(parte prima)
By Xavier
Cosa
mi spaventa più della morte? Acromio, certamente. Prima,
ciò che
più temevo era proprio perire entro queste quattro mura,
giovane o
vecchio poco importava, impossibilitato ad evadere per tornare ai
miei studi e ai miei piani. Adesso, temo il suo sguardo più
di
qualsiasi altra cosa, temo di finire sotto le sue grinfie ed essere
sottoposto ad ogni suo trattamento, proprio come una cavia. Porto
ancora i segni delle sue torture, non andranno via presto e fanno
male, tanto male. Sento la mia pelle bruciare ad ogni tocco ma, ancor
di più, sento ardere la mia voglia di libertà e
la otterrò, la
libertà, anche a costo di scavarmi un tunnel nel pavimento
con un
cucchiaio, finire in mare e diventare pasto per gli Sharpedo che
infestano la zona. Almeno morirei libero, e potrei vantarmi di essere
evaso! Purtroppo però, ho solo un bisturi al mio servizio,
quella
maledettissima arma usatami contro da quel pazzo, e non ho intenzione
di sprecarla nel vano tentativo di segare le sbarre, sarebbe
inutile.
Non dormo da oltre ventiquattr'ore, da quando è passato
a salutarmi non sono più riuscito a chiudere occhio. Come
potrei
dormire sapendo di avere quella spada di Damocle puntata sulla mia
testa, pronta a ferirmi? Non so cosa abbia in mente, ma non
sibilerò
neppure una lettera in sua presenza, morissero con me tutti i miei
segreti!
Ma, a quanto pare, non sono l'unico in questa condizione.
Vedo che anche Maxie fatica a rilassarsi, mangia poco ed è
piuttosto
nervoso, deve aver litigato con Ivan, forse gli manca, che sciocco,
se crepa prima di me sono davvero spacciato. Che abbiano scelto anche
il pirata tra coloro che dovranno partire per Unima? Fortunato, ma
considerando quant'è stupido non coglierebbe neppure
l'occasione per
scappare. Ah, se solo avessero scelto me, accidenti! Ma come avrei
potuto prevedere una cosa simile?
Mi stropiccio le palpebre per un
minuto intero, le riapro e vedo un'immagine ancora sfocata al di
fuori della cella, è un'ombra o è reale? Sembra
una figura snella e
slanciata con le mani posate sulle sbarre metalliche, che
sia…?
«Cyrus,
buonasera! Ti sei appena svegliato? Sai che ho proprio voglia di una
bella chiacchierata con te adesso?».
Dannazione! Perché proprio
lui? Ormai mi ha visto sveglio, non posso più fingere di
dormire,
alzo appena l'angolo sinistro del labbro superiore con una smorfia di
disgusto e mi metto a guardare altrove, sembro uno scolaro
impreparato che spera di non essere interpellato dal professore
mettendosi a frugare nello zaino, solo che io frugo sotto il
materasso, con le mani dietro la schiena, alla ricerca della piccola
lama; questa è la volta buona che gliela faccio ingoiare, se
solo
osa metter piede qui dentro!
Comincia a camminare su e giù,
osservandomi malizioso da dietro le sue lenti ovali. Odio quel
sorrisetto, è lo stesso che aveva stampato in viso l'ultima
volta e
non è finita bene, mi vergogno ad ammetterlo ma mi fa
raggelare il
sangue. Io, Cyrus, mi sono davvero ridotto a questo? Ad un animale
prigioniero ed impaurito da un essere come lui? Se solo ci fosse
Cynthia qui, gli farebbe mangiare la polvere! Che dico, mi
basterebbero i miei Pokémon e gliela farei mangiare io
stesso, da
solo!
«Acromio, lascialo stare! Così lo infastidisci e
basta,
non riuscirai mai a dialogarci se ti comporti
così».
Questa voce
non può che appartenere a Maxie. Non ne comprendo il motivo,
ma
prende sempre le mie difese, senza che tragga mai alcun profitto da
me, perché lo fa? Voglio capirlo, diamine!
«Hai ragione Maxie,
sembra piuttosto nervoso oggi, forse ha fame» -ribatte lui,
osservandomi come fossi un Pokémon sotto esperimenti-
«facciamo
così allora: tornerò sul tardi, dopo l'ora di
cena, così saremo
tutti e tre più tranquilli e faremo salotto come si
deve!»
