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Autore: SunHunter    12/06/2017    9 recensioni
[Storia ad OC. Scadenza Iscrizione 22 Giugno]
Dal prologo
Maeve viveva ancora alla Città d'Ossa, il luogo in cui venivano educati i giovani stregoni senza famiglia, affidata alle cure di Fratello Zachariah.
« Sempre. Ma, piccola...»
« Passa una buona serata,» lo interruppe lei con voce gentile e svolazzante, intrisa di falsa allegria, prima di posargli un bacio di sincero affetto sulla guancia.
Magnus, addolorato come poche volte era stato nel corso della sua lunga esistenza, la guardò avanzare come se stesse danzando, leggera ed eterea, non sapendo che quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe vista.
[...]
Era preoccupata e ansiosa, la sua indomita leonessa guerriera, occhiaie scure le macchiavano la pelle eburnea degli zigomi alti, e nulla poteva il trucco contro la preoccupazione naturale di una mamma orso che aveva perduto uno dei suoi cuccioli.
Il pensiero di Shahrazad gli strinse lo stomaco. Era lei il cucciolo perduto, la più intelligente e la più dolce di tutti loro, l'Henry Branwell del ventunesimo secolo, la sognatrice di nuovi e antichi mondi.
Se avesse trovato la creatura immonda che l'aveva rapita, strappandola dalle braccia di Jace, Gus non avrebbe esitato ad ammazzarla.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Good Omens
 
I'm peeling the skin off my face
'Cause I really hate being safe
The normals, they make me afraid
The crazies, they make me feel sane
 
