Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: summers001    28/07/2017    3 recensioni
Captain Swan | AU | Nel mondo reale senza magia.
Dal testo:

"Allora," fece la poliziotta sexy "chi è lo sposo?"
Dal fondo della sala partirono una serie di urla di ragazzi e uomini più adulti che gridavano una serie di "io, io, io" per cercare di convincere la spogliarellista.
L'uomo alzò la testa al cielo e cominciò a ridere. Si morse le labbra quando vide la spogliarellista scendere le scale con fare aggressivo ed avvicinarsi. Gli si sedette addosso, mentre dal fondo della sala qualcuno ululava.
L'amica gli passò sul tavolo una serie di banconote. L'uomo le strinse, non sicuro di voler mettere le mani in tutta quell'abbondanza.
"Che direbbe tua moglie?" gli sussurrò la spogliarellista.
"E chi lo sa!" rispose l'uomo quasi intimorito. Non s'aspettava di scoprirsi timido in quella situazione.
"E dai, Killian!" lo spronò l'amica, che s'avvicinò alla spogliarellista e le infilò un paio di banconote nel reggisenoA Killian faceva comodo di sicuro avere un'amica lesbica e così estroversa. Non sapeva infatti cosa aspettarsi per il suo addio al celibato e a tutto poteva pensare eccetto che ad uno strip tease.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

8.




2016, sette di mattina
La carnagione di Ruby era sempre stata particolare. Nonostante avesse sempre avuto una pelle liscia e priva di imperfezioni per fortuna genetica, le piaceva usare il fondotinta. Le piaceva sentirsi come coperta. Qualcuno avrebbe potuto obiettare che si metteva soltanto una maschera in faccia tutte le mattine. Probabilmente avevano ragione, ma non era quello il punto.
Il punto era che il colore della sua pelle era impossibile da replicare con una sola crema. Nel suo beauty case aveva infatti ben tre colori diversi: un primo che usava da base, come il bianco di un pittore sulla tela, poi un secondo più scuro per l'estate per la pelle abbronzata ed un terzo intermedio che usava per sfumare sul collo.
Si era così ritrovata in quella folle mattina a tentarla tutte, a miscelare quelle tre tinte, prima a due a due, poi addirittura tutti e tre per coprire la macchia viola attorno all'occhio e sulla palpebra del suo amico. Killian intanto continuava a fissare la mano di lei con quelle strisce di fondotinta di diversi colori sul dorso, che si muovevano così come le sue dita sulla sua faccia. Era una situazione paradossale: si stava facendo truccare il giorno del suo matrimonio dalla sua migliore amica. Forse avevano fatto una scommessa al liceo del genere e le doveva dei soldi.
"Allora?" chiese quando non riuscì più a sopportare il disagio.
"Ehm.." fece Ruby, chiudendosi poi la lingua tra i denti. Guardò verso Liam, seduto su una sedia a distanza, che aspettava. Lui si avvicinò e si chiusero entrambi attorno a Killian, che riusciva a vedere solo i loro nasi, schiacciati quasi sulla sua faccia, con le loro dita che gli stiravano e pizzicavano la pelle per spostarla alla luce.
"Aglia." esclamò Killian spazientito.
Ruby gli diede uno schiaffetto sulla guancia, intimandogli così di restar fermo. Poi fece un verso a denti stretti e Killian la vide stropicciare il naso. Aveva già capito: niente non ci era riuscita. Liam si allontanò, si sfregò le mani e storse il naso come la sua amica poco prima. Stufo di quelle facce e dell'assurda situazione, Killian si alzò e se ne andò verso il bagno. Accese le due lampadine sopra allo specchio per essere sicuro al cento per cento che la luce non lo ingannasse, facendogli credere che fosse tutto okay, anche se teneva sempre a mente le facce storte della sua squadra. Si guardò allora allo specchio e vide la solita macchia viola che dall'occhio andava verso lo zigomo. Era gonfio, colorato e decisamente mal coperto dal make up. Si lavò la faccia e si asciugò sulle asciugamani bianche, lasciando una bella macchia color carne.
Quando si guardò di nuovo allo specchio la macchia era di un viola più acceso, decisamente più visibile, ma forse meno pasticciata. Se la toccò e tastò il gonfiore. Un dolore pungente partì da sotto al suo dito fino all'intero zigomo. Chiuse gli occhi e strinse i denti.
