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Autore: La Tigre Blanche    12/06/2017    4 recensioni
Perché, appena insieme, l'uno di fronte all'altro, diventiamo tutti tanti pagliacci?
Scusi, no, anch'io, anch'io; mi ci metto anch'io; tutti!
Mascherati! Questo un'aria così; quello un'aria cosà...
E dentro siamo diversi! Abbiamo il cuore, dentro, come... come un bambino rincantucciato, offeso, che piange e si vergogna!
[Pirandello, I quaderni di Serafino Gubbio, 1916/25]
*
Tutti abbiamo qualcosa da nascondere. Una parte di noi che cerchiamo di reprimere, che nascondiamo dietro a una maschera che ci pare essere indistruttibile.
Ma se non fosse così? Se avessimo lasciato trapelare troppo? Se la nostra maschera fosse più fragile di quanto avessimo pensato?
-
«Mi son sempre chiesto perché ti comportassi così... tutti quegli epiteti dolci, tutte quelle falsità che mi raccontavi per ingraziarti il mio bene... che stupido che sei, Viktor…»
Crack. Ci fu un crack dentro la testa di Viktor.
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[Hints Viktor/Yuuri&Viktor/Chris, perché sono una debole | leggero OOC perché ho una visione di Vik un pochetto diversa dal solito(?) e quindi io nel dubbio metto le mani avanti]
[Dedicata a Giulia che mi sopporta tantone senza battere ciglio
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Christophe Giacometti, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'T H R E E – Quando l’amore gioca brutti scherzi'
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Маска – Breve storia sull’edera velenosa



Perché, appena insieme, l'uno di fronte all'altro, diventiamo tutti tanti pagliacci?
Scusi, no, anch'io, anch'io; mi ci metto anch'io; tutti!
Mascherati! Questo un'aria così; quello un'aria cosà...
E dentro siamo diversi! Abbiamo il cuore, dentro, come... come un bambino rincantucciato, offeso, che piange e si vergogna!


[Pirandello, I quaderni di Serafino Gubbio, 1916/25]




L’inverno a Barcellona era stranamente pungente. Viktor non se lo sarebbe mai aspettato, così come non si sarebbe mai aspettato di ritrovarsi sulla terrazza dell’hotel, seduto ad un tavolino di legno, in silenzio, mentre all’interno si faceva baldoria e si festeggiava tutti assieme dopo la fine delle gare.

Chris, quinto posto al GPF, era seduto allo stesso tavolino, la sedia girata verso il panorama spagnolo, e fumava. Il fumo era un vizio che aveva preso da poco, un qualcosa che si concedeva una tantum, per così dire. Inspirava ed espirava quella nube grigia con lentezza, lo sguardo fisso davanti a sé a rimirare il meraviglioso panorama di Barcellona notturna. Altre volute chiare intanto si innalzavano dalla sigaretta e decoravano l'aria con complicati arabeschi. Viktor si fermò ad osservarle, incantato. Non capiva perché Chris lo avesse invitato là fuori, nonostante la confusione e la musica dei festeggiamenti post gara stesse imperversando all'interno. Sapeva che lo svizzero aveva sempre preferito i luoghi tranquilli, ma erano cinque minuti buoni che erano in silenzio, l'uno accanto all'altro, e questo non faceva altro che instillare uno spiacevole senso d'ansia in Viktor.

«Allora, perché mi hai chiamato qua?» Non riuscì a trattenere il proprio senso di irrequietezza. E Christophe, il buon Christophe, gli sorrise, di un sorriso bonario e paterno, uno di quelli che si rivolgono ai bambini capricciosi e impazienti. Viktor un po' lo era, capriccioso ed impaziente. Chris aspirò ancora altre due boccate di fumo, lentamente, come se stesse intrinsecamente godendo dell'ansia di Viktor.

«Ah, non saprei» Continuò con quel sorriso, un sorriso che rendeva l’altro ancora più confuso. Il russo batté un paio di volte le palpebre e andò in apnea per tre, lunghissimi secondi.
«Christophe…»

«E’ da tanto che non mi chiami così, Nikiforov» Chris lo interruppe bruscamente, tanto da fargli mozzare il fiato. Deglutì a fatica: gli occhi verdi da pantera dello svizzero ora lo fissavano. Intensi, indeducibili, si limitavano a scrutarlo nel suo intimo. Gli fece paura. «Scusami»

«Non scusarti, bimbo» Il tono si addolcì di nuovo e ciò prese in contropiede Viktor. Buffo come era stato proprio lui, Viktor Nikiforov, a rimanere sorpreso e turbato. Gli venne da piangere: quel discorso lo stava mandando in tilt, stava facendo lentamente crollare le sue difese e ciò lo rendeva insicuro e in ansia. Sapeva sarebbe finita male. Christophe lo conosceva troppo bene e ogni volta se ne stupiva, ma… ma questa volta avrebbe preferito non si fosse mai aperto. Chris sospirò: «Allora... Katsuki, hm?»

