Prompt: 4. Colazione
Titolo: Il cielo si è svegliato
Autore: Calime
Fandom: Frozen – Il Regno di Ghiaccio
Personaggi: Elsa, Re, Regina
Genere: Angst, Malinconico
Rating: Verde
Avvertimenti: Missing Moment
Lunghezza: 1398 parole – 4 pagine (contatore Word)
Note dell’autore: Salve e benvenuti, o bentornati! Non ho scusanti e non sto qui a farne inutilmente un elenco. Ho sempre avuto un’ispirazione ballerina, ma speravo che con Frozen durasse di più… Per chi avrà la pazienza di leggere, qualcosa arriverà ancora ;) In ogni caso, chi ha già seguito questa raccolta si sarà accorto che ne ho modificato il titolo tenendo solo Snowflakes ed anche l’intro e sì, la raccolta risulta completa giusto perché ho voluto mettere le mani avanti. Sono la prima a volerla completare, nonostante i miei tempi biblici. Di certo, non mi precludo alcuna possibilità con il nuovo corto in arrivo e il seguito in cantiere ^^ In più, adesso accanto al titolo dei capitoli troverete una sigla: MM (Missing Moment), PrF (Pre Frozen), PF (Post Frozen). Così è più agevole capire la linea temporale dei momenti.
Passiamo adesso alla fanfiction… L’ambientazione è subito dopo l’incidente di Anna. Tornati al castello, Anna ancora non si sveglia ed Elsa trascorre al suo capezzale le poche ore che intercorrono tra il rientro a casa e la colazione.
Credo di non aver mai descritto un momento del genere e tutto Elsa centrico, be’… Spero possa piacere a qualcuno!
Grazie come sempre per la lettura ♥
Snowflakes
Momenti della nostra
vita
10. Il cielo si è svegliato
Il fruscio dei tovaglioli di seta sugli abiti e la tovaglia ricamata e
il cristallino rumore dell’argento delle posate sulla
porcellana del servizio stavano intonando una triste melodia,
accompagnata dai pesanti sospiri dei commensali; quella mattina i
colori avevano perso la loro lucentezza, come fossero ingrigiti da una
sottile patina di polvere nonostante l’impeccabile pulizia
della servitù. Le candele e i candelabri illuminavano la
sala, gettando calda luce sui pavimenti, i mobili, le suppellettili e
le persone che servivano e consumavano la colazione meccanicamente.
L’allegro scoppiettare del fuoco nel camino, poi, cercava di
risollevarne gli animi, ma con scarsi risultati.
“Colpa dell’inverno” mentì
ognuno dei presenti, poiché era l’unica
spiegazione plausibile. Colpa di quel rigido inverno caratteristico di
Arendelle che non risparmiava nessuno, nemmeno il sole ormai sorto da
ore – eppure invisibile.
Il cielo lattiginoso aveva dato il buongiorno ad Elsa, rimasta a
rimirare l’alba e a trascorrere le prime ore del giorno in
preda all’angoscia. Il papà era stato chiaro,
quando erano tornati e l’aveva mandata a dormire, e Gerda le
aveva anche fatto compagnia fino a quando non era riuscita a fingere
bene di aver preso sonno. Poi, una volta sola, aveva gettato via le
coperte per precipitarsi accanto ad Anna.
Seduta sul bordo del suo letto, le aveva stretto la piccola mano per
tutto il tempo, nonostante il pericolo fosse passato, le guance avevano
ripreso colore e il suo corpicino calore.
Così la trovò Gerda più tardi, quando
il sole era già sorto e l’ora della colazione
giunta. Entrò bussando con colpi leggeri alla porta della
camera condivisa dalle principesse per svegliare la maggiore e
controllare la minore. Il soffice rumore dei suoi passi e della gonna
del suo abito che accarezzava il pavimento attirarono
l’attenzione di Elsa e la balia rimase profondamente colpita
dallo sguardo colmo di disperazione che l’erede al trono di
Arendelle le rivolse.