"Tua moglie ti ucciderà." sentì dire a Liam.
Guardò di lato e lo vide riflesso nello specchio, appena entrato nel bagno, con le mani nelle tasche che lo guardava. Si sentì ancora una volta come un bambino che l'ha combinata grossa, ma stavolta Liam non cercava di coprirlo o aiutarlo, non più di Ruby almeno e così Killian tornò adulto. Sospirò e cercò di pensare a cosa fare, tornandosi a fissare allo specchio.
"Sempre che ne avrà una per la fine della giornata." urlò Ruby dall'altra stanza e non poteva che darle ragione. Se avesse dovuto decidere forse lui stesso non si sarebbe mai scelto in sposo. Sospirò e cercò ancora di pensare. "Dopo tutto quello che ho fatto per convincerla!" scherzò lui stesso.
Ruby comparve nell'angolo dello specchio, guardandolo con una faccia che sembrava dirgli "in effetti!", così le rispose con una smorfia, ringraziandola molto della fiducia. Liam poi si schiarì la voce attirando l'attenzione di entrambi. "Qualche idea?" chiese Killian al suo geniale fratello, la sua risorsa, il suo salvatore e pensò che certi retaggi sono duri a scomparire.
Liam scrollò le spalle. "Ho lasciato la macchina del tempo a casa!" scherzò e si tamburellò le dita sulle cosce.
Killian non ne fu divertito. Ripeté la stessa domanda all'amica, che alzò le spalle anche lei e strinse le labbra. La vide aprire la bocca e pensò che stesse per tirar fuori un'idea geniale e si sentì subito speranzoso.
"Puoi abbinarlo ad una cravatta dello stesso colore?" propose lei, accodandosi a Liam che nascose un sorriso dietro il palmo della mano, prima di scoppiare entrambi a ridere.
Lo sguardo di Killian si spense immediatamente deluso. "Mi faccio una doccia." disse alla fine, così che sia Liam che Ruby lo lasciassero solo nel bagno. Lì si guardò di nuovo la faccia. Si chiese se la sposa non avesse dato di matto vedendolo così, oppure che ne avrebbe pensato tra un anno o dieci o quindici guardando le foto. Lasciò poi perdere, che succeda quel che succeda ed entrò davvero in doccia a lavarsi via la polvere del divano.
Sotto l'acqua calda fu di nuovo investito dai ricordi: era con Emma questa volta, su uno schifosissimo divano, con una coperta a quadri sulle gambe, mentre guardavano alla televisione una stupida serie televisiva coi draghi. A lei piacevano quelle cose, le piaceva vedere cose straordinarie. Era quel periodo in cui passavano tutte le sere a casa di lei e nonostante tutto si divertivano, ridevano da matti, anche senza farsi il solletico a vicenda. Doveva essere il 2013, o il 2014? Poco dopo che lui cambiasse lavoro. Forse il 2014 allora. Quella sera Emma s'era addormentata con la testa sul suo petto e le gambe allungate sul divano, a cui aveva tirato non sapeva quanti calci ed ormai la forma della pianta della sua scarpa era stampata innumerevoli volte sul tessuto giallo. Quando s'era risvegliata il telefilm era già finito e stava supplicando per farsi raccontare tutto. Allora l'aveva ricattata, le aveva detto che avrebbe rivelato una frase per volta ad ogni bacino che riceveva e gliel'aveva detto moredendosi la bocca, sottolineando parola per parola ed erano finiti a fare l'amore davanti alla televisione, mentre passava la pubblicità di una nuova pizza surgelata. Se la ricordava ancora come se fosse stato solo il giorno prima!
C'era questa sensazione di una nuova adolescenza con Emma, di poter ripetere e correggere qualche errore. C'era il profumo di una storia nuova e profonda, un odore che Milah aveva perso. Sorrise a ricordarselo e pensò a quanto sarebbe stata bella invece la sua sposa, coi capelli lunghi, sciolti, ribelli, da amazzone.
Oppure c'era stata quella volta, ad una festa in maschera...
"Killian!" lo chiamò Liam, facendolo tornare dal mondo delle favole "La doccia serve a tutti, non hai più quindici anni!" gli urlò ed il pensiero lo fece quasi sorridere, nonostante l'allusione neanche poco velata al suo passato da adolescente con gli ormoni a palla.
