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Autore: Jamin_a    13/08/2017    1 recensioni
A seguito di quei pochi secondi che gli servirono per metabolizzare il fatto che il dottor John Watson fosse davvero lì in piedi davanti a lui l’uomo abbassò lo sguardo “Ciao John” sussurrò, come se si vergognasse, come se fosse stato colto in flagrante su una scena del crimine.
Il dottore si irrigidì, provava un irrefrenabile istinto di spaccargli il naso con un pugno misto alla maledetta voglia di gettargli le braccia al collo, nel dubbio rimase immobile. Inspirò forte col naso, nel tentativo di calmarsi “Posso entrare?” disse infine indicando la porta
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hi ( :
nothing to say, era una vita che non scrivevo su sti due
spero vi piaccia, let me know
buona lettura!

Bussò alla porta violentemente. Cercò di trattenersi ma dal suo modo di picchiare il pungo sul legno traspariva tutta quanta la sua urgenza. John Watson voleva che quella porta si aprisse immediatamente, necessitava che quella porta si aprisse immediatamente. Pregò che non fosse l’ennesimo buco nell’acqua, l’ennesimo tentativo a vuoto.
Erano mesi che lo stava cercando, cinque mesi e 18 giorni, precisò una voce nella sua testa. Ogni volta che quella voce gli parlava si stupiva di quanto quel tono di voce fosse ancora maledettamente impresso nella sua mente, nonostante non lo sentisse da cinque mesi e 18 giorni.
Quello stesso tono di voce lo soprese mentre pronunciava un “Ho sentito arrivo!” sbrigativo e infastidito dall’altro lato della porta. Un uomo sui quarantacinque aprì la porta con una camicia bianca e una inconsueta barba incolta sul viso. Era particolarmente abbronzato, o per lo meno, era abbronzato rispetto all’usuale pallore che lo caratterizzava nei ricordi del medico, e per le mani aveva ancora un cappello da apicoltore.  A seguito di quei pochi secondi che gli servirono per metabolizzare il fatto che il dottor John Watson fosse davvero lì in piedi davanti a lui, l’uomo abbassò lo sguardo “Ciao John” sussurrò, come se si vergognasse, come se fosse stato colto in flagrante su una scena del crimine.
Sherlock Holmes, per la prima volta in vita sua non era in grado di sostenere uno sguardo.
Il dottore si irrigidì, provava un irrefrenabile istinto di spaccargli il naso con un pugno misto alla maledetta voglia di gettargli le braccia al collo, nel dubbio rimase immobile. Inspirò forte col naso, nel tentativo di calmarsi “Posso entrare?” disse infine indicando la porta
“Mh certo, certo” Disse sbrigativo il padrone di casa, scostandosi appena per farlo entrare.
Il dottore attraversò la soglia, entrò nel soggiorno e si guardò attorno “Bella casa” disse scettico alzando un sopracciglio. Era una casa ben arredata, con colori pastello, confortevole, calda e accogliente, niente a che vedere con il consulente investigativo, se non per dei fogli sparsi su un tavolo, che raffiguravano chiaramente un cadavere sventrato e la scena del crimine circostante.
Era così che lo aveva rintracciato, su internet aveva letto di questo caso estremamente complicato, nel Sussex, che dopo mesi di stallo era stato misteriosamente risolto, un passo falso del detective, che non era riuscito a resistere a un caso che molto probabilmente avrebbe definito un 9.
“Non è mia” rispose Sherlock “Me l’ha presa Mycroft, in affitto” Disse guardando l’appartamento “Il giardino però è carino, ci sono le arnie” Aggiunse, sollevando appena il cappello che teneva ancora stretto in mano
“Ah” asserì John, continuando a osservare l’ambiente circostante, avvicinandosi al tavolo per osservare meglio le foto del caso.
“Rosie dov’è?” Chiese timido il detective “Da Molly” Rispose secco il dottore. “E hai deciso in che asilo mandarla a settembre?” Domandò nuovamente il moro.
