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Autore: FairyCleo    14/07/2017    5 recensioni
“Vedo che la signora ha buon gusto…” – aveva detto il commerciante, avvicinandosi maggiormente a lei.
“Come?” – Bulma era trasalita, persa com’era nei suoi pensieri – “Ah, sì… Certo”.
Sollevando il capo, aveva avuto modo di osservare meglio l’uomo che aveva davanti. Era uno strano figuro, alto, dinoccolato ed estremamente magro, con la pelle color dell’ebano, la testa pelata e un singolare pizzetto azzurro che terminava in un ricciolo accuratamente acconciato che gli dava un’aria del tutto singolare. Persino la voce di quell'uomo era bizzarra, così come i suoi occhi gialli con le iridi allungate simili a quelle dei gatti. La cosa veramente strana, però, era che lei non lo avesse notato sin dall’inizio. Era come se fosse sbucato dal nulla, ma non era il caso di fare tanto la sospettosa e di farsi tutti quei problemi per un semplice mercante, no?
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Nuovo personaggio, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 33

La leggenda di un eroe

Lo shock aveva investito i presenti, costringendoli a sgranare gli occhi fino a sentire fitte acute alle pupille colpite violentemente da polvere, fuliggine e calore.
Lo shock li aveva come ibernati, bloccati, li aveva resi manichini inermi, figure umanoidi incapaci di reagire agli eventi, di pensare, di agire razionalmente.
Ma potevano aver frainteso, tutti, all’unisono, quanto udito? Potevano davvero aver capito fischi per fiaschi, Roma per toma, o qualsiasi cosa al posto di un’altra?
Non sarebbero bastati tutti i modi di dire presenti nella galassia per spiegare concretamente quello che provavano e pensavano. Ma qualcosa diceva loro che, in fondo, quanto avevano udito fosse talmente assurdo da corrispondere a verità.
Il tempo, bloccato dopo quella dichiarazione, aveva ripreso a scorrere solo quando il figuro presentatosi come Vickas aveva ripreso a parlare. Nessuno lo aveva invitato a proferire parola, ma lui lo aveva fatto ugualmente, convinto che, dopo tutto, quegli umani volessero ascoltarlo. Poco importava quanto bizzarra fosse la sua storia, quanto essa potesse sembrare inverosimile. Era la verità. Quello che aveva da raccontare era solo ed esclusivamente la verità.
E, arrivati a quel punto, poco importava se lo avessero preso sul serio o no. Arrivati a quel punto, voleva solo condividere il suo segreto con qualcuno, anche se questo qualcuno era il suo nemico.
Osservava quelle povere creature ignare, quelle vittime di un gioco malato cui si erano trovate protagoniste intente a scrutarlo a loro volta, aspettando una mossa, o anche solo una semplice parola da parte loro.
Solo dopo aver scrutato nei loro occhi si era reso definitivamente conto che non sarebbero mai arrivati né l’uno, né l’altra.
Quelle persone non sembravano neanche più tali, ormai. In alcuni di loro, l’umanità sembrava essersi affievolita.
Le aure che emanavano e che solo in parte erano in grado di percepire grazie alle abilità di lotta conseguite dopo anni di duro addestramento, ai suoi occhi erano chiare e leggibili come un libro aperto. Alcuni di loro erano circondati da un alone bluastro, altri da uno grigio, mentre alcuni erano avvolti da una pesante coltre di petrolio liquido che presto li avrebbe inghiottiti completamente, a cominciare dal piccolo saiyan che rispondeva al nome di Goten sino ad arrivare alla donna che tutti chiamavano Bulma. C’erano poi il bambino coi capelli lilla, il nuovo attuale principe dei saiyan, e Vegeta, il re, suo padre, l’uomo che gli aveva donato la vita, che avevano un’aura indefinita. Se gli avessero chiesto di fare un paragone, avrebbe detto che il loro alone somigliava alla fiamma di una candela consumata, una fiamma tremolante e pronta allo spegnimento. Ma nessuno mai avrebbe chiesto il suo parere, né tanto meno, lo avrebbero ascoltato se avesse spiegato quello a cui stavano andando incontro. O forse… Forse lo avrebbero fatto. Ma solo dopo la fine del suo discorso principale, solo dopo aver udito il racconto della verità venuto fuori dalla sua bocca, raccontato dalle sue parole, dalla sua voce .
