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Autore: Saku90    09/08/2017    1 recensioni
Tratto dal prologo
Avevamo sconfitto Kaguya. Quindi penso sia comprensibile pensare di aver finalmente eliminato ogni minaccia e di poter sperare di godersi almeno mezzo secolo di pace, no?
Purtroppo non avevamo fatto i conti con quello che viene definito il terzo fattore, un fattore imprevedibile, e per questo spiazzante e catastrofico come non mai.
Sapete già di chi parlo, perché per quanto la sua dichiarazione di voler difendere Konoha abbia in parte acquietato le nostre paure, non aveva ingannato i nostri cuori.
[...] A un certo punto l’atmosfera si fece più tesa. Le intenzioni di entrambi si consolidarono nella volontà di concludere quello scontro. Entrambi erano pronti a sferrare il colpo decisivo, e proprio come quel giorno, di un sacco di anni fa sul tetto dell’ospedale, corsi a frappormi tra loro.
Posso ancora ricordare perfettamente la faccia sconvolta di Naruto, e lo sguardo determinato di Sasuke, disposto a trapassare il mio corpo pur di uccidere il suo migliore amico.
Vi starete giustamente chiedendo: cosa accadde? Da chi fui salvata?
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden, Dopo la serie
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 Capitolo I

 
 
Sasuke
 
 
Era una normalissima mattina. O almeno così pensavo. Il sole era da poco sorto. Riuscivo ad intravedere i suoi ancora fievoli raggi filtrare dalle tendine di pizzo della finestra.
Tendine di pizzo?
In camera mia?
Le ultime ragnatele oniriche che ancora infestavano la mia mente furono del tutto estirpate dal notare che quello su cui ero sdraiato non era il mio letto. Questo era troppo morbido!
Mi alzai di scatto a sedere, i sensi ben in allerta.
Quella non era la mia stanza! Era decisamente femminile, troppo rosa, troppo piena di fronzoli. Troppo tutto! Che scherzo era mai?!
Che fossi stato intrappolato in un genjutsu?
Chiusi gli occhi e cercai di concentrarmi per spezzare quell’orrenda illusione.
Lentamente riaprii gli occhi, e la prima cosa che vidi fu una foto di gruppo.
Il cuore iniziò ad accelerare ulteriormente i suoi battiti. Di quel passo sarei entrato in uno stato di tachicardia.
La foto ritraeva quattro persone: io, quel baka di Naruto, Kakashi, e ….
Al centro della cornice in legno c’era quella bella ragazza.
Sorrideva felice e spensierata.
Un flashback su quel bel volto privo di vita mi procurò brividi di freddo lungo tutto il corpo.
Dove mi trovavo? Possibile che fossi nella stanza di quella ragazza?
Di scatto mi alzai in piedi mettendomi davanti al lungo specchio posto a lato dell’enorme armadio.
Quello che vidi mi fece azzerare la salivazione e aumentare i battiti cardiaci.
Davanti a me, riflessa su quel maledetto e ingannevole specchio, c’era una ragazza: quella ragazza.
Lunghe e toniche gambe sbucavano da un paio di pantaloncini striminziti pieni di orrendi e antiquati merletti.
Due rigonfiamenti alquanto sospetti, tendevano una leggerissima canotta all’altezza del petto.
Cercai di inghiottire il nodo che mi stringeva la gola, quando le mie mani, dotate di una loro autonoma volontà, si spostarono su quei rigonfiamenti, accarezzandoli amorevolmente.
«Sakura! Non dovevi andare dall’Hokage oggi? Se non ti sbrighi farai tardi!», ruggisce una voce dal piano inferiore.
Quegli enormi e profondi occhi verdi, che mi guardano dallo specchio, si spalancano per la sorpresa, assumendo un’adorabile arie innocente.
Sakura.
Come si fa a chiamare la propria figlia Sakura?
«Sakuraaaa!!», rimbombò nuovamente quella fastidiosa voce.
«Arrivo!», urlo di rimando con una voce sottile e delicata.
Il mio sguardo non riusciva a staccarsi dall’immagine riflessa. Lentamente, come se il riflesso potesse all’improvviso discostarsi dal riprodurre fedelmente i movimenti che facevo, portai una mano in mezzo a quella folta chioma rosa, e vi ci affondai le dita sprigionando un fresco odore di fiori.
Erano morbidi e setosi, proprio come apparivano.
«Sakura!».
Affondai i denti in quelle labbra morbide e fruttate per non urlare a mia volta.
«A quanto pare dovrò cambiarmi», sussurrai allo specchio osservando la striminzita mise che fungeva da pigiama.
Chiusi gli occhi e lascia scivolare giù i pantaloncini, che con un morbido fruscio si afflosciarono ai miei piedi.
Poi fu il turno della canottiera.
Voltando le spalle allo specchio mi diressi verso l’armadio alla ricerca di qualcosa di più coprente da mettere, ma gli occhi mi caddero su quel bellissimo seno avvolto in un semplice reggiseno di cotone, ed io Uchiha Sasuke, colui che aveva cercato di sterminare l’intero villaggio, arrossii come uno scolaretto.
«Tsk», sbuffai.
All’interno di quell’enorme armadio c’erano solo due completi, nessuno dei quali era abbastanza coprente per i mei gusti.
Dopo aver indossato un altro paio di pantaloncini, e una banale maglietta, mi azzardai a scendere le scale.
«Alla buon’ora! Ma è possibile che tu sia sempre così pigr…. Cosa hai fatto ai capelli?», mi chiese una donna dai capelli biondi, ovvero la madre di Sakura, guardandomi come se fossi un alieno.
Di riflesso porto la mano ai capelli incriminati accarezzandoli come un fidanzato protettivo.
«Niente», risposi brusco.
«Cos’è una nuova moda, non pettinare i capelli?», mi prese in giro facendomi arrossire.
Che perdita di tempo pettinare i capelli: erano solo capelli!
«Tsk».
«Sakura! Non osare più zittirmi con simili versi! Non sei una capra!».
Odiavo quella donna che osava paragonarmi ad una capra!
«Esco», l’avvisai.
«Hai sistemato camera tua?».
«Uhm».
«Sakura, non rispondere con quegli assurdi versi a tua madre», mi riprese un uomo dagli assurdi capelli lilla.
Avendone abbastanza di quelle assurde e sconclusionate ramanzine, uscii senza degnarli di alcuna considerazione.
 
