Tuomas/Tarja.
Perché,
dopo aver letto i testi di alcune canzoni – sia scritte da lui che scritte da
lei – credo che non ci sia molto altro da aggiungere.
Dopo
tre mesi di gestazione alquanto sofferta, è ora che questa one-shot veda la
luce, anche se sono ancora molto
dubbiosa.
Spero
che il pubblico di appassionati che vaga nelle lande sconfinate di EFP gradisca.
^^
Grazie
a chiunque legga.
[Credits
e ulteriori precisazioni in fondo].
~
A
Ely, perché senza di te non l’avrei mai pubblicata.
Un
regalo di benvenuto nell’universo dei Nightwish,
che
sono estremamente orgogliosa di averti fatto scoprire.
A
Ceci, come sempre.
A Federico Garçia Lorca, a cui devo l'ispirazione per
alcune frasi,
nelle quali ho citato la meravigliosa opera "Nozze di
Sangue".
~
Crownless
Ottobre
2005
I
bicchieri di fine cristallo tintinnarono, risplendendo ai bagliori aranciati del
lampadario.
–
Alla tua nuova carriera. – mormorò l’uomo, la voce calda e ammaliante,
portandosi il vino alle labbra.
Tarja
sorrise al marito: – Grazie per avermi mostrato quale sia davvero la mia vita.
–
Marcelo
le rivolse uno sguardo luminoso [uno scintillio di trionfo negli
occhi].
Settembre
2007
Tarja
si voltò verso la televisione, scorgendo assente le immagini dello schermo, e
trasalì, con un moto di turbata sorpresa.
Verde,
azzurro, ghiaccio. Occhi cangianti, dall’intensità quasi
dolorosa.
–
Master Passion Greed? – Tuomas ridacchiò, scuotendo la testa, – Suppongo che
avrei dovuto aspettarmi questa domanda, ma tutti voi potete indovinare senza
alcun problema la risposta. Master Passion Greed è rabbia pura, rabbia per
qualcosa che non sarebbe mai dovuto accadere, rabbia per qualcuno che non
sarebbe mai dovuto esistere. Rabbia e rimpianto, sentimenti crudi e dolorosi
come la canzone stessa… –
La
melodia di quella voce che aveva ancora il potere di ammaliarla venne
bruscamente interrotta, scivolando nell’opprimente silenzio che troppo spesso
regnava fra le mura della sontuosa villa.
Con
un gesto fluido, Marcelo riportò il telecomando sul piano di vetro che
fiancheggiava la poltrona.
Confusa
e infastidita, lei si voltò a guardarlo tentando di protestare, ma il sorriso
gelido che lui le scoccò le soffocò le parole in gola.
–
Oh, non ringraziarmi, amore. Sai che la penso come te: ascoltare il silenzio è
decisamente più piacevole delle fastidiose voci di sconosciuti. –
Gennaio
2008
Né
le stonate risa degli ubriachi, né lo stridio delle posate che rimbalzava
incessante sulle squallide mura del pub coprirono l’ennesimo trillo del
cellulare. Lo afferrò, il volto contratto, e trasalì scorgendo il numero delle
chiamate senza risposta che lampeggiava sullo schermo – ormai erano
dodici.
Seppe
di dover rispondere, o lui sarebbe stato capace di sguinzagliare per la città
intere pattuglie di poliziotti pur di trovarla…
Aveva
la vista annebbiata e le mani le tremavano violentemente, ma il pulsare doloroso
delle tempie le impedì di concentrarsi e caprine la ragione.
–
Sì… p – pronto? – In un lampo di lucidità, si rese conto di faticare ad
articolare le parole. Lanciò un’occhiata confusa alla bottiglia che troneggiava
sul tavolino, e restò a fissarla con sguardo vacuo.
Vuota.
Completamente.
Ma
lei non beveva… non aveva mai bevuto più di un bicchiere di vodka in tutta la
sua vita!
[Infatti,
quella non era la sua vita.]
