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Autore: pandafiore    27/08/2017    4 recensioni
[Johanna – breve OneShot]
Dal testo:
“Nella silenziosa attesa di quella detestata casa deserta, raccolse un po' i coltelli ai suoi piedi e si sedette sul pavimento accanto al telefono; subito dopo lanciò uno sguardo alla finestra, d'un buio terso e travolgente. Provò un'emozione, il che era strano. Non sapeva ancora dire cosa fosse, non ricordava più il significato d'un fiato sospeso o d'un bagliore di luce negli occhi. Eppure sentiva qualcosa di particolare scorrerle piacevolmente nelle vene, arrecandole un brivido fresco e stuzzicante. In quello, il telefono squilló.”
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Johanna Mason
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Johanna

 

Odi et amo





Un ammasso di abominevole odio e profondo rancore la rendevano imbronciata come una ragazzina. Sarebbe sembrata quasi dolce con quell'espressione, se non fosse stata lì, seduta davanti alla credenza del soggiorno, a tirare coltelli contro il muro. Si incastravano perfettamente, pensò, tra una fessura e l'altra del legno.
Odiava quella casa concessa per carità da Capitol City, odiava quella vita squallida che le avevano rubato quando ancora era innocente: cosa doveva fare? non aveva più nulla. Non aveva nessuno.
Parlare forse le avrebbe giovato - per lo meno, sarebbe risultato d'ausilio alla sua scontrosità iraconda. Ma parlare con chi? Con quello stupido panettiere che provava a chiamarla un giorno sì e l'altro anche per sapere se era ancora viva? O farsi passare al telefono la sua ragazza, improvvisamente così docile e propensa a perdonare colui che quasi l'aveva uccisa. Ma sì! Perché non parlare con quei pazzi?

Un sorriso sbieco le impregnò le labbra amaranto, stirandole appena, a quei suoi stessi pensieri - un po' bizzarri a loro volta. Erano le sette di sera, di lì a breve il telefono avrebbe suonato: o Aurelius o Peeta. Un sentimento differente da quello di tutte le sere precedenti la pervase: aveva voglia di sentire qualcuno, sì. Se fosse stato Peeta avrebbe risposto ed avrebbe tentato di radunare sulla sua lingua qualche parola, giusto per accontentarlo.
Nella silenziosa attesa di quella detestata casa deserta, raccolse un po' i coltelli ai suoi piedi e si sedette sul pavimento accanto al telefono; subito dopo lanciò uno sguardo alla finestra, d'un buio terso e travolgente. Provò un'emozione, il che era strano. Non sapeva ancora dire cosa fosse, non ricordava più il significato d'un fiato sospeso o d'un bagliore di luce negli occhi. Eppure sentiva qualcosa di particolare scorrerle piacevolmente nelle vene, arrecandole un brivido fresco e stuzzicante. In quello, il telefono squilló, spezzando l'armonia giocata dalla lancetta dell'orologio e dalle nuvole silenziose, come soffici gatti che si distendono.

Prese le cornetta deglutendo e se la portò all'udito senza una parola. Solo quando udì la voce sorpresa, ma gradevole, del ragazzo del pane, osò un “Ciao panettiere” che apparve grattato e rauco, forse per le corde vocali ferme da mesi e arrugginite.
«Johanna! Non rispondi mai, caspita, che bello sentirti!»
«Non posso dire lo stesso...» ironizzò tagliente lei. Era leggermente nervosa, aveva cominciato a passare in modo automatico l'unghia del pollice nelle scanalature del parquet e cambiava costantemente posizione. Fortuna che nessuno poteva vederla, pensò.
Ciarlarono inutilmente del più e del meno; conversazioni futili e vuote, si ritrovò ad ammettere che si aspettava qualcosa di meglio da lui.
Poi, improvvisamente, arrivò quel: «Johanna, come stai realmente?» che sembrava sottintendere tutto. Loro erano stati nella stessa prigione, in celle attigue, non potevano dimenticarlo. Erano stati torturati quasi contemporaneamente, sentivano uno le urla dell'altro; grida che ancora devastavano le menti ed i sogni di entrambi. Johanna, in quel preciso istante, riuscì a localizzare lo strano sentimento che aveva iniziato ad avvertire poco prima: affetto. Vicinanza, benevolenza, quasi amore. L'amore d'una sorella, che riscalda il torace. Percepiva un fuoco ardente tra lo stomaco e il cuore che cominciava a piacerle, almeno un po', in quella fredda notte invernale. Era un po' meno sola, un pochino meno abbandonata ai suoi orridi pensieri.
L'odio di prima non era per nulla scomparso, anzi, ma si era affiancato a questo stravagante, meraviglioso, candido amore.
Stava sorridendo - le faceva quasi male, dopo tanto tempo! - ed era lì lì per rispondere che no, no non andava affatto bene; che forse doveva venire a trovarla, a portarle qualcosa da mangiare, magari un biscotto, fatto a mano e glassato, perché no, ma che la cosa più importante era che venisse lui, almeno lui, o che mandasse qualcuno, perché le sue idee stavano degenerando e stavano rasentando la follia; voleva aiuto, voleva sostegno, e lo stava finalmente per chiedere, quando una voce femminile ben nota si fece sentire dal sottofondo della chiamata, chiamando il ragazzo perché era pronta la cena. «Jo, ti richiamo tra cinque minuti, altrimenti Katniss si arrabbia. Tranquilla, resta lì» e si era chiusa la telefonata.

Una lacrima un po' deforme le rigò la pelle bianca di uno zigomo. Non la spazzò via come era solita fare. Rimase immobile a contemplare il tepore fuggire e lasciare spazio al gelido spiffero di brina che lentamente le ghiacciava cuore e polmoni. Non aveva più niente.
Senza pensarci molto, prese uno dei coltelli sparpagliati al suo fianco. Non si era mai fatta nemmeno un graffio, era sempre stata abbastanza abile da saper gestire ogni tipo di lama con perizia. Ma ora era diverso. Era sola, nessuno la richiamava per la cena, nessuno la voleva con sé per davvero. Era facile una telefonata random. Snow le aveva ucciso tutti, aveva ucciso lei già anni prima.
Con un gesto netto e preciso si tagliò le vene d'un polso e, subito dopo, senza neanche riuscire a prendere abbastanza respiro, l'altro. Boccheggiò e poi crollò contro il mobiletto dove, in pochi secondi, fece in tempo ad udire il telefono squillare nuovamente. Ma era troppo tardi.






“Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.”

Catullo


Traduzione: Odio e amo. Come io faccia, forse ti chiedi.
Non lo so, ma ciò accade ed è il mio tormento.





___

Buongiorno!
Tema a volte sfruttato dell' "odio e amore", originario dal carme di Catullo che dà il titolo alla ff e che è in fondo riportato - e che io amo, per inciso.
Ho cercato comunque di rivisitarlo, di rivederlo nel modo più originale possibile, e spero di esserci riuscita con il finale a sorpresa e non solo. Johanna è carica di un contrasto costante dentro di sé, ed è fisicamente e psicologicamente distrutta, il che la porta a voler mettere un punto fermo e definitivo nella sua vita - una decisione folle.
Ringrazio chiunque abbia letto questa mia breve creazione dalle poche pretese, ma ancora di più chi avrà la voglia di lasciarmi un parere. Buona domenica a tutti!

   
 
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