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Autore: ___Page    18/09/2017    2 recensioni
«Ma come hai fatto?!»
«Eh?» si riscosse il giovane, a cui evidentemente mantenere il ghigno richiedeva una certa concentrazione. «Ah! Oh beh è un difetto della macchinetta, ecco. L'ho scoperto per caso una volta ma è questione di pratica alla fine.» spiegò con una stretta di spalle e un sorriso spontaneo.
«E tu sei molto pratico?»
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Pirati Heart, Shachi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Raftel High School - Le Cronache'
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IT'S FRIDAY I'M IN LOVE





 
MERCOLEDÌ
 
…Tuesday, Wednesday heart attack…
 
 
Ishley era una persona positiva e allegra. Un cuore grande, un animo puro, un'eleganza intrinseca che emergeva in ogni suo gesto. Era raro che perdesse la pazienza e, quando anche capitava, la sua calma e la sua classe restavano invidiabili.
Tranne con le macchinette degli snack. Le macchinette degli snack tiravano fuori il peggio di lei.
Certo dipendeva dal fatto che se Ishley approcciava la macchinetta degli snack già la situazione di per sé non era delle più rosee. Intanto voleva dire che aveva fame e avere fame la innervosiva ma, ancora di più, la innervosiva avere dimenticato a casa la frutta o la torta. Perché a Ishley piaceva mangiare i dolci fatti in casa che tanto amava cucinare con le proprie mani e non gli snack della macchinetta che, per giunta, sembravano avere la capacità di bloccarsi contro il vetro proprio in quelle occasioni in cui aveva così fame da rassegnarsi a introdurre nel proprio organismo una di quelle schifezze preconfezionate a meno di non voler svenire.
Sospirò contrariata. Non che alle medie non fosse mai incappata nel problema ma era solo la prima settimana del primo anno di liceo, quella. Si cominciava davvero bene.
Piegò il capo di lato, le braccia incrociate al petto, studiando la posizione in cui si era bloccata la barretta. Probabilmente al di là del vetro si trovava un'altra dimensione, perché il fenomeno che stava osservando non era compatibile con nessuna legge fisica di quella terra e si poteva spiegare con una sola parola.
Sfiga.
Persistente, ancestrale, karmica sfiga.
Con eleganza Ishley allungò un braccio e, la mano chiusa a pugno, colpì delicatamente la superficie trasparente. Ancora e ancora e ancora e sempre meno delicatamente.
Stupido, maledetto snack! Non stava mica cercando di rubarlo, per la miseria!
«Andiamo! Dai!» esclamò con tono lievemente disperato.
«Aspetta, faccio io.»
Ishley non fece neanche in tempo a girarsi verso la fonte della voce che due braccia spuntarono sopra la sua spalla. Il nuovo arrivato inserì una monetina nell'apposita fessura, digitò il numero della fila più vicina a dove si trovava la barretta maledetta e tirò contemporaneamente la levetta del resto.
Lo snack precipitò giù insieme a un pacchetto di salatini, sbloccato dal movimento circolare, mentre le monete appena inserite cadevano con un sonoro tintinnio nel loro apposito scomparto, pronte per essere recuperate dal loro legittimo proprietario.
Ishley si voltò, colpita e curiosa, solo per ritrovarsi bloccata tra la macchinetta e un ragazzo poco più alto di lei. Capelli castano-ramati quasi alle spalle che sparavano in tutte le direzioni, naso dritto e sottile, occhi di un colore indefinibile tra l'azzurro e il verde.
Sarebbe stato anche attraente se solo non avesse avuto quell'espressione sul volto. A un'attenta occhiata, era facile identificarla come soddisfazione, ma per quale motivo avesse le labbra piegate tutte da un lato e si stesse sforzando di tenere sollevato solo l'angolo destro in una smorfia che gli deformava la faccia, questo era un mistero. Sembrava stesse cercando di ghignare ma certamente non era una cosa naturale per lui. Ishley ebbe la netta sensazione che stesse provando a imitare qualcuno.
«Ma come hai fatto?!»
«Eh?» si riscosse il giovane, a cui evidentemente mantenere il ghigno richiedeva una certa concentrazione. «Ah! Oh beh è un difetto della macchinetta, ecco. L'ho scoperto per caso una volta ma è questione di pratica alla fine.» spiegò con una stretta di spalle e un sorriso spontaneo, che gli donava decisamente molto di più, considerò Ishley tra sé e sé prima di domandare: «E tu sei molto pratico?»
«Cosa...» cominciò preso per un attimo in contropiede «No ehi aspetta! Non lo faccio per scroccare! È solo per quando si blocca o mi mangia le monete!»
Ishley lo studiò ancora alcuni istanti e poi sorrise, con quel suo sorriso dolce e appena un po' trasognato, che avrebbe fatto sciogliere il cuore persino a Aoikiji-san. «Grazie.» mormorò, prima di abbassarsi per recuperare la barretta.
Il ragazzo non rispose e, a dirla tutta, nemmeno si rese conto che si era voltata, lo sguardo fisso e rapito nel punto in cui fino a un attimo prima si trovava il volto sorridente di Ishley. Si riscosse quando uno spostamento d'aria e un alito di profumo salato e marino lo investirono e si guardò intorno, alla ricerca della compagna di scuola, scomparsa magicamente dal suo campo visivo e già sul punto di svoltare l'angolo, correndo con la leggerezza e l'eleganza di una ballerina.
«Aspetta!» la richiamò, avanzando deciso.
Ishley si voltò sorpresa, la barretta stretta in mano, sollevata in mezza punta. «Sì?» lo invitò a proseguire.
«Ah... io...» Perché l'aveva fermata? Non sapeva cosa dirle. «Sono Shachi!» decise di sbloccare la situazione, allungando un braccio verso di lei. «Shachi Orcada.»
Ishley spostò lo sguardo dal suo viso alla mano di nuovo al suo viso. Socchiuse gli occhi a mezzaluna e sorrise. «Ishley Habena.» gli strinse la mano. «Piacere di conoscerti, Shachi.»
 