–
Tarja, ma dove cazzo sei?! Sono due ore che continuo a telefonarti! –
–
Be’, mi spiace, non è colpa mia. Te l’ho già detto, devi smetterla con
quest’assurdità! – A malapena si rendeva conto di star parlando, ma lasciò che
le parole fuggissero incontrollate dalla gabbia delle sue labbra, guidate solo
dall’alcool e dalla rabbia cieca di quei pensieri celati troppo a lungo. – Che
bisogno hai di telefonarmi ogni dieci minuti, eh? Ti rendi conto che non sono né
una sprovveduta undicenne né la tua fedele schiava? Di cosa hai paura? Avanti,
dimmelo, rendimi partecipe dei tuoi terrori più oscuri… temi che fugga? O che ti
tradisca, forse? Che mi dia alla pazza gioia con qualcuno… con Tuomas, magari?
–
Silenzio.
Terrore.
[Che
cosa aveva detto?!]
I
singhiozzi disperati di lei, il respiro calmo di lui.
Gelido.
~
Giugno 2008
– Nightwish! Nightwish! Nightwish! Nightwish!
–
Urla,
applausi, perfino lacrime – il pubblico era in delirio da quando l’ultima band
di supporto aveva lasciato il palco.
Nel
buio, migliaia di occhi sognanti fissavano il telo nero che nascondeva loro ciò
che bramavano.
Nel
buio, lei era lì.
Lei
era lì perché quella notte il suo corpo si era rifiutato di abbandonarsi al
sonno.
Lei
era lì perché quel suo stesso corpo si era alzato alle quattro del mattino per
condurla davanti ai cancelli sbarrati del teatro, stringendo fra le dita un
biglietto d’ingresso ottenuto per caso dopo una frenetica ricerca che non
avrebbe dovuto compiere.
Lei
era lì sotto al palco, schiacciata contro le transenne come una qualunque
fanatica – ma lei non era una qualunque fanatica.
Lei
era Tarja Turunen, ed era lì, e non sapeva perché.
–
Nightwish! Nightwish! Nightwish! Nightwish! –
Le
sue iridi d’argento vagavano irrequiete scrutando l’oscurità che avvolgeva il
palco, finchè non abbassò lentamente le palpebre, appena tremanti, arrendendosi
al fiume dei ricordi che l’aveva travolta nell’udire quelle urla.
Sapeva
esattamente cosa stava succedendo al di là di quel telo – aveva cercato di
dimenticare, ma le immagini di quei dieci anni riaffioravano sempre dall’oblio
della memoria, troppo vivide per poter essere cancellate.
Marco
stava bevendo un sorso di vodka, per poi far passare la bottiglia di mano in
mano, con qualche battuta, qualche risata.
E
ora, Tuomas stava allargando le braccia con un sorriso, e tutti si stavano
stringendo in un silenzioso abbraccio – le parole non servivano.
Seppe
calcolare ogni frazione di secondo: nell’istante in cui riaprì gli occhi, una
sottile coltre di fumo splendente di bagliori azzurri avvolse il palco, e le
prime, soavi note si diffusero nell’aria gonfia di eccitazione.
E
le grida si spensero, le voci tacquero.
Poteva
vedere le dita di Tuomas danzare lente sulla tastiera, gli occhi chiusi, la
fronte appena agrottata. Era una canzone del nuovo album, non la conosceva, ma
la sua struggente delicatezza le bruciò immediatamente gli occhi di
lacrime.
[Allora
la sua musica aveva ancora
quell’effetto su di lei…]
The songwriter’s dead
The blade fell upon him
Taking him to the wild lands
Of
Empathica
Of
Innocence…
Non
riusciva a distogliere lo sguardo da quella ragazza bionda – le pareva di aver
letto da qualche parte che si chiamasse Anette – e dalle sue dita strette
intorno al microfono. Quella voce dolce per un istante le impedì di
respirare.