Prologo




Magnus non era decisamente tagliato per fare l'insegnante. Era Ragnor Fell quello portato per compiti impossibili quanto suicidi. Ma Ragnor, quello stregone scortese che non apprezzava nessuna delle sue ottime qualità piratesche, era fuggito sull'Himalaya e aveva staccato il telefono. Sarebbe stato più probabile che Catarina smettesse di lavorare in ospedale che raggiungere il suo dolce principe di smeraldo.
La sua protetta, la giovane stregona che i Fratelli Silenti gli avevano affidato affinché completasse la sua formazione, osservava il panorama di New York mentre carezzava distrattamente il gatto con la mancina e si arrotolava un ciocca ramata, sfuggita alla treccia spettinata, con la destra. Gli occhi da fattucchiera, il suo marchio demoniaco, di un viola tanto scuro da sembrare vino torbido, erano fissi nel vuoto della notte, le palpebre pesanti quasi totalmente chiuse e le labbra, carnose e rosee, tremanti come se stesse trattenendo i singhiozzi.
Magnus lo trovava abbastanza ingiusto: non era un insegnante così tremendo. Era colpa della materia. Le lingue demoniache erano aspre e aguzze come pietre e per parlarle bisognava che un'ape entrasse nel naso. In senso figurato, s'intendeva.
« Maeve, mi stai ascoltando?» domandò gentile, posando la mancina sulla sua, sfiorando appena con i polpastrelli il pelo curato del Presidente, ronfante e soddisfatto per le carezze. La ragazza sussultò e il gatto le graffiò il polso in un riflesso incondizionato, miagolando il suo dissenso. Maeve tornò ad accarezzarlo sulla testolina come se nulla fosse accaduto per poi rivolgergli un sorriso tremulo e stanco, lacrime di rugiada che danzavano sulle lunghe ciglia.
A Magnus venne voglia di abbracciarla e stringerla, consolarla senza neanche sapere il motivo di quella malinconia. Era poco più che una bambina ed era gracile quanto un passerotto appena nato, eppure aveva già conosciuto la crudeltà del mondo. Gli ricordava se stesso, così solo, abbandonato e disilluso. Così perso.
« Scusa, Mag,» mormorò la sedicenne sinceramente pentita. Di solito era un'alunna diligente e sempre disposta ad imparare, operosa e incapace di restare senza far nulla. Sono una sociopatica iperattiva, si era presentata allegramente il primo giorno, un cilindro in testa, i jeans strappati ad arte e un top di Alice nel Paese delle Meraviglie a completare l'outfit di una perfetta monella del New Jersey.
« So che il ctonio è una lingua odiosa e che ci sono modi infinitamente più divertenti per trascorrere il sabato sera, ma...» incominciò ben sapendo che il ctonio era l'ultimo dei loro problemi.
« Pensavo a mia madre. Tu ricordi la tua?» domandò Maeve, il capo basso e la lunga treccia ramata che le sfiorava il maglione di ciniglia, la nuca scoperta ed esposta, vulnerabile. Magnus avrebbe voluto proteggerla, ben consapevole di non poterlo assolutamente fare. Nessuno poteva. Gli Stregoni erano soli al mondo dal primo vagito, esseri maledetti e non voluti, il prodotto della violenza dei demoni e della debolezza dei mortali.
« Puoi... posso accompagnarti da lei se hai paura di incontrarla da sola,» si offrì con quanta più gentilezza gli riuscì. Non pensava mai a sua madre né al suo patrigno, era qualcosa legato al passato doloroso di una vita spezzata troppo presto.
Maeve scosse il capo, sollevando il mento con una fierezza che lo stupì. Era orgogliosa e indomita, questo l'aveva compreso subito, ma non immaginava sino a che punto.
« Lei non vuole vedermi, credimi. È stata molto chiara. Io sono un mostro, dopotutto,» snocciolò velocemente, con finta indifferenza, come se fosse stata una lezione che le avevano inculcato a forza e che lei ripetesse a denti stretti per non essere punita.
« Non sei un mostro, Maeve,» borbottò Magnus, cominciando ad alterarsi. Non contro di lei, ma contro chi l'aveva convinta di una tale sciocchezza.
« Dillo a mio fratello,» sbottò lei adirata, gli occhi viola fiammeggianti come quelli di un gatto randagio. Magnus sobbalzò, facendo scintillare gli anelli sulle dita affusolate. Quella era una parte della storia di Maeve che Jem Carstairs gli aveva raccontato a tratti, come se fosse qualcosa di proibito, da sussurrare in una notte buia e senza stelle.
Lo sguardo della giovane si addolcì all'istante, sciogliendosi in un sorriso tranquillo e accogliente. La rabbia di Maeve era come un temporale estivo che spariva presto, lasciando spazio a un Sole splendente. Era qualcosa che apprezzava molto di lei, che non portasse mai rancore, « Posso tornare domani?» domandò con più calma e gentilezza, sfiorandogli il polso mielato all'attaccatura della camicia di velluto viola che indossava. Nonostante fosse in casa, si preoccupava sempre di mantenere la solita eleganza che lo contraddistingueva e quell'Alexander McQueen urlava dall'armadio per essere indossato da giorni e giorni.
Maeve viveva ancora alla Città d'Ossa, il luogo in cui venivano educati i giovani stregoni senza famiglia, affidata alle cure di Fratello Zachariah.
« Sempre. Ma, piccola...»
« Passa una buona serata,» lo interruppe lei con voce gentile e svolazzante, intrisa di falsa allegria, prima di posargli un bacio di sincero affetto sulla guancia.
Magnus, addolorato come poche volte era stato nel corso della sua lunga esistenza, la guardò avanzare come se stesse danzando, leggera ed eterea, non sapendo che quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe vista.