§
 

LUNEDÌ
 
Monday you can hold your head…
 
Era raro che la segreteria fosse così silenziosa da permettere di sentire persino il rumore delle penne che grattavano sui moduli precompilati. A dire il vero, era raro che qualunque luogo della scuola fosse mai così silenzioso, biblioteca compresa.
Ma in quel periodo dell'anno, in quei giorni, Makino non si stupiva troppo del fenomeno. Ormai era abituata e, dopotutto, per gli studenti era davvero una decisione importante, scegliere la giusta opzione per il periodo di alternanza scuola-lavoro, previsto per il secondo semestre del primo anno.
Da dietro il bancone, la segreteria li osservò con un lieve sorriso sul volto. Se l'era sempre tenuto per sé ma vederli tutti lì in fila a testa china a scrivere con cura i dati richiesti e valutare, concentrati, attenti... le sembravano i folletti di Babbo Natale intenti a controllare e spuntare le liste dei bambini buoni e cattivi, complici anche le decorazioni natalizie che già addobbavano aule, corridoi e spazi comuni dell'istituto.
Ogni tanto qualcuno bisbigliava all'amico, con l'obbiettivo di trovare consiglio o scegliere lo stesso impiego, impresa non semplice in realtà. I posti di lavoro che prendevano più di uno studente per volta erano pochi e quasi tutti prevedevano turni serali nel weekend, il che li rendeva decisamente poco appetibili. Ma ciò nonostante un tentativo i ragazzi del primo lo facevano sempre. Come Penguin Haruto, che lanciava continue occhiate verso il foglio dell'amico alla sua sinistra, Trafalgar Law.
Makino li aveva già memorizzati. Era una sua dote naturale, memorizzare i visi e i nomi degli studenti non appena mettevano piede in segreteria per consegnare il foglio dell'iscrizione. Ora, il motivo per cui Pen sbirciasse furtivo il foglio di Law anziché domandare apertamente per cosa aveva deciso di candidarsi appariva piuttosto evidente. Fortunatamente, l'altro suo amico non presentava sintomi di una forma di sociopatia che provocava un rigetto verso l'uso del proprio apparato fonatorio e a lui bastava chiedere.
«Ehi? Hai scelto?» sottovoce, per non disturbare troppo.
«Macché! Se continuo così li escludo tutti.»
«Non dirlo a me. Un paio sono persino inquietanti.» continuò Pen, guardando il foglio con il capo piegato di lato. «Quasi quasi mi propongo per il negozio di fotografia.»
«Scusate ragazzi...»
«Qualunque cosa sia successa, Bepo, non è colpa tua, tranquillo.» lo interruppe Pen, senza distogliere gli occhi dal foglio.
«Non è quello, è che non capisco la legenda.»
Pen e Law si girarono a guardarlo, grande, grosso eppure così indifeso certe volte, come in quel momento, con una mano a grattarsi la nuca e un'espressione di autentico spaesamento.
«Ci penso io. Tu aiuta Shachi, rischia un crollo nervoso.» decise Law, parlando così piano che solo Pen riuscì a sentire la sua voce.
Pen si voltò verso di l'amico. Bepo era confuso okay ma Shachi sembrava totalmente flippato.
«Ehi.» Pen gli batté una mano sulla spalla, avvicinandosi di più. «È solo un'alternanza scuola-lavoro, non ne va del destino dell'universo.»
«Ma andiamo! Come si fa?!» protestò Shachi. «Si suppone che serva per cominciare a capire cosa vogliamo fare nella vita ma come faccio a decidere una roba del genere se non so nemmeno cosa mangio stasera per cena?»
Pen sgranò gli occhi. «Amico, dovresti rallentare. È solo per farci fare qualcosa di socialmente utile e ricordarci che nella vita c'è di peggio del laboratorio di scienze con Caesar. Gli dai troppa importanza.»
Shachi corrugò le sopracciglia. «Solo una colonscopia è peggio del laboratorio con Caesar.»
«Io lo so ma loro a quanto pare non se ne rendono conto.» si strinse nelle spalle il rosso. «Lasciamo che si crogiolino nelle loro illusioni e troviamoti qualcosa di adatto, okay?»
«Voi avete già scelto tutti?» s'informò.
«Law sta aiutando Bepo proprio ora, io sono convinto per il negozio di fotografia. Jean-Bart era indeciso tra il ferramenta e il negozio di elettronica.»
«E Law?»
«Credo abbia aggiunto in penna "obitorio" e lo abbia spuntato. Che ne dici dell'Hachi Cinema? O dell'acquario?» proseguì Pen, ignaro dell'occhiata assassina di Law.
«All'acquario ci avevo pensato ma non sopporto di vedere tutti quei poveri animali chiusi nelle vasche. E per il cinema non so. I turni serali sono una rogna.»
«Lo so ma tanto tu di sera non riesci a stare concentrato. Almeno avresti tutto il pomeriggio per studiare e poi è solo per un trimestre.»
«Non so Pen…»
«Dai Shachi! Amico, è solo una situazione temp... oranea...» Pen si distrasse. La ragazza davanti a loro aveva alzato di scatto la testa per guardarli e ora li stava osservando, felice come una Pasqua.
Anche se a essere precisi più che osservare loro, osservava Shachi, con l'aria di una che avesse ritrovato un amico perduto. E nonostante il lapalissiano interesse che la ragazza stava dimostrando per il suo amico, Pen non poté fare a meno di studiarla con interesse. Lunghi capelli mori dai riflessi blu notte, enormi occhi nero pece, viso spruzzato di lentiggini, sguardo dolcissimo ed espressione sveglia. Decisamente una perla, non c'era che dire.
«Il mago della macchinetta.» la ragazza sorrise a Shachi, chinando un po' il capo di lato.
«Ishley! Ciao!»
«Ciao. Non mi aspettavo di trovarti qui. Tutto bene?»
«Sí alla grande! Perché non te l’aspettavi?» si stupì Shachi.
Ishley si strinse nelle spalle. «Non credevo fossi al primo, vista la tua manualità con la macchinetta degli snack.»
«Ma di che sta parlando?» intervenne Pen, spostando gli occhi da Ishley a Shachi, perplesso.
Sembravano conoscersi molto bene ma Shachi non aveva mai parlato di lei e Pen non era il solo a essere curioso. Anche Law, Bepo e Jean-Bart avevano messo momentaneamente da parte i propri moduli.
«Niente di importante...»
«Shachi mi ha insegnato come raggirare la macchinetta del secondo piano quando si mangia i soldi.» spiegò con semplicità Ishley, tornando poi a dedicarsi completamente a Shachi. «Ma come facevi a saperlo se hai iniziato anche tu quest'anno?»
«L'ultimo semestre delle medie lo abbiamo fatto qui perché c'erano delle infiltrazioni e la nostra classe era inagibile.»
«Capisco.» Ishley socchiuse gli occhi a mezzaluna, un gesto che a Shachi già risultava famigliare. «Quindi siamo allo stesso anno. Che bella sorpresa. Magari il prossimo semestre abbiamo dei corsi assieme.»
«Magari!» esclamò Shachi, con tono ben più alto e speranzoso di quello che intendeva. «Sì. Cioè, magari sì. Speriamo, insomma. Noi siamo in H.» si schiarì la gola e distolse un attimo lo sguardo, posandolo su Pen che lo fissava di rimando. Shachi sobbalzò, quasi che si fosse dimenticato della sua presenza, come anche di quella di tutti gli altri in effetti.
«E per l'alternanza che hai scelto?» domandò ancora Ishley, catalizzando di nuovo tutta l'attenzione del ragazzo. «Io credo di candidarmi per l'Hachi Cinema.»
«Eh! Anche io!»
Gli occhi di Ishley si accesero come due fari nella notte a quelle parole. «Davvero?!»
«Assolutamente! Io adoro i multisala e poi all'Hachi prendono più di uno studente! Magari capitiamo insieme!»
«Beh... sarebbe splendido.» commentò Ishley con un dolce sorriso. Afferrò il proprio modulo, compilato con grafia precisa ed elegante, e si avviò per portarlo a Makino. «Allora spero di rivederti presto, genio della macchinetta.»
Pen, Law, Bepo, Jean-Bart e Shachi la seguirono con gli occhi, ciascuno con un'espressione molto diversa sul volto, mentre si avvicinava al bancone, scambiava due parole con Makino e poi usciva dalla segreteria, con un ultimo cenno di saluto nella loro direzione.
Per un attimo, nessuno di loro si mosse o disse alcunché. Poi quattro paia di occhi si focalizzarono su Shachi, che ancora fissava la porta con un'espressione che non gli donava proprio per niente e che scivolò via dalla sua faccia quando realizzò di essere diventato il centro dell'attenzione dei propri amici.
«Che c'è?!» domandò, rivolto soprattutto a Pen.
«Tu adori i multisala eh?»
«Beh?! Mi piace andare al cinema!» protestò Shachi.
«Sei una causa persa.» sospirò Pen, allontanandosi a sua volta per consegnare il proprio foglio.
«Che... ma... di che parli?» domandò Shachi alla schiena dell'amico, senza ottenere risposta. Si voltò frenetico verso Jean-Bart e poi verso Law e Bepo. «Voi sapete di che parla?»
«Nessuna idea.» commentò atono Law. «E comunque, Shachi, smetti di provare a imitare il mio ghigno. Non ti viene bene per niente.»
 