“Non si sveglia”, parvero gridare i suoi tristi
occhi azzurri.
Gerda ancora rabbrividiva al ricordo.
Tuttavia, non seppe mai spiegarsi come ma riuscì a
convincerla a lasciare il capezzale di Anna – probabilmente
la bambina era troppo stanca e scossa per ribattere e fare di testa sua.
«Elsa, non mangi? Non hai fame?»
Il Re ruppe il pesante silenzio, infastidito dall’atmosfera
cupa che aleggiava su di loro. Non vedeva il motivo di tanto
raccapezzarsi: credeva nella magia dei troll e anche il dottore li
aveva assicurati sulle condizioni stabili di Anna… Soltanto,
la bambina ancora non aveva aperto gli occhi.
Elsa seguitò a rimestare il latte con aria meditabonda.
Leggere volute di vapore si innalzavano dalla tazza ad intervalli
sempre più lunghi, segno del repentino raffreddamento della
bevanda, ma non parve preoccuparsene. Nessun suono uscì
dalle sue labbra strette, soltanto il rumore del cucchiaino che
raschiava la porcellana rivelava la sua presenza a tavola.
Agdar sapeva che il suo non era un voluto gesto di maleducazione nei
suoi confronti ma soltanto mancanza di attenzione, per questo
lanciò una veloce e disperata richiesta di aiuto alla moglie
che gli sorrise con aria benevola.
«Elsa» la chiamò, appoggiando la propria
mano su quella libera e chiusa in un pugno della figlia.
Quel contatto parve riscuoterla ed Elsa sobbalzò appena.
Trovandosi davanti il dolce viso della mamma, sentì venir
meno la forza con cui cercava di trattenere le emozioni.
«È colpa mia» singhiozzò con
un filo di voce, incapace di nascondere ciò che le faceva
dolere il cuore.
Idun prese lesta il proprio tovagliolo e le asciugò le
lacrime che fuoriuscivano incontrollate.
«Non dire così, tesoro».
«Ma è colpa mia!» L’angoscia
di Elsa era così tangibile che la Regina sentì
l’impotenza attanagliarle le viscere e si trattenne a fatica
dal farle compagnia.
Deglutì il nodo alla gola: era madre, prima che moglie e
regina.
«Anna è fuori pericolo. Bisogna
soltanto-».
«No, cara. Ha ragione». Il Re intervenne in tono
severo.
La donna si voltò come scottata, ma con un gesto della mano
lui fermò ogni protesta.
«È giusto. È ora che Elsa impari a
prendersi la responsabilità delle sue azioni».
Agdar sospirò e addolcì l’espressione
seria, rivolgendosi alla sua piccola erede. «È
stato un incidente – non lo metto in dubbio –, ma
adesso sai perché ti abbiamo sempre raccomandato
attenzione».
La bambina deglutì e abbassò lo sguardo sulla
tazza piena di latte e fiocchi d’avena, aggrappandosi al
bordo del tavolo con tutte le sue forze per non scoppiare a piangere.
«Sì, padre» mormorò, pronta a
ricevere la sgridata che sapeva di meritare e che aveva atteso da
quando erano tornati al castello.
Tuttavia, il Re sorprese figlia, consorte e la servitù
presente domandando: «Hai vegliato su Anna per tutto questo
tempo, vero?»
Stupita, Elsa alzò di scatto gli occhi pregni di genuina
confusione.
Il Re le scompigliò affettuosamente i capelli.
«Il mio piccolo fiocco di neve», la
vezzeggiò. «La mia piccola e degna
erede».
La mano del papà era grande, così grande da
avvolgerle il viso dalla guancia fino alla nuca. E calda, talmente
calda da riuscire a sciogliere le catene di ghiaccio che le stringevano
il cuore.
«Sei una brava sorella maggiore, Elsa»
continuò a lodarla con traboccante affetto. «Di
questo non devi mai dubitare, tesoro».