“Io sono Vickas” – aveva ripetuto, serio, inesorabile. E questo perché lui era realmente il sacerdote Vickas, il saiyan della leggenda. Ma non della leggenda che lo voleva quale uccisore degli dei. Questo essere, questo fantomatico sacerdote votato al male per sete di potere, questo saiyan capace di assoggettare, piegare e uccidere le divinità, non era mai realmente esistito. Quella che aveva raccontato Vegeta, quella che i padri saiyan raccontavano ai propri figli per metterli in guardia dai pericoli della magia e dell’occulto, era una storia a cui erano state cambiate le parti principali. Era una verità cambiata al punto da diventare una menzogna, una leggenda non più vera di quella che i terrestri raccontavano sulla mitica spada estratta dalla roccia da re Artù.
Si era messo in una posizione un po’ più comoda prima di iniziare quel suo racconto, sebbene, a ogni suo movimento, il vecchietto con gli occhiali e l’omone baffuto intervenissero per tenerlo ben saldo e a “portata di mano”. Doveva ammettere che quei due avessero tirato fuori una grande grinta e si fossero fatti rispettare durante lo scontro che aveva preceduto la sua cattura, e non li avrebbe delusi rivelandogli che, in realtà, aveva deciso di cedere alle loro “lusinghe” più per stanchezza che per sconfitta, e perché credeva che, in fondo, loro potessero realmente aiutarlo a venire fuori da quello stato di prigionia in cui viveva da quel lontano, lontanissimo giorno in cui aveva perso il controllo della situazione, finendo col diventare una marionetta animata da un perfido burattinaio più crudele del deminio.
Nel riprendere il suo aspetto consueto, quello con cui si era presentato a Bulma e ai bambini, aveva fatto sì che i presenti sobbalzassero per un breve istante, stravolti dall’evento magico che si era palesato ai loro occhi. E dire che avrebbero dovuto essere ormai abituati alle trasformazioni. Forse, una così radicale non avevano mai avuto modo di vederla. E, forse, non l’avrebbero vista mai più. Pensare che quello non era neanche il suo vero aspetto. Se solo avessero potuto vederlo nel pieno del suo vigore, quando la sua pelle era soda, i suoi muscoli guizzanti e la schiena dritta, le loro reazioni sarebbero state diverse. Ricordava ancora quando le donne lo scrutavano con occhi carichi di desiderio e gli uomini lo guardavano con occhi carichi di invidia. Lui era forte, potente, bello e le sue capacità gli consentivano di ottenere favori dagli dei. Per non parlare del fatto, poi, che egli era membro della famiglia reale, e non uno qualunque, ma il primogenito del re, colui a cui spettava il trono per diritto ma a cui aveva rinunciato in favore del suo fratellino, quel guerriero dall’aspetto austero e dal carattere orgoglioso che avrebbe dato avvio alla stirpe che avrebbe regnato sul pianeta Vegeta sino alla distruzione di quest’ultimo perpetrata per mano di Freezer.
C’era molto di suo fratello nell’attuale re dei saiyan, così come c’era molto dell’altro in quel Goku, che continuava a fissarlo con stupore e incertezza insieme. Sì, sarebbe stato veramente bello battersi ad armi pari. Peccato che ciò non sarebbe mai potuto accadere.