Gus incominciava seriamente ad odiare le fate.
Probabilmente sua madre l'avrebbe ucciso se gli avesse sentito asserire qualcosa che per qualsiasi entità non appartenente al Piccolo Popolo sarebbe stata un'ovvietà, ma fortunatamente la sua genitrice non poteva leggergli nel pensiero. Non ancora, perlomeno.
Immergersi nel lago di Central Park, inzaccherandosi sino alla punta dei capelli neri che si stavano già arricciando come tralci di vite, non era stato un problema né gli aveva dato fastidio la sensazione della tenuta umida che gli aderiva come una seconda pelle. Su quello poteva sorvolare sebbene fosse certo che gli fosse entrato un sassolino nello stivale destro e non sapeva come avesse fatto.
Il vero problema era il Cavaliere delle Fate che li stava scortando dalla Regina di Seelie. Meliorn aveva la stessa allegria di qualcuno con una lancia nel posteriore, impalato da Vlad III in persona. Avrebbe anche potuto sopportare la sua evidente mancanza di senso dell'umorismo e persino l'andatura compita da perfetto soldatino odioso, ma che trattasse così, come se fosse una piccola sciocca mortale, la sua parabatai era qualcosa di imperdonabile.
Izzy camminava sicura sui tacchi alti dei suoi stivali al fianco del Cavaliere, splendida come una Regina dell'Antico Egitto, la divina sposa di Amon, i lunghi capelli neri e svolazzanti sulle spalle strette fasciate da un abito rosso rubino che ben si sposava con la sua anima di fuoco. Per chiunque altro sarebbe stato un sogno ad occhi aperti, ma non per Meliorn che, evidentemente, era o strabico o miope. O semplicemente stupido.
In ogni caso Gus era davvero pronto a mandarlo in uno qualsiasi dei Nove Regni, alla mercé di un Fato.
Avevano osservato le danze della morte e Gus s'era sentito così attratto che Izzy aveva dovuto prenderlo sottobraccio per impedirgli di unirsi al suo popolo, a coloro cui apparteneva a metà. S'era riscosso subito, ma il macabro dei loro occhi vuoti gli aveva lasciato una strana sensazione sottopelle, come se mille spilli si fossero conficcati nella sua anima. Era a loro che apparteneva, alle Fate e al Piccolo Popolo, alla Corte Seelie.
Si era costretto poi a scuotere il capo, lasciando che sbuffi d'acqua macchiassero le rocce scure del sottosuolo. Era un Nephilim, come suo padre. Era un Blackthorn, un figlio dell'Angelo. Apparteneva a Idris, al Paradiso, a Isabelle.
Sebbene gli desse le spalle, Gus avrebbe saputo descrivere con precisione la lucentezza dei suoi occhi scuri come l'ebano, la piega esatta del naso delicato, la linea sicura delle labbra sottili. Conosceva e amava Isabelle più di quanto non facesse con se stesso e pensare che fossero le Fate il suo popolo era un crimine, un attentato contro il loro sacro legame.
Era preoccupata e ansiosa, la sua indomita leonessa guerriera, occhiaie scure le macchiavano la pelle eburnea degli zigomi alti, e nulla poteva il trucco contro la preoccupazione naturale di una mamma orso che aveva perduto uno dei suoi cuccioli.
Il pensiero di Shahrazad gli strinse lo stomaco. Era lei il cucciolo perduto, la più intelligente e la più dolce di tutti loro, l'Henry Branwell del ventunesimo secolo, la sognatrice di nuovi e antichi mondi.
Se avesse trovato la creatura immonda che l'aveva rapita, strappandola dalle braccia di Jace, Gus non avrebbe esitato ad ammazzarla.
Come se avesse captato i suoi pensieri, Isabelle si voltò a guardarlo, gli occhi neri accesi di una luce simile alla propria.
Meliorn scostò la tenda di rovi, mostrando la Corte nella sua stagione più particolare. La Corte d'Inverno diventava candida come la neve, uno spettacolo abbacinante per gli occhi. Sembrava di essere immersi nella luce e il solo camminare su quel terreno bianco appariva come un peccato mortale. Risuonava una musica soffusa di arpe e violini, un motivo antico, medievale. Come sempre era piena di nixie e pixie, di elfi e di nobili che si intrattenevano tra le sale come se non avessero alcuna preoccupazione al mondo.
Lo sguardo plumbeo di Gus si posò subito alla destra del triclinio, dove una fata adulta mesceva il vino della sovrana con grazia ed eleganza, le lunghe braccia candide ornate di monili preziosi.
Sua madre era splendida e terribile e, quando lo guardò negli occhi, Gus si sentì precipitare.
I lunghi capelli biondi erano acconciati in mille e più trecce intorno al capo eburneo e gli occhi verdi, privi di pupilla, sembravano ridere della sua infinita ingenuità.
Si ritrovò a pensare a suo padre, che era impazzito e viveva nel suo mondo di tomi antichi e di nemici fittizi in una soffitta, e un'ondata di imbarazzo e vergogna lo colpì con la forza di un treno merci.
La fanciulla accomodata sul divano imbottito, in legno dorato, non era chiaramente la Regina delle Fate. Le somigliava nei tratti gentili e smussati del viso e nella postura elegante e imperante di un membro della nobiltà, ma gli occhi erano più blu che azzurri, come se fossero stati immersi nella Fossa delle Marianne. Erano gli occhi del Re Unseelie, freddi e distanti, due perle nere come l'abisso. Era di una bellezza squisita, come un kindjal di ottima fattura.
Indossava una veste di un rosa impalpabile che le fasciava le forme generose come un velo da sposa, un tessuto così etereo da sembrare spuma di mare ed era a piedi scalzi. I lunghi capelli ramati scendevano come onde sul petto, più dorati sulle punte come una fiamma viva.
Gus non si stupì che tutti i membri della Corte la stessero guardando. Era letale come osservare il Sole senza protezioni, ma era impossibile scostare lo sguardo da tanta magnificenza.
« Non è la Regina,» sussurrò Isabelle, stupita quanto lui da quella visione celestiale. La fanciulla sorrideva amabile mentre sua madre le porgeva la coppa di nettare, il braccio candido proteso come quello di una statua del Canova.
Gus scosse il capo, mordendosi il labbro inferiore per riemergere da quel sogno ad occhi aperti.
« Mia Principessa, ti ho portato i Nephilim,» esclamò Meliorn inchinandosi con deferenza che Gus trovò esagerata. Il Nephilim sbuffò e gli scoccò un'occhiata truce. Come se li avesse trasportati in braccio come due sacchi di patate. La Principessa gli rivolse un'occhiata divertita e le labbra rosse si sollevarono maggiormente. Il suo volto sembrava essere stato cesellato per ridere spesso e volentieri, di gusto.
« Tuo figlio, mia cara?» domandò la Principessa con voce flautata e squillante quanto quella di una tromba che annunciava il trionfo di un esercito. Era una voce forte, adatta al comando, delicata solo all'apparenza.