Elsa annuì e finalmente la sua inquietudine si
attenuò.
«Imparerò a controllare i miei poteri»
affermò come una solenne promessa.
«Così non farò più del male
ad Anna e potrò tornare a giocare con lei».
Il Re sorrise soddisfatto, leggendo negli occhi della figlia
determinazione e severità che reputava essere
qualità essenziali per un buon sovrano. Di benevolenza, ne
possedeva fin troppa e una saggezza ancora poco temprata incominciava
ad affacciarsi, ma il tempo e l’esperienza avrebbero forgiato
una grande sovrana.
Non servirono altre parole, Elsa capì che non sarebbe mai
stata sola e che lui le avrebbe sempre teso una mano amica, nonostante
le dure parole e lezioni che già le impartiva a quella
tenera età. Questa consapevolezza la calmò e
ricordò al suo stomaco le lunghe ore di digiuno.
Il Re lasciò e attese con la moglie che la bambina iniziasse
a mangiare. Soltanto quando il cucchiaino colmo di latte e fiocchi
sparì tra le sue labbra, tirarono un sospiro di sollievo.
Elsa mugolò affamata e si dedicò a consumare
velocemente la colazione in modo da poter tornare dall’amata
sorellina. Rincuorati, i due reali coniugi le fecero compagnia
trangugiando pane, tè, biscotti e tutto il bendidio che era
uscito quella mattina dalle cucine.
Il clima si assestò su una calma fiduciosa – nella
magia dei troll, nelle competenze del dottore, nelle preghiere rivolte
agli dei. Non potevano far altro che attendere.
«Maestà, la principessa Anna si è
svegliata».
La pacata voce di Kai, foriera della lieta notizia, irruppe nella sala
riecheggiando tra i muri e nelle loro orecchie.
Dapprima, non vi fu alcuna reazione ma soltanto un lungo attimo di
smarrimento ed incredulità, poi qualcosa si mosse: il
concitato rumore di posate che sbattevano sul legno e lo stridore di
sedie sul pavimento palesarono la preoccupazione latente dei presenti.
La piccola Elsa fu la prima a correre incontro al fedele maggiordomo,
ma non lo incitò con domande inopportune. Stette ferma
davanti al suo sguardo inespressivo, nella scarsa altezza dei suoi otto
anni, con gli occhi sgranati e pronti a memorizzare ogni suo minimo
movimento e parola, le mani giunte in una preghiera.
Soltanto al cenno del Re, Kai parlò: «Il dottore
ha detto che la principessina ha bisogno di un altro po’ di
riposo e di mangiare».
I sospiri di sollievo uscirono quasi all’unisono dalla
famiglia reale di Arendelle.
«Che magnifica notizia, Kai!» esclamò il
Re. «Fallo pure accomodare nel mio studio. Vi raggiungo
subito».
Quando passò accanto alla figlia, ancora paralizzata da
mille dubbi, le posò una mano sulla spalla abbassandosi poi
per attirare la sua attenzione.
«Potresti aiutare Gerda a portare la colazione ad
Anna», sorrise nel vedere il suo sguardo illuminarsi di pura
gioia. «Ti va?» le chiese, già
conoscendo la risposta.
La bambina gli gettò le braccia al collo.
«Sì, sì, sì,
sì» ripeté, stretta nel suo abbraccio.
«Grazie!»
Anna si era svegliata! Stava bene!
Elsa non riuscì a crederci fino a quando non lo vide con i
propri occhi.
«Elsa! Facciamo un pupazzo di neve insieme?» fu la
prima cosa che Anna le chiese.
La sorella maggiore le rispose, ridendo: «Quando starai
meglio».
“E quando riuscirò a controllare i miei
poteri”, aggiunse tra sé.
Ma nessuna delle due sapeva ancora quanto ci sarebbe voluto.
E quanto ne avrebbero sofferto.