“Tutto è iniziato durante uno dei miei viaggi… Ero giovane, pieno di vigore. I miei risultati nell’arte del combattimento erano più che soddisfacenti, ma le mie inclinazioni hanno fatto in modo che imboccassi un sentiero diverso, non comune, e che ha rischiato di condurre mio padre alla follia. “Un principe non può venire meno ai suoi doveri” aveva asserito. Ma, nonostante le sue proteste, non poteva ostacolare i miei studi, opporsi al mio volere. Nessuno di loro avrebbe potuto. All’epoca in cui nacqui e accrebbi le mie conoscenze, il popolo saiyan era agli albori, così come lo era anche la sua futura fama di razza distruttrice. Per la maggior parte di noi, l’identità comune era quella del guerriero propenso alla lotta, del soldato pronto a combattere ogni genere di battaglia, ma questo non valeva per me. Io ero interessato alla scienza e allo studio dell’occulto, o di quello che mio padre chiamava magia, e che attribuiva a una sorta di infusione divina.
In quel lontano periodo, i saiyan adoravano diverse divinità a cui attribuivano diversi compiti, ma solo in pochi erano a conoscenza della verità, perché erano in pochi a indagarla. Io ero uno fra essi.
Esse non erano altro che un unico e solo dio in grado di mutare aspetto e “disposizione d’animo” a seconda dell’occorrenza. Le divinità che adoravano erano le mille facce di un unico essere scontroso e dispettoso, un essere che prediligeva i sacrifici umani a quelli animali e che pretendeva, in cambio dei pochi favori che elargiva, di mietere vittime a suo piacimento e di nutrirsi delle loro anime.
I sacerdoti erano perfettamente a conoscenza di ciò, ma per loro, era più facile sottomettersi alla volontà di chi avrebbe potuto annientarli piuttosto che provare, in qualche modo, a contrastarlo. E poi, erano sì suoi servitori, ma lui aveva fornito loro le conoscenze che tanto bramavano. Aveva insegnato loro a governare gli elementi, a sfruttare le forze della natura a loro piacimento e a manipolare le menti umane e animali con la sola forza del pensiero. Pensate realmente che avrebbero rinunciato a tutto questo potere? No, affatto. E, inizialmente, la cosa mi era parsa molto allettante. Così, ho rinunciato a quello che mi spettava di diritto, passando il testimone al mio fratellino. Ma questa parte della storia, forse vi interessa un po’ di meno.
Sta di fatto che i miei poteri crebbero a dismisura. I sacerdoti cominciarono a temermi, proprio come aveva iniziato a fare anche lui, che mi aveva donato quello che mi stava permettendo di essere quasi un suo pari. Ero indistruttibile, o almeno, questo era ciò che pensavo. Non mi ero reso conto che più potere attingevo da lui, meno la mia anima mi apparteneva. Fu solo quando mio padre morì che mi resi conto dell’irreparabile: non provai niente. Nessun tipo di emozione. Né rabbia, né dolore, né dispiacere. Non provavo assolutamente nulla, se non sete. Una sete che non avevo mai avvertito prima in vita mia. La faccenda vi dice qualcosa, dolci fanciulle?”.
L’allusione alle donne che, una volta rese prigioniere, si erano nutrite del sangue dei congiunti, era palese. Ma questo cosa poteva voler dire? Che loro erano diventate accolite di Vickas? O meglio, di quello che loro credevano fosse Vickas ma che in realtà non lo era?
“Il mio desiderio di sangue cresceva in modo proporzionale alla mia sete di potere. Ma più desideravo quanto vi ho detto, più lui diventava forte, temibile e minaccioso. Eppure… Era come se non riuscisse a sprigionare pienamente il suo potenziale.
Almeno, fino a quella notte.
Quando mi sono reso conto di quello che era realmente accaduto, di quanto lui fosse diventato pericoloso e tremendamente vicino all’uomo, era ormai troppo tardi: i sacerdoti, riunitisi di notte sotto una luna piena e grande come mai prima allora, avevano sacrificato le loro vite, concedendogli di mettere piede nel nostro mondo in forma concreta, con la promessa di rinascere sotto forma di semi-dei e di poterlo così governare al suo fianco.