«Non
te lo garantisco, Acromio. Dopo cena andrò subito a dormire
e credo
che Cyrus farà lo stesso, non vorrai mica
destarci?» chiede Maxie,
un po' allarmato.
«Oh, se vuoi riposare non ti sveglierò
certo»
- fa schioccare la lingua sul palato e dopo una pausa di riflessione
riprende- «beh, significa che mentre tu farai i sogni d'oro
io e lui
discuteremo!»
«Acromio, no! Non erano questi i patti! Dobbiamo
provare a farlo parlare insieme, te ne sei dimenticato? Acromio!
Fermati!» grida Maxie, avvinghiandosi alle sbarre, ma l'altro
lo
ignora e torna a fissare me, di nuovo, con quel maledetto sorriso:
«ci vediamo più tardi, ci conto!» mi fa
un occhiolino, poi gira i
tacchi e sparisce nel lungo corridoio, come un Seviper sparisce
nell'erba alta quando capisce che il momento non è propizio
per
attaccare la preda.
Guardo
Maxie, il mio sguardo questa volta trasmette un misto di rabbia e
sospetto, trasmette finalmente qualcosa dopo anni di apatia. Di che
"patti" parlava? Com'è possibile che si siano messi
d'accordo dopo tutto quello che è successo? La solitudine
dopo il
distacco da Ivan gli ha fottuto il cervello a tal punto? Sto perdendo
le staffe, stringo forte i pugni fino a sbiancarmi le nocche e
continuo a puntarlo; è affranto e scomposto, poggiato
mollemente
all'inferriata. Deve essere allo stremo anche lui, ma non è
da lui
prendere decisioni sconsiderate, tantomeno tradire quelli che
considera "amici", e anche io rientro in questa categoria,
seppur non gli abbia mai dimostrato un briciolo di gratitudine.
Forse… forse s'è stancato di me e ha deciso
di… "vendermi"
a quello squilibrato? Per il sacro diamante di Dialga! Si
sarà
stufato di me, Maxie ha un irrefrenabile bisogno di compagnia, di
qualcuno con cui parlare, di affetto, tutte cose che non ho mai
potuto né voluto dargli. La sua reazione è
più che lecita, me la
sarei dovuta aspettare, prima o poi. Sospiro rumorosamente e mi metto
le mani tra i capelli, coi gomiti poggiati sulle ginocchia, seduto
sul mio giaciglio. Cosa posso fare?
Dovrei davvero prendere in
considerazione l'ipotesi di affidarmi alle mani di Acromio?
Sarà un
sadico e un bastardo, ma non un beota, forse ha già in mente
un
piano per evadere e sta solo aspettando me, gli servo vivo, vuole
informazioni sui miei studi dopotutto, e questo non è il
luogo
adatto per disquisire sulla Rossocatena o sul Mondo Distorto.
Inoltre, posso fare affidamento sulla presenza di Maxie, lui non gli
permetterebbe mai di usarmi violenza.
Ahah, ma che vado a pensare?
Io, il grande Cyrus, offrire su un piatto d'argento fior di anni di
studi a quello scellerato, per cosa? Per un'incerta libertà?
Giammai! Mai il grande Cyrus dovrà piegarsi a qualcuno!
Mi mordo
freneticamente le labbra, sono alquanto nervoso, devo darmi una
calmata o qualcuno mi noterà e inizierà a
sospettare. Maxie
fortunatamente sembra essere troppo assonnato per potersi accorgere
di me. Decido allora di distendermi prono sul mio letto, con la
faccia nel guanciale, e rimarrò così, immobile,
in attesa della
cena; sono sempre l'ultimo ad essere servito, e a me tocca
ciò che
gli altri non mangiano. Perché? Semplice, perché
sanno che, al
contrario degli altri, non mi lamento mai, infatti non mi considerano
più neppure una persona, non vedono l'ora ch'io tiri le
cuoia, e se
non le ho ancora tirate è solo per merito di… ah,
lasciamo
perdere. Maxie probabilmente non ha ben chiaro in testa quali fossero
i miei piani, nei quali credo ancora adesso, altrimenti mi
disprezzerebbe ed eviterebbe come fanno tutti i nostri
"colleghi".
Nel mentre di queste riflessioni, un rumore
sordo giunge alle mie orecchie, proviene da fuori, da lontano, e man
mano lo sento avvicinarsi ad intervalli regolari. Alzo il viso dal
cuscino e presto attenzione, sembra la sirena di una nave, possibile
che…?