Gli sovvenne un ricordo lontano in cui qualcuno, una delle dame di sua madre, gli aveva raccontato dello splendore della primogenita delle Corti. Quella fanciulla, però, non era soltanto splendida. Era una creatura di titanio costretta in un corpo di vetro soffiato.
« Sì, mia bellissima. Egli è Caesar Augustus,» lo presentò con orgoglio quasi inappropriato. Gus si mosse a disagio. Detestava il suo nome completo e tutti quelli che lo conoscevano, lo sapevano bene. Non aveva vissuto con sua madre che per un paio di anni mortali e la vedeva di rado. Era certo che lei non lo conoscesse affatto e che, se l'avesse fatto, suo figlio non le sarebbe piaciuto poi così tanto. Era troppo gentile, troppo affascinato dai libri e dall'arte dei mondani, un guerriero discreto, ma non eccezionale come Jace. No, le Fate non l'avrebbero tenuto in alta considerazione. In fondo non lo facevano neanche i Nephilim.
« Madre,» mormorò lui, chinando il capo con rispetto autentico, il timbro grave e distante di chi non era abituato a parlar molto. Di solito era Isabelle ad occuparsi della diplomazia. Lei aveva un dono naturale per farsi rispettare, ma Isabelle era venuta per accompagnarlo. Le Fate erano il suo territorio.
Il Cavaliere sibilò e molti della Corte si volsero ad osservarlo come se avesse fatto un gran torto. Isabelle li scrutò interrogativa, la fronte aggrottata in una muta domanda.
« Il ragazzo sta mostrando rispetto a sua madre, Meliorn, come ogni buon figlio dovrebbe fare,» esclamò la Principessa, affatto turbata dal comportamento dei suoi sudditi, osservandolo con curiosità effimera, il capo inclinato come quello di un uccellino.
« Mia Principessa, sei sempre splendida nonostante le tragedie,» dichiarò con voce cauta e cortese, inchinandosi per riparare al danno che aveva causato senza accorgersene. Era passato troppo tempo dall'ultima volta e il mondo dei mortali l'aveva chiamato a sé. La Principessa apparve deliziata sebbene un'ombra scura le avesse attraversato lo sguardo.
« Perché non ti accomodi, Caesar Blackthorn? E perché non mi presenti la tua giovane e affascinante compagna?» soggiunse con tono gentile, facendo un ampio cenno verso i cuscini sistemati intorno al suo divano, rivolgendosi poi con cortesia verso Isabelle.
« Isabelle Lightwood e so presentarmi da sola,» replicò la Nephilim per se stessa, accomodandosi sul cuscino accanto al proprio, osservando la Principessa senza alcun timore, ma con una sfumatura nello sguardo che Gus non le aveva mai scorto prima.
« Mai insinuato il contrario,» le concesse la signora guardandola con interesse, come se fosse un arazzo intricato di cui voleva comprendere la trama esatta.
« Signora, questa non è una visita di cortesia. Ci manda il Conclave.»
« Ed il Conclave è raramente cortese,» mormorò la Principessa con tono indecifrabile, prendendo un sorso di nettare e facendo cenno di offrire loro delle vivande a una nixie di passaggio. Sia Gus che Isabelle presero la propria coppa, ma furono attenti a non bere neanche una goccia.
« Il Conclave è implacabile, mia bellissima. Come lo siete voi,» aggiunse Gus che stava incominciando ad averne abbastanza di tutta quella storia assurda. Sarebbero dovuti essere in superficie, a cercare di scovare il bastardo che aveva rapito Shahrazad e i Nascosti, invece che giocare a scacchi metaforici con la Principessa delle Fate.
La Principessa rise, divertita, esponendo il collo da cigno come una vergine sacrificale. Aveva la risata di un Angelo, alta e piena, gloriosa persino, qualcosa che rischiarò la Corte con la potenza di un raggio di Sole.
« Tuo figlio non è molto galante, carissima amica.»
Sua madre gli rivolse uno sguardo di incuriosito biasimo, come se fosse indecisa tra il soffocarlo tra i tralci per la sua arroganza o se stringerli la mano per la coraggiosa impudenza.
« La bellezza è spesso impietosa e tu sei splendida,» affermò per correggere il tiro e la Principessa gli rivolse uno sguardo tranquillo, come per rassicurarlo che non l'aveva affatto offesa.
« Sappiamo che avete perso una nixie e una sirena,» esclamò Isabelle con una certa urgenza. Sapeva che voleva tornare all'Istituto per stare vicina a Jace che, in quei giorni, sembrava lo spettro di se stesso. Non mangiava, non dormiva, non si allenava. Cercava e basta. Stava rivoltando tutto il Mondo Invisibile per trovare la sua parabatai perduta. Non che Gus non avrebbe fatto lo stesso se non peggio se quella scomparsa fosse stata Isabelle, ma presto il suo corpo non avrebbe retto lo stress e si sarebbero ritrovati senza il loro guerriero migliore.
« Nephilim, fate, stregoni, vampiri, licantropi. Qualcuno sta mietendo vittime tra di noi e il Conclave ha ordinato una Riunione ufficiale con i rappresentati dei Nascosti per combattere il nemico comune. Siete dei nostri, mia bellissima?»
« Chi parteciperà?» domandò lei quasi annoiata, ma Gus poté notare il leggero tremito delle sue dita contro la coppa. Era preoccupata e ne aveva ben donde.
« Per ora Magnus Bane, per i figli di Lilith, e Raphael Santiago per i figli della Notte,» esclamò Isabelle imperturbabile, osservando la Principessa come per spronarla ad accettare, lo sguardo duro come un diamante. Non avrebbe accettato un no come risposta, Gus ne era certo.
« Riceverete la nostra risposta entro l'alba, giovani Nephilim,» concesse quasi annoiata, con uno svolazzo della mancina, « Noi siamo un popolo paziente, Isabelle Lightwood. Abbiamo tutto il tempo del mondo a nostra disposizione,» aggiunse notando lo sguardo di fuoco della sua parabatai.
« Ti consiglio caldamente di non perdere tempo, mia signora. Perché sovente riteniamo eterno qualcosa di impalpabile. Il tempo non appartiene a nessuno ed è capriccioso come un infante viziato. Non sfidarlo. È un nemico che nessuno può vincere. Nemmeno una Regina,» esclamò Gus, issandosi in piedi, troneggiando sulla giovane fata, ma senza sfidarla. La Principessa gli rivolse uno sguardo duro e ardente, le labbra sottili strette in un'espressione di disappunto che la rese ancora più affascinante, ma il Nephilim non scostò lo sguardo e alla fine lo osservò quasi ammirata da tanta caparbietà che rasentava la stupidità.
« Sapremo trovare la strada da soli,» esclamò la sua parabatai, scrutandolo come se fosse totalmente ammattito, trascinandolo verso l'uscita. Forse era davvero impazzito, ma adesso era certo che la Principessa avrebbe partecipato. Non perché irretita né perché costretta dal Conclave, ma perché era rimasta impressionata, colpita, e Gus aveva l'impressione che non erano in molti quelli che potessero vantare di aver perforato la sua armatura di ghiaccio. L'Angelo solo poteva sapere se quella era stata una buona mossa oppure una maledizione.