Inutile dirvi che le cose non andarono come promesso. Mai, mai potrò dimenticare quanto accaduto. Mai dimenticherò i suoi occhi fiammeggianti usciti dal cuore della notte e la potenza della sua aura che si è abbattuta su di noi. Se credete che questo potere da voi percepito sia tutto quello che è in grado di sprigionare, vi sbagliate. Voi non avete idea di chi lui sia e di cosa sia realmente in grado di fare. I vostri dei hanno fatto bene a fuggire, perché li avrebbe divorati uno a uno, assorbendo ogni loro caratteristica e abilità.
Lui e uno ed è mille, ricordatelo sempre.
E io non sono altro che uno schiavo”.

 
*
 
Non aveva senso. Tutto quello che stavano ascoltando non aveva alcun senso. Certo, era molto probabile che la sua mente fosse offuscata dal dolore causatogli dalle ustioni, ma possibile che ogni sua conoscenza in merito a quella leggenda fosse una menzogna? Vickas non era realmente Vickas. O meglio, era lui, lo schiavo, e non il padrone? E se Vickas non era il nome dell’uccisore degli dei, in quale modo avrebbero dovuto chiamarlo?
C’erano tante cose di cui parlava che erano molto strane. Era come se avesse insinuato che la sua vita avesse avuto inizio secoli e secoli addietro, e che fosse il legittimo erede al trono del pianeta Vegeta. Un futuro re che aveva abdicato in favore di suo fratello minore. Questo voleva dire, se il dolore non lo aveva fatto completamente uscire fuori di testa, che lui e quello lì discendevano dalla stessa linea di sangue, che quella cosa informe fosse un saiyan e per giunta un suo avo. Un avo che aveva dedicato la sua esistenza allo studio dell’occulto.
Non era in grado di verificare se ciò fosse vero. Non vedeva somiglianze fisiche tra loro, e non riusciva a percepire in lui nessun tipo di forza spirituale. Eppure, sembrava in grado di fare grandi cose. Ma queste grandi cose, evidentemente, erano frutto del contratto stipulato con il suo padrone.
Aveva un terribile mal di testa, Vegeta. Le tempie continuavano a pulsare mentre il suo corpo, straziato dal fuoco, veniva trafitto da continui spasmi e fitte continue. Avrebbe tanto voluto cedere, abbandonarsi a esso e cadere nell’oblio, perché era certo che solo così avrebbe potuto liberarsene. Ma cedere significava lasciare da soli Trunks e Bulma, e lui sapeva benissimo cosa aveva visto nei suoi sogni. La sua famiglia, seppur sua moglie lo stesse respingendo, aveva bisogno di qualcuno che potesse proteggerla, e non avrebbe mai lasciato questo compito a quell’idiota di Yamcha.
Ma, arrivati a quel punto, quale poteva essere realmente la verità? Quel racconto, proprio perché incompleto, lo aveva lasciato perplesso, amareggiato, desideroso di ulteriori chiarimenti. Trovare la forza di porre le domande giuste era impossibile. Avrebbe lasciato ad altri il compito di portare alla luce la verità. Lui avrebbe ascoltato, rimanendo buono in un angolo per entrare in azione solo in evenienza. Sempre sperando che non ce ne fosse bisogno.
“I sacerdoti non sono tornati in vita sotto forma di semi-dei come avevano creduto. Il loro sacrificio li aveva resi forti e potenti più che mai, ma quella forza era frutto di una trasformazione animalesca che non erano in grado di controllare e che li stava portando a distruggere il pianeta e i suoi abitanti. Tutte anime mietute per accrescere il potere di quello che credevamo fosse un dio. Solo guardandolo dopo averlo visto uscire dalla sua prigione mi sono reso conto di chi fosse realmente: un demonio con l’aspetto di una scimmia. Se solo avessi impedito quel rituale, niente di quanto segue sarebbe mai avvenuto”.