«Sakura!», urlò una voce fastidiosamente stridula.
La ignorai e continuai a camminare per la mia strada.
«Sakura!», ripeté quel nome per poi afferrarmi una spalla per fermarmi.
Mi voltai verso quell’insolente dalla voce così fastidiosa. Si trattava di Ino.
«Che c’è?», le abbaiai.
«Ti sei alzata con il piede storto? Comunque, ho saputo che avrete un nuovo compagno di squadra, e che è tremendamente affascinante e simile a Sasuke», mi confidò come un’esperta pettegola, lanciandomi gomitate ai fianchi per sottolineare il concetto.
Un nuovo compagno di squadra? Simile a me e affascinante? Bleah.
«Forse con lui in squadra ti dimenticherai di Sasuke», continua imperterrita la pettegola.
«Perché dovrei dimenticare Sasuke?», le chiesi con gli occhi ridotti a due fessure.
Finalmente la bionda si allontanò di qualche passo.
«Ma come perché? Hai forse dimenticato come ha trattato te e Naruto? Tutti i problemi che ci ha causato? Nemmeno per la sua bellezza vale la pena soffrire così tanto».
«Tsk».
«Dai Sakura, non fare la scontrosa», si lagnò esasperandomi.
«Non sono scontroso», brontolai.
«Scontroso?», mi chiese confusa.
Mi limitai a guardarla con il mio sguardo assassino.
«Ah, quasi dimenticavo, ti cercava Naruto. Sta diventando alquanto imbarazzante il vostro attaccamento».
«Il nostro attaccamento?», chiesi incuriosito.
«Sì, dai, quel suo modo di preoccuparsi sempre per te come se fosse il tuo ragazzo. Si vede che è palesemente innamorato di te. Capisco che dopo la fuga di Sasuke abbiate iniziato a passare più tempo insieme, ma non ti sembra di star esagerando?».
Dunque, ricapitolo questo rebus: Sakura, la bella ragazza che trovai morta, era innamorata di me, mentre quel baka di Naruto era innamorato della rosa.
E io? Ero mai stato innamorato di qualcuno?
«Sono affari miei», le intimai perso nei miei pensieri.
Perché non riuscivo a ricordarmi se fossi mai stato innamorato? E soprattutto, perché non ero in grado di ricordarmi di Sakura?
«Scusa se mi interesso di te», sbuffò infastidita lasciandomi nel mezzo della strada.
«Stronza permalosa», bofonchiai.
«Sakura-chan!», urlò un’altra voce fastidiosamente familiare.
«Sakura-chan!».
Non ebbi nemmeno il tempo di voltarmi verso quel pescivendolo ambulante che urlava a squarciagola il nome di quella povera ragazza, che qualcosa di pesante mi si scaraventò addosso abbracciandomi.
«Baka… mi stai schiacciando», cercai di dirgli con quel po’ di fiato che mi era rimasto in corpo.
«Ops… scusa», si scusò passandosi una mano su quella zazzera di capelli biondi.

