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Autore: Fatelfay    10/08/2017    1 recensioni
Ci sono alcuni giorni, interi mesi in cui non ricordi cosa sia successo: è una benedizione e al contempo la prova più concreta del tuo lutto.
Ma le notti... non hai mai dimenticato le notti.
Storia legata alla vecchissima "A volte... tu... ancora". Prende spunto da essa ma non è necessaria leggere la prima per capire questa.
Post-Reichenbach.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'John: Il Vuoto'
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Pezzi
 
Memories consume
like opening the wound
I’m picking me apart again

~ Linkin Park,
Breaking the Habit
 
It is always the same and you know it.
Yet you keep pretending you can change it.
In the end, you hurt more than ever before.
And still, you know you will try again next time.

 
Il cielo è chiaro e per una volta non sembra minacciare pioggia imminente. Le strade sono asciutte e la confusione che ti agita ti fa quasi perdere le buone maniere con il tassista che ti ha portato fin lì. Non capisci cosa stia succedendo, con il freddo di Londra che ti sfiora il viso e ti gela le mani e il tuo cuore che batte troppo forte. Ti squilla il telefono e tu rispondi cercando ancora di orientarti tra le bugie, gli inganni e l’assurdità di tutto. Ancora non capisci, ma non sei mai stato quello intelligente. Sei davanti all’ospedale in cui lavori e la sua voce suona ansiosa nel tuo orecchio mentre ti ordina cosa fare. Obbedisci anche se non è il tuo capo, anche se non senti il soldato dentro di te, anche se sei così agitato e confuso che non sai quello che provi.
Non ti spiega niente, ma dice cose senza senso che ti fanno preoccupare di più. Non capisci davvero il senso delle sue frasi visto che sembrano le allucinazioni di un folle e tu puoi considerarti il massimo esperto di un paio di cose. Saranno solo un paio, meno delle dita di una mano, ma di quelle poche cose sei certo di sapere. Lui parla, continua a parlare e a darti ordini e tu obbedisci anche se le sue parole non hanno senso e non riesci nemmeno a capire il motivo di quella follia cacofonica di parole e frasi.
Provi a raggiungerlo ma non puoi: non è solo la sua voce a bloccarti in un ordine quasi disperato, anche il tuo corpo si ferma come se ci fosse qualcosa a tenerti incollato nel punto in cui sei.
Riesci a riconoscere la paura nel tumulto caotico dei tuoi sentimenti e la senti aumentare avvolgendoti, stringendoti e schiacciandoti nella sua morsa. Hai come la sensazione di sapere cosa stia per succedere ma non riesci davvero a capirlo o a mettere a fuoco quella specie di premonizione o déjà-vu che ti stuzzica senza farsi vedere. Senti l’ansia strisciare, tendendoti i muscoli e non credi proprio che la tua mano ferma sia un buon segno.
Parla lui, confessandoti bugie a cui non credi perché troppo assurde, mentre la consapevolezza di ciò che sta per succedere sorride maligna e deliziata nella tua mente, godendosi la tua negazione e il tuo sgomento, congelando il tuo cuore.
Lui prova di nuovo a convincerti delle sue assurde menzogne ma tu lo interrompi, provando a trattenerlo, provando a guadagnare tempo, provando a mostrargli, suggerirgli un’altra opzione e avere il tempo di chiarire, capire, spiegare e scoprire il perché dell’incubo a cui stai per assistere e a cui non vuoi ancora credere.
Bastano due parole per vanificare lo sforzo della tua mano protesa verso di lui e le tue poche parole.
Non ti senti urlare, mentre chiami il suo nome come se quello potesse evitare ciò che stai vedendo o farlo tornare su suoi passi. Reagisci troppo lentamente mentre le tue gambe sono di cemento e il tuo corpo sembra quello di un altro. Corri, mentre il mondo sparisce intorno a te e lo raggiungi. Ti impediscono di toccarlo, di sfiorarlo, ma senti il suo polso freddo per l’aria di Londra sotto le tue dita. Aspetti, stringi, concentrandoti solo su quel dettaglio, ma ciò che cerchi, ciò che speri di sentire non c’è.
Lo portano via sotto i tuoi occhi increduli, nonostante la tua litania e le tue grida di lasciarti stare con lui, nonostante i tuoi sforzi per raggiungerlo. Ti trattengono mentre lui scompare, portandosi via tutte le tue forze. Ti trattengono, ti tengono mentre le tue ginocchia toccano il suolo gelido e rimani lì immobile, incapace di pensare, incapace di muoverti.

Il tepore del letto non riesce a scaldare il gelo che hai dentro. Non ti muovi, non sollevi nemmeno le palpebre mentre senti il cuscino bagnato contro la tua guancia. Non riesci a respirare mentre speri ancora ingenuamente che sia solo un incubo e non la realtà. Aspetti. Aspetti mentre la verità ti riconquista svuotandoti e lasciandoti solo il dolore e il vuoto. Non ti riaddormenti. Non ti muovi. Aspetti solo che il sole sorga e ti costringa a fare ciò che devi fare.
 
 












Note del Delirio:
Chiedo venia per gli aggiornamenti casuali. Spero che la ridotta lunghezza dei capitoli non vi infastidisca.


 
  
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