 
§
 

DOMENICA
 
…and Sunday always comes too late…
 

«Ecco a lei. Popcorn al doppio burro fuso, una pepsi grande e una bottiglietta d'acqua. Buona visione!»
Ishley finì di servire il cliente, che occupava lo spazio per due e aveva una stranissima bocca dritta, quasi simile a una lampo, e si voltò verso il collega, intento a osservare la scena con la schiena appoggiata al frigo e le braccia conserte.
«Doppio burro fuso... e pepsi grande...» ripeté Ishley, incredula.
«Magari i popcorn li divide con gli amici.» azzardò Shachi.
Ishley spalancò i grandi occhi neri. «Stai scherzando, vero?! Non mi stupirei se finiti i popcorn si mangiasse anche gli amici!» esclamò per poi scoppiare a ridere insieme a lui.
Lavorare al multisala si era rivelato molto meno poetico di quel che Ishley aveva ingenuamente creduto, ma non si era pentita un solo istante in quei due mesi e dubitava se ne sarebbe pentita per i quattro successivi. Perché certamente non era poetico, era stancante e a volte persino snervante ma, finché c'era Shachi in turno con lei, non vedeva l'ora di chiudere i libri e correre al lavoro.
Parlare con lui era così facile, divertente, naturale. Avrebbe osato definirla una vera e propria amicizia ormai.
Lo guardò attraverso le lacrime di divertimento ridere a sua volta, con il busto piegato in avanti, e si asciugò gli occhi proprio mentre lui si rimetteva dritto, appoggiando anche la nuca alla lastra di vetro ricoperta di condensa che faceva da sportello al frigo.
«Non soffri il freddo tu.» mormorò Ishley.
Non era una domanda e Shachi non si aspettava niente di meno. Era il suo modo di fare. Osservava e quando notava qualcosa di nuovo, che fosse un dettaglio piccolo o grande, lo constatava ad alta voce. Era bella, intelligente e piena di intuito e Shachi non si sarebbe mai stufato di lasciarsi scoprire da lei.
«Mi piace proprio. Il freddo e l'acqua, soprattutto in estate.» confermò Shachi, avvicinandosi a lei per pulire il bancone e rifornire i tovagliolini. La domenica il lavoro era sempre frenetico ma gli orari di programmazione dei film garantivano dei buchi di calma, di cui conveniva approfittare. Per sistemare e per chiacchierare.
«Ti avrei visto bene a lavorare all'acquario, sai?» Ishley lo scrutò, con il capo piegato di lato.
«E non sei l'unica!»
Ishley lo osservò piegarsi sulle ginocchia per recuperare un altro pacchetto di tovaglioli sotto il bancone, sempre più curiosa. «Come mai non lo hai scelto per l'alternanza? Sono sicura che c'era tra le opzioni.»
Ancora accovacciato, Shachi sollevò gli occhi su di lei qualche secondo prima di rimettersi dritto e distogliere lo sguardo. «Non mi piace vedere gli animali chiusi in vasca. Un conto sono le riserve o i centri riabilitativi ma agli acquari sono contrario. Gli animali dovrebbero stare nel loro habitat, negli spazi aperti. Quando avrò una mia posizione voglio battermi per questo!» concluse con troppa veemenza. Sgranò appena gli occhi quando si rese conto di essersi lasciato trascinare troppo. Ma, nonostante le sue migliori intenzioni nel non voler incrociare la sguardo di Ishley in quel momento, non resistette quando colse un movimento ai margini del suo campo visivo che stava a indicare che Ishley aveva piegato il capo di lato. Adorava quando Ishley piegava il capo di lato.
«Una tua posizione?» domandò Ishley, con un sorriso che di scherno non aveva nulla. «Cosa vuoi fare "da grande", Shachi?»
Shachi la fissò tentennante e sospirò un po' rassegnato. «Il biologo marino.» ammise, tornando a dedicarsi ai tovaglioli. «So che suona strano.»
«Perché dici così?»
«Non lo so. Sono abituato a considerarlo strano.» si strinse nelle spalle. «Perché io ho sempre voluto diventare biologo marino, anche da piccolo però, di solito, quando lo chiedi a un bambino quello ti risponde, non so... il calciatore o l'astronauta! Non il biologo marino!»
Shachi perse per un attimo il filo quando Ishley scoppiò a ridere, divertita dal suo tono. Come faceva a essere ancora più bella di quanto già non fosse normalmente? Non credeva che fosse possibile.
«O... o il pirata anche!» riprese, continuando a gesticolare. Tutto solo per continuare a sentire la sua risata. «Voglio dire, andiamo! Quanti bambini sanno anche solo dell'esistenza dei biologi marini?»
«Oh Shachi!» esclamò la ragazza, asciugandosi le lacrime di divertimento.
«Tu per esempio cosa volevi fare da bimba?»
«La ballerina!» rispose immediatamente Ishley, con un'altra melodiosa risata.
«Visto?! Sono io quello strano!» concluse Shachi, appoggiandosi al bancone con le reni. «E per Bellamy era una festa ogni giorno.» aggiunse, sovrappensiero.
Ishley sgranò gli occhi. «Bellamy? Anche tu?»
«Oh non dirmelo.» la pregò quasi Shachi.
«E invece sì.» sospirò la mora. «Io l'ho avuto in classe alle medie. Oh quanto lo odiavo! Un bullo fatto e finito!»
«Già, ho presente...»
«Ti stava tanto addosso?»
Shachi si strinse nelle spalle. «Mi chiamava sempre "foca" e "tricheco". Nemmeno fossero due degli animali più acquatici che esistano.»
«Che imbecille.» lo spalleggiò subito Ishley. «Oltretutto con un cognome così facile da prendere in giro.» Shachi aggrottò le sopracciglia, perplesso, e Ishley piegò il capo di lato, facendo ondeggiare la cosa di cavallo stretta alta sulla nuca. «Beh, Orca-da.»
«Oh santo cielo, non ci aveva mai pensato.» mormorò Shachi senza cambiare espressione. «Sei un mostro. Meno male che non eri con noi alle elementari, saresti stata il braccio destro di Bellamy.»
«Oh questo non è vero!» protestò Ishley senza mai abbandonare il suo tono dolce e divertito. «Non mi sarei mai schierata con lui e di sicuro non avrei mai e poi mai potuto prendermi gioco di te.» affermò, solenne.
«Uhm. Sulla prima ci credo ma sulla seconda non ne sarei così certo. Ero un bersaglio molto gettonato all'epoca. Sai ero parecchio più... tondo di adesso. E volevo fare il biologo marino, non dimentichiamolo.»
Ishley sorrise appena alla battuta, con la netta impressione di essere appena entrata in un territorio meno sicuro rispetto al solito. Non che la cosa la spaventasse.
«E poi cos'è successo?» chiese avvicinandosi a lui, che fissava un punto nel vuoto sul pavimento.
«Sono cresciuto di dieci centimetri in un'estate. E alle medie le cose sono andate sempre meglio. Dopo essere peggiorate.» aggiunse criptico.
Ishley non disse niente né fece domande. Attese paziente, consapevole che Shachi avrebbe anche potuto non aggiungere altro e ne avrebbe avuto tutto il diritto.
«Sono diventato come loro. All'inizio.» riprese dopo qualche istante Shachi e si strinse nelle spalle. «Non so, avevo come la convinzione di dovermi prendere la mia rivincita finché ero in tempo. Che idea idiota vero? Poi un giorno, era da un paio di settimane che avevo preso Bepo di mira e Law è intervenuto per difenderlo. All'inizio ero arrabbiato. Ero arrabbiato con lui per aver ficcato il naso ed ero arrabbiato perché per me nessuno si era mai esposto. Io avevo sempre dovuto fare da solo. Finché non ho capito che la cosa giusta non era guardare a Law come a uno scudo ma come a un modello. Non ho fatto in tempo a chiedere scusa a Bepo che già mi avevano fatto posto al loro tavolo. E nel loro gruppo.» ricordò Shachi con un sorriso malinconico e grato.
«E ora guai a chi te lo tocca Bepo. O uno qualsiasi di loro, vero?»
Shachi trattenne il fiato nel sentire il respiro fresco di Ishley sull'orecchio e sul collo. Quando si era avvicinata tanto? Le lanciò un'occhiata d striscio e deglutí a vuoto.