E
poi il ritmo cambiò, in un vortice di note che travolse il pubblico, nuovamente
in visibilio.
Get away, run away, fly away,
Lead me astray to dreamers’ hideaway…
Intorno
a lei tutti cantavano saltando, le braccia in alto – non lasciarsi trascinare
era maledettamente difficile, ma lei rimase immobile ad ascoltare.
In the end, I will always love you.
Puro
incanto.
Il
suo cuore non batteva più così da troppo tempo, ormai.
E
quando gli ultimi echi della canzone si spensero, sovrastati da nuove grida e
nuovi applausi, seppe con certezza di aver appena vissuto i dieci minuti più
belli da quella maledetta notte di ottobre di tre anni prima…
No.
Non voleva pensare, quella sera. Non voleva ricordare, quella sera.
Fu
immensamente grata a Tuomas quando lo vide riportare le dita sulla tastiera –
solo la musica poteva avvolgere completamente la sua mente, pur non avendo mai
udito prima neanche quella canzone.
Finally the hills are without eyes,
They are tired to paint a dead man’s face red
With their own blood.
They used to love having so much to lose,
Blik your eyes just once and see everything in ruin.
Con
le ultime note del dolcissimo finale del primo brano che ancora riecheggiavano
nella sua mente, quasi sussultò al repentino cambio di ritmo, ora potente ed
aggressivo, e agrottò la fronte a quelle parole dure ed enigmatiche.
Si sorprese a sorridere.
Tipico di Tuomas.
Did you ever hear what I told you?
Did you ever read what I wrote you?
Did you ever listen to what we played?
Did you ever let in what the world said?
Aveva
gli occhi fissi su Marco, e la sua voce aveva preso a ribombarle dolorosamente
nelle orecchie. Qualcosa le strinse lo stomaco, ma per un istante non riuscì a
pensare.
Did we get this far just to feel your hate?
Did we play to become just pawns in the game?
How blind can you be, don’t you see
You chose the long road but we’ll be waiting?
Bye bye, beautiful!
Bye bye, beautiful!
Tutti
intorno a lei urlavano quelle parole, e lei provò ad illudersi di non aver
capito.
Ma
non poteva fingere di non aver notato l’espressione sul volto di Tuomas,
tormentata e straziata dal rimpianto… la stessa di quando, tre anni prima, aveva
bussato alla porta del suo camerino con quella lettera stretta fra le dita. Non
avrebbe potuto dimenticarla mai.
E
Marco e Anette continuavano a cantare, e lei continuava una vana lotta contro il
pianto.
Someday I’ll learn to love this scars
Still fresh from the red-hot blade of your words.
Deglutì
a fatica e fissò Tuomas, la vista annebbiata dalle lacrime.
Che
cosa gli aveva fatto?!
Bye
bye, beautiful!
Tutto
il dolore che era cresciuto in lei in quei mesi, strisciante e sinuoso, esplose
nel suo cuore all’improvviso come un feroce fendente di una gelida lama, e
scorci di ricordi la accecarono – lancinanti lampi di luce livida.
Marcelo,
le sue braccia che la stringevano avide e invadenti, la sua voce prima
ammaliante, poi furiosa e gracchiante d’ira al telefono, il sospetto nei suoi
occhi quando rientrava in casa e lo trovava seduto nell’ingresso ad
aspettarla…
Tuomas,
le sue mani che le accarezzavano il volto, frementi di passione, la sua voce
tremante quando le leggeva per la prima volta il testo di qualche canzone,
l’ardente dolcezza del suo sguardo quando posava le sue iridi splendenti su di
lei…
NO!
Il
suo cuore parve lanciare un grido disperato quando si costrinse a distogliere lo
sguardo.
Non
poteva rimanere lì a guardarlo, sospesa tra vivido desiderio e insano terrore
che si accorgesse di lei.
Non
poteva rimanere lì ad ascoltare, a rubare frammenti di un mondo non più
suo.
Non
poteva rimanere lì.