Recuperò un accappatoio, uscì, bisbigliò un "tutto tuo" al fratello e se ne andò in cucina. C'era fumo, come se avessero arrostito qualcosa sulla griglia, addirittura sentì gli occhi bruciare prima di strofinarseli. Ruby era seduta al tavolo, intenta a tagliarsi un pezzo di hamburger con la forchetta per poi mettersela in bocca.
Killian la fissò. Quel pezzo di carne era stato sulla sua faccia e probabilmente c'erano rimaste macchie di sangue sopra.
"Che c'è?" chiese lei.



14 luglio 2013
Che si prova quando il tuo promesso sposo ti lascia per un'altra?
Che si prova quando lui distrugge i tuoi ultimi dieci anni di vita per un'altra e ti costringe a ripartire da zero?
Si era sempre promessa di non voler mai essere l'altra, di non voler mai rovinare la vita di qualcuno e alla fine ne aveva rovinate due, esclusa la sua.
Aveva costretto Killian a rovinare la sua vita, a mollare tutto per lei. Per cosa? Per niente. Per un caffé a prima mattina, il piacere di svegliarsi con lui. L'aveva quasi costretto a rinunciare ad un matrimonio sicuro, dei figli, una famiglia sicura porca miseria! Cose importanti! Quella sera, sotto casa sua, Killian teneva scritto negli occhi tutto quello che stava perdendo. E così Emma era fuggita, aveva fatto una scelta coraggiosa per entrambi.
Si tratta solo di saper considerare i pro ed i contro. Emma lo faceva da una vita, in ogni scelta che prendeva, pesava vantaggi e svantaggi con la freddezza necessaria. Si guardò attorno: i piatti sporchi nel lavandino, un televisore vecchio, un divano che stonava con tutto. Non era neanche suo quel divano. Qualcuno l'aveva lasciato lì quando s'era trasferita. Per quanto il pensiero mortificasse la sua autostima, quella vita poteva essere considerata non più di uno svantaggio per la gente comune, gente con un lavoro fisso, che sogna una villa e di tornare a casa dai suoi bambini. Gente come Killian.
E così erano passati due mesi da allora. I due mesi più lunghi della sua vita. Era riuscita persino a convincersi di provare un senso di pace: aveva assaporato la vita con Killian quindi era pronta ad andare avanti, in più aveva fatto la cosa giusta per una volta.
Aveva ricominciato a fare tutto quello che faceva prima. S'era detta che avrebbe aggiustato qualcosa, così anche se non aveva vinto, da quella storia avrebbe tratto almeno qualche vantaggio. Si concedeva una birra solo nel week end, aveva chiuso coi super alcolici e comprava una sola bottiglia di vino a settimana. Andava persino a correre a giorni alterni. Era impossibile farlo sempre alla stessa ora coi suoi orari mutevoli, ma almeno era già qualcosa.
Aveva ricominciato a sentirsi come prima. Si sentiva irrimediabilmente più in forze, più decisa in qualsiasi cosa. Ed in più aveva ricominciato a notare qualche uomo che qui e lì incontrava. Stava guardando finalmente avanti. Le cose avevano ricominciato a girare per il verso giusto.
Fu di ritorno da una corsa, due mesi dall'ultima volta, che un giorno lo incontrò. Sapeva che prima o poi sarebbe successo, vivevano pur sempre nella stessa città! Non s'aspettava così presto, ma era preparata, andava bene. Le dispiacque di essere sudata, puzzare ed avere i capelli appiccicati alla schiena. Era solo quello il problema. Niente di che.
Era sera inoltrata, il sole estivo stava calando ed il cielo aveva quella sfumatura tra il celeste ed il blu notte. Si trovavano sul lungofiume, dove tirava aria fresca anche nelle giornate più afose. Erano a soli due isolati dal pub di Ruby, prevedibile che ce lo trovasse! Killian l'aveva vista, aveva alzato una mano ed Emma aveva sospirato, s'era fermata e saltellava sul posto. Provò ad annusarsi e decise alla fine di stargli lontana comunque di qualche passo. Aspettò che attraversasse la strada e lo salutò con tutta la noncholance di cui era capace. "Killian!"