Angolo autrice
Hallo Leute.
Prima o poi smetterò di parlare in tedesco, ma non è questo il giorno.
Grazie per essere arrivati fin qui. Spero che il prologo vi abbia incuriosito e che vi sia piaciuto. La canzone iniziale è di Melanie Martinez (Mad Hatter) e permeerà un po' tutta la storia. Il titolo è un riferimento a Buona Apocalisse a Tutti di Terry Pratchett e Neil Gaiman.
Questa storia è un immenso What If...? in cui Clary non ha mai incontrato i nostri Shadowhunters preferiti, che si ritroveranno a fronteggiare un'altra minaccia: dei Nephilim e dei Nascosti sono stati rapiti da un nemico ancora sconosciuto.
Potete propormi tutti gli OC che desiderate e le schede vanno mandate esclusivamente per messaggio privato, magari indicandomi il nome del vostro OC così da non fare confusione. Nella recensione, oltre a un apprezzatissmo commento sul capitolo (vi prego, fatemi sapere cosa ne pensate), potete specificarmi sesso, età, se è un Nephilim o un Nascosto e ruolo (prigioniero del nemico o collaboratore alle indagini).
Non accetto personaggi imparentati con i Canon se non alla lontana: ovvero non accetto fratelli di Alec, Izzy e Max, ma posso accettare loro cugini.
Questa storia sarà una Malec quindi loro due saranno impegnati in una relazione, ma gli altri personaggi sono disponibili.

