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Autore: BabaYagaIsBack    29/08/2017    1 recensioni
Re Salomone: colto, magnanimo, bello, curioso, umano.
Alchimista.
In una fredda notte, in quella che ora chiameremmo Gerusalemme, stringe tra le braccia il corpo di Levi, come se fosse il tesoro più grande che potesse mai avere. Lo stringe e giura che non lascerà alla morte, il privilegio di portarsi via l'unico e vero amico che ha. Chiama a raccolta il coraggio e tutto ciò che ha imparato sulle leggi che governano quel mondo sporcato dal sangue ed una sorta di magia e, per la prima volta, riporta in vita un uomo. Il primo di sette. Il primo tra le chimere.
Muovendosi lungo la linea del tempo, Salomone diventa padrone di quell'arte, abbandona un corpo per infilarsi in un altro e restare vivo, in eterno. E continuare a proteggere le sue fedeli creature; finchè un giorno, una delle sue morti, sembra essere l'ultima. Le chimere restano sole in un mondo di ombre che dà loro la caccia e tutto quello che possono fare, è fingersi umani, ancora. Ma se Salomone non fosse realmente morto?
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo Decimo
Io non Sono
parte prima

 

"I'm stronger than I ever knew
I'm strong because of you"

Roots (In this Moment) 

Vienna era ben diversa da come se la ricordava, Alexandria lo aveva compreso prima ancora di mettere piede sulla banchina del binario otto. Dai finestrini del vagone aveva visto decine di palazzi grigi, tristi come il cielo sopra le loro teste, e della sfarzosità del passato non aveva scorto nemmeno un accenno.

La prima volta che era stata lì, durante uno dei tanti viaggi che il padre le aveva imposto di compiere, il verde delle fronde degli alberi, o dei prati dei parchi, aveva colmato i suoi occhi di fanciulla. Gli edifici che vi si ergevano accanto le erano parsi incantevoli opere architettoniche degne delle favole più romanzate, come quelle che a sera leggeva alle sue sorelle, Karina e Vanjia, mentre ora, ciò che aveva davanti, appariva più come il grottesco conglomerato di costrutti decadenti. Della città che aveva conosciuto, forse, rimanevano solo alcuni scorci nell'area più centrale, ma non avrebbe saputo dire quanta, della bellezza di un tempo, vi avrebbe ritrovato.

Con uno sbuffo, del tutto sconsolata, tornò a fissare la mappa sotto al proprio naso provando a concentrarsi sulla conversazione, ma sapeva bene che la stanchezza, per non parlare dell'ansia, l'avrebbero presto portata a distrarsi nuovamente. 
L'indice di Levi era posizionato su un rettangolo aranciognolo identico a decine d'altri e con l'unghia laccata sottolineava il nome di una via. In quel punto, per quello che le avevano confermato anche all'info-point della stazione, si trovava l'università dove, teoricamente, avrebbero trovato Salomone.

«Dobbiamo trovare un alloggio che non dia nell'occhio.» 
Gli sentì dire, seguito subito dopo da una controbattuta di Zenas: «Certo, ma non possiamo nemmeno allontanarci troppo dall'ateneo, sennò come facciamo a tenerlo controllato?»
«Okay, ma più siamo vicini, più rischiamo di mettere Salomone a repentaglio. Il Cultus ormai sa che siamo vivi e insieme, non possiamo dargli modo di avvicinarsi a lui.»
«Beh... c'è l'albergo qui sull'angolo, quello che ci ha consigliato la signorina di prima. Che ne pensi?»

A quel suggerimento, Z'èv storse le labbra: «E come lo paghiamo? Sono cento euro a notte per la doppia, ottanta per la singola. Non ho tutti quei soldi, akh
«Ma non sono tanti...»
«Per una notte, certo, ma se ci dovessimo fermare una settimana? Per non parlare dei viveri, di nuovi vestiti e tutto il resto. Non possiamo dilapidare il mio conto corrente solo per stare qui, dobbiamo pensare anche al dopo. Nessuno ci assicura che lo troveremo, men che meno che ci rivoglia con sé.»

«Beh, a quel punto ruberemo! Esattamente come abbiamo fatto decine di altre volte» mugugnò l'uomo sistemandosi un dreadlock sfuggito alla crocchia. 
Nel suo tono Alex udì un'ovvietà che le piacque gran poco, soprattutto vista la situazione. 
Rubare, ripeté stizzita, Facile a dirsi, peccato che lo fosse molto meno nel momento in cui si passava alla pratica. Forse Zenas non si era accorto di come, in trent'anni e più, le cose fossero cambiate: se prima, sgraffignando un portafoglio, era possibile trovare una discreta quantità di banconote colorate, di quei tempi ci si doveva accontentare di un variopinto ventaglio di carte di credito e tessere prepagate, rendendo così ogni acquisto tracciabile e ben meno istantaneo.