Voltò
le spalle al palco, tremante. Voleva solo fuggire da quella follia che non
avrebbe mai dovuto compiere, abbandonare il suo cuore nelle mani di colui a cui
apparteneva e dimenticare di averlo posseduto.
Camminare
da sola.
Ogni passo. Per sempre.
Ever felt away with me?
Just once that all I need
Entwined in finding you one day.
Non
udì più nulla, non gli applausi, non la voce del pubblico. Solo il dolce piano
che scriveva quella melodia e quelle parole che erano state la sua
vita.
Nell’istante
in cui udì le prime note di Ever Dream, smise di respirare.
E
il suo cuore ricominciò a battere.
Ever felt away without me?
My love, it lies so deep.
Ever
dream of me?
Lentamente,
si voltò, e le parve di vederlo per la prima volta, dopo tante bianche notti
trascorse a sognarlo.
Ma
quella era la realtà.
Would you do it with me,
Heal the scars and change the
stars?
Would you do it for me,
Turn loose the heaven
within?
Nuove
lacrime le rigarono le guance. Sarebbero mai rimarginate, le loro ferite?
Sarebbero mai cambiate, quelle stelle crudeli che vegliavano sulle loro notti
dopo aver distrutto i loro giorni?
I’d take you away
Castaway on a lonely day
Bosom for a teary creek.
My song
Can’t but borrow your grace.
Vide
le sue dita tese distendersi, scivolando nel sogno di quella melodia, percependo
lo sfiorarsi dei loro animi in un fremito di piacere.
Un
sorriso si disegnò lieve sul volto di Tuomas, e lei si accorse d’un tratto che
quello stesso sorriso si rifletteva sul suo volto, sbocciando sulle fini linee
della sua bocca.
Schiusero
le labbra nello stesso momento, le loro voci lontane ma perfettamente
unite.
Ancora una volta.
Ever felt away with me?
Just once that all I need
Entwined in finding you one day.
Cielo
e Ghiaccio. Un istante fugace come il battito che il cuore di Tuomas perse nel
vedere quelle iridi argentee scintillare fra il pubblico.
Gli
parve di non udire più null’altro che la sua voce – come se il tempo non fosse
mai trascorso.
Ever felt away without me?
My love, it lies so deep.
Ever
dream of me?
Un
filo di sogni – di ricordi spezzati – legava i loro sguardi.
Sottile.
Ma
nessuno dei due poté – né volle – romperlo.
E
ad entrambi sembrò che le ultime parole riecheggiassero nell’aria, come sospese,
ancora e ancora.
Ever
dream of me?
Tuomas
sentì la radice di un grido impigliarsi in gola.
[Avrebbe
voluto urlare, perché la canzone non finisse.]
Avrebbe
voluto urlare, chiederle perché.
[Avrebbe
voluto urlare, perché sapesse che non solo l’aveva sognata, ma che ogni giorno
non aveva aspettato altro che la notte, per poterla incontrare.]
Avrebbe
voluto urlare, perché non voleva vederla
[Smettila di mentire a te stesso.]
Ever dream of me?
Non seppe come accadde. Fu
come se qualcosa in lei si spezzasse, e quella scura maschera d’inganno
abbandonasse la sua mente, permettendole di ammettere tutto ciò che aveva sempre
voluto – dovuto – negare.
Sapeva
di aver scelto lei quell’incubo che ora era la sua vita. Accecata dai sogni di
gloria – come se quella che già splendeva intorno a lei non fosse stata gloria!
– si era convita che il mondo fosse un altro, e che l’amore fosse un
altro.
Sapeva
di essere, ora, solo lo spettro di un angelo caduto sul palco della Hartwall
Arena.
Perché
gli angeli sono i primi a cadere.
Sapeva
che solo la Sua musica poteva riportarla alla vita.
Ma
quel concerto sarebbe finito – avrebbe voluto avere ancora una notte per
vivere.