«S-sì è vero.» rispose a fatica mentre la sua mano si alzava senza neanche chiedere il permesso, diretta alla guancia di Ishley.
Shachi si aggrappò con l'altra mano al bordo del bancone. Le labbra schiuse di Ishley erano così invitanti e lei cosa vicina. Sarebbe bastato piegarsi appena un po' in avanti e trovare la giusta angolazione.
Sarebbe bastato così poco e...
Un tonfo improvviso lo riportò alla realtà appena in tempo, mentre gli spettatori della sala 5 si riversavano nel corridoio tappezzato di moquette rosso. Con uno scatto si rimise dritto e si allontanò dal bancone e da Ishley che si accigliò perplessa, segno che, per fortuna, non si era resa conto di cosa Shachi stava per fare. -Shachi, tutto a posto?-
«Sì! Certo! Solo che stanno uscendo dalla 5, tra poco si liberano anche la 3 e la 8 e quindi pensavo che dovremmo sbrigarci a recuperare i bicchieri dei popcorn e delle bibite da buttare così non ci accumuliamo il lavoro, eh! Che dici?» gesticolò agitato il ragazzo.
Santo Roger, sembrava Pen! Doveva darsi una calmata!
«D'accordo!» Ishley convenne subito con lui con un deciso cenno del capo.
Fu questione di pochi attimi, il tempo che la folla smaltisse, scalpicciando e chiacchierando sulla pellicola appena vista o sui fatti propri, e tanto bastò a Shachi per farsi rapire di nuovo dal sorriso dell'amica.
Fu questione di pochi attimi e tantò bastò a Shachi per capire che aveva un grosso, grosso problema.
 

§
 

MARTEDÌ
 
…Tuesday, Wednesday heart attack…
 
 
Di solito l'allarme antincendio veniva accolto con gioia dagli studenti, soprattutto se suonava nel bel mezzo di un laboratorio con Caesar. Un po' meno se c'era Monet che, passata a salutare, aveva offerto il proprio aiuto, non era chiaro se a Caesar o agli studenti. Ma in generale una bella evacuazione, per spezzare la routine della giornata, non dispiaceva.
Almeno finché Stussy, l'altra segretaria, quella con la puzza sotto il naso e la radicata quanto incomprensibile convinzione di essere Miss Universo, non era arrivata, con la sua camminata nervosa e ticchettante, ad avvisare che non si trattava di un'esercitazione ma di un vero e proprio allarme bomba e che chi aveva avvisato con una telefonata a scuola aveva lasciato intendere che ci fosse più di un ordigno all'interno dell'istituto.
Cosa Stussy avesse pensato di ottenere divulgando quella notizia, oltre a panico e cahos, era un mistero. E, d'altra parte, lo avesse saputo per vie traverse, Shachi sarebbe stato incline a etichettarla come "voci di corridoio". Ma si era trovato in prima fila durante l'annuncio della segretaria e ora non poteva fare a meno di pensare, ed era sicuro di non essere il solo: "E se fosse vero? E se ci fosse una bomba proprio su questo piano? E se stesse per esplodere?".
Fortunatamente non era tipo da svalvolare. Tutti loro sfoderavano dei nervi insospettabilmente saldi in situazioni di stress e tensione, e il sangue freddo di Law, che apriva la strada praticamente a tutto il piano, consapevole che lasciar fare a Caesar sarebbe equivalso a un suicidio di massa, aiutavano decisamente più dei ripetuti inviti di Sengoku a mantenere la calma e l'ordine, attraverso gli altoparlanti.
Ecco perché Shachi non la prese troppo bene quando una mezza dozzina di studenti del quarto o quinto anno si scaraventarono fuori da uno dei bagni del piano direttamente addosso a lui, totalmente flippati per il panico e per niente inclini ad ascoltare, trascinandolo lontano dai suoi amici.
A questo giro però non si poteva dire fosse merito di Law se Shachi era determinato a non perdere la testa. Shachi aveva un ben preciso piano e cioè uscire dal quel macello, trovarla e accertarsi che stesse bene. Lineare e preciso.
Ragion per cui, pur brutalmente separato dal suo gruppo, Shachi continuò ad avanzare con un piglio che sarebbe riuscito a far schiodare persino quel colosso di Pica, se per caso il compagno di scuola fosse capitato sulla sua strada.
Almeno finché quasi non inciampò in qualcosa che si rivelarono essere due ragazze accovacciate a terra. Stava già per imprecare e domandare senza troppa gentilezza cosa facessero sdraiate nel corridoio nel bel mezzo di un'evacuazione quando si accorse che una delle due era scossa dai tremiti, aveva le ginocchia al petto e il volto rigato di lacrime. L'altra, accosciata di fronte a lei, stava chiaramente cercando di calmarla.
«Cos'è successo?» domandò, abbassandosi quasi in automatico di fianco a quella che sembrava avere tutto sotto controllo.
La ragazza scosse il capo. «Attacco di panico.» rispose semplicemente. «Manshelley. Come ti senti? Te la senti di camminare così usciamo?» sospirò quando Manshelley continuò a singhiozzare imperterrita. «I fratelli Yeti Cool hanno avuto la geniale pensata di mettersi a presidio della scala est e non la lasciavano passare.» si rivolse nuovamente a Shachi, che spalancò appena gli occhi.
Anche se c'era da poco da stupirsi, in realtà.
Solo due deficienti come i fratelli Yeti Cool potevano mettersi a fare i grossi e pretendere rispetto durante un'emergenza come quella. Fortuna che erano all'ultimo anno.
Poi un pensiero. Si guardò intorno febbrile. Ishley non era il tipo da farsi prendere dal panico ma se anche lei fosse stata bloccata dai Cool Brothers?
«Tranquillo. Sono riuscita a farli schiodare raccontando che in realtà c'è un perdita di gas nervino. Chiunque tu stia cercando difficilmente li avrà incontrati.»
Sorpreso da tanto intuito e da quanto i due riuscissero a essere scemi, Shachi si rigirò verso di lei. Capelli castani poco sopra le spalle, occhi grandi blu. L'aveva già vista da qualche parte, ne era certo.
«Ci...»
«Koala. Surebo. Corso di letteratura con Crocus-san.» lo anticipò con un radioso sorriso.
«Giusto. Scusa io...»
«Non preoccuparti. Davvero! Anzi se devi andare vai pure, ho tutto sotto controllo e sicuramente Ace e Sabo stanno arrivando.»
«Sicura?»
Koala gli lanciò un'occhiata divertita ed eloquente. «Non vorrai far aspettare Ishley.»
Shachi sgranò gli occhi, preso in contropiede. Cosa... Come... Che ne sapeva lei?! Leggeva nella mente per caso?!
«Shachi!»
Qualunque dubbio sulle possibili affiliazioni di Koala con un gruppo di negromanti o simili passarono immediatamente in secondo piano nella sua mente quando una voce, quella voce, chiamò il suo nome, sovrastando tutte le altre.
Shachi scattò immediatamente in piedi per correrle incontro, rischiando la collisione. «Ishley stai bene?» le chiese non appena fu abbastanza a portata di mano da poterla afferrare delicatamente per le spalle. La scrutò attento e, con sollievo, constatò che sembrava illesa.
«Sì! Tu?»
«Ora meglio.» rispose Shachi e, senza pensare, fece scivolare le proprie dita tra quelle di Ishley, prima di voltarsi verso Koala per un'ultima conferma che fosse tutto a posto per lei.
Koala annuì in risposta alla sua muta domanda prima di esortarli con un: «Andate!» che Shachi non si fece ripetere due volte.
Strinse di più la presa su Ishley e se la trascinò il più vicino possibile pronto a rigettarsi nella mischia. «Usciamo da qui, piccola.» mormorò troppo focalizzato per rendersi conto dell'epiteto che aveva usato. Troppo focalizzato per realizzare di essersi portato la mano di Ishley alle labbra per darle un bacio. Troppo focalizzato per accorgersi del sorriso felice che si era aperto sul viso di Ishley.
 