Scivolo giù e mi arrampico fino a sporgermi dalla
finestra sbarrata che dà sul mare, scruto accuratamente
l'orizzonte
e noto la sagoma di una grossa nave farsi sempre più nitida.
Per
tutte le spire di Giratina, deve essere l'imbarcazione destinata al
trasporto dei detenuti per Unima! Questa è la mia occasione,
non
posso assolutamente fallire adesso!
Non
appena odo il chiacchiericcio delle guardie, ritorno seduto composto
sul giaciglio, serrando nel pugno nascosto l'affilatissimo bisturi.
Riesco a distinguere nettamente due voci, una più grave e
profonda,
l'altra più acuta ed insicura, deve essere nuovo costui. Si
accostano alla stanza di Maxie e prendono dal carrello la sua
porzione, l'ultima rimasta d'altronde, e la poggiano sul suo
tavolino, destandolo dal dormiveglia. Il più giovane della
coppia si
volta verso di me, fissandomi incuriosito: «e lui? Non
è rimasto
niente per lui?» chiede preoccupato. Ci mancava solo la
compassione
di un carceriere per rendere ancora più patetico il mio
status!
«Ah
sì, quello…» -sbuffa il più
vecchio- «aspetta che gli altri
abbiano finito, poi potrai dargli quello che avranno lasciato.
Qualcuno dovrà pur lavare i piatti stasera, no
ahah?» mi
schernisce, si crede simpatico, piuttosto che lambire i loro piatti
mi taglierei la lingua, e già me la sarei dovuta mozzare
dopo quel
turpe contatto con Acromio!
«Ma ne sei sicuro? Non è un
comportamento molto umano!» ribatte il più piccolo.
«Si vede
che sei appena arrivato. Questo… questo essere qui,
è tutto
fuorché umano, è un automa, non parla, non ha
espressione, non
prova emozioni, fatti meno crucci e sbrigati» gli consegna le
chiavi, facendo per andare via.
«Aspetta! Vorrai mica lasciarmi
solo? Dove vai? Dobbiamo essere in due!»
«Te la caverai, quel
coso neppure si muove. Ho fretta, il PokéQuiz
sarà già iniziato,
ci sono delle priorità nella vita!» bofonchia in
fretta e furia e
arranca via verso i piani superiori. Spero rotoli giù dalle
scale,
quel Grumpig.
Quello rimasto, scuote il capo a destra e sinistra,
sbigottito dall'atteggiamento del suo superiore, ne ha da imparare;
Maxie intanto, con la lentezza di uno Slakoth, manda giù
qualche
boccone controvoglia. Mi chiedo se anche qui prenda GiubiloTV,
ricordo che da bambino seguivo sempre i quiz con mio nonno e non ne
sbagliavo mai una, era così orgoglioso di me…
spero soltanto che
stia bene, chissà magari anche lui ora sarà
seduto davanti allo
schermo intento a seguire il nostro programma preferito.
«Tu devi
essere Cyrus, giusto?» mi domanda, sedendosi sui talloni per
poter
scrutare il mio sguardo. Lo ignoro.
«Sai, si parla spesso di te,
ti conoscono un po' dappertutto. Sei affamato, vero?»
Continuo ad
ignorarlo.
«Perché non parli? Ti hanno offeso le parole di
quel
bifolco? Non dargli retta, è un cafone, fa così
con tutti…»
Santo
cielo che pesantezza, crede di essere in un asilo? La nave
sarà già
approdata, se non troverò un modo per uscire da qui mi
sarò giocato
l'occasione d'oro per scappare!
«Sono sazio, dagli pure quello
che resta» biascica Maxie, lasciando pietanza e posate, poi
si
sistema sulla branda, quella un tempo occupata da Ivan.
La
sentinella si rialza e va da lui per riprendere il piatto, io intanto
mi sfilo la maglia a righe e la lascio penzolare da un braccio, non
posso permettermi il minimo margine d'errore. Il garzone torna, apre
la mia cella, entra dentro e posa il tutto sulla mia scrivania, poi
ancora mi fissa, sembra incuriosito dalle mie cicatrici. A mia volta,
lo studio di soppiatto: è davvero giovanissimo, non
avrà più di
ventidue anni, il suo sguardo è colmo di speranza e
sincerità,
perché ha scelto di lavorare qui? Non fa per lui, diamine,
che
spreco! Quasi mi spiace che si trovi nel posto sbagliato al momento
sbagliato, avrei preferito ritrovarmi quel tanghero di prima, farei
un favore a tutti se lo eliminassi; mi auguro solo che il giovanotto
non abbia famiglia. Bah, ma che differenza fa? Si vede lontano un
miglio quanto sia debole, non è degno di sopravvivere in
questo
mondo, finirebbe comunque sopraffatto da qualcun altro, prima o
poi.
