Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Sleepyheadven_ita    21/06/2017    3 recensioni
“Ho bisogno che tu faccia finta di essere il mio ragazzo per qualche settimana” gli aveva rivelato chiaramente, con un sorriso imbarazzato.
Lui l’aveva guardata a sua volta senza voler esternare niente nella sua espressione, incerto su se fosse seria o meno. Hanji era strana, per cui ci poteva anche stare che la sua idea di fare scherzi potesse essere questa.
“Che genere di favore sarebbe?” le aveva chiesto alzando un sopracciglio.
“Uno grosso” aveva risposto lei incerta, scrollando le spalle. “Te la faccio breve, i miei stanno divorziando, mia mamma si risposa il mese prossimo e io ho bisogno di presentarmi lì con un ragazzo, altrimenti mia madre non mi lascerà andare via. È davvero convinta che morirò da sola.”
Storia in cui Hanji e Levi fingono di essere in una relazione stabile per qualche settimana
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanji Zoe, Levi Ackerman, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo secondo
(versione originale del testo)

“Quindi, quante possibilità abbiamo di schiantarci e morire?” aveva chiesto Levi senza per niente scomporsi, i suoi occhi chiari sembravano spenti e annoiati mentre rimanevano incollati al finestrino dell’aereo.
Era in momenti come questi che Hanji capiva com’è che tanta gente lo trovasse spaventoso e intimidatorio. “Non molte” aveva risposto prontamente, con un sorriso divertito sulle labbra.
Aveva lasciato il suo sguardo vagare su di lui per la prima volta quella mattina, presa com’era da una specie di frenesia tale che non era riuscita a farlo fino a che non si erano imbarcati. La sua postura sembrava rilassata mentre se ne stava appoggiato alla sua poltrona, i capelli neri gli ricadevano ordinati sulla fronte, in contrasto con la sua pelle chiara. Portava una camicia bianca che vestiva un po’ larga, dei jeans neri attillati, chiaramente doveva essersi messo le prime cose che gli erano capitate a tiro data l’alzataccia a cui Hanji l’aveva obbligato.
Si poteva dire che fosse bello, Hanji lo trovava carino con le sue guance tonde e il suo naso che lei aveva soprannominato “boop”, dato che le faceva venire voglia di spingerlo con un dito come fosse un pulsante*.
Carino non era esattamente la parola che veniva in mente alle persone quando pensavano a Levi, ma per lei lo era, e molto.
“Mi stai fissando, scherzo della natura” le aveva detto Levi con calma, sempre guardando fuori dal finestrino.
Hanji aveva distolto lo sguardo da lui per metterlo sulle nuvole che scorrevano al di là dell’oblò. “Non c’è niente di male se guardo il presunto amore della mia vita” aveva risposto prontamente, ironica. La sua voce non aveva tradito nessun imbarazzo nell’essere stata sorpresa a fissarlo.
Levi si era voltato a guardarla, lei aveva fatto altrettanto. “Pensi davvero che tua madre si berrà ‘sta stronzata?” le aveva chiesto, non ancora completamente certo che questa fosse una buona idea. L’ultima cosa che voleva era che Hanji dovesse affrontare sua madre nell’eventualità che la donna scoprisse che si era portata dietro un finto fidanzato. In quel caso sarebbe stato molto peggio che essersi presentata da sola.
Hanji aveva annuito con sicurezza, guardandolo in modo rassicurante. “Non preoccuparti nanetto, mia madre non si accorgerà di niente, te l’assicuro.”
Levi l’aveva guardata di traverso a quel nomignolo, ma aveva lasciato correre. “Questo significa che ogni volta che staremo insieme davanti ad altre persone dovremo comportarci come due fottuti idioti?”
“Se comportarci come fottuti idioti significa fare i piccioncini, allora sì” gli aveva risposto, facendo una piccola pausa prima di continuare. “Fissiamo qualche regola, che ne dici?”