«...Già» Fu la laconica risposta del russo. Dove voleva andare a parare con quel discorso? Ora aveva tirato fuori Yuuri e… e questa cosa non andava bene. Non andava bene per niente. Viktor aveva paura, una paura fottuta, tanto da andare di nuovo in apnea – le pupille viaggiavano frenetiche da una parte all’altra, in cerca di una via di fuga da quella sensazione orribile. Si sentiva in trappola, l’intero suo corpo gli sembrava essere una gabbia da cui fuggire, andare via, lontano, per sempre. Fu allora che Chris allungò un braccio e gli fermò il polso con una presa dolce ma decisa – Viktor lo guardò perplesso per un attimo, per poi rendersi conto che, toh, aveva iniziato a graffiarsi le mani per la tensione. Strinse i pugni, vergognandosi di quelle strisce rossastre che aveva tracciato sulla propria pelle. Chris, al solito, fu dolcissimo. Era sempre stato dolce in quelle occasioni e anche ora che gli stava per fare un certo discorso, anche ora che sembrava quasi arrabbiato con lui, gli aveva preso entrambe le mani e gliele aveva carezzate piano.

«Non farlo, per favore. Non ti mangio, bimbo mio…»

Viktor sospirò, chiudendo gli occhi. Si convinse che sì, doveva calmarsi, che Chris avrebbe voluto sempre e solo il suo bene, che lo avrebbe sempre supportato. La presa dolce sulle sue mani lo aiutò in questo processo: adorava la sensazione di avere la mani calde di Chris strette attorno alle sue dita infreddolite. Se ne portò una alla guancia e sospirò, strofinando piano il viso contro quel palmo un po’ calloso ma familiare. E fu allora, solo allora, che Chris si permise di parlare.

« Sai…» Mormorò – e, dio, sentire la voce calda di Chris vibrare in quel modo era sempre un brivido; «Io quel povero diavolo non lo invidio per niente, sinceramente…» sospirò piano, e Viktor spalancò gli occhi, di nuovo in apnea. Cosa intendeva con questo?

Chris distolse lo sguardo da lui: «Perché... sai, non vorrei che tu lo manipolassi così come hai fatto con me. Non se lo merita. E' ancora troppo ingenuo per questo, Viktor... non è pronto»

«M-manipol-manipolare?» Il fiato gli si spezzò di nuovo. Gli venne la nausea. Cosa.. cosa stava dicendo, Chris? Che cazzo… che cazzo aveva in mente, lui, il suo migliore amico… o presunto tale… come… come faceva a… a dire una cosa del genere! Come si permetteva?!

«Uh? – Chris tornò a guardarlo e gli sorrise di un sorriso tenero, un sorriso che fece ribollire il sangue dell’altro – Ah, sì. Credi non me ne sia accorto, bimbo mio? Di come, ogni volta, mi guardavi con quei tuoi languidi? Di come approfittavi delle mie debolezze per racimolare un po' di sesso? Un po’ di amore? Per… per sentirti amato? » la voce di Chris tremava, ma Viktor non lo notò. Viktor era ferito, in quel momento. Ferito e infastidito da quella situazione. Voleva allontanarsi, dimenticarsi di Chris. Dimenticarsi di tutto ciò che lo svizzero aveva fatto per lui. Ma lui continuò, imperterrito, e a Viktor non rimase altro che ascoltare: «Mi son sempre chiesto perché ti comportasse così... tutti quegli epiteti dolci, tutte quelle falsità che mi raccontavi per ingraziarti il mio bene... che stupido che sei, Viktor…»

Crack. Ci fu un crack dentro la testa di Viktor.

Non erano falsità.

NON ERANO FALSITÀ.

Urlava dentro la sua testa e voleva urlare anche in faccia a Chris. Voleva picchiarlo con le parole, voleva ferirlo così come era stato ferito lui. Voleva fargli capire che no, alla fine aveva smesso di mentirgli, che le sue non erano più falsità, ma emozioni sincere. Che forse lo aveva amato, a modo suo.