Levi d'improvviso, forse notando il disappunto sul viso della sorella, scoppiò in una flebile risata e, stravaccandosi maggiormente sulla sedia, si portò una mano alla fronte. 
«Di che ti preoccupi, Rozenett? Non è la prima volta che restiamo senza soldi» annotò dopo qualche istante, allontanando lo sguardo e posandolo da qualche parte nel parco intorno a loro.
Alexandria provò a seguire la traiettoria del suo viso, a capire cosa stesse osservando tra i passanti, l'erba verde o le fronde non più tanto rigogliose degli alberi, poi, incapace di riuscire in quell'impresa, tornò a fissargli il volto: «Solitamente c'era Salomone con noi, ricordi? E lui trasformava i sassi in oro pur di farci avere un tozzo di pane. Stavolta siamo soli, Levi.»
A quelle parole, con uno scatto simile a quello di un predatore che scorge la preda, il giovane abbandonò la propria contemplazione per girarsi verso di lei. Lo scricchiolio lieve delle sue ossa la fece rabbrividire, eppure nonostante il disagio Z'èv sorresse il suo sguardo - impresa semplice, viste le lenti scure nel mezzo.
«E tu forse dimentichi una cosa, akhòt: siamo soli da tre decenni. Non ce la saremmo cavata bene, ma non mi pare neppure che sia andata tanto male.»
Aveva ragione, pensò mordendosi la lingua. Per quel che aveva potuto capire nessuno di loro, in quegli anni, aveva vissuto di stenti; forse avevano faticato a trovare un posto in cui stare, avevano impiegato qualche tempo a costruirsi una carriera professionale, ma certamente non si erano ritrovati moribondi all'angolo di una strada - ed erano riusciti a farlo anche senza il loro Re. Salomone era utile e necessario, certo, ma non indispensabile. Così come non era indispensabile rubare portafogli. Prendere furtivamente una mela al banco frutta, del pane dal fornaio all'angolo, sfilare dalla borsa della spesa di una vecchia qualcosa di commestibile non era poi impresa impossibile; le doti da ladri le avevano affinate nel tempo, insieme a tante altre abilità - perché una vita di fughe era anche una vita di lezioni da cui o si imparava qualcosa, o si rischiava la pelle.

Alexandria sospirò: «Credevo di aver smesso con certe vigliaccate.»
«Purtroppo, Z'èv, siamo mostri e come tali ci è permesso comportarci. Inoltre, direi che abbiamo alle spalle già abbastanza crimini da non doverci più preoccupare di compierne di nuovi» con il pollice Nakhaš si sfiorò il labbro inferiore sottolineandone la tonalità innaturale e lei, seppur controvoglia, si ritrovò a pensare a quante volte, negli anni, si fosse ripetuta una simile giustificazione. 
Involontariamente pensò a quando, insieme ai fratelli maggiori, aveva rapito ragazzini innocenti per dare a Salomone un nuovo hagufah. Rievocò tutte le occasioni in cui, per bisogno, era saltata al collo di umani e alchimisti. Erano state situazioni in cui aveva volontariamente lasciato alla bestia in lei il controllo su un corpo che le apparteneva a metà - e ogni volta si era detta: non sono forse rinata abominio? E' questo che quelli come me fanno.  Quindi gli omicidi, i rapimenti, le truffe e i crimini di ogni genere erano diventati parte integrante della sua esistenza - cosa era un semplice furtarello a confronto?

Zenas le mise un braccio intorno spalle, tirandola a sé: «Sistemeremo ogni cosa, un giorno» ma il suo tentativo di persuasione ebbe ben pochi risultati - perché seppur Alex si sarebbe prestata a quegli escamotage, continuava a trovarli soluzioni tutt'altro che piacevoli.

«Sistemare non ci redime dai peccati, akh, ma semplicemente ci convince di averlo fatto» soffiò d'un tratto, abbandonandosi alla sua presa. «Dopotutto è come ha detto lui: siamo mifeletsett, anche se da qualche parte conserviamo un cuore pulsante.» Già... c'era del buono in loro, dentro a quei corpi deturpati dall'Ars viveva ancora un'anima umana, eppure l'aspetto e le azioni riprovevoli che avevano compiuto sembravano dire l'esatto contrario - e se la Contessina Alexandria Orsòlya Varàdi di trecento anni prima avesse visto la sé di quel momento, probabilmente l'avrebbe condannata senza possibilità d'appello a bruciare tra le fiamme dell'Inferno.

La redenzione era qualcosa di astratto per loro e, anche se avessero potuto ambirci, con la scelta di ritornare da Salomone stavano volontariamente repellendo quella salvezza.

Ma ritrovarlo valeva davvero un simile sacrificio? Ciò che li attendeva da quel momento in poi significava realmente così tanto da permettere a un matusalemme di stringere nuovamente un nodo intorno ai loro colli? 

Z'èv avrebbe voluto dire di no. Le sarebbe piaciuto affermare che nulla di quello che sarebbe successo di lì in avanti sarebbe valso così tanto - eppure non poté.
Per il suo Re avrebbe fatto qualsiasi cosa, esattamente come la sé di un tempo. Avrebbe mentito, pedinato, derubato, fracassato crani e, se necessario, sarebbe ancora una volta risorta dalla morte; perché glielo aveva giurato.

In ginocchio di fronte a lui, con il corpo tremante e le guance rigate di lacrime lei aveva promesso di essergli fedele per il resto della sua esistenza.

Sarebbe morta cento volte per Salomone, ma sarebbe tornata in vita altrettante, se non di più.

 

Rozenett : Contessa
Hagufah : Corpo/Contenitore
Mifeletsett : Mostro

   
 
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