Levi aveva annuito dichiarandosi d’accordo, quindi s’era fatto serio. “Non mi metterò a fare rumori per far credere a tua madre che stiamo facendo sesso.”
Hanji aveva arricciato il naso in un’espressione di disgusto, accompagnata da un lamento che ne esprimeva altrettanto.
“Oddio, no. E comunque non ne avremo bisogno, ci ha preso una stanza in un hotel a poche strade da lei.”
“Lasciami indovinare. Un letto” aveva commentato impassibile Levi.
L’aria mortificata di Hanji era stata una risposta sufficiente. Levi aveva sospirato, appoggiando la testa al vetro del finestrino.
“Ricordami ancora perché lo sto facendo?”
“Perché mi vuoi tanto bene?” aveva tentato Hanji, con un dolce sorriso che le distendeva le labbra.
“Certo, dev’essere proprio questo.”
Le aveva rivolto uno sguardo infastidito mentre Hanji gli rifilava un giocoso schiaffetto sulla testa. Quello sguardo l’aveva fatta ridere, aveva continuato a sorridergli dopo.
Levi non aveva potuto impedirsi di fermarsi un istante a osservare come lo sguardo di Hanji si fosse illuminato. Si era obbligato a guardare altrove, dirottando per l’ennesima volta il suo sguardo al finestrino.
“Dimmi che ne pensi: se ogni volta che vorrò darti un bacio ti chiedessi il permesso di farlo stringendoti prima la mano? Basterà che me la stringi a tua volta in risposta, e io capirò che va bene se lo faccio. Non voglio metterti a disagio o coglierti di sorpresa.” Hanji aveva inclinato la testa aspettando la risposta di Levi.
“Va bene, farò anch’io così.”
L’altra aveva annuito in risposta.

Si erano immersi in un confortevole silenzio dopo. Levi si era messo a guardare attentamente il cielo fuori, la sua espressione sembrava tranquilla, ma Hanji sapeva che non era a suo agio all’idea di rimanere più di undici ore bloccato sull’aereo.
Hanji aveva cercato di concentrarsi sul libro che si era portata, ma le parole che leggeva non le suscitavano alcun interesse, dopo appena venti minuti avevano cominciato a sovrapporsi l’una all’altra in un confuso guazzabuglio. Era molto più stanca mentalmente di quello che credeva, la notte precedente l’aveva passata totalmente in bianco, in preda all’ansia di cosa la aspettasse il giorno dopo.
Non vedeva in carne ed ossa sua madre da due anni, preferendo stare lontana da quella donna che la criticava così tanto: frecciatine e maligni commenti sul fatto che non vestisse mai in modo femminile, o sul fatto che non si truccava mai, avevano avuto l’effetto di far allontanare Hanji da lei.
Non era più l’insicura adolescente di una volta, ovviamente. Era diventata più forte e aveva imparato a ridere di qualsiasi tipo di commento che la gente le buttasse addosso, conosceva il suo valore e onestamente non le poteva importare di meno di come appariva.
Aveva cercato di tenere gli occhi aperti, nonostante le sue palpebre si stessero facendo sempre più pesanti a mano a mano che i secondi scorrevano. Aveva emesso un lamento assonnato, si era rannicchiata meglio sulla sua poltrona per mettersi più comoda, smettendo di lottare contro il sonno che minacciava di sopraffarla.
Levi aveva guardato sorpreso alla sua destra quando aveva sentito un peso piombare sulla sua spalla, vedendo che Hanji dormiva profondamente contro di lui. Che stronza, aveva pensato appena infastidito. Aveva riaggiustato la sua posizione di seduta, il cielo fuori non aveva avuto più grande interesse mentre il suo sguardo si posava su di lei.
Sembrava tranquilla, la sua mente non correva a cento chilometri all’ora come succedeva sempre quando era sveglia. Il suo petto si alzava e si abbassava al ritmo del suo respiro, gli occhiali le si erano spostati in una posizione precaria. Gentilmente Levi glieli aveva tolti dal viso, per non rischiare che li rompesse per la sua scarsa premura. Ci mancava solo che dovesse anche farle da guida, oltre tutto.