"Emma!" rispose lui. Sollevò la mano dove teneva una bottiglietta di coca cola, ancora fredda ed appannata, come se fosse appena uscita da un congelatore. E poi sorrideva, come se fosse davvero felice di incontrarla, come se non aspettasse altro, come se avesse davvero aspettato. Che ci faceva da quelle parti?
"Fa troppo caldo per il caffé?" chiese lei ad alta voce indicandogli la mano. Credeva di esserselo domandato tra sé e sé, invece le era subito uscito da bocca. Cercò di mascherare un mezzo sorriso, ma era più forte di lei. Quelle battute gli uscivano sempre in sua presenza e finivano irrimediabilmente per scherzare.
Killian si guardò, capì, sollevò il braccio provando ad offrirle un po' di quella bevanda, ma Emma rifiutò. Allora lui scrollò le spalle e ne prese un sorso, cacciando poi un verso di soddisfatto piacere. "C'è caffeina dentro!" spiegò alla fine.
"Ah." rispose solo lei ed il momento era già passato. Sentì dei brividi salirle da dietro la schiena, un venticello tiepido continuava a soffiare, mitigato dall'acqua fredda del fiume. Sentì freddo addirittura e probabilmente le si increspò una smorfia sulla faccia.
"Sei arrabbiata con me?" chiese Killian dopo una serie di secondi di silenzio imbarazzante. Era diventato serio anche lui, quel sorriso di poco prima era completamente scomparso.
Emma si chiese se non dovesse scappare ancora pur di evitare il confronto da cui si era sottrata mesi prima. "No, no, che dici." Un'altra ventata le colpì la schiena semiscoperta. Emma si massaggiò le braccia pur di farsi calore. Le si stava congelando il sudore addosso ed aveva l'improvvisa voglia di tornare a casa.
Killian sorrise malinconico, coinvolgendo con le labbra anche gli occhi su cui comparve un luccichio che gli faceva brillare le iridi azzurre. "Ti trema la bocca quando sei arrabbiata." disse lui indicandosi le labbra.
Avrebbe voluto rispondergli male, avrebbe voluto dirgli che non la conosceva affatto, invece sapeva che era il contrario. Si morse la bocca facendo finta di niente ed ingoiò quel grumo di saliva che le si era fermato dietro alla lingua. "Ho freddo." disse poi. Sapeva che avrebbe cominciato a piangere se fosse rimasta così inventò una scusa qualunque, che poi era anche abbastanza credibile. "Sono sudata, vado a farmi una doccia, ok?" chiese e corse di nuovo via. Si promise di non piangere, si rese conto di non aver salutato, così alzò solo una mano e fuggì.
Quando fu di nuovo a casa, si rese conto che andava quasi tutto bene. Le aveva fatto male, certo, ma per un lasso di tempo piuttosto limitato. Sotto alla doccia riuscì solo a pensare alla figuraccia che aveva fatto ed a quanto le sarebbe piaciuto di più profumare di borotalco.
Passarono altri quattro giorni. Emma ignorò gli allenamenti, fino a quando il quinto giorno decise che era ridicolo, che non poteva incontrarlo di nuovo e non doveva dargli la soddisfazione di essersi chiusa in casa. Così nel bel mezzo del pomeriggio si mise le scarpe da ginnastica ed uscì, cominciando a correre di nuovo lungo il fiume. Si portò appresso anche l'ipod, alzò la musica al massimo e cercò di ignorare il mondo esterno, guardandosi solo i piedi e qualche metro più avanti.
Sembrò incredibile, ma successe di nuovo. Lo incontrò e fu di nuovo lui a salutare lei per primo. Emma borbottò qualche parolaccia, pronta a replicare di nuovo la brutta figura di qualche giorno prima e se quella volta aveva solo avuto il dubbio che Killian la stesse aspettando, quel sentore si trasformò in certezza.
Il sole era più alto, caldo, e decisamente non poteva sentire freddo. Si fermò di nuovo, aspettò che lui la raggiungesse come qualche giorno prima, tamburellando il piede per terra.
"Strano come prima di questa nostra piccola disavventura non ci siamo mai incontrati e ora continuiamo a scontrarci ovunque." fece lui dopo averla raggiunta. Non teneva niente in mano questa volta. Indossava dei pantaloni blu scuri, una camicia celeste ed addirittura una giacca, che probabilmente serviva a coprire le macchie di una lunga giornata estiva.