Chichi aveva portato entrambe le mani alla bocca, sconvolta. Quell’uomo, quel Vickas, era un saiyan vissuto secoli e secoli fa che aveva appena raccontato loro la storia di come era nata la maledizione che accomunava tutti i guerrieri nati sul pianeta Vegeta. Quell’uomo brutto, in parte deforme, era Vickas e aveva raccontato loro parte di una leggenda di cui credevano di sapere tutto ma che in realtà era fondata su una marea di bugie. Dovevano fidarsi di lui? Aveva cercato di ingannarli e ucciderli. Ma perché, allora, le sembrava che lui stesse dicendo il vero? Le girava la testa dalla stanchezza e dalla confusione, ma non poteva permettersi debolezze. Doveva sapere cosa fosse accaduto per trovare una soluzione, e niente l’avrebbe fatta dissuadere da quell’obiettivo.
“Finalmente, dopo averlo servito e adorato per anni, potevo vederlo e chiamarlo per nome. Oozaru, aveva detto di chiamarsi. Peccato che non avesse specificato cosa aveva intenzione di fare”.
Oozaru. Come la forma che lui, Vegeta e i loro figli assumevano durante le notti di luna piena quando erano in possesso della coda. Quel demonio aveva maledetto i sacerdoti facendogli assumere la loro stessa forma e, sicuramente, quel maleficio si era poco dopo esteso a tutti gli altri saiyan.
Goku non riusciva a crederci. Non era in grado di farsene una ragione. Perché liberarlo? Perché servirlo? Per diventare delle divinità? Non poteva pensare che esistessero degli esseri talmente vili e sciocchi. Eppure, a quanto pare, essi esistevano, e non erano altro che saiyan.
“Quella maledizione si estese su tutta la popolazione come un morbo infettivo impossibile da arrestare. Solo i saiyan dal comparto genetico più resistente furono in grado di sopportarla. Gli altri perirono, diventando nutrimento per Oozaru. Fu così che si formarono due compagini: una di superstiti, ancora non infettati dal morbo, e una di accoliti, perfidi distruttori assetati di sangue che si spostavano di pianeta in pianeta con la prospettiva di mietere vittime in favore del loro signore e padrone. Il potere di Oozaru cresceva a dismisura, fino a che le divinità celesti non decisero di intervenire in soccorso della Galassia, fallendo miseramente. Neanche io so dirvi quanto egli divenne forte. Ma avevo deciso che avrei fatto di tutto per fermarlo. Non ero riuscito a impedire il rituale a cui mi ero rifiutato di partecipare intuendone il pericolo, è vero, ma dovevo almeno provarci. Egli mi aveva fornito potere, ma mi aveva anche ingannato, facendomi tradire prima la mia famiglia e il mio popolo, e poi i miei fratelli sacerdoti, seppur per una buona causa. E, nello stesso tempo, aveva ingannato anche loro, perché, sebbene io non volevo più fare parte della loro setta, furono loro ad allontanarmi, proprio perché avevano iniziato a temermi.
Ancora non riesco a comprendere le piene ragioni di Oozaru, il suo strano modo di agire Mi voleva con sé, eppure mi voleva annientare.
Questo comportamento, vi ricorda per caso quello di qualcuno?”.
Era ovvio che si stesse riferendo a Freezer.
“Mio fratello, il re del pianeta Vegeta, si era rifugiato con la compagine sotterranea in un luogo protetto, cercando di tenere in salvo i suoi cari e di escogitare un piano che potesse condurli a una vittoria certa. A lui non importava di sacrificare la sua vita. Lui voleva solo salvare chi amava.
Ma non aveva idea di quanto salato fosse il prezzo da pagare”.
Ed ecco che stava per arrivare la parte in cui il primogenito del re era stato sacrificato per salvare tutti. Questo stava per dire Vickas, Gohan ne era certo. E di lì a breve, quel suo pensiero avrebbe trovato conferma. Ma non come lui si aspettava.