Non riusciva a capire com’è che fosse così indulgente nei confronti di quella donna così eccentrica. La faceva franca quando gli metteva le mani addosso, quando lo prendeva in giro, quando gli affibbiava nomignoli ogni volta che le andava. Era certo che chiunque altro si fosse permesso di farlo ne avrebbe ricavato un violento pugno nello stomaco, ma con lei era stato diverso sin dall’inizio. Accidenti, era salito su un aereo per un altro paese perché non fosse sola se avesse avuto bisogno di qualcuno che la confortasse.
Aveva realizzato che era troppo coinvolto.
L’idea di tenerle disinvoltamente la mano e degli abbracci in cui avrebbero dovuto indulgere una volta scesi dall’aereo lo rendeva inquieto.
Non era abituato a dimostrazioni pubbliche di affetto - per dirla tutta non era abituato alle dimostrazioni d’affetto in generale. La sua relazione più duratura era durata un mese e mezzo, ed era stato ai tempi del liceo. Non aveva dubbi che sarebbe stata una sensazione strana e sconosciuta, una a cui doveva abituarsi in fretta se voleva convincere gli altri che era davvero in una relazione con la brunetta.
Aveva afferrato il libro che giaceva precario nelle mani di Hanji, girando la copertina in sua direzione per osservarla, stando ben attento a non perdere il segno che Hanji ci aveva lasciato prima di cadere addormentata. L’aveva aperto e cominciato a leggere solo perché non avrebbe avuto niente di meglio da fare.

Hanji si era svegliata qualche ora più tardi, durante questo lasso di tempo Levi aveva letto meno della metà del libro. La donna non aveva nascosto che la cosa la divertiva. Gli aveva detto che avrebbe dovuto portarsi qualcosa per passare il tempo invece di essere il solito vecchio testone.
Nel tempo che ci avevano impiegato a finire quel lungo libro, (circa tre ore prima infatti Hanji aveva proposto di reggerlo lei per poterlo leggere entrambi) l’aereo era atterrato in tutta sicurezza al suolo.
Pochi minuti dopo erano sbarcati. Hanji aveva trascinato Levi per una manica per tutto il tempo che avevano impiegato a recuperare i bagagli.
L’uomo aveva studiato con attenzione l’ambiente che lo circondava, con gli occhi ridotti a fessure aveva preso coscienza delle centinaia di persone impegnate nella loro stessa occupazione. Si era accigliato per il disgusto vedendo la gente che starnutiva e si puliva il naso in modo non igienico con le mani.
“Levi, eccola lì” gli aveva sussurrato Hanji furtivamente. “È tardi, quindi sarà esausta. Fai come faccio io, va bene?”
Mentre avanzavano, la non più giovanissima donna era entrata nel campo visivo di entrambi. Hanji l’aveva salutata con la mano attirando immediatamente la sua attenzione. Aveva avanzato verso di lei, Hanji l’aveva incontrata a metà strada e si erano abbracciate strette.
Ammetteva che fosse bello abbracciarla dopo qualche anno di lontananza, nonostante i frequenti disaccordi.
“Hai l’aspetto e l’odore di qualcuno che ha appena passato dodici ore su un aereo” le aveva detto sua madre in un orecchio.
Ah, eccola, aveva pensato seccamente Hanji.
“È bello rivedere anche te mamma” le aveva risposto sorridendole, sciogliendosi da quell’abbraccio. Non appena l’aveva fatto lo sguardo di sua madre era andato immediatamente all’uomo che le stava accanto e che aveva assistito a tutto lo scambio.
“Oh, mamma! Ho il piacere di presentarti Levi, il mio ragazzo.”
Hanji aveva afferrato la mano di Levi, avvicinandoselo. Per un attimo lui aveva pensato di divincolarsi da quella stretta, ma poi gli era venuto in mente che si supponeva che stesse al gioco.