 
§

 
SABATO
 
Saturday wait…
 
 
Se una nota positiva c'era nell'influenza, per Ishley era senz'altro avere tempo di fare una maratona di tutti i musical che, compleanno dopo Natale dopo lavoretto estivo, aveva collezionato e aggiunto alla libreria DVD di casa Habena.
Per tutto il resto, l'influenza era abbastanza una schifezza. Appunti da recuperare, zero energie per fare alcunché, inappetenza persino di fronte alla torta variegata di zia Shirley.
Se poi le sue difese immunitarie le facevano pure la cortesia di andarsene in vacanza senza di lei tra metà e fine maggio, la situazione si faceva drammatica.
La settimana successiva avrebbe avuto le ultime interrogazioni prima degli scrutini e oltre a non riuscire a studiare, avrebbe dovuto recuperare un sacco di lezioni da almeno cinque compagni diversi. Solo il pensiero le peggiorava la nausea.
Entro martedì doveva assolutamente stare bene, già solo così avrebbe perso tre giorni di scuola.
Sospirò, fissando lo schermo senza realmente vederlo. Da che aveva memoria, non le era mai capitato di non provare interesse o emozioni miste di fronte alla visione di uno dei suoi preziosi e accuratamente selezionati DVD. Ma sapeva benissimo dove stava il problema.
Ishley era sempre stata una persona che al mattino si svegliava con la convinzione che quella che aveva davanti sarebbe stata, in un modo o nell'altro, una buona giornata. Da due mesi, però, da quando era finita l'alternanza scuola-lavoro per la precisione, non era più così. Ora che la giornata fosse buona o meno dipendeva da se avrebbe visto Shachi oppure no, fosse per un corso insieme, all'ora di pranzo o anche solo incrociandolo per caso in corridoio. Il che accadeva sempre, in effetti, e nei weekend si sentivano dalla mattina alla sera quando non uscivano in compagnia o andavano al cinema loro due soli in un revival dei vecchi tempi.
Tranne quel weekend.
Da quando avevano lavorato insieme all'Hachi Cinema era la prima volta che Ishley stava senza sentire Shachi per più di ventiquattrore filate. Per la precisione ventinove ore, trentaquattro minuti e sedici secondi. Diciassette. Diciotto. Diciannove.
Il giorno prima stava così male per la febbre che quasi non se n'era accorta, era riuscita a mandargli giusto un messaggio per avvisarlo e a malapena aveva capito la sua risposta. Ma ora che la massiccia dose di antipiretico aveva fatto il miracolo durante la notte, pur lontana dall'essere ben sfebbrata, era nuovamente in possesso della proprie facoltà cognitive e sentiva una certa mancanza nella casella messaggi in entrata del suo cellulare e nella sua vita.
Non era mai stata il tipo da far dipendere il proprio umore dal numero di squilli che faceva un aggeggio elettronico ma Ishley era anche abbastanza intelligente da capire che tutta quella situazione andava al di là. Doveva farsene una ragione. Si era presa una mastodontica cotta e nemmeno da poco e ora controllava il cellulare ogni trenta secondi.
Sospirò quando, per l'ennesima volta, tutto ciò che lo schermo a cristalli liquidi le offrì fu l'ora in formato H24 a grandi cifre bianche e luminose. Nessun messaggio, nessuna chiamata senza risposta, niente di niente.
Non che lo biasimasse. Di certo aveva di meglio da fare che star dietro a lei ammalata, no?!
«Buongiorno signor Habena.»
Ishley sollevò il capo di scatto, guadagnandosi anche un capogiro con i fiocchi, certa di sentire le voci. O quello o non aveva sentito il campanello, il che non aveva senso.
«Scusi il disturbo sono passato solo per...»
«Shachi! Entra pure figliolo! È un piacere averti qui! Sei passato a trovare Ishley immagino.»
«Sì se non sta riposando, io le ho...»
«Vieni, vieni! Non credo stia riposando, prima ho sentito una di quelle entusiaste canzoni corali che possono essere solo uno dei suoi musical, quindi...» suo padre si interruppe per un secondo e bussò lievemente alla sua porta, prima di socchiuderla. «Ishley, si può? Hai una visita.»
Una voce nella sua testa le ordinò tempestivamente di chiudere la bocca un attimo prima che Shachi entrasse nella stanza.
«Ehi ciao!» la salutò con cauto entusiasmo.
No, a quando pareva non aveva allucinazioni uditive e sì, evidentemente non aveva sentito il campanello.
«Ciao...» rispose ancora incredula ma felice, così felice che quasi si sentiva scoppiare e non riusciva a crederci. Aveva appena finito di pensare a quanto le avrebbe fatto bene vederlo ed eccolo lì, spuntato quasi come per magia.
Non seppe quanto tempo era rimasta imbambolata a fissarlo quando suo padre parlò di nuovo. «Beh allora io vi lascio tranquilli a parlare delle vostre cose... scolastiche.» affermò divertito, prima di lasciare la stanza e, anche se a volte la metteva in imbarazzo con quel suo carattere aperto, in quel momento Ishley ringraziò di avere un padre tanto gioviale e poco possessivo.
«Grazie signor Habena.» lo salutò Shachi, un po' a disagio, prima di tornare a guardarla e aprirsi in un maxi-sorriso che la contagiò all'istante. «Come stai?» le chiese, avanzando verso il letto.
Ishley sollevò la mano per fermarlo. «Sono ancora infetta!» si agitò.
Shachi rimase immobile alcuni istanti e per un attimo Ishley pensò davvero che non si sarebbe avvicinato più di così e si maledisse. Poi Shachi si strinse nelle spalle e riprese ad avanzare e lo stomaco di Ishley si strinse in uno spasmo di piacere. «L'ultima volta che sono stato a casa da scuola per un'influenza è stato in quinta elementare. Se anche mi ammalassi non mi farebbe affatto schifo.» affermò, sedendosi sul letto accanto alle sue gambe.
A scoppio leggermente ritardato, Ishley proruppe in una sottile, cristallina e divertita risata, coprendo la bocca con un gesto elegante della mano, una visione di cui Shachi era già in astinenza dopo neanche un giorno senza riempirsene gli occhi. Si concesse di osservarla qualche istante di più di quelli consigliati per non correre nemmeno il più remoto rischio di farsi sgamare, prima di riprendere in mano le redini del proprio autocontrollo e piegarsi in avanti per recuperare un plico di fogli dal proprio zaino.
«Ti ho portato una cosa.» annunciò, mentre la risata di Ishley scemava piano. «Nulla di esaltante, ti avviso.» Ishley prese i fogli in mano e li studiò perplessa qualche secondo. «Sono gli appunti di tutte le lezioni che hai perso.» spiegò Shachi, confermando il sospetto che già aveva preso forma nella testa della ragazza. Ishley rimase senza parole.
Solo quei due giorni aveva perso lezioni di cinque diverse materie e la classe di Shachi seguiva con quella di Ishley solamente uno di quei cinque corsi. Dove si era procurato tutti gli altri appunti?
«Ho girato un po' per la scuola ma alla fine sono riuscito a recuperare tutto il materiale. Oh mi hanno detto tutti di salutarti!» aggiunse Shachi, ignaro dell'espressione tra l'allibito e il rapito di Ishley. «...’rti, sono già in parola con Coby per gli appunti di matematica di lunedì se dovessi essere ancora allettata.» concluse, fiero del proprio operato.
Ishley lo fissò per un lungo istante, dominando a fatica la voglia di afferrarlo per la maglia e baciarlo, conscia che se lo avesse fatto Shachi sarebbe finito steso a letto per i quindici giorni successivi e si mise a sfogliare gli appunti con il solo intento di tenersi impegnata. E nonostante fossero la cosa meno esaltante del mondo, una risma di appunti da ricopiare, Ishley non riusciva a smettere di sorridere come se avesse appena vinto alla lotteria.
«Stai bene.» mormorò Shachi, anche lui sorridente, dopo una manciata di secondi. Non era una domanda ma quando Ishley sollevò di nuovo il capo vide chiaramente il sollievo sul volto dell'amico e un nuovo fremito la scosse.
«Eri preoccupato?» chiese, prima di riuscire a fermarsi.
Shachi sobbalzò a quella domanda, perdendo il sorriso. Lo aveva detto ad alta voce?!
«Eh?! Uh no, no! Cioè sì! Ovvio che sì! Insomma sei mia amica, quindi ero ovviamente preoccupato ma non preoccupato preoccupato, insomma non è come se fossi venuto qui apposta per vedere come stavi perché ero così preoccupato da non riuscire a dormire, dico per dire eh! Voglio dire è una semplice visita di cortesia e sono contento che stai bene e che con gli appunti non rimarrai indietro e comunque per quanto ne hai ancora prima di tornare a scuola?» smise finalmente di parlare e trattenne il fiato quando si rese conto che Ishley lo stava fissando con il capo piegato lateralmente.
Santo Roger, cos'avrebbe voluto farle quando lo guardava così...
«Dipende entro quando mi sfebbro completamente e poi dovrò far passare ancora ventiquattro ore. Sai i pro e i contro di un padre medico...» mormorò abbassando la voce, il tono confidenziale. «Comunque credo o Martedì o Mercoledì. E Sabato prossimo sono assolutamente libera per uscire con voi, visto che stasera salta. Mi dispiace un sacco tra l'altro...»
«Ma figurati, Ishley! Mica lo hai fatto apposta ad ammalarti.» reagì immediatamente Shachi nel vederla rabbuiarsi anche se solo per un momento e solo impercettibilmente.
«Lo so ma ci tenevo! È da tanto che non esco con i tuoi amici!»
Shachi sorrise interiormente. Era felice che Ishley si trovasse bene con i ragazzi, davvero felice anche se non aveva alcun senso. Non era come se Ishley fosse la sua ragazza o che altro. Però era importante per lui, molto importante, più di quanto avesse il coraggio di confessare ad alta voce ed era bello che si trovasse bene con le altre persone importanti per lui.
Incredibile a dirsi, era riuscita a trovare un punto di incontro persino con Law, anche se per il momento lui ancora si limitava ai convenevoli e ad ascoltarla senza commentare quasi niente di ciò che gli raccontava.
«Sai se vuoi invitare qualcuno a unirsi a noi, qualche tua amica o che so io, non c'è nessun problema.»
«Ah.» mormorò Ishley, grata ma sorpresa dall'invito. Così su due piedi le veniva in mente solo una persona ma dubitava fosse una buona idea.
Aveva incontrato Perona per la prima volta tre settimane prima, al bagno del secondo piano. La conosceva solo per sentito dire e aveva azzardato quando le aveva chiesto se per caso avesse un lucidalabbra adatto a lei da prestarle. Aveva in programma di andare da Pudding con Shachi dopo la scuola e si era stupidamente dimenticata il suo a casa.
Ed era stata una bella sorpresa quando Perona l'aveva spronata a tenerlo e restituirglielo il giorno dopo. Certo lo aveva fatto senza quasi guardarla in faccia, con espressione infastidita e il tono acido ma l'intenzione era buona. E quando un attimo prima che uscisse dal bagno Ishley le aveva fatto i complimenti per la sua splendida gonna a righe, le si era sciolto il cuore a vedere lo stupore e un barlume di felicità sul volto di Perona.
Era chiaro che non fosse abituata a ricevere complimenti o a venire in generale considerata dai propri compagni di scuola. A Ishley avrebbe fatto piacere approfondire la sua conoscenza e invitarla a uscire con loro ma dubitava che si sarebbe trovata a proprio agio con qualcuno, tranne forse con Law per il semplice fatto che lui non parlava.
Forse non era il caso, magari prima era meglio approcciarla da sola. Però in effetti c'era qualcun altro, ammesso che le condizioni fossero favorevoli.
«Shachi senti...»
Olive era stata piuttosto esplicita riguardo le proprie intenzioni con Pen e per il carattere che aveva, Ishley era certa che non le sarebbe importato più di tanto uscire con loro se non ci fossero stati nemmeno i presupposti per provarci.
«Dimmi.»
«Pen è single o si vede con qualcuna?»
Per un momento il tempo parve fermarsi. Nel suo mondo immaginario ad occhi aperti, un fattorino entrò nella camera annunciando una tonnellata di mattoni per Shachi Orcada e gli fece firmare la bolla di consegna prima di scaricarglieli in testa.
«Shachi?»
Shachi saltò a molla sul letto, riscuotendosi ma quando incrociò i grandi occhi scuri di Ishley una stilettata lo colpi al centro del petto e subito distolse lo sguardo. «Sì io... scusa stavo... pensando e... e... no, comunque. Pen non si vede con nessuna.» riprese il filo, alzandosi in fretta e furia.
«Shachi...» lo richiamò Ishley, perplessa e agitata dal suo improvvisamente strano comportamento.
«Io devo... devo scappare scusa, ho...» balbettò il ragazzo, camminando in retromarcia e indicando la porta da sopra la spalla, inciampando qua e là in chissà cosa, probabilmente nei suoi stessi piedi. «Un i-impegno di cui mi ero... dimenticato ecco!»
«No Shachi!»
«Allora ci sentiamo okay, Ishley! S-sta bene mi raccomando!»
«Aspetta!»
Ma così com'era apparso, Shachi era andato via e Ishley rimase pietrificata nel letto a osservare la porta socchiusa. Se ne avesse avuto le forze, gli sarebbe corsa dietro. Ma non ne aveva e così rimase impotente ad ascoltare Shachi che scappava da casa sua, salutando in fretta e furia i suoi genitori.
Ishley si lasciò andare con la schiena contro i cuscini. Aveva un saporaccio amaro in bocca, che nulla aveva a che fare con le medicine. Non sapeva nemmeno lei cosa fosse appena successo, forse aveva combinato un bel casino. Ma mentre guardava il soffitto senza realmente vederlo decise che, casino o non casino, era solo questione di pazientare qualche giorno. Non avrebbe lasciato certo perdere. Di definitivo in quella faccenda ci sarebbe stato solo il rumore della porta di casa sua che si chiudeva alle spalle del ragazzo di cui era innamorata.
 