Già. Emma sospirò, si guardò attorno, cercando di capire dove fosse arrivata. Era lo stesso identico punto dell'altra volta, ad un orario completamente diverso, lavorativo per di più. "Già." Strano davvero. "Che vuoi?" chiese scostante, irritata da questo pedinamento. Che avrebbe dovuto fare, chiudersi in casa per non trovarlo ovunque?
"Caffé?" chiese lui. Vide lo scetticismo disegnato sulla sua faccia e provò con una mossa subdola. "Ti prego?" chiese, facendo l'espressione da cucciolo ferito o bambino viziato, che le aveva già rivolto qualche volta.
"Io veramente..." cominciò Emma. Guardò l'orologio al polso e notò che ormai era tardi. Avrebbe dovuto lavorare quella sera e non poteva trattenersi ancora: per una volta non si trattava di un mare di scuse. O quasi.
"Cinque minuti." la supplicò lui, di nuovo con quella faccia, che irritò Emma ancora di più, mettendole addosso solo una fretta di andarsene via.
"No, no, davvero." rispose velocemente, cominciando ad incamminarsi. "Scusa, non posso.". E corse più veloce che potesse, più di quanto avesse fatto fino ad allora. Corse per sfogarsi, fino a che le gambe non le facevano male, fino a quando la fatica le tagliò il respiro ed allora urlò e pianse. E no, non era passata, non ce l'aveva fatta. Era troppo presto per incontrarlo di nuovo o per fare finta di niente. E perché diavolo doveva? Erano stati due mesi intensi e pianse perché non voleva buttarli al vento. Non l'avrebbe permesso. Così s'asciugò lacrime e sudore, s'armò di coraggio e ricominciò. Dopo altri due mesi sarebbe andato di nuovo tutto bene e dopo ancora altri due forse sarebbe stata pronta.
Il tempo era la sua risposta e fino ad allora aveva funzionato.
Si replicò di nuovo tutto come qualche giorno prima. Rimase chiusa a casa per un po' e poi riprese a correre. Correre aveva sostituito l'alcol e tutto andava bene. Quando tornò sul lungofiume, si rese conto con una certa soddisfazione che non l'aveva incontrato e non aveva neanche provato ad evitarlo. Aveva fatto avanti e dietro più volte, aveva raggiunto i suoi dieci chilometri ed era andato tutto bene. Forse s'era deciso a lasciarla in pace, si convinse con una certa soddisfazione ed un certo rammarico insieme, ma provò ad ignorarlo ed andava tutto bene. Non sapeva quante volte se l'era ripetuto ormai.
S'era messa in testa di programmarsi le giornate, nonostante la cosa le facesse storcere il naso: il mattino si svegliava presto, eccetto che dopo un appostamento, pranzava all'una, cenava alle otto, lavorava tra le due pause e la sera, quando poteva, riusciva persino a godersi uno o due film su netflix o in tv. Le cose avevano cominciato a girare di nuovo.
Un giorno, una settimana dopo, il telefono cominciò a squillare. Quando prese la cornetta e raccolse la chiamata non sentì niente, né tanto meno lei disse niente. Sapeva che era lui, come lo era stato nella decina di chiamate che le aveva già fatto nei mesi prima. Lo sentì respirare dall'altra parte della cornetta. Una pausa, poi un flusso veloce d'aria fuori. Pausa, aria. Emma abbassò la cornetta, interrogandosi se dovesse riagganciare oppure no, procedendo lentamente, sperando che Killian alla fine dicesse qualcosa.
"Emma!" alla fine la chiamò. Forse aveva smesso di sentirla respirare, forse stava contando anche lui i suoi respiri ed aveva capito. Riavvicinò il telefono all'orecchio e lo sentì di nuovo tirare fuori l'aria. La volta dopo però uscirono insieme anche delle parole, in uno scoppio o flusso veloce, come se le avesse preparate e stesse recitando nervosamente una battuta. "Te lo volevo dire l'altro giorno. Quello che c'è stato tra noi due..." cominciò.
"Non era niente lo so." lo bloccò subito lei, che non voleva sentire nient'altro. Avrebbe riagganciato e sarebbe finita lì.