Poteva osservare una certa somiglianza tra lei e sua madre, soprattutto il taglio e il colore dei loro occhi, la sfumatura di colore della loro pelle, anche. Tutto il resto Hanji doveva averlo preso da suo padre.
“Salve, piacere di conoscerla finalmente.” Aveva cercato di parlarle con educazione, mentre avvicinava la mano che aveva libera per stringere quella della donna. Levi non aveva mai visto nessuno illuminarsi tanto quanto lei alle parole di Hanji.
L’altra aveva preso la sua mano, ma non per il motivo per cui gliel’aveva porta, ma per attirarlo con entusiasmo a sé e stringerlo in un soffocante abbraccio. Levi si era irrigidito e aveva portato lo sguardo ad Hanji, quasi a cercare aiuto. Lei in risposta gli aveva rifilato un sorrisetto strafottente mentre li guardava.
“Pensavo che questo giorno non sarebbe mai arrivato!” aveva esclamato in un tono forzatamente drammatico la madre. Levi aveva visto Hanji roteare gli occhi a quelle parole.
La donna si era allontanata, lo aveva osservato ancora tenendogli le mani sulle spalle. Levi aveva resistito alla tentazione di ribellarsi a lei con forza, sapendo che questo non gli avrebbe certo fatto avere una buona prima impressione. Inoltre c’era il particolare che dopo avrebbe dovuto affrontare l’ira di Hanji, e lei era assolutamente terrificante quando si arrabbiava.
“Oh Hanji, è proprio bello! Ma che ci trovi in una come lei, eh?” gli aveva detto in tono scherzoso, per poi girarsi verso sua figlia per sorriderle giocosamente.
Stranamente Levi aveva sentito un pizzico di fastidio alle parole della donna, che fossero state un semplice scherzo o meno.
Hanji era scoppiata in una risata assolutamente finta, sentendosi già stanca della compagnia di sua madre. “Non ne sono sicura nemmeno io, avrò avuto un colpo di fortuna” aveva detto continuando a sorridere, ma Levi poteva vedere chiaramente che fosse una facciata.
“È perché sei una donna gentile e attraente, che inoltre si da il caso essere anche la persona più intelligente che conosco” aveva detto Levi senza doversi sforzare troppo, sentendo il bisogno di mettersi dalla sua parte. Che razza di finto ragazzo sarebbe stato se non l’avesse fatto?
Aveva saputo di aver fatto la cosa giusta non appena aveva visto passare brevemente sul viso di Hanji un’espressione di gratitudine.
“Ah, bello e affascinante! Te ne sei proprio trovata uno buono, mia cara” aveva detto sua madre posando una pacca sulla schiena di Levi. “E adesso avviamoci, questa signora di una certa età ha avuto una lunga giornata.”
Hanji aveva afferrato la mano di Levi nella sua, rivolgendogli un vero sorriso. “Grazie” aveva scandito con la bocca mentre sua madre cominciava ad avviarsi.
Levi aveva guardato da un'altra parte, con nonchalance, ascoltando vagamente la madre di Hanji cianciare un po’ di tutto quello che le veniva in mente, notando che anche in quello le due erano simili.
“E quindi, come vi siete conosciuti voi due? Voglio i dettagli, Han” aveva chiesto con un tono melodioso.
Hanji si era voltata a guardare Levi, in risposta lui le aveva semplicemente fatto una piccola scrollata di spalle. Si era schiarita la voce, sollevata di trovarsi fuori dall’aeroporto nella fresca brezza che c’era fuori.
“Beh, io e Levi siamo colleghi, ci conosciamo da un bel po’. Semplicemente, immagino che le cose siano un po’ venute da sole” aveva detto usando qualche piccola bugia, gesticolando mentre lo faceva. “Credo fosse destino, vero piccolo?” aveva detto rivolgendosi verso di lui, stringendogli appena la mano e facendogli un sorrisetto di sfida.