“Oozaru mi temeva, ricordate? Mi temeva perché non era mai stato realmente in grado di assoggettarmi. La verità era che io lo avevo sfruttato, e non il contrario, ma era comunque certo che non avrebbe avuto problemi a fermarmi, se solo mi avesse trovato. Fu proprio questo il suo errore”.
“Avanti, taglia corto e dicci come lo avete fermato” – aveva pensato Crilin – “Non mi fido di te, ma hai l’aria di uno che ormai non ha più niente da perdere. Dicci cosa dobbiamo fare e basta”.
“Sono stato io a creare il ciondolo. Io l’ho fermato. Ma ho avuto bisogno di un bel po’ di aiuto esterno per mettere in atto il mio piano.
Vedete, non ho imprigionato e ucciso gli dei come volevano farvi credere per comodità. Sono stati loro a sacrificare le loro vite e a donare a me i loro poteri affinché riuscissi a portare a termine il rituale.
Io ho preso sulle mie spalle il fardello che quel sacrificio comportava” – e aveva cominciato a fissare le sua mani tremanti, quasi come se da esse cercasse di trarre un qualche tipo di risposta – “Non esisteva nessun Guerriero. A meno che non vogliate dire che sia io stesso il Guerriero”.
Maestro Muten aveva fatto in modo da non perdere neanche una sillaba del discorso di quello strano figuro. Ma cosa avevano in testa quei saiyan? Cosa? Vendere le proprie anime per ottenere più potere. Praticare la magia nera, liberare sul loro pianeta demoni e finire con l’essere vittime di una maledizione causata dalla loro stessa sete di potere. Non sarebbe mai stato capace di comprendere la loro essenza sino in fondo e rabbrividiva al solo pensiero che, se non fosse stato per quella botta in testa, Goku, il suo pupillo, sarebbe stato esattamente uguale a loro.
“Il mio potere assommato a quello delle divinità, e l’unione del sangue di mio fratello e quello dell’ultimo dei saiyan, della creatura più infima tra tutte, erano la chiave di volta.
 Questa era la formula che avevo creato affinché il mio sortilegio funzionasse. Il primo, l’ultimo e colui che poteva legarli insieme. Gli elementi c’erano tutti. O almeno, così credevo.
Avevo creato un modo per imprigionarlo, non per sconfiggerlo. E, il termine stesso, prevedeva un luogo in cui bloccare per sempre quell’abominio che avevo, mio malgrado, contribuito ad alimentare. Ma di questo, vi ho già parlato”.
Erano certi di sapere come sarebbe andata a finire.
“Vedete, le cose non sono andate come dice la leggenda.
Io lo amavo.
Lo amavo con tutto me stesso. Era il figlio che non avevo avuto, la parte secolare della mia famiglia, il futuro dell’intera stirpe saiyan.
E io, avrei involontariamente posto fine alla sua vita.
Non fu mio fratello a sacrificare mio nipote. Fui io. Io, con l’inesperienza e con l’ebbrezza dei poteri conferitimi dalle divinità, causai la morte di quel giovane così forte, così coraggioso, del re migliore che il nostro popolo avrebbe mai potuto anche solo sperare di avere.
Non avete idea di come mi sentivo in quel momento. Forte, potente, invincibile. Il potere degli dei scorreva nelle mie vene e sentivo di poter fermare Oozaru.
Era tutto pronto. I guerrieri erano lì, il loro sangue si era unito, e con esso, i loro spiriti e i loro corpi erano entrati in connessione, formando un unico essere, nuovo e mai visto prima di allora”.
Incredibile. Stava parlando della fusione. Yamcha era oltremodo sconcertato.