 
§

 
GIOVEDÌ
 
…Thursday I don't care about you…
 
 
Nessuno sapeva perché ma c'era un momento, il giovedì a cavallo della seconda e terza ora, in cui la scuola al completo godeva di una calma surreale. I corridoi erano così silenziosi da rimbombare dell'eco dei passi dei pochi che si avventuravano fuori da aule e laboratori e persino in segreteria e in aula professori il silenzio e la tranquillità regnavano sovrane.
In quel breve momento erano in pochi ad affrontare la scuola fantasma. Si trattava per lo più di studenti che dovevano restituire un libro in biblioteca, senza vedersi obbligati a fare la fila, o che ne approfittavano per svaligiare la macchinetta del piano, così da compensare il fatto che il giovedì non c'erano attività pomeridiane né di conseguenza pausa pranzo, il che, paradossalmente, significava mangiare più tardi, una volta arrivati a casa. Poi ovviamente c'era Law, che attribuiva a quel quarto d'ora di innaturale quiete il reale merito per avere ancora la propria sanità mentale intatta.
Shachi, invece, aveva semplicemente dimenticato l'antologia di letteratura nell'armadietto e non fosse stato che rischiava di tardare al corso di Crocus-san, non si sarebbe schiodato da dove si trovava, l'unico giorno della settimana in cui aveva due corsi consecutivi nella stessa aula, come d'altra parte il resto della scuola.
Shachi ebbe per un attimo l'impressione di avere avuto una quasi illuminazione e di essere a un passo dallo svelare il mistero della fascia di bonaccia, ma pensieri ben più impellenti e ben più pressanti spazzarono via qualsivoglia principio di intuizione i suoi neuroni avessero innescato.
Si concesse un profondo sospiro mentre girava meccanicamente la rotella del lucchetto. Forse l'antologia non l'aveva dimenticata per caso. Forse era stato un meccanismo inconscio di difesa per avere una scusa per allontanarsi.
Da quattro giorni e mezzo non si riconosceva più. Ishley era tornata a scuola il martedì, come da pronostico, ma lui non la sentiva da sabato e la evitava da due giorni, esattamente come aveva ridotto all'osso le interazione con Pen.
Non gli piaceva, non gli piaceva comportarsi così, ignorare uno dei suoi migliori amici, farsi violenza per non cercare la ragazza di cui era innamorato ma non vedeva vie d'uscita. Ishley era stata fin troppo esplicita e Shachi conosceva Pen abbastanza bene - anche più che abbastanza - da sapere che Ishley era esattamente il genere di ragazza che faceva per lui. Dolce, intelligente, spigliata e con un sorriso che faceva fare le capriole allo stomaco già solo al primo guizzare di labbra e le accendeva gli occhi come se...
«Stai divagando.»
Shachi scosse il capo per ritrovare un briciolo di concentrazione.
«Grazie...»
Sì, Ishley era decisamente il tipo di Pen e Pen aveva un potenziale inespresso che a lui sembrava non importare minimamente esprimere se non per una ragazza per cui, secondo i suoi ben precisi parametri, ne valesse la pena. Non che Pen dovesse fare niente in particolare per farsi notare.
La quantità di teste che si giravano per lui quando attraversavano i corridoi erano seconde solo a quelle che si giravano per Law e, presa un po' più di famigliarità con il liceo, su per giù a metà anno, Pen ne aveva anche approfittato in un paio di occasioni. Ma da lì a trovare una ragazza fissa ne passava perché Pen all'amore e alle affinità elettive ci credeva davvero, come solo un poeta di altri tempi avrebbe potuto crederci, e di certo poco aiutava la sua vocazione da buon samaritano di dare ripetizione a qualunque compagno di scuola glielo chiedesse. Niente gli amazzava la libido come una ragazza con il cervello atrofizzato e, ahimè, Shachi poteva testimoniare che la Raftel ne era piena e che era dopotutto quello il motivo per cui lui, Pen e Law erano ancora felicemente e convintamente - sempre che il termine esistesse, doveva ricordarsi di chiederlo a Pen non appena avrebbe ritrovato abbastanza testosterone da tornare a rivolgergli la parola - single.
Anche se per quel che gli riguardava era da qualche mese ormai che la convinzione e la felicità per quella sua condizione latitavano e le cose sarebbero solo peggiorate.
Non ci voleva un veggente né un quoziente intellettivo particolarmente alto per sapere come sarebbe andata a finire e quando sarebbe successo lui avrebbe stretto la mano a Pen e abbracciato Ishley e augurato a entrambi tutto il bene del mondo e poi avrebbe trovato un modo per farsela passare.
Anche se tra loro non avesse funzionato, non c'erano soluzioni alternative. Nel momento in cui Ishley si fosse messa con Pen sarebbe diventata per sempre off limits, nel rispetto di quell'ancestrale legge non scritta per cui l'ex di un amico era da considerarsi asessuata. Che poi, avrebbe tanto voluto capire chi aveva inventato quella stupida regola. Se due persone si lasciavano era perché non stavano bene insieme no? E se una delle due fosse stata destinata alla felicità con un amico dell'altra? Forse che due persone dovevano rinunciare a essere felici per una stupida norma non scritta e senza fondamento?
«Di nuovo.»
Shachi scosse la testa più forte. Concentrato, doveva stare concentrato.
No non c'era soluzione. Doveva dimenticarla e dimenticare quel sentimento che lo accendeva dentro e faceva sembrare tutto, persino i laboratori con Caesar, più bello e gli faceva venire voglia di urlare e saltare e sorridere fino a farsi venire una paresi quando lei lo guardava con il capo chinato di lato e con una risata cristallizzata nella voce mentre diceva...
«Shachi?»
«Oh santo Roger!» imprecò Shachi con un sobbalzo, portando una mano al petto.
«Oddio scusa! Non volevo spaventarti!» esclamò Ishley, una mano sulla bocca, lo sguardo mortificato e preoccupato. «Stai bene?» si avvicinò per sincerarsi delle sue condizioni.
«Oh no, non preoccuparti Ishley è tutto... tutto okay.» rispose con un nervoso sorriso Shachi, respirando profondamente per regolarizzare il respiro. «Mi hai colto alla sprovvista.» aggiunse mentre si spostava lateralmente per allontanarsi da lei, le spalle rasenti agli armadietti. «Posso aiutarti?» chiese con voce un po' troppo acuta dopo aver messo una quantità accettabile di centimetri tra loro.
Un'ombra corse sul volto sempre radioso della ragazza che tuttavia continuò a sorridere. «Più di quanto tu non abbia già fatto?» scherzò con il capo chinato di lato ma qualcosa di fuori posto nella voce. Distolse per un attimo gli occhi, il cuore nello stomaco. Era la prima volta in assoluto che si sentiva così a disagio con Shachi e faceva male. «Io... ti ho riportato gli appunti!» riprese il filo e il suo solito entusiasmo, mentre gli tendeva un plico di fogli ben più sottile di quello che lui le aveva portato poco meno di una settimana prima. «Ho restituito tutto ai legittimi proprietari ma quelli di fisica erano i tuoi.»
«Grazie...» soffiò con un filo di voce Shachi, riprendendosi i propri appunti.
«Grazie a te!» ribatté Ishley prima di prendere un profondo respiro per farsi coraggio. «Shachi posso parlarti?» domandò determinata.
Shachi si irrigidì. Sapeva di cosa gli voleva parlare e anche se sapeva che rimandare l'inevitabile non aveva senso, non voleva stare a sentire.
Per fortuna Shachi aveva preparato un iperfunzionale piano B, semplice ed efficace, per smettere di rimandare e non stare a sentire.
«Ti ho scritto il numero di Pen qui.» sbottò quasi, allungandole un foglietto spiegazzato che si rigirava in tasca da due giorni.
Ishley fissò il pezzo di carta a occhi sgranati, incapace di muoversi per afferrare ciò che le stava venendo offerto.
«A lui non ho detto nulla, così hai tutto il tempo per decidere quando chiamarlo ma se fossi in te non mi farei troppe menate. Sei esattamente il suo tipo e non ti dirà di no.» proseguì indefesso, guardando ovunque tranne che lei e la sua espressione, tra l'incredulo e l'imbarazzato.
«O-okay...» mormorò Ishley, piegando meccanicamente il braccio per prendere il foglietto che scivolò con troppa facilità dalle dita di Shachi.
«Bene allora...» balbettò nervoso lui, passandosi una mano tra i capelli, bisognosi di una spuntatina. «Ci si vede eh!» la salutò senza però accennare a muoversi.
Ishley lo fissò perplessa qualche secondo, interpretando poi quel saluto nell'unico modo possibile e cioè che Shachi la stava gentilmente invitando a liberare il campo. Un moto di qualcosa di indefinito la scosse dentro e Ishley strinse i pugni con eleganza e molleggiò sulle punte, indecisa sul da farsi.
L'antifona era fin troppo chiara, ma tanto lei non aveva intenzione di chiamare Pen, figuriamoci uscirci insieme, perciò c'era solo una cosa da fare.
Se doveva finire così, se Shachi aveva intuito qualcosa e da bravo adolescente alle prime esperienze e senza spina dorsale le stava dando il ben servito, beh lei non sarebbe stata al gioco così facilmente. Nossignore. Se doveva finire così se ne sarebbe andata con stile.
«Sì ci si vede.» scrollò appena le spalle. «Ma se non ci si vede...»
Ishley spinse un po' di più sulle punte e abbassò le palpebre un attimo prima di premere le labbra contro quelle di Shachi.
Il cervello di Shachi andò in completo black-out mentre il ragazzo sgranava gli occhi e una scossa lo attraversava da capo a piedi. Non fece neanche in tempo a capire cosa stesse succedendo che Ishley si era già staccata da lui.
«...grazie ancora.» Ishley concluse la frase, con un soffio e un che di malinconico nel suo solito sorriso trasognato, prima di allontanarsi quasi a passo di danza, pur non avendo proprio nessun motivo per cui sentirsi tanto felice da ballare.
Shachi cominciò a riavviarsi che Ishley ormai era sparita dal corridoio.
«Lei... l-lei... io... Ishley...» balbettó, sbattendo le palpebre a ripetizione per poi sbloccarsi di colpo e voltarsi di centottanta gradi. «Hai visto?!?»
Law gli lanciò solo una rapidissima e quasi impercettibile occhiata di striscio, senza scollare la schiena dagli armadietti né gli occhi dalla pagina del libro mentre rispondeva: «Ti ha baciato.»
Shachi lo fissò ancora sotto shock. «È tutto quello che mi riesci a dire?!»
Law tornò a guardarlo e sollevò un sopracciglio. «Tu le hai dato il numero di Pen e lei ti ha baciato. Hai davvero bisogno che qualcuno ti spieghi cosa vuol dire?»
«Io... io...» boccheggiò Shachi. Si lasciò andare, sfinito, e si appoggiò pesantemente agli armadietti, facendo aderire anche la nuca al metallo, dipinto di una sfumatura di blu che tirava molto del verde. «Sono un coglione.»
In meno di una settimana, per un suo film mentale, aveva incasinato le cose con la ragazza che amava e allontanato uno dei suoi migliori amici. E c'erano poche cose a quel mondo per cui Shachi era grato come lo era per i propri amici.
Beh, non sempre.
«Visto? Sapevo che ci saresti arrivato da solo.»
 