“Assolutamente” aveva replicato Levi senza colpo ferire, alzandosi sulle punte dei piedi per posarle un piccolo bacio su una guancia prima che lei potesse fare qualsiasi altra cosa. Hanji l’aveva guardato con gli occhi spalancati mentre camminavano verso l’auto di sua madre, di certo non si aspettava niente di simile da lui, che non si era nemmeno disturbato a rivolgerle uno sguardo.
Gli avrebbe chiesto di rendere conto di quello che era appena successo, aveva pensato determinata. Questa situazione stava diventando una qualche specie di competizione? Certamente no. Avrebbe lei stessa fatto in modo che lo diventasse? Accidenti, sì.
Una volta che erano saliti sull’auto la conversazione si era fatta ancora più strana dato che c’era un’altra persona nel posto del passeggero della macchina di sua madre, presumibilmente l’uomo che sarebbe diventato il suo patrigno. Quell’idea non le piaceva affatto.
“Allora, Han, questo è il mio fidanzato, Nick.”
“Piacere di conoscerti, tua madre parla di te in continuazione” le aveva detto con uno strano tono che né lei né Levi erano riusciti a decifrare. Hanji gli aveva rivolto uno sguardo d’intesa.
“Vorrei poter dire lo stesso, Nick” aveva commentato guardando per un attimo sua madre che a quest’uscita aveva fatto un’espressione esasperata. Si era accomodata sul sedile, notando come la sua gamba e quella di Levi si toccassero casualmente.
Il silenzio era caduto pesante nell’abitacolo, Nick si era schiarito la gola quasi a tentare di migliorare la situazione. Levi l’aveva guardata con un sopracciglio alzato, apparentemente non impressionato dal suo atteggiamento.
“Allora, quale sarà il motivo portante per il grande giorno?” aveva chiesto cercando di spostare la conversazione su un altro tema, sentendosi un pochino in colpa per la sua uscita non proprio felice.
Elizabeth si era subito risollevata a quella domanda, le sue dita avevano cominciato a tamburellare allegramente sul volante.
“Pendo per un rustico chic sinceramente, ma non sono del tutto convinta! È solo che è tutto così diverso di questi tempi” aveva detto accoratamente, guardando dritta davanti a lei.
“Cara, dovresti essere tu a pianificare un matrimonio, non io” si era lasciata commentare senza nessun riguardo, stando ben attenta a rivolgerle un’occhiata dallo specchietto retrovisore. L’uomo seduto accanto a lei aveva ridacchiato di cuore, lei si era accodata dando luogo ad una serie di risatine. Sia Levi che Hanji non ci avevano trovato niente di spiritoso in quello che la donna aveva detto, erano rimasti impassibili per tutta la durata di quelle risate.
“Sì, sì…” aveva commentato Hanji tentando di passare oltre, non sprecandosi a spiegarle che conduceva una vita felice e di successo senza sentire alcun bisogno di un matrimonio. Conosceva sua madre abbastanza bene da sapere che sarebbe stato fiato sprecato.
“Quanto manca per arrivare all’hotel?” aveva domandato sentendo che la stanchezza la stava invadendo.
Riacquistando un po’ di sicurezza, Nick si era incaricato di risponderle. “Ci vorrà ancora qualche minuto, almeno.”
Hanji si era riappoggiata sul sedile, girandosi a guardare il suo impassibile amico, osservandolo con sguardo curioso. Aveva un che di infantile mentre osservava il paesaggio che scorreva al di là del finestrino. Altri non avrebbero potuto dirlo, ma lei riusciva chiaramente a vedere l’ammirazione nei suoi occhi.
“Bello, vero?” gli aveva chiesto a bassa voce, in modo che gli altri due davanti non li sentissero, anche se erano sufficientemente distratti dalla loro conversazione.