«E queste? Come te le sei procurate?» - mi si
accosta, ha
persino dimenticato di richiudere la porta- «ti fanno ancora
male?
Spero non sia stato uno dei miei colleghi…» una
goccia di sudore
mi scivola dalla tempia, finisce sulla spalla e scorre rapida lungo
il mio arto, il mio cuore pulsa a mille: è il momento!
In un
gesto fulmineo più rapido di un secondo gli sono addosso, il
mio
avambraccio avvolto nel tessuto gli serra la gola con una morsa
più
tenace degli artigli di uno Staraptor conficcati nella preda, prova a
dimenarsi, a scalciare, a chiedere aiuto, ma la mia lama ha
già
spento i suoi lamenti ancor prima che possano uscirgli di bocca; le
bianche righe della mia maglietta presto si colorano di porpora.
Eccellente, i suoi vestiti non si sono sporcati. Adagio delicatamente
quel corpo sul letto, lasciando che le lenzuola assorbano
ciò che
gli rimane.
Maxie s'è destato ed è subito saltato alle
sbarre,
deve aver visto tutto: «C-Cyrus! Cosa… cosa hai
combinato!?»
Finisco di scambiare i miei abiti consunti con la
sua divisa da poliziotto, mi metto il berretto sulla testa e
finalmente mi volto a rispondergli: «evado Maxie, sai
è stato un
piacere averti come vicino!»
«Sei pazzo! Come speri di scappare? A
momenti sarai circondato! Non puoi farcela da solo, liberami
avanti!»
sibila a bassa voce, ma nonostante ciò si intuisce bene la
sua
agitazione.
«Queste non mi servono più» - dico con
strafottenza e
gli passo il mazzo di chiavi- «spero tu abbia ancora
abbastanza
meningi da non arrischiare la vita dietro a quell'idiota di un
marinaio. Addio, Maxie!»
«Quello sconsiderato sei tu, razza di
incosciente! Se ti beccano, nessuno ti toglierà il cappio
dal
collo!» mi sbraita da dietro e si affretta ad aprire la sua
cella, poi corre in direzione opposta alla mia. Stolto sarà
lui! Si
farà fregare così, ma tanto meglio, almeno una
volta fuori di qui
non dovrò né sopportarlo né sdebitarmi
dei suoi aiuti, potrò
dimenticare tutto e tutti e ricominciare una nuova vita, solo con le
mie forze. Ma che mi importa, poi? Infilo le mani in tasca e cerco di
apparire quanto più naturale possibile, se riesco a fingere
bene
passerò inosservato senza problemi. A quest'ora, saranno
tutti
riuniti in sala pranzo a guardare la tv e bersi qualcosa, non faranno
troppo caso a me. Attraverso tutto il corridoio con lo sguardo basso,
raggiungo la famigerata camera e, come previsto, trovo i miei
"colleghi" attaccati al televisore ad esultare davanti alla
partita: chi si ringalluzzisce per una squadra, chi si dispera per
l'altra, chi ancora cerca di metter mano al telecomando per cambiare
canale, non è facile far andare d'accordo così
tanti uomini uno
diverso dall'altro ma, in fondo, tutti uguali, ugualmente stolti,
ammassati in quattro pareti. Nessuno fa caso a me. Sfilo silenzioso
come un'ombra nella notte, favorito dalla semioscurità
dell'ambiente: i neon infatti sono spenti, l'unica fonte di luce
è
lo schermo dell'elettrodomestico. Solo qualche Arcanine accucciato ai
piedi del tavolo mi annusa con sospetto, ma se manterrò la
calma
riuscirò a non farmi smascherare, l'importante è
non andare nel
panico, i Pokémon potrebbero avvertirlo e ringhiare o
avventarsi su
di me. Vedo già il cortile, mi basterà
attraversarlo
e…Repentinamente, tutte le luminarie della sala si accendono
all'unisono, mi fermo terrorizzato e getto un'occhiata agli
interruttori con la coda dell'occhio… non è
possibile!
"Cyrus! Dovevi proprio essere ansioso di vedermi, se sei addirittura arrivato fin qui da solo!"
- Fine prima parte -