I
ragazzi stavano suonando un pezzo strumentale dal ritmo trascinante che non
conosceva, ma che subito la coinvolse.
Sull’ultima
nota, decise.
Finché
la notte nascondeva l’alba sotto il manto di quella musica, poteva
vivere.
Ma
non come Tarja Turunen.
L’ironia
beffarda di quel destino la colpì, quando si accorse che l’unico modo per vivere
sarebbe stato dimenticarsi chi fosse, e diventare chi non aveva mai sognato,
neanche per un istante, di poter essere.
Sull’ultima
nota, decise.
Sarebbe
stata una qualunque fanatica dei Nightwish – lei, che era stata la regina di
quell’universo.
Sull’ultima
nota, alzò le braccia in alto, mentre il suo grido si univa a tutti gli
altri.
Sentì
lo sguardo di Tuomas su di lei, e quando si voltò a guardarlo si accorse che
rideva, la fissava e rideva, e allora lasciò che quella risata scuotesse anche
il suo corpo come da troppo tempo non succedeva.
Era
un incantesimo, illusione fugace di una felicità ritrovata.
Ed
entrambi sapevano che non poteva esserci nulla di più dolce di
un’illusione.
Perché
il quel momento erano insieme. E non chiedevano altro.
Tarja
non seppe mai quanto tempo trascorse ancora, né quanto urlò, trascinata dal
pubblco in delirio, né quante canzoni cantò a squarciagola fino a perdere la
voce – lei, che era la regina di quell’arte.
Nei
suoi ricordi sarebbe rimasto, impresso a fuoco, il pulsare nuovamente vivo del
sangue nelle sue vene, mentre si lasciava trascinare da quel fiume di emozioni
fino a rimanere sospesa fra lucidità e incoscienza.
Leave me be
And cease
To tell me how to feel,
To grieve,
To shield myself from evil.
Ricordò
di aver pensato a Marcelo, mentre gridava quelle parole fin quasi a sentire la
gola ardere, e di essersi chiesta se avrebbe mai avuto il coraggio di
urlargliele in faccia, crudele. Voleva che soffrisse tanto dolore quanto ne
aveva provato lei, ammaliata da quella gelida voce che l’aveva sedotta mutandosi
in dolce fuoco, per poi rivelarsi quando ormai non poteva più fuggire.
Leave me be,
O.d. of lies is killing me,
Romanticide
Till love do me part.
[Poteva
fuggire?]
Ricordò
le lacrime versate sulle note di Ghost
Love Score, ardente di gioia nell’udirla ancora una volta.
My fall will be for you
My love will be in you
You were the one who cut me
So
I’ll bleed forever.
E,
mentre le dita di Tuomas sembravano aggrapparsi ai tasti lucenti in un ultimo
sforzo, le note vibrarono nell’aria ancora una volta e per un istante dimenticò
di respirare.
I wish I had an angel
For one moment of love,
I wish I had an angel tonight.
Quella
era la canzone che aveva segnato la fine di tutto – l’ultima che li aveva visti
l’uno accanto all’altra, la Bella e la
Bestia, nel fulgore di luci sul palco.
E
ora… ora era lì, e poteva lasciarsi affogare di nuovo in quel ritmo, in quelle
parole.
Deep into a dying day
I took a step outside an innocent heart.
Prepare to hate me fail when I may
This night will hurt you like never before.
Chiuse
gli occhi. Non riusciva più a distinguere il pulsare del suo cuore dal
rimbombare della batteria.
Old loves they die hard
Old lies they die harder
Se
l’assurdità di quella situazione fino a quel momento l’aveva trattenuta, in
quell’istante ogni freno scomparve. Non esisteva più nulla, solo loro e la
musica.
E
lei era quella musica.
I wish I had an angel
For one moment of love
I wish I had your angel
Your Virgin Mary undone.
I’m in love wish my lust
Burning angelwings to dust
I wish I had an angel tonight.