John scattò, picchiò il pugno sul tavolo “Se ti fosse interessato sul serio saresti rimasto”
Sherlock rimase totalmente calmo “Se mi avessi creduto davvero non saresti qui” John si voltò “Se sono qui è solo per vedere se hai il coraggio di guardarmi negli occhi e dirmelo!” ribatté urlando “E si, non ti ho creduto nemmeno per un secondo brutto idiota!” Continuò, sempre senza smettere di urlare “Ma ciò non toglie che io sia furioso con te!” Asserì in fine cercando di tornare a respirare normalmente nel tentativo di calmarsi
Alzò lo sguardo verso il detective “Sherlock” disse poi, con tono tranquillo “cosa ti è saltato in mente?” chiese quasi supplicando.
Sherlock ripercorse mentalmente gli ultimi sei mesi fino al giorno in cui aveva deciso di lasciare una lettera sul tavolo del suo, del loro appartamento. Scusa John, abbiamo sbagliato. Io non sono tagliato per questa vita, e non sono pronto per un impegno del genere. Sei un brav’uomo e un buon padre, so che crescerai Rosie senza problemi anche da solo. Non cercarmi. Addio.
Guardò il collo del dottor Watson, una cicatrice andava da sotto l’orecchio fino alla spalla. E immediatamente si ritrovò in quel capannone. Se solo non fossero stati a due minuti dal primo ospedale, se solo non ci fosse stato Lestrade con la macchina che li attendeva fuori, se solo quel passo avesse puntato il coltello mezzo cm più avanti ora non sarebbero qui a discutere. Sherlock si ricordava esattamente cosa gli era saltato in mente quel giorno, perché si ricordava perfettamente che quella pugnalata era per lui, di come John si era messo in mezzo e di come in quel modo una bambina innocente aveva già perso la madre. Si ricordava di come si era sentito vedendo John Watson a terra in un bagno di sangue, di come non gli era importato di vedere il criminale fuggire dal retro, di come si sentiva impotente e incapace di muoversi. Poi qualcosa era scattato nella sua testa e corse sul corpo del suo amico, prese il cappotto e lo premette forse sulla ferita “John ti prego, Lestrade! Lestrade!” Aveva urlato con tutte le sue forze mentre la vista si appannava di lacrime
Si ricordava perfettamente di cosa gli era saltato in mente, in quella sala d’attesa di un ospedale, mentre John Watson lottava tra la vita e la morte.
Nelle settimane seguenti, durante il periodo di convalescenza del dottore, aveva pianificato tutto.
Quella era solo l’ennesima riprova di come John avrebbe fatto di tutto per salvarlo, anche a costo di perdere la propria vita. Anche Sherlock avrebbe fatto di tutto pur di salvare John. Salvare John Watson era una promessa che aveva fatto a sé stesso, che aveva fatto a Mary ma che soprattutto doveva a Rosie e conti fatti l’unico pericolo per John era sempre stato lui. Andarsene sarebbe stato doloroso, per tutti, ma nessun prezzo era troppo alto per salvare John Watson
Sherlock alzò gli occhi verso quelli del dottore “John, semplicemente quell’idilliaco quadretto familiare che ci siamo ritagliati non faceva per me. Quella non era la mia vita, io non voglio prendermi cura di tua figlia, e non voglio prendermi cura di nessuno in generale, non così. Non fraintendermi, sai che ci tengo a voi, ma sinceramente preferivo quello che avevo prima”
John Watson non si scompose di un centimetro. “Hai finito?” Dichiarò dopo un attimo di silenzio. Il detective strinse lo sguardo per scrutare il suo impassibile interlocutore. “Sul serio, John?” Chiese con aria sorpresa
D’altra parte il dottore alzò un sopracciglio guardando Sherlock con la stessa identica aria con cui aveva guardato Rosie quella volta che, dopo aver colorato su tutto il tappeto, aveva nascosto i pennarelli dietro la schiena dichiarando fiera la sua innocenza. Sherlock d’altra parte aveva guardato la bambina orgoglioso del suo tentativo di occultare le prove alla veneranda età di tre anni e due mesi decretando che il primo passo per diventare un buon detective era saper pensare come un criminale concludendo con un sonoro “Ha preso dallo zio” Che John si sbrigò subito a contraddire con un “Ha preso da Mary” prendendo la bambina in braccio per farle una ramanzina
“Davvero John, sono stato così poco credibile?” Disse esasperato il detective. Il dottore incrociò le braccia “Ma nemmeno per un secondo!?”