 
§

 
VENERDÌ
 
 
It's Friday I'm in love
 
 
Era un imbecille. Era un imbecille. Era un emerito imbecille.
«Che ti succede? Hai l'aria di uno che pensa di essere un emerito imbecille.»
«Perché lo sono.» gemette disperato, lasciando scivolare le mani via dal volto per guardare in faccia la compagna, con espressione miserabile. «Sono un deficiente, Koala.»
Koala lo osservò attentamente qualche secondo, il vassoio del pranzo ben bilanciato in mano, lanciò un'occhiata al tavolo dove in teoria Ace e Sabo la stavano aspettando ma dove, di fatto, stavano facendo a gara a chi riusciva a ingurgitare il boccone più grande e si sedette di fronte a Shachi.
«Ne vuoi parlare?» domandò incrociando le braccia sotto al seno.
«Onestamenre no.»
«Okay allora...» riprese subito Koala, come se nemmeno lo avesse sentito o forse – molto più probabilmente – ignorandolo deliberatamente. «Io dirò soltanto ciò che vedo. E quello che vedo io è un ragazzo che pensa di avere fatto una grossa stronzata ma soprattutto che pensa di non meritarsi di sistemarla né l'appoggio o l'aiuto dei suoi amici. Come sto andando?» si fermò per un attimo ma fosse stato anche di più Shachi non avrebbe comunque avuto voce per rispondere.
Non era come se fossero amici, semplicemente dopo l'allarme bomba di qualche mese prima lui aveva memorizzato il suo nome e ogni tanto scambiavano due parole prima o dopo le lezioni di Crocus-san. Koala era una forza della natura, parlava a mitraglia ed era estremamente disponibile quando si trattava di prestare appunti o spiegare qualcosa. Certo, quando Crocus proponeva un dibattito si trasformava in una macchina da guerra, soprattutto se l'argomento era storico, e giravano voci secondo cui i fratelli Yeti Cool si rifiutavano anche solo di avvicinarsi al laboratorio di chimica per paura di rimanere vittime di eventuali perdite di un qualsivoglia tipo di gas. Shachi era diviso tra la voglia di chiederle cosa esattamente avesse detto ai due gemelli durante l'evacuazione per ridurli in quello stato e la paura di scoprirlo. Insomma, non l'avrebbe certamente voluta come nemica ma, al di là di questo, Koala gli piaceva quindi, forse, era possibile che effettivamente si fosse un po' aperto e lei aveva un'innegabile capacità di notare anche i più piccoli dettagli e leggere le persone.
«E suddetti amici a dire il vero vorrebbero davvero tanto aiutarlo e anzi si stanno chiedendo per quale assurdo motivo è da due giorni che si siede da solo a mensa e perché non si sfoga con loro, che sono oltretutto preoccupati a morte e probabilmente hanno anche paura che sia colpa loro.»
Ma che addirittura facesse anche solo un'ipotesi su cosa passasse per la testa di Law e gli altri, quello proprio no.
Come poteva anche solo pensare di sapere come stessero i ragazzi?
«Senti...»
«Ha ragione sai? Bepo è in panico da cinque giorni perché pensa che sia colpa sua e cominciamo a essere preoccupati anche noi.»
Shachi rabbrividì nel sentire la sua voce così intrisa di rimprovero e preoccupazione. Odiava fargli questo. Odiava fare questo ai propri amici e odiava soprattutto farlo a Pen.
Adesso almeno era chiaro perché Koala fosse andata così a colpo sicuro. Ce lo avevano scritto in faccia – Bepo era anche sull'orlo delle lacrime – e dovevano essere lì da un po'.
Tutti tranne Law, ovviamente, che non aveva scritto in faccia proprio nulla e li stava raggiungendo in quel momento.
«Beh io ora devo andare.» annunciò Koala, alzandosi per lasciare il posto a Jean Bart. Recuperò il vassoio e si diresse verso il proprio tavolo, non senza un'occhiata di evidente e oggettivo apprezzamento a Law che, dal canto suo, aveva già tirato fuori il proprio libro.
«E allora?!»
Fu la voce di Pen, impaziente e un filo agitata, a riportarlo alla realtà. Shachi necessitò di qualche istante per metterlo a fuoco, il busto piegato in avanti e una luce di incoraggiamento negli occhi.
«Che ti succede Shachi?»
«Ahhh...» tentennò, facendo una rapida panoramica anche degli altri. Bepo era praticamente rannicchiato sulla panca e lo guardava di traverso, a differenza di Jean Bart che lo osservava invece apertamente e in apparenza truce da sopra il proprio panino. Law fingeva di leggere ma Shachi lo conosceva troppo bene per non accorgersi che in realtà era in attesa quanto gli altri.
«Io... io...»
«Ishley lo ha baciato.»
Per un attimo fu come se qualcuno avesse premuto il tasto "pausa", giusto il tempo per tutti i presenti di assimilare meglio la nuova informazione.
«Che cosa?!»
«Law!» protestò Shachi, indignato.
«Quando?!»
«Ieri in corridoio.»
«Law vuoi stare zitto?»
Miseria santa, di tutti i giorni della sua vita e di tutti gli argomenti possibili proprio quello doveva renderlo più loquace del normale?!
«Amico ma è grandioso!» esclamò Pen con un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
Shachi lo fissò interdetto qualche secondo. Aveva sentito bene?
«Ora quindi state insieme?»
«Beh ecco, tecnicamente si potrebbe dire che... che...» balbettò Shachi per poi sospirare rassegnato. «No, non stiamo insieme. Anzi non la vedo né ci parlo da quando è successo.»
Per un attimo tutti loro esibirono la stessa espressione persa. Tutti tranne Law, ovviamente.
«Ma perché?» chiese Pen, con l'aria di uno che stesse cercando di capire un complicato algoritmo. E anche senza avere la gran testa che aveva, Pen avrebbe davvero trovato più facile un complicato algoritmo.
«Chiamiamolo un conflitto di interessi?» rispose incerto Shachi, cercando di ammorbidirli con un sorriso.
«Che...»
«Non vuole rubarti la ragazza.»
«Law!!!» Shachi picchiò anche un pugno sul tavolo ma l'amico continuò a leggere, o fingere di leggere, come se nulla fosse.
Ma Shachi poteva arrabbiarsi quanto voleva, avere inaspettati ritorni di coraggio e anche accarezzare l'idea di picchiare Law, almeno provarci, ma questo non avrebbe cambiato il fatto che ora Pen, Jean Bart e persino Bepo lo fissavano come se fosse un alieno appena sbarcato da un disco volante dopo essere atterrato in mezzo alla mensa.
E se anche lui fosse stato effettivamente un alieno appena sbarcato da un disco volante atterrato in mezzo alla mensa sarebbe stato comunque meno incredibile di Jean Bart che prendeva la parola.
«Rubarla a chi?» domandò il gigante, a beneficio di tutti. E non era affatto una domanda stupida, perché il concetto che Ishley appartenesse a chiunque che non fosse Shachi era quanto di più avulso dalla realtà. Anche più di un eventuale alieno sbarcato da un disco volante atterrato in mezzo alla mensa.
«A Pen.» e Shachi non ebbe più nemmeno la forza di rimbeccare Law.
«Rubarmela? Ishley, a me?»
Shachi provò a trattenersi un altro istante soltanto ma aveva solo tre ore di sonno all'attivo e tre sguardi puntati addosso che lo facevano sentire un emerito imbecille. «Oh Pen, fammi il favore! So benissimo che ti interessa, che è il tuo tipo e che ti piace! Ho solo pensato di fare un passo indietro in nome della nostra amicizia! Non è una tragedia, è solo una ragazza okay?!» sbottò, ignorando le proteste del proprio cuore di fronte a quell'ultima abominevole affermazione.
Per un attimo nessuno disse niente e se Pen avesse atteso anche solo un altro secondo per rispondere Shachi se ne sarebbe andato dal tavolo senza voltarsi indietro.
«Se mi fosse interessata tanto come dici perché non ci avrei provato allora?»
«In nome della nostra amicizia!» rispose, prontamente e come se fosse ovvio, Shachi.
«Tutte stronzate.» sentenziò Pen, cogliendolo alla sprovvista. «Senti io non ci credo a queste cose okay? Come anche alla regola che la ex di un amico è asessuata e intoccabile! Le persone meritano di essere felici e l'amicizia supera anche di peggio, se è vera.»
«E allora perché...»
«Perché non avrebbe avuto senso!» lo interruppe di nuovo Pen. «Senti, se dicessi che Ishley non è il mio tipo, mentirei, se dicessi che non mi piace sarei ingiusto e interessarmi... beh sì, sicuramente finirebbe per interessarmi in quel senso se la frequentassi ma l'idea non mi ha mai nemmeno sfiorato. È tua, amico. Dal primo giorno. E francamente è ora che vai a prendertela.»
Shachi non rispose, non si mosse, rimase solo fermo a fissarli per così tanto che persino Law staccò gli occhi dal libro per osservarlo apertamente, in attesa come gli altri. Poi, proprio quando stavano per rassegnarsi ormai all'idea di aver indotto al suicidio anche il suo ultimo neurone, proprio mentre Law si allungava discretamente per individuare dove si trovasse Koala Surebo, disposto, per il bene del proprio amico, anche a richiedere il suo intervento purché non dovesse andare a parlarci lui, Shachi si alzò di scatto con una nuova luce negli occhi e una nuova espressione sul volto. E il fiatone, anche se era stato immobile fino a quel momento. E un sorriso imbecille. E tutte le prove, insomma, che decretavano la definitiva perdita della sua sanità mentale.
«Sì.» mormorò parlando sottovoce. Pen, Law, Bepo e Jean Bart si scambiarono occhiate perplesse. «Sì, avete ragione! È arrivato il momento di andarmela a prendere! Perché... perché lei è mia giusto? Insomma mi ha baciato e quindi vuol dire che almeno un po' le piaccio e quindi non è così impossibile che si innamori di me se mi gioco bene le mie carte, quindi posso dire che è mia, no?»
«Ti prego, dimmi che non faccio così anche io quando mi agito.» Pen mormorò sottovoce a Law, senza distogliere gli occhi da Shachi.
«Fate tutti così.» rispose Law, anche lui lo sguardo sempre puntato su Shachi.
«Ora capisco perché tu eviti di parlare.»
«Non c'entra niente. Io comunque non sarei così imbarazzante e ridicolo.»
«Sì è precisamente così. E ho aspettato anche troppo.» disse di nuovo Shachi a se stesso prima di salire in piedi sulla panca. «Mi senti Raftel High School? Ishley Habena è mia e io sto andando a prendermela!» urlò lanciando entrambe le braccia al soffitto, neanche avesse segnato il punto decisivo del campionato interscolastico di lacrosse.
La mensa al completo rimase immersa per un attimo nel totale silenzio, poi tutti scoppiarono in applausi e urla di giubilo e incoraggiamento. Shachi prese a correre verso l'uscita e non si voltò nemmeno per un attimo indietro, verso i migliori amici che avrebbe mai potuto desiderare e che lo fissavano a bocca aperta, tre su quattro.
«Se mai dovessi innamorarmi, avete il dovere di sopprimermi e mettere fine alle mie sofferenze.» decise Law, tornando a concentrarsi sul libro.
 