Pollice,
indice e mignolo in alto, come tutti. Ma non rise, questa volta.
I wish I had an angel!
Era
giusto così. La regina era caduta, senza corona.
I wish I had an angel!
Ora
lei davvero non era altro che una dei tanti fanatici.
I wish I had an angel!
E
voleva esserlo.
I
wish I had an angel!
~
La
sera dopo
I
raggi morenti del sole bagnavano di ardente scarlatto il cielo
brumoso.
Occhi
brucianti.
Tuomas
abbandonò il capo contro i palmi tremanti delle sue mani.
Perché?
Perché
lo hai fatto?
Mi
fissavi, e i tuoi occhi splendevano come quella stella che sta
nascendo.
Cantavi,
e le tue labbra si muovevano cullate dalla musica, ma io non potevo udire la tua
voce.
Non
potevo, non posso, e lo desidero con ogni palpito del mio cuore.
I need you to sing…
E
avrei voluto urlare e piangere, invano.
Sing
for me…
Smettere
di suonare, correre fra le tue braccia, gridare che ti amo, invano.
…my
love.
~
La
notte scendeva, e lei piangeva.
Fissava
quella stella che stava nascendo, e piangeva.
Dopo
il concerto, era tornata a casa lottando contro il desiderio logorante di
rimanere fuori dai cancelli, al gelo, ad aspettarlo insieme a tutti gli altri
fans.
E
invece no.
Era
tornata a casa, Marcelo era sveglio.
Ricordava
di avergli urlato che era stata al concerto dei Nightwish, ricordava di avergli
urlato che le aveva rovinato la vita, e di lasciarla in pace.
Non
voleva ricordare altro.
Un’amica
l’aveva accolta in casa sua e si era presa cura di lei.
E
lei fissava quella stella, e piangeva.
Please, hold me in your love…
Quella
notte era stata un fuggevole sogno, un sorso d’acqua fresca per la sua gola arsa
di donna bruciata.
Ma
un sorso non le bastava…
Please, hold me in your love…
Tuomas, perdonami.
I am the keeper of his heart,
I was sent to take care of his sweetness.
Never I'll forget his love
Never I'll forget the light
That shone in his eyes.
Posso
cantarlo all’infinito.
Tuomas,
ti amo.
Posso
sperare che tu ascolti la mia musica come io non rinuncio alla tua, e che siano
le note a salvarci, a lasciarmi libera.
Let me fly, let me be free
To stay with him beyond this life.
Run across the sky,
Let me see the sun again.
E
posso urlarlo a quella stella.
Tuomas,
ti amo.
Forse
te lo dirà.
~
Gemellata
con:
Ever
Dream,
di PotterWatch
Alcune
precisazioni
~
Non possiedo alcun diritto sui Nightwish, su Tarja Turunen o su Marcelo Cabuli,
e questa fanfiction non è scritta a scopo di lucro. La raffigurazione di Marcelo
è totalmente frutto della mia fantasia, e non intendo avanzare nessuna
insinuazione o accusa nei suoi confronti.
~
Il colore degli occhi di Tuomas e Tarja varia a seconda delle foto, per cui
presumo che entrambi portino le lenti a contatto. Scorrendo le varie immagini,
ne ho scelti due. ^^
~
Ho raffigurato Anette bionda perché ho scritto la fanfiction dopo aver visto il
concerto di Mantova, dove aveva appunto i capelli di questo colore. Non so se fosse
così anche nel 2008, prendetela come una licenza poetica. ^^
~
Nel Giugno del 2008, secondo le informazioni trovate sul sito ufficiale, i
Nightwish hanno davvero suonato alla Hartwall Arena di Helsinki.
Credits
Master Passion Greed
The Poet And The Pendulum
Bye Bye Beautiful
Ever Dream
Romanticide
Ghost Love Score
Wish I Had An Angel
© Tuomas Holopainen, Nightwish
I Walk Alone
Sing For Me
Sadness In The Night
© Tarja Turunen