In risposta Levi aveva emesso una specie di basso brontolio, che l’altra aveva interpretato come un sì. Il suo sguardo si era spostato dal finestrino incontrando quello di Hanji, si erano formate delle prominenti occhiaie sotto i suoi occhi.
“Stai uno schifo” le aveva detto schietto, parlando a bassa voce come aveva fatto lei.
Hanji aveva riso divertita a quell’insulto. “Non sei proprio uno schianto nemmeno tu, piccoletto” aveva ribattuto con un sorrisetto strafottente.
“Ecco la vostra fermata, bambini!”
Hanji si era morsa la lingua cercando di non puntualizzare che aveva ventinove anni. 
“La stanza è riservata a tuo nome, tesoro. Buonanotte ad entrambi, vi chiamo domattina così facciamo colazione insieme” aveva urlato verso di loro mentre scendevano dall’auto e recuperavano le loro valige dal portabagagli.
Hanji l’aveva salutata con la mano mentre si allontanava velocemente, lasciandoli davanti a quel bellissimo hotel.
“Quell’uomo… mi fa accapponare la pelle più di quello che credevo possibile” aveva ammesso Hanji con un piccolo movimento delle sue spalle, mentre trascinava la valigia verso l’entrata.
“Tua madre ti tratta come una merda, quattrocchi” aveva osservato Levi senza scomporsi. Aveva sollevato la sua grossa borsa all’altezza delle sue spalle, cominciando a camminare al ritmo dell’altra abbastanza da poterle camminare a fianco.
Mentre entravano nella hall dell’hotel, Hanji l’aveva guadato brevemente incamminandosi verso la corta fila davanti alla reception. “Da che mi ricordo, è sempre stata così con me. Non mi interessa più ormai cosa pensa di me, so chi sono e sono contenta così.”
Levi era rimasto in silenzio mentre Hanji recuperava le chiavi, lo era rimasto anche mentre andavano al piano di sopra. La donna aveva aperto la porta sentendosi le gambe molli, troppo pesanti perché potesse muoversi ancora molto. Lo sguardo le era caduto sulla dimensione del letto, un queen size**. Come aveva sospettato.
“Dato che sei un gentiluomo non protesterai e dormirai per terra, giusto?” aveva detto sollevando un sopracciglio, nella sua voce un’evidente vena di sarcasmo. Si era pigramente buttata sul soffice materasso, che era sprofondato appena sotto il suo peso.
Levi aveva appoggiato il suo bagaglio a terra, si era guardato intorno attentamente per vedere se la stanza soddisfaceva i suoi elevati standard. Aveva passato una delle sue dita sottili sulla superficie di un cassettone, andando poi a controllarlo con attenzione, facendo poi un mugolio di approvazione.
“Se sei a disagio all’idea di dormire sullo stesso letto con me, allora ci puoi stare tu sul pavimento.”
Hanji aveva riso appena, assonnata, aveva dato un paio di colpetti con la mano accanto a lei, ad invitarlo.
“Vieni qua, piccolo” aveva farfugliato mentre le si chiudevano gli occhi. Si era sfilata le scarpe con i piedi, non si era nemmeno tolta la maglia e i pantaloni che portava. “Ti avverto però, a me piacciono le coccole.”
Levi aveva emesso un suono simile ad un “tch” in risposta, poi aveva recuperato alcuni oggetti dal suo bagaglio prima di chiudersi nel bagno. Era ritornato dopo una veloce doccia, con i capelli ancora un po’ umidi, per trovare che Hanji si era presa gran parte dello spazio sul letto.
Si era sdraiato quanto più lontano potesse da lei, non appena aveva appoggiato la testa sul morbido cuscino si era sentito meglio. Viaggiare era pesante, e dover comportarsi come un’altra persona era una rottura di palle, aveva pensato esausto. Ne aveva avuto giusto un assaggio, e pensare che avrebbe dovuto farlo per settimane.
Le palpebre gli diventavano più pesanti ogni secondo che passava, per una volta non sentiva l’esigenza di combattere quella sensazione. L’ultima cosa che ricordava era l’odore dello shampoo di Hanji e il rumore del suo lieve russare.