“Ma il rituale chiedeva potere. Molto più di quello di cui disponevo, e avevo cominciato ad assorbirlo inconsapevolmente dagli abitanti del pianeta, da quei poveri superstiti che avevano fatto di tutto pur di mettersi in salvo. Li stavo uccidendo. Nel tentativo di salvarli, li stavo condannando a morte. Ma mio nipote…
Lui, li ha protetti, tutti.
Raccogliendo ogni singolo briciolo della forza che aveva in corpo, aveva creato una barriera tanto grande e spessa da impedirmi di prosciugare l’energia dei saiyan, facendo sì, però, che il potere di cui avevo bisogno venisse attinto completamente da lui.
Il rituale funzionò. Oozaru venne imprigionato in una dimensione creata appositamente in quel ciondolo, e i suoi seguaci avevano ripreso la forma saiyan. Solo molto tempo dopo avremmo scoperto che la maledizione avrebbe segnato ognuno di noi, quasi a ricordarci che con la magia non si può scherzare.
Mentre, per quanto riguarda lui, il principe…
Non c’era più alcuna traccia. Non si avvertiva la sua essenza, niente. Era diventato cenere. Era come se non fosse mai esistito.
Fu allora che il dolore e la vendetta delle divinità ricadde su di me, perché io sapevo che sarebbe successo e non lo avevo impedito, perché io ero stato la causa di tutto, nonostante, alla fine, lo avessi fermato.
Mi legarono a Oozaru irrimediabilmente. Il ciondolo divenne la mia salvezza e la mia condanna. Fui esiliato dai miei cari, odiato per aver ucciso il principe e per averli maledetti, anche se indirettamente. Ed è da allora, che vago, desiderando solo di cadere nell’oblio.
La leggenda, col tempo, finì con l’essere distorta. Il popolo saiyan era diventato brutale, sanguinario, una compagine di mercenari spietati che mutavano aspetto a ogni luna piena. Ricordare un giovane immolatosi per la sua salvezza, era controproducente, avrebbe smentito la loro fama di crudeli assassini. No. Meglio fare in modo che uno di loro avesse perso il senno, decidendo di uccidere gli dei e mostrando a tutti quanto potessero diventare pericolosi. Così come, l’accettare che un padre avesse sacrificato il suo unico figlio, avrebbe dato prova della loro totale spietatezza.
Non fa una piega, no?
In quanto a me…
Vickas si nutre della mia essenza, nonostante si trovi all’interno del ciondolo, impedendomi di essere libero, impedendomi di morire e trovare finalmente la pace”.
“Per questo sei venuto qui…” – aveva esordito Bulma, interrompendo quel monologo – “Per questo hai fatto sì che Vegeta venisse incoronato. Per scaricare il peso della tua malvagità su di lui e su Goku. Per distruggere la mia famiglia e il mio mondo”.
Aveva dato voce ai pensieri di tutti. Perché, allora, ad alcuni sembrava l’esatto contrario?
“No, Bulma. Non è per questo che ho attraversato la galassia e ti ho donato il mio ciondolo. Non è per lavarmene le mani”.
“E ALLORA PER COSA?” – aveva tuonato lei.
“Perché so che loro” – e aveva indicato Goku, Vegeta e Trunks – “sono gli unici in grado di sconfiggerlo per sempre”.

Continua…

Scusate per l’attesa. Il capitolo è stato lungo e difficoltoso. Ma spero che vi sia piaciuto. Allora, le cose non stavano esattamente come credevano i nostri amici, no?
Ora, avete capito perché “il servitore” aveva fatto sì che Vegeta venisse incoronato, servendo loro la soluzione su un piatto d’argento? Lui è una vittima delle circostanze (più o meno) e vuole liberarsi del suo oppressore. Considerato che Oozaru, come vedremo, in fondo è un po’ fesso, tutto – più o meno – quadra.
Certo, ho plagiato la storia originale secondo il mio volere. Spero non vi siate offese!
Mi sono molto divertita nel rivelare la verità su Vickas. Ci tengo a farvelo sapere!
Alla prossima!
Un bacione
Cleo
   
 
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