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Autore: Calya_16    20/06/2017    4 recensioni
Storia ambientata tra la terza e quarta stagione, il gruppo è in esplorazione e viene ritrovato un piccolo oggetto apparentemente inutile, ma con un gran significato.
Storia scritta per il Fan Fiction Fest della pagina Caryl Italia. Prompt: Polaroid.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Peletier, Daryl Dixon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Lo avevano visto qualche giorno prima, ed ora finalmente era giunto il momento di andare in esplorazione.
L’edificio che stavano ispezionando sembrava in buono stato visto dall’esterno, e le scale interne non erano crollate, ma le pareti recavano tracce di sangue e sporcizia, come pure a terra: carte, libri, qualche scarpa e abito. Lungo un corridoio e a lato di qualche porta trovarono anche dei corpi: solo due erano zombie e non riuscivano ad alzarsi, li eliminarono in fretta, senza far rumore.
Per il resto i pochi appartamenti dell’edificio erano tranquilli, e quando Carol entrò in una cucina vi vide Rick sorridente, con un barattolo in mano.
“Ci sono grandi scorte di cibo qui!”
Le mostrò le credenze della cucina: traboccavano di scatolette e molte altre cose.
“Wow, questa si che è fortuna! Questo condominio è una piccola miniera d’oro” Carol era felice, finalmente avevano trovato non solo cibo, ma anche vestiti e oggetti comuni.
Rick andò al furgone per prendere i contenitori e portare tutto alla prigione: Carol iniziò a guardarsi attorno e pensò che le persone che abitavano l’edificio dovevano esser andate via in fretta per aver lasciato così tanti averi, anche se si erano preparate a trascorrere lì molto tempo. Chissà cosa le aveva fatte scappare, trascurando le scorte di cibo…
“Sai cucire?”
Una voce la fece voltare: Daryl era sulla porta, una sporca bambola di pezza in mano, con un braccio staccato. Carol sorrise, i pensieri di prima interrotti e subito dimenticati.
“Certo. La vuoi per non dormire da solo?”
Adorava scherzare con lui, ancor di più da quando stava al gioco e non le rispondeva male.
“In effetti la mia cella è spoglia e ci vorrebbe un po’ di calore” accenno di sorriso “E’ per la piccola Spaccaculi, una bambina dovrebbe avere un’amica sua cui contare. Oltre alle armi, ma mi sembra piccola per quelle”
Carol non smetteva mai di stupirsi di lui: sembrava duro, ma aveva un animo dolce e gentile. Lo mostrava raramente, ma con lei sembrava aprirsi con molta più facilità che con gli altri.
“Sai, lei ha anche tutti noi su cui contare. Ha te” Carol prese la bambola dalle mani di Daryl, sfiorandole.
Lui non si tirò indietro: si stava abituando al tocco e alla presenza di Carol, era la persona che preferiva nel gruppo. Lei si mise a guardare la bambola, un velo di tristezza negli occhi.
“Assomiglia a quella che aveva Sophia. Sei sempre tu a trovare qualcosa per loro, o di loro”
I ricordi investirono entrambi; Daryl annuì, pensando di aver sbagliato a farsi vedere da lei con una bambola in mano, ancora una volta. Forse lo lesse nel suo sguardo, o nei suoi gesti, Carol gli posò una mano sotto al mento e lo guardò negli occhi.
“Non essere triste, non è successo nulla. Siamo qua, insieme, è questo che conta”
Daryl stava per risponderle quando Rick tornò.
“Avete trovato altro? Cosa c’è in quella stanza?” accennò con il capo ad una porta socchiusa da cui filtrava la luce del giorno.
Dopo aver posato i contenitori e aver preso fuori i coltelli per precauzione, i tre entrarono nella stanza: vi era un telo bianco che prendeva un muro e una porzione di pavimento, delle luci e un cavalletto senza però la macchina fotografica sopra.
“Qualcuno lavorava in casa” osservò Rick, abbassando l’arma e iniziando a gironzolare per lo studio fotografico improvvisato, in cerca di qualcosa di utile.
Le foto alle pareti erano leggermente sbiadite, qualcuna era caduta e le cornici, i vetri, si erano spaccati. Vi erano raffigurate famiglie, gente solitaria, sorridente o anche foto più artistiche.
Era strano guardare quei volti, tutto quel lavoro e sapere che la maggior parte di loro non ce l’aveva fatta. Forse qualcuno poteva essere uno degli zombie che avevano ucciso nel corridoio.
“Guardate un po’ qua!”
Carol era in ginocchio accanto ad una cassapanca: ne aveva tirato fuori una polaroid. Sorridendo inquadrò i due uomini e la provò: dopo uno strano rumore la macchina si mise in funzione e scattò la sua prima foto post-apocalisse. Lentamente, la foto uscì e Carol rise.
“Che due facce! Potremmo scattare qualche foto del gruppo e ravvivare la prigione”
Rick era d’accordo, Daryl un po’ meno: non era mai stato un gran amante delle foto, forse perché nella sua vita non aveva mai avuto qualcosa di bello da ricordare o perché non si era mai sentito a suo agio a lasciarsi fotografare, non era abituato a qualcuno che si interessasse a lui.
Quando lo sceriffo tornò in cucina per riempire i contenitori, Carol inquadrò Daryl.
“Fammi un sorriso” e scattò.
Sulla foto non c’era un sorriso, ma un bell’uomo che a Carol scaldò il cuore.
“Sei fotogenico”
“Tieni quell’obiettivo lontano da me”
Carol gli passò accanto e gli lasciò la polaroid in mano, mentre si tenne la foto “Vado ad aiutare Rick, tu finisci il giro”
Daryl la guardò uscire dalla stanza e poi posò gli occhi sull’oggetto che teneva tra le mani. Affacciandosi un poco oltre la porta guardò Carol ridere, serena e bella come non gli era mai sembrata prima. Provava sincero affetto per lei, e forse qualcosa in più.
“Togli il forse, lei ti piace” gli disse una voce interna, ma non voleva ascoltarla troppo. Aveva paura di rovinare la sua amicizia con Carol ammettendo anche solo a se stesso che lei gli piaceva. Quanto adorava passare del tempo con lei, stare in silenzio e sentirla vicino.
Sollevò la polaroid e inquadrò Carol, illuminata dalla luce di una bella giornata di fine estate. Scattò e si ritirò nella camera mentre la foto si sviluppava: quando questa si asciugò la prese e se la mise in tasca.
 
