Can’t
you see that you’re smothering me?
Holding too tightly, afraid
to lose control?
Cause everything that you thought I would be
Has
fallen apart right in front of you.
Non
riusciva a smetterla di fissarla.
Nascosto dietro al cespuglio, il
giovane Celeste ascoltava con espressione meravigliata la sorella,
più piccola di appena un anno, suonare il violino.
Le era stato
regalato proprio da lui, il suo amato fratello maggiore, in occasione
della sua accoglienza da parte del Nume Locale avvenuta sei mesi
prima.
Oh, lui se la ricordava benissimo. Con quei capelli biondo
cenere raccolti in una spessa ciocca, la corona di gigli bianchi
posati sul capo, le sue leggere lentiggini sul viso, le ali giovani e
forti raccolte sulla schiena, gli occhi dorati che sfavillavano,
quell'espressione felice, incredula e commossa tipica di tutte le
Celesti che da novizie inesperte e impaurite divenivano Sacerdotesse
a tutti gli effetti.
Il ragazzo ricordava il leggero tremolio
della sorella mentre s'inginocchiava davanti alla Matriarca, l'unica
tra tutti ad avere sei ali, affiancata da un altero Tapu Koko.
Ricordava la lacrima che solcò il suo viso nel vedere il giallo
Cristallo del Nume, incastonato in un pendente legato attorno al
collo del Pokémon, perdere un frammento che, sospinto da qualche
corrente a lui invisibile, andò a posarsi fra le mani della
giovane.
Ricordava perfettamente i festeggiamenti della loro
numerosissima famiglia assieme al resto del loro popolo. Ricordava le
danze sfrenate sulle note degli ukulele e degli Mele Oli*, a ritmo
delle percussioni. Ricordava i voli dei Celestiali più esperti:
esibizioni magnifiche che, dopo una certa ora, si mescolavano ai
buffi tentativi dei più piccoli, ai sobri svolazzi dei Cacciatori e
a quelli più sciolti del resto della gente.
E soprattutto,
ricordava quell'abbraccio sopra le nuvole con quell'amata sorella che
in quel momento ascoltava estasiato.
Malie, si chiamava. Mai nome
poteva essere più adatto, per lui. Quel ricordo così intimo e
felice l'avrebbe sempre conservato nel cuore.
Le aveva promesso
che, una volta divenuta Sacerdotessa, avrebbero perforato insieme le
nuvole, all'alba, per salutare il Sole che sorge. In fondo, lui era
entrato nelle fila dei Cacciatori, coloro che proteggevano Mele Mele
e il Nume Locale, e lei ormai aveva raggiunto un grado importante nel
culto di Tapu Koko. Momenti simili di libertà totale non ne
avrebbero più avuti.
Si staccarono presto dal gruppo e, grazie
alle due paia di ali di lui, una rarità per quel popolo, raggiunsero
la coltre più bassa di nuvole e la superarono, affacciandosi a un
panorama nebuloso quanto candido. In uno slancio d'affetto lei lo
abbracciò e, nello stesso momento, i primi bagliori del mattino si
trasformarono nell'alba più luminosa che avessero mai visto e che li
avvolse di calda e pura luce.
Il ragazzo sorrise leggermente nel
ricordare un'ultima volta e ascoltare le note conclusive della
composizione di Malie.
Fece per alzarsi nel modo più silenzioso
possibile: voleva andarsene da lì senza dire niente, senza esporsi
al pubblico, senza rovinare nulla, senza danni. Voleva solo fuggire
con delicatezza e riserbo, per quanto gli fosse possibile. Ma la
divisa, un'armatura di cuoio completamente nera, scricchiolò proprio
quando il giovane s'era voltato per imboccare il sentiero che portava
verso il Picco**
-Zireael?-
Il ragazzo, a sentirsi chiamare per
quel tenero soprannome, non fece a meno di voltarsi e rivolgere un
bonario sorriso alla sorella minore. Per un momento rimasero in
quella specie di stallo: lui sulla strada per il picco, in divisa e
le quattro forti ali ripiegate strette sul dorso; lei con violino in
una mano e l'archetto nell'altra, con un'espressione di lieto
stupore.
-Zireael!- ripeté la ragazza, posando il fragile
strumento su una panchina in pietra e precipitandosi verso il
fratello maggiore, rompendo così quell'immobile incanto.
