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Autore: Lunaticalene    12/08/2017    2 recensioni
Immagina una stanza. Una di quelle belle stanze arredate come si conviene ad un evento mondano di un qualunque genere.
Immagina le donne in abito lungo, con un generoso scollo sulla schiena e, in qualche dettaglio, una medaglietta dorata in mezzo alle scapole.
Immagina gli uomini, avvolti nei loro bei completi. Qualcuno, sicuro di sé al punto da brillare di luce propria, che sostituisce il nero col bianco

La ff prende spunto da una delle ultime art del merchandising.
Una one shot con protagonisti Victor, Yuri e una fetta di torta!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Immagina una stanza. Una di quelle belle stanze arredate come si conviene ad un evento mondano di un qualunque genere.
Immagina le donne in abito lungo, con un generoso scollo sulla schiena e, in qualche dettaglio, una medaglietta dorata in mezzo alle scapole.
Immagina gli uomini, avvolti nei loro bei completi. Qualcuno, sicuro di sé al punto da brillare di luce propria, che sostituisce il nero col bianco.
Immagina di dover sopravvivere ai tuoi cinque minuti di celebrità. Quelli in cui tutti ti guardano, ti parlano e ti fanno domande. Immagina di sopravvivere ai quaranticinque minuti di gloria dell'uomo che ti accompagna. Ecco, immagina di camminare al fianco di un diamante. Tu puoi essere l'ossidiana più bella del mondo, ma nessuno farà mai davvero caso a te per più di cinque minuti. E magari ti va anche bene così.
Il problema sono gli occhi di quel diamante. Il vederli perderti di vista, per inseguire chi, con cortesia esagerata, gli fa domande sul suo rientro in pista. Prima le mani affondate nelle tasche. Poi le dita, serrate attorno al calice di un bicchiere. E bollicine chiare a salire verso il cervello, a martellare e anestetizzare il pensiero. Basta poco, per stare un po' meglio. Per non pensare ad un modo per attirare su di sé quegli occhi. Un giro, verso il bancone di un buffet in piedi, mentre un cronista francese accarezza delle R che tu non sai nemmeno pronunciare per bene. Una fetta di torta, quasi più invitante che buona. E quella cortesia un po' sfacciata di tornare dove devi. Accanto al diamante che torna a guardare te per un attimo. Forse non ti ha perso di vista da quando ti sei allontanato. Forse ha tenuto il conto dei due bicchieri che in totale ti sono passati in mano. Eppure per te è solo per quel pezzo di torta che ti guarda. Quello in cui, rompendo la copertura di morbido cioccolato, affondi i rebbi argentati di una forchetta.
« Non sono d'oro » osservi, come a dover riempire in qualche modo lo sguardo che ti viene rivolto e che adesso solleva un sopracciglio.
« Peccato, » osserva di rimando un sorriso quasi ironico « Posso assaggiarla? » domanda quella voce. Quella voce capace di spingerti ad esaudire ogni suo desiderio. Quella voce a cui, dire di no, è quasi una bestemmia. Eppure basta un saluto. L'ennesimo saluto di cortese passaggio.
« Certo » menti sforzandoti di non cambiare di una virgola la tua espressione. Di mantenerla concentrata su ciò che vedi. Lui che allarga appena le labbra mentre tu avvicini quel frammento di pandispagna bagnato di rum. Vicino al punto tale da farglielo quasi sfiorare. È allora che chiedi al tuo viso di obbedire. Una sfumatura che nemmeno sei capace davvero di gestire. Che esiste libera su una pista di ghiaccio. Dove non devi giustificarti di fronte a nessuno, nemmeno con te stesso. In cui vale la legge del “io sono” e non del “devo essere”. Quel sorriso lo lascia sorpreso, quando il dolce si allontana, obbligandolo a chiudere la bocca, a riaprire le palpebre gentilmente socchiuse. Allora sorridi. È un brivido di piacere leggero. Puoi dare la colpa al vino. A volte, quello che serve, è solo una giustificazione sociale. Tu sai che non è vero. Ma soprattutto, lui sa che non è vero. È nelle tue labbra che il dolce si consuma. Che il cioccolato e la crema si sciolgono. E di fronte a quegli occhi che mutano espressione che un parte di te si scioglie
« Yuuri » soffia piano, senza vergogna. Ognuno di noi ha un ruolo sociale. Quella maschera che sai che lui sa indossare meglio di te.
« Ho il sospetto che se vuoi assaggiarla tu debba prenderla da solo » sollevi appena le spalle. E una parte di te cerca il suo sguardo. Che cancella la tua insicurezza. Come se il mondo stesso fosse adesso fatto di ghiaccio. Una voce, la sua voce, ti sussurra che sta andando tutto bene. Che stai andando bene. Inverosimilmente qualcosa si distende mentre continui a mangiare. Gli occhi del diamante non si staccano da te. Al punto che quasi dimentichi della torta, quando hai finito di mangiarla. Sei tentato da un terzo bicchiere. Il diamante ti guarda, indeciso se togliertelo o meno di mano. Sbuffi, quando scorgi un velo di rimprovero. E lui sorride.
« Come vuoi » sussurra. Come vuoi. Una mano sfiora piano la tua. Accarezzando appena le dita. Sono invisibili redini d'oro che vengono passate. A te spetta di scegliere. Come prima, ripeti i tuoi stessi gesti. Inviti lui a bere ma questa volta non giochi. Lasci che beva. Che ogni bollicina scivoli lungo la sua gola. Dentro di lui. Preghi quasi che si sporchi. Per avere la scusa di sfiorarlo. A quella bocca asciutta ti risenti. Eppure allunghi il medio e l'indice, a sfiorare la sua pelle e asciugare una goccia invisibile.
« Credo che ne berrò un altro » occhi fissi nei tuoi.
« Credo di non volere che tu lo faccia » la tua voce non trema.
« Sicuro? » un sopracciglio d'argento si solleva.
« Sicuro. »
I tuoi occhi accarezzano la sala, che lentamente si svuota. Umetti le labbra. Come vuoi. Mordi appena quello inferiore. Allunghi la mano, catturi piano la sua. Dita che si intrecciano prima di muoversi nel corridoio. Di condurlo lungo un percorso di tappeti e luci che si accendono e spengono al passaggio. Quella stretta sicura, che si trasmette a te. Una chiava magnetica che si infila nella serratura e la sblocca. Un porta che si apre. Una porta che si chiude. Le sue spalle contro il legno. Lui che comunque ti guarda dall'alto. Lui che non parla. Lui che a luce spenta disegna un'espressione vaga sulla faccia.
« Vuoi ancora assaggiarla quella torta? » non ci credi ma credi a quegli occhi. A quel diamante che guarda l'ossidiana che ha accanto.