"Non era quello che intendevo." rispose lui. E di nuovo pausa, aria, pausa, aria.
"Lo so." non convinta di aver capito cosa invece volesse dire, ma non gliene fregava più niente. O almeno così si recitò.
"No, no, davvero non lo sai." Killian sospirò esasperato.
"Killian," cominciò Emma e sentì un sussurro di speranza dall'altro lato della cornetta. "questo mi fa male." Con la scusa di prendere fiato aspettò una risposta da lui. Andava bene qualunque cosa: un sussurro, un "ehm", un "Emma", qualunque cosa pur di poter aggiungere "scusa" e "ciao". Invece lo sentì tirare su col naso e questo fece ancora più male. Chiese allora solo scusa e chiuse la chiamata.
Rimase sul suo letto col telefono in mano a guardare il soffitto. Cercava le linee nere di muffa che disegnavano una nuvola.
Cinque minuti dopo il cellulare squillo di nuovo. In trance si girò verso il telefono, lesse il nome di Killian e rifiutò la chiamata. Poco dopo squillò il telefono fisso, ma non ce la faceva ad alzarsi e rifiutare anche quella. Lasciò che suonasse e poi non squillò più.
Addio, Killian. Pensò tra sé e sé per la centesima volta nell'ultimo anno. Chiuse gli occhi e pianse.


Riprese di nuovo tutto d'accapo.
Si tuffò nella corsa e nel lavoro. Decise di prendere due casi contemporaneamente. Dovette seguire due tizi. Così si risolse pedinandone uno e infilando trasmettitori e microspie sulle auto dell'altro. Pian piano ci prese mano con questa cosa dei trasmettitori GPS. Cominciò ad usarli anche per minimi spostamenti, seguendo chi doveva da casa. I risultati erano gli stessi, gli sforzi minimi. Era più efficiente e ne era contenta.
Una mattina trovò una mail insolita nella sua posta. Di solito stampava tutte quelle che avessero un mittente e poi le leggeva, così nel frattempo poteva usare il computer per il lavoro. C'erano nuovi clienti per fortuna. Ne scelse alcuni a cui avrebbe risposto più tardi. Se questi si fossero rivelati seri avrebbe rifiutato gli altri. In caso contrario ne aveva di scorta. Stava bevendo caffé, leggendo le mail e controllando il percorso di un segnale gps che stava seguendo, quando il mittente di uno di quei fogli attirò la sua attenzione: Killian. Buttò il foglio a terra, nervosa. Poi si reclinò sullo schienale della sedia, mise una mano tremante davanti alla bocca e piano piano trovò il coraggio di leggere. Recuperò allora il biglietto e lesse solo "Sai dove sono a quest'ora, Killian". Poche criptiche parole a cui Emma seppe dare una spiegazione quando guardò l'ora a cui la mail era stata spedita: le otto di mattina. Erano le otto la prima volta che l'aveva incontrato, davanti al chiosco del caffé. Puntuale, come sempre, pronto per andare in ufficio. Guardò l'orologio, erano le dieci e tredici. L'aveva mancato per fortuna.
Il giorno seguente si svegliò presto. Era l'alba quando accese di nuovo il computer col pretesto di seguire sempre il segnale di quel GPS. Finì per tamburellare con le dita sul tavolo, sorseggiando caffé, fino alle otto ed un minuto. L'aveva mancato di nuovo.
Lo stesso si ripeté per altri due giorni, fino a quando una mattina si svegliò di nuovo prestissimo, non mise a scaldare la caffettiera, ma si vestì e decise di entrare in auto e raggiungere il chiosco delle colazioni.
Quando arrivò, lo riconobbe subito in fila e gli andò incontro. Killian non l'aveva neanche vista arrivare, stava là, aspettava il suo turno, aveva una mano in tasca e con l'altra giocava con una pallina di carta sporca.
Avrebbe voluto fiondarglisi addosso, chiedere che significava, dirgli che aveva deciso di lasciar perdere tutto, ma non era così arrabbiata da reagire in quel modo. Rimase imbambolata a guardarlo e quando lui la salutò, finse nonchalance.
Il sorriso di Killian si illuminò da parte a parte.