Il
Celeste l'accolse con tenero affetto tra le sue braccia, spiegando
leggermente le ali solo per abbracciarla ancor di più.
-Zireael,
fratellone... che fai qui? Pensavo che fossi ai piedi del Picco ad
addestrarti, non che avessi un momento libero. Se no sarei venuta io-
chiese Malie, scostandosi dall'abbraccio dopo un momento di silente
pace.
Lui rise appena, con una punta impercettibile
d'amarezza.
-Non volevo disturbarti, Malie. E poi ero nei paraggi,
volevo venire a salutarti prima che vada- rispose poi. Istintivamente
infilò la mano nello scomparto dell'armatura dove teneva la sua
maledizione, racchiusa in appena qualche centimetro di caldo e
lucente cristallo incastonato in un pendente.
-Andare? Di già? E
perché eri nei paraggi? Ti è successo qualcosa?- domandò perplessa
lei, guardandolo apprensiva e allungando le mani verso il suo viso
per accarezzarlo.
Il Celeste distolse leggermente lo sguardo,
rabbrividì di piacere nel sentire quella mano familiare scorrere fra
i suoi capelli innaturalmente argentei. Cercò inutilmente di
concentrarsi su un cespuglio di fiori che Malie aveva piantato per
lui, dei fieri esemplari di Guzmania Cardinalis di color rosso
sgargianti.
-Malie, io...- incominciò, deglutendo per calmare
l'agitazione che lo attanagliava. Come poteva dirle di essersi
macchiato di tradimento verso il Nume per degli stupidi quanto
reali incubi?
Come poteva rovinarle così la vita? Sarebbe
stata sempre associata a lui, quel Celeste tanto unico quanto
malvagio.
Avrebbe visto quei fiori superbi non più come ricordo
di un affetto fraterno, ma come costante memento di un inganno
sfacciato.
-...io starò via per un po'. Non credo che ci vedremo
tanto presto- concluse, con voce rotta dall'emozione.
Un'espressione
triste per un momento dominò nel viso della giovane Celeste, ma ad
attirare l'attenzione di entrambi fu un verso furioso e familiare,
proveniente dal tempio di Koko, posto proprio al limitare dei
giardini.
Una rapida occhiata sorpresa di Malie fece comprendere
al ragazzo che ancora non sapesse nulla, che gli chiedeva in
silenzio, prima di precipitarsi al tempio, la causa della furia del
Guardiano.
-Sorellina, mi dispiace davvero tanto!- sussurrò
impulsivamente il Celeste mentre la stringeva a sé per l'ultima
volta, prima di girarsi e correre via verso la cima del Picco.
Si
ripromise di non voltarsi, e così fece: non si voltò, nella corsa,
quando la voce di Malie lo chiamava disperata per nome, abbandonando
il dolce soprannome di Zireael.
Non si voltò quando, nella
scalata verso l'apice, i suoi fratelli Cacciatori tentarono di
richiamarlo, o con le parole o tentando di attaccarlo.
E non si
voltò nemmeno quando, dopo il decollo, sentì i versi lontani e
irati di Koko seguirlo su per il sentiero, accompagnati dallo
scoppiettio sinistro che annunciava l'accumulo d'elettricità da
parte del Pokémon.
Semplicemente, nel sentire il vento cambiare
direzione a suo favore, il Celeste spiegò al massimo le ali
anteriori per ricevere maggiore spinta e usare le posteriori per
governare il volo.
“Devo superare il reef. I Tapu non possono
oltrepassare i confini dei loro territori. Devo superare quel reef!”
pensò determinato il Celeste nel vedere avvicinarsi la zona scura
che segnalava la Barriera Corallina appena sommersa sotto il livello
del mare.
Con uno slancio aggraziato, riuscì appena a
oltrepassare il confine prima che l'immensa scarica elettrica lo
investì.
Urlò? Ne era quasi certo, ma il dolore infinito e il
terrore primitivo della morte incombente attapparono il suo
udito.
Era terribile.
Era come se mille e più coltelli roventi
venissero conficcati nella schiena per bruciarlo ed estirpargli le
ali -quelle bellissime ali dal piumaggio candido a cui teneva molto-
fin dalla radice; come tanti piccoli artigli che penetrassero il
corpo per strappare la carne e divorarla dall'interno.