«Hm» Fu l'unico suono che riuscì ad articolare, alla fine. Perché si sentiva così nudo e impotente, dinanzi a Chris? Perché, ogni volta, si stupiva di quanto bene riuscisse a leggergli dentro? Quand’è che aveva gettato la maschera, con lui? Quand’è che si era fidato tanto da mostrargli il suo vero Io? Non lo sapeva.

Ed ora si pentiva di ciò che era stato con Chris. Si pentiva di essere stato tremendamente egoista perché, sì, Chris aveva ragione, Viktor lo aveva manipolato. Ma non lo avrebbe mai ammesso, mai, neanche a sé stesso. Mai.

«...Perché, vedi, bimbo mio, – Viktor alzò lo sguardo dalle loro mani ancora intrecciate, incatenandolo a quello dell’uomo; – non ce n'era bisogno, e tu lo sai. Ti ho amato – Crack. Di nuovo; – Ti amo ancora – Crack. Più forte; – e fidati, per una volta, fidati di me quando ti dico che ti avrei dato di mia sponte tutto l’amore di cui avevi bisogno. Senza quei tuoi giochi. Non mi sono mai aspettato nulla in cambio, Viktor. Mi bastava la tua felicità…»

«Hai... hai finito?» E la voce di Viktor era fredda, tagliente, cattiva. Christophe lo guardò tristemente, ma ormai il russo era cieco di rabbia. Cieco di dolore. Si sentiva ferito nella sua anima, era stato toccato là dove faceva più male.

Lo sapeva, cazzo se lo sapeva che Chris lo avrebbe amato lo stesso e lo avrebbe fatto comunque sentire sempre amato. Lo sapeva che giocare e premere sui sentimenti altrui era sbagliato. Eppure... eppure lui aveva bisogno disperato di attenzioni e, ferito dalle esperienze passate, aveva imparato a prendersele con la forza. Viktor era come un'edera velenosa, di quelle che infestano i grandi boschi. Quelle che, silenziose, si inerpicano lungo il tronco di una grande quercia solo per nutrirsi della sua linfa vitale fino a farla morire. Così Viktor si nutriva dell'amore. Sentimento che era incapace di provare, ma di cui aveva necessità come l'aria.

Chris sbuffò, quasi annoiato da quel cambio repentino nella figura di Viktor, come se lo aspettasse. Ed era così, infatti.

«Amore mio, per favore, non fare così. Ti amo, e questo lo sai e lo hai sempre saputo molto bene. E non ti giudico. Solo... ti metto in guardia. Yuuri non è me. Ricordatelo… lui… lui ci spera davvero»

Disgustato. Viktor era disgustato. Chris gli faceva disgusto. Lui stesso si faceva disgusto, e ora come ora voleva solo scomparire in un angolo remoto della terra – morire, sì, voleva morire e dimenticarsi di tutto, dimenticarsi della rabbia improvvisa che gli infiammava le vene in quel momento.

«Non è vero!» Sibilò dal nulla, dopo qualche attimo di silenzio. «Tu non mi ami. Non puoi amarmi e... e farmi, dirmi!, questo. Non puoi!»

«Mon petit lapin…» Ed eccolo. Ecco quel soprannome affettuoso, quello per cui Viktor era sempre arrossito e aveva sorriso in modo adorabile. Sospirò pesantemente, gli occhi annebbiati e fissi sul pavimento – si stava rifiutando categoricamente di guardare Chris. Lo odiava. Non voleva... non doveva...! dargli soddisfazione in alcun modo. Ma poi Chris si era alzato, aveva scostato il tavolino, si era inginocchiato ai suoi piedi e, dolcemente, aveva posato il capo sul suo grembo, stringendosi a lui con gli occhi chiusi.

«Mon petit lapin,» disse, di nuovo, «ti amo come il primo giorno in cui ti ho visto. E mi dispiace... davvero, mi dispiace farti questo... ma devi capire che... che aprirsi fa bene. Allora fallo, amore mio. Getta questa maschera che hai portato con me per tanto, troppo tempo… gettala subito con Yuuri…»

«Ti odio» Tirò su col naso, Viktor. Non sapeva neanche quando aveva iniziato a piangere, sapeva solo che, in un attimo, erano entrambi sul pavimento e lui – il viso arrossato dal pianto – si stringeva forte al petto da mamma di Chris, aggrappandosi a lui come si aggrappa l'edera alla quercia. Come se fosse la sua ultima salvezza.