Il mondo è la tua pista Yuuri. Fai quello che sai fare meglio.
Seducimi.

« In effetti mi farebbe piacere » replica senza dire niente. Lasciando che sia tu ad allungare le labbra verso di lui. Rispondendo ad ogni tuo singolo gesto. Questa notte sei tu a condurre i giochi. Bocca che si schiude, la lingua che accarezza appena i confini del mondo che sei. Per invitare te ad andare avanti. Tenendoti per mano ad occhi chiusi. Vai bene così. Vai bene in ogni sfumatura di te.
Anche in quelle che non ritieni tue. Mentre scivoli con le labbra sul suo collo, la mano ad allentare la cravatta. Le dita ad allontanare i bottoni dalle asole. Sfiorando il suo petto, succhiando appena ad un palmo da suo cuore. Fermandoti, l'attimo in cui lo senti respirare. Un respiro denso in una mano che si è alzata a stringerti una spalla.
« Era buona la torta? » domandi, rompendo ogni cosa. Lasciandolo immobile contro la soglia. « c..come? »
« la torta. » allunghi le dita sul torace, piano come un gatto. Senza unghie. Tremi appena. Tradisci un poco di te. Rischi di perderti. Di scivolare di nuovo, a faccia a terra sul ghiaccio. « Temo di essermi dimenticato della torta » ammette. Occhi azzurri che ti guardano. Che provano a farti coraggio. « Posso assaggiarla di nuovo? »
« No » e quegli occhi brillano appena. Indecisi sulla soglia di un desiderio inespresso.
« Non mi merito davvero una seconda chance? » ti risollevi. Poggi l'indice sulla sua bocca.
« No » ripeti, come a volerlo zittire. I suoi occhi sbattono una volta, incrociandosi appena davanti alle tue falangi. Talvolta è solo questione ti prospettiva. Nel deglutire, inumidendo appena le labbra, guida il tuo gesto senza compierne alcuno. Sei tu a spingere dentro di lui, costringendolo a qualcosa a cui quasi finge resistenza. In quelle quattro mura nessuno giudicherà te. Mentre lo inviti ad abbassarsi. Mentre sei tu a spogliarti obbligandolo a guardare. Chiudi gli occhi. Quando li riapri è ancora lì. Nella tua mente richiami a te una musica. Stringi i suoi capelli tra le dita. È il diamante che si inchina all'ossidiana. È l'ossidiana che si confonde col diamante. E siamo entrambi schegge di vetro, nel improbabile mosaico colorato di un caleidoscopio.


//tutto questo è nato da un'idea di Nanku che io ho provato a sviluppare a modo mio ^^ Spero di aver prodotto qualcosa di leggibile! Nb: la mia correttrice di bozze non è stata interpellata questo volta. Abbiate per le virgole la misericordia che io non ho avuto xD
   
 
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