          °°°°°°°°°°
 
Aveva mangiato tutti insieme, come la grande famiglia che erano, e Carol non si era smentita: al momento opportuno aveva tirato fuori la polaroid, sotto molti sguardi divertiti e contenti di veder qualcosa del vecchio mondo che conoscevano.
Avevano fatto una foto tutti insieme, e ora quella era stata attaccata all’entrata del dormitorio.
“E’ stata una giornata proficua” Carol raggiunse Daryl in cima alle scale.
Erano tutti fuori, solo loro due all’interno.
Lui annuì, guardandola sedersi accanto a lui.
“Domani cucirò la bambola, così potrai darla a Judith. Vuoi darle un nome?”
“Non sono il tipo che da nomi alle bambole”
“L’hai trovata tu, sarebbe giusto che lo scegliessi, ma se non ti va che ne dici di…Sophia?”
Daryl girò il capo verso Carol, vedendo che gli sorrideva dolcemente. In un gesto di coraggio le prese la mano e annuì.
Stettero lì per un po’ di minuti, nel loro silenzio, fino a che qualcuno degli altri non iniziò a rientrare.
“A domani allora. Buonanotte Daryl”
Carol si sporse e lasciò un baciò sulla guancia di lui. Lentamente le loro mani si staccarono, e anche Daryl si alzò.
Una volta solo nella sua cella prese fuori la foto che aveva scattato a Carol e la guardò: era il suo tocco di calore in quella cella spoglia.
Bastava solo quella, e già gli sembrava di poterla chiamare casa.
   
 
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