Stordito e
in fin di vita, il Celeste a malapena s'accorse della superficie del
mare che s'avvicinava a perdita d'occhio fino a impattarcisi contro.
Non percepì l'impatto, solo qualcosa di benevolo e fresco avvolgerlo
dolcemente per alleviargli un poco le gravissime ustioni prima di
dargli il colpo di grazia. Una piccola gentilezza, per uno come
lui.
Era ancora semi cosciente quando realizzò che andava
pigramente a fondo, in un silenzio straniante, che l'acqua cominciava
a riempirgli i polmoni e renderli due zavorre letali.
Ma si
rese conto anche che, per qualche ragione, non stava morendo
annegato, che il suo corpo ancora si rifiutava di morire, che
qualcosa -una corrente? Un Pokémon? L'illusione di poter
sopravvivere? Che cosa?- lo stava portando da qualche parte,
che teneva ancora il Cristallo di Koko stretto spasmodicamente tra le
dita, che lentamente i ricordi della vita passata da essere puro e
senza macchia di crimini scivolavano via, lasciando solo un vuoto
nero e ovattato nella sua mente.
Il Celeste chiuse gli occhi,
consapevole che il vuoto lo stava per ghermire, chiedendosi quale
valore avesse quel suo sacrificio.
“Malie” pensò
mentre gli ultimi ricordi di lei scorrevano nella sua mente, vividi
come non mai, prima di essere inghiottiti dall'oblio “Vedi? Il
fratello che tanto amavi ti è crollato davanti. Ma non potevo
lasciarmi vincolare, volevo essere qualcosa oltre al semplice Celeste
di buona famiglia. Volevo andare oltre a quel ruolo soffocante. Quei
sogni mi rivelavano un futuro terribile quanto sublime...”. Non
riuscì a completare il pensiero. Forse il Cristallo sarebbe andato a
qualcun altro, forse portarlo fuori da Mele Mele e dalla portata di
Koko era il suo compito. Non l'avrebbe mai scoperto.
Con uno
sbuffo che si tramutò in bolle nell'acqua chiara, il Celeste svenne.
…
-Allora?
Che pensi di farci? Vuoi davvero ributtarlo in mare? Seriamente?-
-E
che possiamo fare secondo te, eh? Hai visto quelle bruciature sulla
schiena, quelle cicatrici? Questo ragazzo s'è macchiato di qualcosa
di grave ed è stato punito-
-O?-
-“O” cosa? La spiegazione
può essere solo questa!-
-Secondo me non è questo il punto. Può
essere fuggito da un isolotto nelle vicinanze perché contrario a
chissà cosa. Oppure perché volesse avvicinarsi alla civiltà, al
resto del suo popolo, al Tapu. E per qualche ragione è stato punito.
È la cosa più probabile, secondo me. D'altronde non abbiamo mai
superato i confini del nostro reef e non sappiamo cosa ci sia altro
lì fuori-
Il Celeste si riscosse leggermente. Stordito, riuscì
solo a rendersi conto di essere steso su una stuoia a pancia in giù,
che qualcuno gli aveva spalmato sulla schiena aveva qualcosa di
fresco, che era al coperto e che due voci, una maschile che non lo
voleva e una femminile che lo difendeva. Almeno così aveva
capito.
-Ma guarda, si sta svegliando. Forse potremo chiedergli
qualcosa!- esclamò la voce femminile. Al percepire una presenza
cambiare posizione e accucciarsi di fronte a lui, il Celeste
socchiuse gli occhi. Ma era ancora stordito, riuscì a distinguere
solo dei capelli colorati di rosa e giallo e uno sguardo curioso che
gli ricordava qualcuno d'importante. Ma chi?
-Hmpf. Fà come vuoi,
ragazzina. Ma del suo destino se ne parlerà in Consiglio e poi
s'informerà Tapu Bulu- concluse seccata la voce maschile,
accompagnata da dei passi. Così, rimasero solo lui e la ragazza dai
capelli strani.
-Non far caso a mio padre. È uno molto influente,
a volte antipatico: ma ha a cuore l'incolumità dei villaggi.
Comunque sia, lo sai che ti ho trovato io sulla spiaggia? Sembravi
morto, mi avevi quasi spaventata! Tenevi in mano una pietra gialla,
l'ho presa prima che qualcuno la notasse. Dal modo in cui la tenevi,
dev'essere importante per te. Aspetta che te la prendo...-
La mole
delle informazioni che la ragazza gli diede era incredibile. Tapu
Bulu? Pietra gialla? Spiaggia? Ma lui doveva essere morto annegato.