Scheda (comune a tutti)
Nome:
Secondo nome*:
Cognome:
Soprannome*:
Età:
Descrizione fisica:
Prestavolto:
Descrizione caratteriale e psicologica:
Storia personale:
Ruolo:
Ama/Odia:
Abilità:
Fobie/Debolezze:
Orientamento sessuale ed eventuale relazione (descrivete i caratteri):
Altro/Curiosità*:
è favorevole agli Accordi? Perché?
Frase che lo caratterizza:

Per i Nephilim
Arma prediletta:
Parabatai (descrivete i caratteri):
Cosa pensa dei Nascosti?

Per i Nascosti:
Cosa pensa dei Nephilim?
Cosa pensa degli altri Nascosti?
Ruolo all'interno della propria comunità:


Miei OCs


Maeve Glare, 16 anni, stregona bambina, protetta di Magnus Bane. (PV Holland Roden)


Caesar Augustus “Gus” Blackthorn, 18 anni, membro del Conclave di New York, parabatai di Isabelle Lightwood (PV Mark Ryder)


Shahrazad Harriet Gladstone, 17 anni, membro del Conclave di New York, parabatai di Jace Herondale (PV Gemma Arterton)



Elvéwien, Principessa delle Fate (PV Sophie Turner)




Canon



Magnus Bane, Sommo Stregone di Brooklyn. (PV Godfrey Gao)


Alexander Gideon Lightwood, 18 anni, capo ad iterim del Conclave di New York (PV Matthew Daddario)

Isabelle Sophie Lightwood, 16 anni, membro del Conclave di New York, (PV Emeraude Toubia)


Jace Herondale, 17 anni, membro del Conclave di New York (PV Jamie Campbell Bower)

Jonathan Christopher Morgenstern, 18 anni (PV Will Tudor)






Gwyn ap Nudd, signore della Caccia Selvaggia (PV Joseph Momoa)


Camille Belcourt, capo dei figli della Notte di New York (PV Katheryn Winnick )

Raphael Santiago, capo ad iterim dei figli della Notte di New York (PV David Castro)

Catarina Loss, stregona, infermiera. (PV Kat Graham)

 
   
 
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