Ma la quercia era già morta da tempo. Eppure... eppure non smetteva mai di nutrirlo. Di farlo star bene.

Di farlo sentire... amato.

«Ehi, Viktor, ti stavo cercando, Yuri mi ha detto che eri uscito qua con Christope ed io–

E il virgulto ingenuo, quello nuovo, pieno di succoso nutrimento, fece capolino dalla portafinestra. Yuuri Katsuki era bellissimo vestito di nero, coi capelli indietro e la camicia bianca col colletto sbottonato, senza più quella stupida cravatta, ed il suo visino tondo e soffice si aggrottò per la confusione.

«Che sta accadendo...?» la voce piena di dubbio, piena di ingenue speranze. Piena di amore sincero e incondizionato.

« Ceci est quel j’voulais dire, mon trésor…» Sussurrò Chris, in francese, all'orecchio di Viktor. E fu allora che lui capì. Viktor, viso infossato sul petto di Chris, occhi spalancati, capì. E ringraziò Chris di avergli fatto male.

Quando sciolsero l'abbraccio, il russo sorrideva – un sorriso stanco, rigato dalle lacrime, ma sorrideva.

«Yuuri!» Esclamò, con quella sua tipica gaiezza che lo contraddistingueva.

Chris sorrise, mentre Viktor si scioglieva dalla sua presa, come rifocillato, e trottava dal suo fidanzato.

«Scusami Yuuri, è che mamma Chris mi ha fatto le ultime raccomandazioni e…» Il discorso si perse nell'aria buia della notte. La portafinestra si chiuse alle loro spalle e solo Yuuri si voltò a fargli un timido cenno con la mano. Chris, si trovava di nuovo solo. Scosse il capo, sorridendo tristemente. Perché, in cuor suo, sapeva che Viktor non sarebbe mai cambiato.

Ma forse... forse Yuuri sarebbe riuscito ad instillare il seme dell'amore nel cuore incolto di Viktor. Forse c'era davvero la speranza di un suo cambiamento.

E in lontananza, intanto, già rimbombava l'eco di una maschera infranta al suolo.







Angolo di me medesima stessa:


Ok, inizio col ringraziare chi è arrivato alla fine di sto scempio. Davvero, grazie mille, siete dei bimbi preziosi e vi do tanti biscottini.

Per il resto… non so cosa dire. Questa cosa, qua, mi è venuta in mente ascoltando “bella senz’anima” di Cocciante e l’idea di un Viktor manipolatore che, incapace di amare, cerca di raggirare gli altri e fa di tutto per essere amato… beh, mi ha attirato. Ovviamente Vik non è che lo fa con coscienza, ormai è un qualcosa che gli viene naturale… ha così paura a provare l’amore e a fidarsi delle persone, ma al contempo è terrorizzato dal rimanere solo. E ama sentirsi amato.

E vbb, Viten’ka è un egoista, ehggià, ma ognuno ha i suoi difetti e Viktor, che tanto gentile e tanto onesto pare, per me è uno che pensa molto a se stesso, che è un po’ narcisista. Manca totalmente di empatia – e di questo ne abbiamo prova nell’episodio nonricordoquale, quello dove non sa come reagire davanti alla crisi di panico della patata giappone-- ehm, Yuuri.

Ma sto sproloquiando, quindi vi abbandono.

Ah sì, ovviamente nel mulino che vorrei Chris e Viktor sono gay e siccome sti due sono la mia OTP non potevo non inserirli. Perché, andiamo, Chris conosce Viktor come le sue tasche – vedo Chris come una persona particolarmente empatica e sensibile (l’opposto di Vik LOL) e io ce lo vedo a preoccuparsi e a interpretare il ruolo di figura genitoriale per Viktor. Non lo so, è che Chris è un patato d’amore e Viktor è tanto solo e boh, penso che Chrissu sia una delle poche (due) persone di cui Viktor si fidi abbastanza. Dico abbastanza perché per me Vik è tipo “Fiducia? cos’è, si mangia?”

E STO SPROLOQUIANDO ANCORA, PERDONO---

Dicevo: se volete lasciare un commentino fate pure, io sinceramente non mi aspetto recensioni perché mi fa cagare sta robetta, ma ok-

Bacini a tutti, siete preziosi!


La Tigre Blanche

   
 
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