, di Titani e Giganti che si siano scontrati con gli Dei in passato. Accetto figli di ninfe/satiri/spiriti della natura. Accetto soltanto greci. Sorry but not sorry about that. Accetto Cacciatrici di Artemide e l'Oracolo di Delfi. Le iscrizioni scadono il 16 Giugno, ma posso prolungare di un paio di giorni se dovesse servire.
Scheda
Nome:
Secondo nome*:
Cognome:
Soprannome*:
Età (di arrivo al Campo/riconoscimento/attuale):
Descrizione caratteriale e psicologica:
Descrizione fisica:
Prestavolto:
Genitore divino e rapporti:
Genitore mortale e rapporti:
Storia personale:
Orientamento sessuale e possibile relazione (descrivete i caratteri):
Ruolo all'intero del Campo (capo-cabina, istruttore, altro)*:
Arma preferita:
Abilità/Poteri:
Fobie/debolezze:
Ama/Odia:
Altro/Curiosità*:
Citazione che lo/la caratterizza:
Divinità protettrice (caratteristiche che li rendono simili/compatibili):


Vorrei che l'ultimo campo fosse il più esaustivo e completo possibile perché è il perno della storia. I campi con l'asterisco sono facoltativi.


Vi presento i miei bimbi:

 
Damien McCann, figlio di Chirone, 18 anni (PV Peter Dinklage). Protettore di Ade.
Lei gli domandò in quei giorni se era vero, come dicevano le canzoni, che l'amore poteva tutto. «È vero,» le rispose lui «ma farai bene a non crederci.»
Gabriel Garcia Marquez, Dell'amore e di altri demoni.




 
Margaery Dawson, figlia di Afrodite, 16 anni (PV Ryan Newman). Protettrice di Estia.
«Si vede subito quando uno legge. Chi legge, chi legge veramente, è altrove».
Amélie Nothomb, “Cosmetica del nemico”

   
 
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