Momenti
Ci
sono momenti in cui Lucci si
ferma e comincia a fissare il mare.
Lo scruta a lungo, in silenzio, come se non vedesse nient'altro, e
guarda cose
che non può vedere ma che sa che ci sono da qualche parte
oltre l'orizzonte.
È alienato dagli schiamazzi di Fukuro e Jabura che si
accapigliano per la
riservatezza di un segreto; non si cura della rotta da seguire, lascia
che siano
Califa e Blueno ad occuparsene.
Solo quando le onde si placano e non riesce a sentire nulla oltre ai
gabbiani garrire nel cielo, abbandona il ponte e ritorna sottocoperta,
stizzito.
Le grandi distese d'acqua non gli sono mai piaciute.
Ci sono momenti in cui, quando arriva il Maestrale e riempie le vele
col suo
soffio impetuoso, lui si volta a controllare le sartie.
Le controlla anche se le ha già ispezionate e sa che
reggeranno ancora per
molti altri viaggi. Non lo fa per eccesso di zelo, ma perché
quando sente il
cigolio delle corde tese, lo sfreghìo delle funi che si
stringono in un nodo,
lui sa che deve voltarsi e iniziare una lotta. Diversa dalla zuffa che
infuria
con Jabura dopo uno screzio di troppo, diversa anche dallo scambio
tecnico con
cui Kaku lo coinvolge durante gli allenamenti. È qualcosa di
più simile a un
gioco.
Un gioco a cui non giocherà mai più, gli
ricordano le sartie perfettamente rigide
sulle lande.
Ci sono momenti in cui Kaku rompe il silenzio e gli chiede a
cosa pensa.
Lui dà sempre una risposta sul futuro: la vendetta ai danni
di Spandam, lo
sbarco sulla loro isola natia, il progetto di rientrare nel Cipher Pol.
Non importa quante volte chieda, Lucci una bugia ce l'ha sempre pronta.
Al
futuro vorrebbe pensarci davvero, ma non lo fa quasi mai o non lo fa
quanto
crede che dovrebbe.
Si sente sciocco per questo, e anche perché mentire a Kaku
non gli piace, non
ci è abituato. Allora non lo guarda negli occhi quando
risponde.
Non si aspetta che Kaku gli creda, ma gli basta che non faccia altre
domande.
Ci sono
momenti in cui la pioggia batte incessante sui vetri degli
oblò e l'odore
del fumo lo investe con inedito dispetto.
A lui non importa che Califa abbia preso il vizio di fumare. Mai una
volta le ha
contato le cicche nel posacenere insieme a Fukuro; mai si è
unito a Jabura nel
rinfacciarle di aver consumato una sigaretta in più del
giorno prima; e mai, anche
se talvolta ne è stato tentato, l'ha annoiata con
i discorsi di Kumadori
sull'importanza della purezza del corpo per un maestro di
Rokushiki.
Ma l'odore, quell'odore di tabacco bruciato che si
mischia in modo inscindibile
al sentore di salsedine, Lucci non lo sopporta.
«E da
quando hai l'olfatto così sensibile,
gattaccio?»
Sopporta ancor meno che gli si faccia notare che non è stato
sempre così.
Ci sono momenti in cui i ricordi si fanno improvvisamente vividi e lo
assalgono
nel cuore della notte.
Lucci spalanca gli occhi. Vede le lamiere della paratia di poppa e
pensa
all'uomo che gli ha spiegato, in un'altra vita, come inchiodarle in
modo che resistano
alle intemperie più estreme. Perché le
tempeste, diceva, non perdonano l'inesperienza
di un carpentiere.
Quando li richiude, lo stesso uomo giace in ginocchio, il volto
tumefatto e il
petto perforato dal suo Shigan.
«Credevo che
fossimo compagni!»
A quel punto si alza e raggiunge Kumadori che sta di vedetta sulla
coffa.
Anche stanotte, non ha più voglia di dormire.
C'è un momento in cui Kaku, fissando il mare insieme a lui,
gli rivolge una domanda precisa.
«Se potessi tornare alla Galley-La... rifaresti tutto come
abbiamo fatto?»
Nel solito tono pacato, la speranza di non doversi accontentare
dell'ennesima bugia.
«Sì.»
A quella verità segue un lungo silenzio. Poi Kaku azzarda:
«Anche con lui?»
Lucci potrebbe fingere di non sapere di chi stia parlando, ma mentire
ora gli pare inutile. Perfino rischioso.
L'intuito di Kaku si rivela spesso un'arma a doppio
taglio.
«Che domanda stupida.»
Stavolta non è il suo sguardo a doversi allontanare.
«Già... Scusami.»
Ci sono momenti che contro ogni logica, contro la più
irreprensibile ragione e intransigente volontà, urlano un
solo nome.
Pauly.
Lucci non ha bisogno di sentirlo nello scroscio delle onde, nel rumore
delle corde tese, nel fumo di una sigaretta, nel tormento di un
ricordo: è proprio lì, che gli tuona in mente,
assordante come i cannoni del Buster Call ad Enies Lobby.
È come le sue cicatrici: ogni tanto torna a bruciare.
Ogni
tanto, gli ricorda qual è il prezzo da pagare per la strada
che
ha scelto di seguire.
Allora
Lucci accarezza il petto di Hattori che sonnecchia sulla sua
spalla e, paziente, aspetta.
Ha imparato questo dalla sua professione: occorre avere pazienza per
tutto ciò che non può uccidere con le sue mani.
In fondo, basta solo aspettare.
Aspettare che sia il tempo ad annientare quei momenti.
Visto che l'ispirazione non collabora, ho deciso di revisionare alcune mie vecchie fanfiction. Questa OS è un missing moment ambientato durante le miniavventure del CP9, poco dopo la partenza del gruppo da San Popula, e si rifà all'arco narrativo di Water Seven.
Mi rendo conto che il protagonista non brilla per IC, ma trattandosi di una storia estremamente introspettiva, il suo non mi è sembrato un OOC così eclatante da rendere necessaria la nota.
Del resto, chi lavora per la Giustizia Assoluta non può permettersi di provare rimorso, ma ciò non implica che sia incapace di provarne... in certi momenti.
Vegethia