Il mio sguardo corse al ragazzo dietro le sue spalle. Carnagione più pallida della mia, profondi occhi di un castano così scuro da apparire quasi neri, capelli corti del colore del caffè.
Quindi era questo il mi sostituto.
«Ti sei portato dietro il sostituto?», gli domandai sprezzante, il mio sguardo sempre puntato su quel fantoccio che pensava di poter prendere il mio posto.
Naruto spostava in continuazione la testa tra me e il nuovo arrivato, come se non capisse cosa stesse accadendo.
«Credevo che avessimo risolto i nostri diverbi», mi disse l’altro.
«Hai detto bene: credevi», sibilai.
«Sakura-chan, non fare così. In fin dei conti Sai non è così male», cercò di giustificare la sua presenza.
«Lui è solo un tappa buchi, gli converrebbe non abituarsi troppo a questa atmosfera così pacifica».
«Pensavo che l’avessi capito», mi disse pacatamente Sai.
«Cosa?».
«Che Sasuke vi ha abbandonati di sua spontanea volontà. Ha rifiutato la vostra amicizia, così come il tuo nome. Ti ha abbandonato priva di sensi su una panchina senza più guardarsi indietro. E quando vi rivede, dopo anni di lontananza, cerca di uccidervi. Sei ancora così ingenua da aspettare che rinsavisca e torni da te? Sarò anche un tappa buchi, ma almeno non vivo in funzione di una persona per la quale non esisto nemmeno. Sarai anche qui, Sakura, almeno fisicamente, ma anche tu stai lasciando un buco».
Rimasi immobile, paralizzato da quelle parole brutali, che tanto efficacemente riassumono il mio passato.
Mi voltai, senza proferire parola, e mi allontanai.
«Sakura-chan…la missione…».
Non lo ascoltai.
 
Mi ritrovai all’ingresso di quello che un tempo era il quartiere degli Uchiha. Entrai nella mia vecchia casa e mi sdraiai nel mio vecchio letto.
Il sole stava quasi tramontando quando aprii gli occhi. Naruto era seduto per terra di fronte a me.
«Che ci fai qui?».
«Vieni sempre qui quando sei turbata».
«Non lo sono».
«Invece sì, ed è normale che tu lo sia, Sakura-chan. Dopotutto lo ami», mi disse con gravosa malinconia.
«Io… non lo amo», mi costrinsi a pronunciare quelle amare parole.
Un triste sorriso gli tratteggiò le labbra.
«Tu daresti la vita per lui. Quando lo abbiamo incontrato, al nascondiglio di Orochimaru, ho temuto che potessi fare qualcosa di stupido», mi confidò guardandomi con quei suoi occhioni celesti.
«Non ragioni con lucidità quando si tratta di lui», continuò, l’amarezza che impregnava ogni parola.
«Mi preoccupo anche per te, no?», cercai di consolarlo.
Non sapevo cosa stessi facendo, ma a quanto sembrava queste due persone erano state ridotte a dei relitti per causa mia.
«Ino stamattina mi ha fatto la ramanzina perché passo troppo tempo con te».
«Uff…», sbuffò.
«Manca anche a te Sasuke, vero?», gli domandai.
Abbassò lo guardo sul tatami.
«Sì. Cerco di abituarmi alla sua assenza, ma certi giorni…. Certi giorni mi manca, così, senza un motivo in particolare, mi manca semplicemente averlo accanto, non potermi più confrontare con lui».
«Era il tuo migliore amico».
«Lo è tutt’ora, anche se ha cercato di farmi fuori», cercò di scherzarci su.
«Io credo che tornerà», gli confidai.
«Credi?», mi chiese, riferendosi chiaramente alla discussione con Sai.
Annuii.
«Anch’io», mi rivelò con un sorriso.
Stemmo in silenzio per un tempo che parve infinito, confortati dalla presenza dell’altro.
A un certo punto lo stomaco di Naruto iniziò a brontolare rumorosamente.
«Uhm… che dici di andare a mangiare una bella porzione di ramen?», mi propose con un sorriso imbarazzato.
«D’accordo».
Come ai vecchi tempi andammo a mangiare da Teuchi, e Naruto, come al solito, ne divorò una quantità assurdamente spropositata.
Lo osservai mentre divorava una porzione di ramen dopo l’altra, e riflettei sulla nostra amicizia. Lui mi era stato realmente accanto, così come Sakura.
Sakura.
Non sapevo perché quel nome mi riempisse di angoscia e vergogna. Avrei tanto voluto scusarmi per il dolore che evidentemente le avevo provocato, ma non sapevo come fare.
Ci riflettei per tutta la notte, fino a quando il sonno non mi fece prigioniero.
 
Fu un raggio di sole a svegliarmi costringendomi ad aprire gli occhi. Sentivo Naruto russare accanto al mio letto. Stava abbarbicato al cuscino sbavando e ordinando una porzione di ramen.
Che baka.
Guardai nuovamente fuori dalla finestra, il corpo pervaso da una strana tensione, come se mi stesse sfuggendo qualcosa di importante, ma che non riuscivo a riportare in mente.
Sasuke-kun… Sasuke-kun…..
Mi voltai nel sentire il mio nome sussurrato da quella voce così morbida, attivai anche lo sharingan per assicurarmi che non vi fosse nessun altro a parte me e Naruto.
«Cosa c’è?», bofonchiò Naruto ancora addormentato.
«Nulla», gli risposi per poi voltargli le spalle e riprendere a guardare fuori dalla finestra l’albero di ciliegio che stava fiorendo sotto la mia finestra.
Sakura…
 
   
 
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