-

Levi era stato svegliato da uno schiaffo secco in faccia. Si era sentito salire l’arrabbiatura mentre sbarrava gli occhi, nel suo campo visivo era immediatamente comparsa la perpetuatrice del crimine che ancora dormiva beata. Un rivoletto di bava le usciva dalla bocca mentre ronfava tranquillamente, comodamente appoggiata sul fianco adesso, rivolta verso di lui.
La distanza tra loro in qualche modo durante la notte era diminuita rispetto a quella che si ricordava da prima di addormentarsi, il viso di Hanji stava a pochi centimetri dal suo. Levi si era accigliato, ancora innervosito per come era stato svegliato mentre la scuoteva per svegliarla.
Hanji aveva cominciato a svegliarsi, era trasalita, poi aveva sbarrato gli occhi, Levi non avrebbe saputo dire cosa cercasse con lo sguardo.
“Ohi, sei proprio una bestiaccia” le aveva detto a bassa voce, dandole una schicchera sulla fronte per infastidirla ancora di più.
“E tu sei uno stronzo per avermi svegliata” aveva mugugnato in risposta afferrandogli i capelli e spingendolo non delicatamente contro il cuscino. Levi aveva borbottato rumorosamente, scansando la sua mano.
“Sei tu che mi hai preso a schiaffi” aveva detto, il suono delle sue parole attutito dal cuscino.
Hanji aveva mollato la presa, guardandolo nella sua vista da miope mentre si sedeva e si riavviava i capelli rimettendoseli in ordine come erano solitamente.
“Scusa” aveva ribattuto Hanji, non proprio convinta, facendosi scappare una risatina divertita. “Abbiamo una bella giornata piena che ci aspetta, eh tesoruccio dolce?”
Levi era sembrato disgustato per il nuovo modo in cui l’aveva chiamato.
“Quand’è che dobbiamo vedere quella strega maledetta di tua madre?” aveva chiesto, la sua voce profonda era ancora piena di sonno.
Hanji si era velocemente tolta dalla testa il pensiero che trovava il suono della sua voce appena sveglio tremendamente affascinante.
Aveva scrollato le spalle, facendogli segno di passarle il suo telefono e gli occhiali che erano sul comodino dalla sua parte del letto. Una volta che glieli aveva passati si era rimessa velocemente gli occhiali e acceso lo schermo del telefono
Tre messaggi di sua madre la attendevano, tutti e tre le dicevano di incontrarsi tra un’ora. Tutti erano stati ricevuti un’ora prima.
“Bene, voglio dire, si suppone che dovremmo incontrarla proprio in questo momento” gli aveva detto guardandolo con aria imbarazzata.
Levi era sembrato esasperato alle sue parole.
“E allora diamoci una mossa, quattrocchi” aveva detto cominciando a scendere dal letto.
Avevano davvero una giornata piena davanti a loro.




*”Boop” è un modo di dire statunitense, si dice quando si da un colpetto con il dito ad una persona sul naso, per accompagnamento.
Il testo originale di Sleepyheadven dice: […]she found his rounded cheeks and 'boop' nose as she often put it cute[…], tradotto leteralmente: Lei trovava carini le sue guance tonde e il suo naso da ‘boop’, come lo chiamava spesso.
Io ho optato per una traduzione molto libera, ma più esaustiva.
In quanto alle guance tonde non so che dire, si vede che l’autrice ha nella sua testa un’immagine così di Levi, io qui mi limito a tradurre!

**Dal testo si capisce che Hanji trova che il letto sia piccolo. Ma in verità la dimensione “queen” è giusto poco più piccola del nostro matrimoniale, avendo una larghezza di circa 150 cm contro i nostri 160. In compenso un king size ha un’ampiezza di circa 2 metri, per cui forse per loro un queen size è davvero piccolo.

   
 
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