***
 

SEMPRE VENERDÌ
 
Friday never hesitate...
 
 
Ovviamente per trovarla ci era voluto più di quel che aveva pensato. Molto più di quello che aveva pensato.
Ishley non aveva risposto al telefono, difficile dire se per ripicca o per distrazione. Ora che Pen gli aveva aperto gli occhi e che vedeva le cose sotto una diversa luce, era più che plausibile che Ishley non avesse voluto parlargli di proposito. In tutta onestà, Shachi sperava che fosse così perché le implicazioni sarebbero state tutte a suo favore.
Fatto sta che Shachi aveva girato per la scuola fino alla fine della pausa pranzo e si era infine rassegnato ad irrompere nell'aula del corso extracurricolare a cui Ishley partecipava.
Era più semplice che setacciare l'istituto senza un solo indizio e poi non era come interrompere una lezione regolare. In quel caso certamente avrebbe rischiato un richiamo, una punizione o un giretto da Sengoku in base a quale professore lo avrebbe accolto oltre l'uscio.
Cominciò a rallentare all'imbocco del corridoio est del secondo piano fino a frenare a pochi passi dall'aula designata. Non ci aveva nemmeno dovuto riflettere, sapeva esattamente dove trovarla. Era come se avesse interiorizzato tutto ciò che riguardava Ishley. Sapere sempre dove si trovasse lo faceva sentire più tranquillo, soprattutto dopo l'allarme bomba.
Per quello non si accorse dei campanelli d'allarme nel retro del proprio cervello né realizzò quale fosse il corso extracurricolare a cui Ishley partecipava il venerdì pomeriggio – anche se lo sapeva – finché non ebbe bussato. Una voce roca e burbera chiese chi era che disturbava. Shachi chiuse gli occhi.
Primo soccorso.
Con Crocus-san.
Merda.
Ammise con se stesso che avrebbe di gran lunga preferito avere a che fare con un alieno sbarcato da un disco volante atterrato in mezzo alla mensa e realizzò che Crocus-san non gli avrebbe mai lasciato portare Ishley fuori dall'aula, nemmeno per qualche minuto. Ma doveva comunque provarci.
In fondo non si trattava di Vergo, temuto e odiato anche dagli studenti del primo e del secondo, che pure non avrebbero avuto a che fare con lui fino al terzo anno.
Prese un profondo respiro e aprì la porta, proprio un attimo prima che Crocus-san perdesse del tutto la pazienza e chiedesse allo studente più vicino di controllare quale neurone con le gambe avesse avuto la brillante idea di disturbare un corso che li voleva preparare a gestire eventuali situazioni di emergenza, in cui NON era assolutamente accettabile farsi distrarre da alcunché.
«Buongiorno Crocus-san. Scusi il disturbo, avrei bisogno di...»
«Ragazzo, nessuno ti ha insegnato che è buona educazione presentarsi prima di fare domande?» lo interruppe il canuto insegnante, fissandolo truce da sopra il bordo degli occhialetti, senza schiodarsi dal suo posto dietro la cattedra.
Shachi lo guardò perplesso. «Ma professore, stamattina a lezione mi ha chiamato per nome quattro volte!» protestò, troppo impaziente per perdersi in quegli inutili convenevoli.
Crocus intrecciò le dita e posò le mani sulla cattedra. «Non tutti ti conoscono in quest'aula.»
«Sì ma...» Shachi sospirò. Al diavolo! Non aveva tempo da perdere, tanto valeva accontentarlo. «Sono Shachi Orcada e avrei bisogno di parlare con Ishley qualche minuto, Crocus-san.»
Crocus lo scrutò ancora per una manciata di secondi e mugugnò a labbra strette prima di indicare con un secco gesto della mano la seconda fila di banchi. «Fai presto, ragazzo. Ho una lezione da tenere io.»
«Grazie professore!» Shachi sorrise, dominando a stento l'euforia mista a panico all'idea che stava davvero per farlo, stava per dichiararsi a Ishley. «Gliela riporto subito.»
«Riportarmela?» Crocus sollevò un sopracciglio. «Ragazzo devi avere frainteso. Nessuno esce dall'aula prima della fine della lezione, dille quello che devi dirle e poi vai.»
Shachi boccheggiò come se una mazzata lo avesse colpito in pieno sul capo. Aveva sentito bene? Doveva... doveva dirlo davanti a tutti? Una cosa così intima?
«Sarebbe... Sarebbe personale.»
«Prendere o lasciare, ragazzo.»
Il fiato sospeso, Shachi fece una lenta panoramica della quindicina di facce che lo fissavano curiose, avanti e indietro, evitando due volte di guardare direttamente Ishley.
Davanti a tutti loro? Sì l'aveva urlato giù in mensa era vero ma era una cosa diversa. Se Ishley lo avesse rifiutato... Se non fosse riuscito ad arrivare fino in fondo...
Scosse la testa. No! Non si sarebbe arreso a un passo dal traguardo. Che fosse destinato a tagliarlo da vincitore o sconfitto. Era come diceva Crocus-san. Prendere o lasciare.
Sollevò gli occhi su Ishley. Per un attimo ebbe l'impressione che lei stesse trattenendo il fiato e lo fissasse speranzosa. Finse che tutti gli altri fossero scomparsi.
«Ishley, io...» si rese conto in quel momento che non si era minimamente preparato il discorso, che forse avrebbe dovuto iniziare con delle scuse per il suo comportamento idiota, che magari qualcuno l'aveva già invitata al ballo «Io...- che dopotutto il bacio poteva esserselo anche solo immaginato – ma no Law aveva confermato tutto –, che magari era meglio smettere di pensare. Prese un profondo respiro. «Ishley Habena, vuoi essere la mia ragazza?»
Il tempo sembrò fermarsi per un lungo, infinito istante. Shachi cominciò a pregare che il pavimento lo inghiottisse e poi successe la cosa più incredibile e più logica di tutte. Ishley si aprì in un enorme, felice, luminoso e, sì, ora non aveva più dubbi Shachi, innamorato sorriso.
Ringalluzzito, fece un passo verso di lei. «E prima che tu risponda è bene che tu sappia che circa un'ora fa ho annunciato all'intera scuola che sei mia e quindi se dovessi dirmi di no dovrò trasferirmi in un altro liceo.»
Ishley rimase un attimo interdetta e poi scoppiò a ridere. Si alzò e con un elegante scatto raggiunse Shachi e afferrò i baveri della sua maglietta.
«E perché mai hai pensato di annunciare una cosa del genere?»
Shachi si strinse nelle spalle. «Perché sono un imbecille?» azzardò prima di deglutire pesantemente e posare le mani, appena tremanti, sui fianchi di lei. «O perché è vero?»
Ishley scosse la testa sempre più euforica e felice e piegò il capo di lato, per poi spingere sulle punte dei piedi, come aveva fatto solo il giorno prima, anche se le sembravano passati secoli.
Aggiustò meglio la posizione del viso e si fermò con le labbra a un soffio da quelle di Shachi. «Ma certo che è vero.»
Shachi sorrise, gli occhi socchiusi. Voleva godersi il momento stavolta.
«Per chi di voi sta seguendo il mio corso sull'amor cortese e deve ancora scrivere la relazione per martedì, questo è esattamente quello che non si deve fare.» borbottò Crocus-san.
Shachi si voltò di scatto verso la cattedra, senza tuttavia lasciar andare Ishley. «P-professore, io non...»
«Ragazzo. So che pensavi che urlare in mezzo alla mensa fosse già una bella prova per la tua reputazione ti garantisco che tutte queste teste vuote senza educazione, che hanno assistito alla tua opinabile dichiarazione d'amore, andranno in giro a raccontarlo fino alla fine dell'anno scolastico. Le ragazze si scioglieranno in romantiche rivisatizioni dell'accaduto ma puoi star certo che i tuoi compagni muniti di cromosoma Y ti prenderanno per i fondelli finché campi. Quindi, già che ormai ti sei rovinato, perché non ne approfitti e ti decidi a baciarla?»
Shachi rimase senza parole una manciata di secondi, stupito non tanto dal discorso del vecchio professore quanto dalla luce divertita che gli accendeva gli occhi. Poi sorrise e annuì.
«Sì credo proprio che ascolterò il suo consiglio, professore.» mormorò, già girato verso Ishley, una mano a coppa sulla sua guancia.
La contemplò ancora un istante prima di piegarsi per darle un goffo, inesperto, perfetto bacio.
Venerdì.
Shachi lo diceva sempre che il venerdì era il giorno migliore della settimana.
 

 
It's Friday I'm in love*


 
  
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