"Ciao!" disse lui. Recuperò il caffé che aveva ordinato poco prima e glielo allungò. Era difficile leggere la sua espressione. Era semplicemente tranquillo, fermo sotto al sole azzurrino di prima mattina, con un caffé caldo in mano. Le allungò il bicchiere ancora più vicino, costringendola a prenderlo. Scottava contro le dita. Lo vide bere un sorso e così lo imitò come se fosse uno specchio.
"Sei enigmatico." disse lei, rendendosi conto che erano le prima parole che le erano uscite dalla bocca dacchè s'era svegliata quella mattina. Suonarono impastate e basse.
"Sto cercando un maledetto modo per parlarti." esordì lui veloce, ma sembrava contento.
Emma sollevò un sopracciglio confusa dalla sua irruenza. Pensò che quel messaggio le era arrivato quasi una settimana prima e che l'aveva ignorato per giorni e forse Killian stava cercando di parlarle da giorni, stava provando un discorso da giorni, che era stato poi costretto a trattenere. Forse ancora da prima, quando l'aveva incontrato mentre correva.
"Scusa." fece poi lui e si riavviò quel piccolo ciuffo di capelli dietro alla testa.
"Cosa mi volevi dire?" chiese lei gentile. O almeno così credeva di essere stata. Era suonata indifferente e l'indifferenza faceva male.
"Sh, zitta." le ordinò Killian. Emma strinse le labbra infastidita, piegò la testa incuriosita ed aspettò che lui parlasse. Aveva già idea di quello che voleva dirle. Aveva capito dalle chiamate, dal messaggio e dal sorriso nervoso che gli si era montato sulle labbra. Killian cercò di ricomporsi e cominciò a dire tutto d'un fiato "E' finita, è finita con Milah, davvero, per sempre. Abbiamo pianto, ci siamo abbracciati e salutati..." era probabilmente da due mesi che non vedeva l'ora di dirle quelle cose. Le parole gli esplosero dalla bocca e dalla sua faccia non riusciva a togliersi quel sorriso.
"Killian." lo chiamò lei alla realtà.
"... ho persino cambiato appartamento e sto per cambiare lavoro. E' il mio penultimo giorno là dentro." disse indicando il palazzo alle sue spalle "Possiamo ricominciare da quella sera o solo vederci qui tutte le mattine..." continuò lui, riferendosi alla sera in cui aveva chiuso con Milah, era tornato di sotto ed era rimasto da solo. Emma aveva capito immediatamente a quale sera lui si riferisse.
"Killian, fermati!" lo bloccò alzando un po' la voce. Ottenne la sua attenzione e solo allora si rese conto che non avevano mai parlato davvero di quello che poteva essere tra loro, continuavano solo a dirsi "lo so" e "lo sai". Non avevano mai parlato del passato o del futuro, di quello che volevano, di come s'aspettavano sarebbe stata la loro vita o solo la sua, di come volevano fosse fatta. Insomma quelle cose che di solito si mettono in chiaro all'inizio di una relazione. Emma ballò sui piedi, cambiò posizione, guardò in alto, sospirò nervosa. S'era di nuovo abituata all'idea che lui non ci fosse più nella sua vita. Ci aveva rinunciato così tante volte che non ricordava nemmeno quante fossero. Voleva così tanto stare con lui, vedere il suo nuovo appartamento, tutto. Eppure quel sorriso gli ricordò la cosa più importante di tutte e capì improvvisamente perché quella sera aveva davvero deciso di andarsene. Si portò le mani alla faccia per nasconderla, perché si sarebbe pentita probabilmente per sempre per quello che stava per dire. "Non me ne sono andata perché credevo avessi scelto Milah." Lo guardò con la coda dell'occhio e aspettò recepisse il messaggio, che metabolizzasse e che lo facesse anche lei. Non riusciva a guardarlo in faccia e si fissava continuamente i piedi e l'auto grigia in fondo alla strada. "Non sono pronta per niente del genere. Tu sei il tipo di uomo che sta dieci anni con una donna, che vuole prendere il caffé tutte le mattine, io il tipo di persona che è stata da sola tutta la vita," stranamente l'ultima frase le uscì con orgoglio e non riuscì proprio a piangere mentre lo diceva "che non vuole niente del genere e che si prepara il caffé da sola a casa. Non so neanche se voglio rimanere qui in questa città!" concluse esasperata, dando voce a quell'incertezza che l'aveva accompagnata da sempre.