John sospirò “Piantala” Sherlock si ammutolì. John scosse la testa “Io davvero, non mi capacito di come tu abbia potuto fare questo a Rosie” Sherlock alzò gli occhi al cielo “Perché lasciare che tu ti ammazzassi seguendomi da qualche parte invece le avrei fatto un favore”
“Non spetta a te deciderlo!” John urlò furioso “È una mia dannatissima scelta!”
“Ma spetta a me proteggerti!” Urlò Sherlock a sua volta. “John diavolo ragiona! Da sempre, da quando mi hai conosciuto, ti ho messo nei guai. Da una banda di cinesi che ti rapiscono, a Moriarty in quella piscina, ti ho portato in un bosco a inalare droga e mi sono dovuto buttare da un palazzo perché avevi un cecchino puntato alla testa! Poi sono tornato e ti ho portato su un vagone della metro pieno di esplosivo, nella casa di un pazzo criminale, Mary è morta per salvarmi e mia sorella ti ha chiuso in un pozzo! E ora questo!” disse indicando la ferita del dottore 
John puntò un dito verso il detective “Ti ricordo che sono stato in Afghanistan, mi sono infilato in un covo di drogati e ho sposato un’assassina! Questo discorso lo abbiamo già fatto ...”
“Ma ora hai una figlia! Se muoio io John…” John lo interruppe immediatamente “Ed è qui che ti sbagli” Sherlock lo guardò con aria interrogativa “Stavi per dire che se muoio io Rosie rimane sola ma se muori tu a nessuno frega nulla” Sherlock fece per parlare ma il dottore lo zitti con un gesto
“Quando mi sono fatto questo” disse, indicando la sua cicatrice “Stavamo inseguendo un rapinatore Sherlock che non sapevamo fosse armato, che non credevamo fosse ancora li quando siamo entrati da soli per controllare e fuori dal capannone c’erano le auto della polizia…” Sherlock continuava a non capire “Ti ricordo che io e te siamo passati da inseguire da soli e di nascosto e spesso, e volentieri disarmati, dei serial killer molto più pericolosi di quel tizio” John fece un paio di passi in direzione di Sherlock
“Negli ultimi due anni e mezzo non siamo stati realmente spericolati, si, abbiamo avuto a che fare con gente pericolosa, ma mai disarmati, e mai da soli. Seguivamo le piste e poi è sempre intervenuta Scotland Yard” John mise una mano sulla spalla a Sherlock “Non mi metterei mai più in pericolo come una volta, non farei mai questo a mia figlia. Ma allo stesso tempo Sherlock, non posso vivere in una bolla di sapone. A conti fatti, potrei morire anche andando al lavoro” Sherlock fece nuovamente per parlare ma John lo precedette “E mai più devi pensare che se dovesse accadermi qualcosa Rosie rimarrebbe sola, perché non sei il suo padrino a caso. Ne tantomeno devi credere che senza di te le cose possano andarci bene così. Siamo una famiglia Sherlock, strana forte, ma lo siamo. Che ti piaccia o meno.”
Infine lo abbracciò “Torna a casa Sherlock.”
Il detective rispose al gesto d’affetto quando poi il dottore sciolse l’abbraccio “Sono ancora arrabbiato con te, non credere di farla franca, continueremo a discutere a casa” Il consulente investigativo annuì “Mi sembra corretto” aggiunse poi sorridendo
“Ma poi sul serio?” Disse John prendendo il cappello che il detective teneva ancora stretto in mano “L’apicoltore?”
Sherlock rise “Le api sono esseri molto affascinanti” disse poi
John si strinse le mani “Si, bene, interessante, andiamo ora” Sherlock tirò fuori il telefono e mandò un messaggio “Mycroft farà spedire la mia roba a Baker Street”
Il dottore sorrise per poi avviarsi verso l’ingresso quando si bloccò di colpo “La tua roba tranne le arnie” disse voltandosi col dito puntato verso il detective
Sherlock piegò la testa di lato e spalancò gli occhi con aria triste, come a voler impietosire il medico che ripeté un fermo “No” prima di aprire la porta e uscire dalla villetta
Sherlock sorrise, pensando quanto fosse stato stupido andarsene, ma felice di quanto era bello tornare a casa.
Uscì anche lui seguendo il dottore “John dai! Almeno una!” disse chiudendo la porta dietro di sé.
  
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