E
invece, per chissà quale miracolo o coincidenza, era approdato su
un'isola nuova e anche abitata.
Ma non seppe darsi spiegazione per
tante cose: era ancora molto intorpidito e la sua memoria era
diventata improvvisamente una voragine nera. Ciò che gli rimaneva
era solo la sensazione positiva di non aver perso la pietra e di
sentire che era sotto la protezione di un'entità come Bulu. La cosa
sembrava più dettata da un'esperienza negativa con qualche simile di
quest'ultimo, ma non poteva di certo dirlo con certezza.
La
testa pulsava, era pesantissima.
-Ecco qua. La vuoi tenere tu,
vero?- gli sussurrò la voce di prima con affetto, mettendogli fra le
mani qualcosa di freddo e dalla forma prismatica. Istintivamente lui
la strinse tra le dita e se la portò al petto, ringraziando la
ragazza con un sorriso stanco, ma sincero. Al che, la ragazza si
sedette di fronte a lui.
-Senti... so che sei ancora mezzo
intontito. Quindi appena te la senti magari potremo parlare meglio.
Però, visto che sei un pochino sveglio, ti va di dirmi come ti
chiami?-
Il ragazzo sbuffò. Il suo nome? E cosa potrebbe
importare, in quel momento?
Tuttavia, a spingerlo a rispondere fu
una pianta in un vaso, nell'angolo della casupola dove si trovava.
Era di color rosso acceso, con petali appuntiti e lunghi come lingue
di fuoco, alta e fiera.
Guzmania Cardinalis, l'avrebbe
riconosciuta fra un milione di steli.
-Guzma. Mi... chiamo Guzma-
rantolò lui.
-Guzma? Come il fiore?- chiese sorpresa lei.
Lui
annuì. Ora che ci prestava attenzione, il suo modo di parlare gli
era estraneo. Capiva le sue parole, ma l'accento, l'inflessione, il
modo di parlare... gli suonava strano, come se lui fosse abituato ad
altro.
Era
forse in terra straniera? Formulare un'ipotesi sensata lo sforzava
più del dovuto.
-Forse dovresti riposare, Guzma. Dormi
tranquillo, nessuno t'importunerà finché ci sono io- continuò lei,
come se avesse percepito i suoi pensieri.
Rincuorato da quelle
parole, sebbene non sapesse il nome di quella ragazza tanto singolare
quanto gentile, il ragazzo chiuse gli occhi, stavolta per ristorarsi.
Note dell'Autrice.
E niente, la
puntualità e la costanza non è il mio forte. La voglia di scrivere
va e viene con le idee, non so mai come trattare un certo capitolo e
poi bum, a un certo punto l'ispirazione torna prepotente. Spero che
sappiate perdonarmi, lettori > . <
Comunque sia, per
chi se lo chiedesse: no, non c'è uno specifico ordine nei capitoli,
visto che non seguono cronologicamente la venuta dei personaggi.
Questo semplicemente perché, appunto, potrebbe venirmi voglia di
scrivere su pg X invece che Y. E finché sono storie tutto sommato
autoconclusive posso ancora permettermelo. Anche se la cosa finisce
un po' qui, dato che il capitolo sugli umani deve essere l'ultimo e
quindi il prossimo è incentrato sui Koxol, mh...
Bhe, non ho molto
da scrivere ancora. Vi lascio allora al “glossario”. Alla
prossima <3
-Danail.
*Forma di canto libero tipico delle Hawaii.
http://guide.cadillactrip.it/americhe/hawaii/cultura.php
**Avete presente Mele Mele? Ecco, vedete quella specie di “vulcano” accanto ad Hau'oli? Ecco, quello. So che nella realtà sembra non avere un nome -dato che nel gioco non è un elemento di rilevante importanza- ma mi piaceva sfruttarlo come “punto di lancio” per quella categoria a cui il protagonista di questo capitolo appartiene.
EDIT 14/07/2018
E anche questo è andato. Ho corretto alcuni errori e alcune frasi, qui le modifiche più essenziali a livello di trama sono legate solo a un piccolo cavillo: la "rarità" del numero delle ali, visto che in seguito la questione sarà piuttosto importante in molte situazioni.