Di nuovo si sentì fiera di sé, come quando era andata via quella notte: stava facendo la cosa giusta. Lui era una persona troppo buona per lei, era un uomo di famiglia, quello ideale, non avrebbe faticato a trovare un'altra ragazza più adatta. Lei era quella che per una settimana si svegliava alle quattro di mattina, per un'altra a mezzogiorno; era il tipo di persona che non poteva avere un'abitudine, che ci stava provando ed un po' le andava stretta. Non voleva sposarsi presto, non voleva dover badare a qualcuno, non voleva doversi preoccupare dei sentimenti di un altro per qualsiasi cosa le venisse in mente di fare, non voleva in fin dei conti che la sua vita cambiasse. In un mondo ideale, Killian Jones era una persona libera, senza legami, obblighi, che poteva e voleva starle dietro con quel ritmo, mollare tutto un giorno e cambiare vita. Invece qualcosa doveva essergli successo ed era diventato un uomo che aveva bisogno di radici ed abitudini. Le loro vite semplicemente non erano compatibili e seppure avessero iniziato qualcosa presto sarebbe finito. Non era mai stato così chiaro.
Quando Emma alzò gli occhi credeva che l'avrebbe visto triste e disperato o quanto meno deluso. Si rese conto di non essere mai stata chiara con lui e che avrebbe dovuto dirgli qualcosa prima di permettergli di mollare tutto. Invece no, il suo viso era indifferente, deciso, forte. Killian strinse le labbra, mordendo le parole che stavano per uscire.
Emma gli portò il foglio con la mail che le aveva mandato al petto, glielo incollò sulla camicia aspettando che lui l'afferrasse, poi si girò e fece per andarsene.
"Emma," la chiamò lui. Si girò e lo vide in piedi nella stessa posizione in cui l'aveva lasciato, con in più il riflesso castano dei suoi capelli e della barba che catturò la sua attenzione. "non mi arrendo."



 




Angolo dell'autrice
Ho letteralmente paura di scrivere questo little corner. 
E' un ritardo scandaloso, avete ragione. Mi merito fustigazioni in piazza, il rogo o cose del genere. Non ho alcuna giustificazione! Diciamo che l'unica che riesco a trovare è che piano piano il mio interesse verso questa serie tv è calato, insieme alla sua qualità, ed ho cominciato a rimandare, complice il fatto anche di non aver ricevuto recensioni. Non che mi servissero per continuare, ma pensavo che non è un male così grande se rimando un pochettino! Rimanda oggi, rimanda domani, inizia a venirmi un po' di vergogna a ripresentarmi così di punto in bianco. Addirittura mi sono arrivate due fantastiche recensioni, che ho ignorato per vergogna. Poi mi è arrivato un MP e mi sono letteralmente sciolta! In due giorni ho ripreso la storia, sono tornata al punto dove ero rimasta ed ho finito il capitolo. 
Ho letto anche le recensioni e grazie, grazie di cuore! Grazie a Chipped cup soprattutto! Ringraziatela perché è suo il merito se sto scrivendo sta cosa xD 
Un lungo exploit per scrivere questo "angolo"! Tornando a noi, prometto che non mollo più! Non posso dirvi ogni quanto, perché attualmente sto portando avanti anche un'altra storia, ma lo farò! So che penserete che tanto succederà, che l'ho detto mille volte, che non vi fidate e avreste ragione, quindi vi convincerò coi fatti! E continuerò anche "The selection" una volta smaltite queste storie.
Tornando alla nostra storia, la parte del presente l'ho resa abbastanza leggera, e sì ad Emma piace game of thrones lol personalmente a me non troppo, ma comunque. C'è un punto in cui Killian non ricorda se quella cosa davanti alla TV è successa nel 2013 o nel 2014. E' fatta apposta per alleggerirvi l'angst successivo xD Ragazzi, non sappiamo chi si sta sposando, era ovvio che ci sarebbe stato un tira e molla u.u 
Non so se ve l'ho già detto, ma ho già la trama dei prossimi (ultimi 4 sigh) capitoli e vi anticipo che ne avremo uno nel presente con la sposa, uno nel passato con lo sposo e che Milah tornerà. Mhuahuahuahauhauhaua
Ok, adesso chiudo. Tornerò :* 

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: summers001